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Autore: Nymeria90    01/02/2015    1 recensioni
Tutti conosciamo la storia del comandante Shepard, ma della persona che era prima di diventare il paladino della galassia e dell’umanità sappiamo ben poco. La mia storia si propone di ricostruire le origini di Shepard prima che diventasse comandante, dalla nascita fino al suo arrivo sulla Normandy SR1.
“ La notte calò sul pianeta Akuze. Una notte senza stelle, illuminata solo dalla flebile luce di una piccola luna, lontana e stanca. Nel silenzio assoluto di un pianeta senza vita giacevano i corpi di chi, quella vita, aveva tentato di portarcela.
Cinquanta uomini e donne erano arrivati sul pianeta alla ricerca di gloria e conquista, di loro non rimanevano che i corpi spezzati sparsi per il deserto.
[...]. Erano morti tutti. Tranne uno.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Akuze, 2177
 
Erano partiti alle prime luci dell’alba, con il sole alieno e spettrale di quel pianeta sconosciuto che faceva capolino da dietro le colline aride e rocciose.
Si erano inerpicati su per il pendio, tre uomini curvi nella loro armatura nera e rossa. Non appena il sole era sorto, splendendo con tutta la sua bruciante potenza, la temperatura si era impennata; ben presto si erano ritrovati tutti e tre fradici di sudore, annaspando sulla morena scoscesa di colline invalicabili come montagne. Ma non si erano fermati, non potevano farlo.
Il Caporale Toombs e i suoi uomini erano nell’Alleanza da tredici anni e mai avevano fallito una missione. Non l’avrebbero fatto nemmeno quella volta.
- Rick.- sussurrò, felice che la radiotrasmittente inserita nel casco gli evitasse di sgolarsi per farsi sentire – Hai rilevato qualcosa?-
Vide il suo commilitone fermarsi, armeggiare col factotum e scuotere il capo – Calma piatta Toombs.-
Forse si era trattato davvero di un malfunzionamento. Non osava sperarlo.
- Spero che non troveremo niente.- blaterò Martin nel comunicatore, dando voce ai suoi pensieri. – Voglio andarmene in fretta da questo posto.-
Toombs aggredì l’ultimo pezzo di salita, raggiungendo l’agognata cima dopo poche curve; si fermò ansimando e guardò in basso, verso quell’infinita distesa desertica che politici deliranti s’illudevano potesse essere chiamata casa: non c’era vita su Akuze. Fin dove l’occhio riusciva a guardare c’erano solo oceani di sabbia sul quale infuriavano venti tempestosi. Sabbia, roccia e qualche arbusto contorto che si nutriva dell’umidità notturna: ecco che cosa avrebbe dominato l’Alleanza una volta impossessatasi di quel posto.
Ma Akuze era un crocevia tra i mondi e l’Alleanza lo voleva, anche se era solo un pezzo di roccia maledetto.
Regolò il visore del casco perché gli facesse da binocolo, mentre gli altri lo raggiungevano sbuffando e imprecando.
Guardò giù, da dove erano partiti: il campo dell’Alleanza brulicava di attività e notò che una colonna di uomini stava iniziando ad incamminarsi verso la piana dov’era segnalata la base mercenaria. Imprecò tra i denti: erano stati più lenti del previsto.
Scrutò il percorso che i soldati avrebbero dovuto compiere: una via obbligata che attraversava una stretta valle tra le colline e sfociava nel vasto pianoro ai loro piedi. Era lì che, secondo le stime dell’Intelligence, si sarebbe dovuta trovare la base mercenaria. Setacciò ogni metro quadro di quel maledetto spiazzo; ricontrollò per tre volte ogni sasso, cercando di distinguervi una qualsiasi costruzione, chiese ai suoi compagni di fare lo stesso, ma la conclusione rimase sempre la stessa: dove avrebbe dovuto esserci la roccaforte dei Branco Sanguinario non c’era assolutamente niente.
- Che cazzo di storia è questa?- imprecò Martin tra i denti, dando nuovamente voce ai pensieri del suo superiore.
Toombs scosse il capo, confuso – Avverto Shepard: c’è qualcosa che non va.-
Accese il factotum, sintonizzandosi sulla frequenza che gli aveva installato il ragazzino brufoloso del gruppo di Shepard; digitò il codice d’ingresso ma il bracciale elettronico innestato nella tuta non diede segni di vita.
- Il mio factotum ha qualcosa che non va.- ringhiò – Prova con il tuo, Rick.-
Non poteva vederlo in faccia ma riuscì ad immaginare il sorrisetto beffardo sul viso del suo compagno – Mai comprare robaccia Volus.- sentenziò, picchiettando sul suo factotum – Quante volte ti avrò ripetuto di prendere tecnologia Quarian? Ma tu non ascolti.-
Toombs continuò a scrutare l’orizzonte incontaminato – Quarian …- fece un verso sprezzante – Ti rubano quello che hai e te lo rivendono con qualche modifica. Presentami un Quarian onesto e forse ascolterò il tuo consiglio.-
- Sei un moralista del … - s’interruppe con un sorpreso gemito di dolore.
Toombs si voltò verso il compagno, preoccupato – Cos’è successo, Rick? Stai bene?-
- Una maledetta scarica elettrostatica. Mi ha trapanato il cervello.- gemette l’altro portandosi una mano alla testa, dimentico del casco – Qualcosa blocca le comunicazioni, Toombs.- lasciò ricadere la mano, armeggiando col factotum che lampeggiava in maniera inquietante – Non c’è altra spiegazione.-
- O forse i tuoi amici Quarian ti hanno rifilato un bidone.- ribatté, sarcastico.
- Ragazzi …-
- Per la cronaca questo factotum non mi ha mai dato un solo problema.- replicò Rick, ignorando senza riserve il flebile richiamo di Martin – Al contrario di quel tuo catorcio che s’impalla ogni cinque minuti.-
- Ragazzi …- tentò d’intromettersi nuovamente Martin, con più decisione.
Toombs lo ignorò a sua volta – Questo catorcio mi è costato la bellezza di …-
- Volete darmi ascolto, razza d’idioti?- sbraitò Martin: la sua voce alterata risuonò nei loro caschi come il rintocco di una campana – Sta succedendo uno stramaledetto “qualcosa” là davanti!-
Aveva ragione.
Quando riportarono lo sguardo sulle colline che li circondavano, videro che una di esse si stava scoperchiando.
La parte superiore della collina, piatta e sottile, si stava alzando lentamente, sollevando un leggero nugolo di polvere. Nessun cigolio accompagnò quella manovra, né il terreno sotto i loro piedi fu scosso da una sola vibrazione. Se non fosse accaduto davanti ai loro occhi non si sarebbero nemmeno accorti che stava succedendo qualcosa.
- Che diavoleria è mai questa?- sussurrò Toombs tra i denti.
- Nessuna diavoleria.- ribatté acidamente Rick, ancora offeso dallo scambio di poco prima – È una parabola satellitare. Volevi sapere cosa non va nelle nostre comunicazioni?- con la canna del fucile indicò l’enorme piatto grigio che si era bloccato in posizione semiverticale – Ecco la tua risposta, Caporale.-
Toombs si morse l’interno della guancia, preoccupato – Dobbiamo avvicinarci e capire cosa diavolo succede.-
- Shepard ha detto di non prendere iniziative.- gli fece notare Martin.
- E come glielo diciamo che stanno finendo in non so quale trappola? Sei forse un esperto di segnali di fumo, Martin?-
Il ragazzo distolse lo sguardo – No, Signore.-
Toombs annuì, togliendo la sicura alla sua arma: avevano trovato quello che stavano cercando – Andiamo: modalità stealth. Cerchiamo di non fare casini.- tutti e tre impostarono i loro factotum e le armature cambiarono colore, mimetizzandosi col territorio circostante – Ho paura che ci siamo infilati in un bel casino, ragazzi.-
 
- Ti rendi conto di quello che hai fatto, Shepard? Non la passerai liscia: ti spedirò davanti alla corte marziale, è una promessa.-
La voce di Rahn era sgradevole quasi quanto il suo aspetto e capace di raggiungere acuti talmente alti che veniva spontaneo farsi domande circa lo stato dei suoi attributi virili.
Shepard lo guardò dimenarsi con aria ironica, dicendosi che ogni secondo passato ad ascoltare gli strepitii di quell’idiota erano secondi che faceva guadagnare a Toombs e ai suoi uomini.
Non c’era voluto molto perché Rahn si accorgesse che tre dei suoi soldati mancavano all’appello e Shepard non aveva avuto problemi a confessare il suo coinvolgimento; se non altro per la curiosità di vedere come avrebbe reagito. Ora la sua curiosità era soddisfatta e la sua pazienza esaurita.
- Sergente contatti subito quei tre imbecilli e dia loro l’ordine di rientrare immediatamente!- sbraitò Rahn, rivolto al suo sottoposto.
Prima che questi potesse anche solo alzare un braccio Shepard lo bloccò – È solo tempo sprecato, Capitano.-
Rahn gli si rivoltò contro come una serpe – Sarà meglio che tu tenga la bocca chiusa d’ora in poi.-
Shepard incrociò le braccia al petto – Sono in silenzio radio. Può provare a contattarli tutto il giorno e non avrà risposta. Se e quando troveranno qualcosa mi chiameranno.-
- “Ti” chiameranno?- sibilò il Capitano, fissandolo con aria oltraggiata.
Shepard non si scompose – Crede davvero che lascerei a lei il compito di decidere cos’è importante e cosa non lo è? Mi ascolti bene, Capitano.- proseguì, alzando la voce per impedirgli d’interromperlo – Quando ce ne saremo andati lei potrà vendicarsi in tutti i modi che ritiene opportuni, ma ora deve arrendersi all’evidenza che quei ragazzi stanno eseguendo i miei ordini e non può fare nulla per impedirglielo. Quindi o restiamo qui un altro giorno a discutere di niente o portiamo a termine la missione e ce ne andiamo da questo pianeta dimenticato. – fece spallucce – A lei la scelta, Capitano.-
Rahn fece una smorfia, scoprendo i denti ingialliti dal tabacco – Me ne ricorderò, Shepard.-
- Allora si ricordi anche di questo, Rahn: farò qualunque cosa per riportare a casa i miei uomini sani e salvi. -
Il suo superiore assottigliò gli occhi, forse chiedendosi se era appena stato minacciato; Shepard non aveva nessuna intenzione di perdere altro tempo discutendo con quell’idiota: a quell’ora Toombs e la sua squadra dovevano essere arrivati in cima e presto avrebbero avuto loro notizie. Più stavano fermi più aumentavano le probabilità di venir scoperti e attaccati dai mercenari.
Uscì dalla tenda senza prendersi la briga di fare il saluto militare e andò a raggiungere il suo gruppo in attesa.
Pochi minuti dopo Rahn diede l’ordine di mettersi in marcia, ma quando la “33” gli passò davanti li bloccò.
- Ti voglio lontano dalla mia vista, Shepard.- squadrò i suoi compagni uno ad uno, soffermandosi a lungo su Sasha e la sua pettinatura da galeotta - Tu e i tuoi bifolchi starete nella retroguardia, a mangiare la polvere dei miei mezzi corazzati.-
Shepard non batté ciglio, fece dietrofront e ordinò agli altri di seguirlo – Avete sentito il Capitano, ragazzi? Vuole che gli copriamo il culo …- lanciò una breve occhiata all’uomo impettito alle sue spalle – Non sia mai che qualcuno glielo faccia saltare.-
Questa volta non c’era bisogno di chiedersi se la sua fosse una minaccia oppure no. Lo era.
Si allontanarono di qualche passo poi si fermarono, aspettando che la colonna in marcia li superasse – Notizie da Toombs?- domandò a Jake, fermo alle sue spalle.
- No, Signore.-
Sospirò. Non che si aspettasse una risposta diversa: Jake l’avrebbe avvertito non appena Toombs si fosse fatto vivo.
- Com’è il detto?- bofonchiò a denti stretti, senza rivolgersi a nessuno in particolare – Nessuna nuova …-
Abigale ridacchiò - … buone nuove. Cominci a ripetere le massime come i vecchi, Shepard?-
Sorrise suo malgrado – È il prezzo del comando, no? Invecchiare prima del tempo ...- lasciò vagare lo sguardo sulle colline immobili, chiedendosi cosa fosse giusto fare. Non che ci fosse molta scelta: o andavano avanti o tornavano indietro. Rimanere fermi al campo era come spararsi nelle palle da soli. E nessuno avrebbe mai accettato di tornare indietro. Forse nemmeno lui. C’erano delle persone la cui vita dipendeva da loro e andarsene per paura di qualcosa che forse neppure c’era non era nello stile dei soldati dell’Alleanza. E nemmeno nel suo.
Una nuvola di polvere si levò dalla sommità di una collina, proprio nella direzione dov’erano diretti, tra la polvere poté giurare di aver visto qualcosa scintillare. Mosse un passo avanti – Attento!- esclamò Tiger, trattenendolo per un braccio.
Un Mako passò rombando davanti a loro, le ruote cingolate che sollevavano la polvere del deserto; indietreggiò mentre un nuvolone di sabbia li investiva. Quando la polvere ricadde e la sua vista si rischiarò sollevò nuovamente lo sguardo verso le colline: qualunque cosa avesse creduto di vedere non c’era più.
- Muovi il culo, Shepard!- gridò uno dei suoi.
Si accorse di essere rimasto indietro, solo in mezzo al deserto. Il Mako chiudeva la colonna e gli altri si erano mossi per seguirlo.
Si chiese se era troppo tardi per tornare indietro, probabilmente no, ma non era uomo da tornare sui suoi passi. Non lo era mai stato prima e di certo non lo sarebbe diventato ora.
Imbracciò il fucile e s’incamminò per raggiungere i suoi uomini. C’era una sola via da percorrere: avanti.
 
La parabola era solo la punta dell’Iceberg: Toombs e i suoi uomini stentavano ancora a credere a ciò che avevano scoperto.
Dopo aver capito dove dovevano guardare si erano resi conto che la collina ospitava una struttura gigantesca scavata al suo interno. Quelle che ad un occhio distratto apparivano come fenditure della roccia erano in realtà ingressi blindati mimetizzati nella pietra nerastra di Akuze. Avevano contato ben quattro ingressi posizionati a debita distanza gli uni dagli altri in corrispondenza di smottamenti apparentemente naturali o dove il pendio non era così scosceso da impedire l’accesso ai mezzi cingolati. Davanti a quello che sembrava l’ingresso principale avevano intravisto tracce di cingoli, quasi completamente cancellati dal vento, ciò suggeriva che dovevano essere recenti. Avevano rischiato di pagare cara la loro curiosità: un drone di sorveglianza era passato ad un soffio dalle loro teste e se l’erano cavata solo rimanendo immobili, affidandosi al loro equipaggiamento stealth.
Per una volta a fortuna era stata dalla loro parte.
Avevano dovuto dar fondo a tutto il loro ingegno per riuscire a trovare un modo di penetrare in quel fortino: impossibile forzare uno degli ingressi. Le porte erano blindatissime, sorvegliate da droni e chissà cos’altro, e non c’era nessun’altra via d’ingresso visibile.
A parte la parabola.
L’idea di calarsi attraverso i meccanismi di sollevamento era venuta a Rick e, per quanto fosse sembrata una follia, aveva funzionato.
Si erano calati lungo gli enormi pistoni senza troppa fatica, rimpiangendo di non avere un camion di C4 con cui radere al suolo quel gigantesco problema.
Era parso subito evidente che chiunque avesse rapito i pionieri si trovava in quel bunker, intento ad attirare gli uomini dell’Alleanza in una trappola grazie ad un finto segnale. Nella piana non c’era niente e nessuno: era solo un’enorme arena in attesa che i gladiatori facessero i loro ingresso.
Dovevano avvertire Shepard al più presto, ma non c’era modo di contattarlo se prima non disattivavano quella maledetta parabola e per farlo dovevano penetrare nel bunker.
Quell’ultima parte del piano, almeno per il momento, sembrava funzionare.
Erano arrivati nella sala macchine senza far scattare nessun allarme ma, naturalmente, il terminale che disattivava il segnale non era in quella stanza; doveva esserci un centro di controllo, da qualche parte. Fortunatamente i cattivi non erano i soli a saper usare i droni.
Martin aveva mandato due dei suoi droni a perlustrare la struttura e, man mano che avanzavano in direzioni opposte, la mappa dell’edificio compariva sul factotum dell’ingegnere: era una struttura immensa ma, almeno nei dintorni, appariva deserta.
- Dove andiamo?- domandò Rick, sbirciando da sopra la spalla del suo compagno.
- Questa zona sembra un magazzino.- sentenziò Martin indicando la parte della mappa più vicina alla loro posizione – Dovremmo scendere di un livello e cercare nell’area che Gulliver sta mappando in questo momento.-
Rick fece una smorfia – Ti rendi conto che è da psicopatici dare un nome ai tuoi droni?-
- Parla quello che ha dato un nome ai suoi testicoli.-
- Piantatela voi due.- li zittì Toombs, perentorio – Non siamo in gita scolastica! Forza …- si fece strada tra i macchinari - … troviamo le scale.-
Rick fece una smorfia – Hai ragione capo, non è una gita: è una maledetta missione suicida. Mi sai dire che cazzo ci facciamo qui? Ammesso e concesso che esista ancora un “qui” … per quanto ne sappiamo potremmo essere nel palazzo reale del sovrano locale; il re di una nuova razza aliena che cammina con i denti … -
- Vuoi chiudere quella dannata bocca, Rick?- sibilò Toombs – Se non l’avessi capito siamo in pieno territorio ostile.-
- Magari scopriamo che è il posto dove le Asari hanno relegato i loro maschi.- continuò Rick, imperterrito – Io non ci credo a quella storia che possono fare tutto da sole.-
Toombs alzò gli occhi al cielo: era inutile tentare di zittire Rick. Fortunatamente le rilevazioni dei droni non avevano mostrato nessuna forma di vita nella zona in cui si trovavano. Nessuna forma di vita organica per lo meno. Dopo quello che avevano visto potevano aspettarsi di tutto.
- Per quello che ne sappiamo potrebbe sempre trattarsi del Branco Sanguinario.- si lasciò sfuggire a mezza bocca.
Rick fece un verso scettico – Se quelli del Branco Sanguinario avessero i soldi per costruire una cosa del genere la pianterebbero di rompere le palle in giro per la galassia. No, amico: questa storia è molto più grossa del Branco Sanguinario, più grossa di noi.-
Avevano trovato finalmente la porta d’uscita, l’aprirono con circospezione, uscendo su una scala metallica che scendeva nelle ventre della collina.
Guardarono in basso, in quella voragine oscura che sembrava sul punto di inghiottirli come un’enorme mostro preistorico. Potevano ancora tornare indietro, ma nessuno lo disse: la vita di cinquanta soldati dipendeva da loro.
Scesero le scale in silenzio, persino Rick sembrava finalmente a corto di parole. Livello dopo livello continuarono a scendere; i gradini metallici che risuonavano sotto i loro piedi. Infine si trovarono su un pianerottolo fiocamente illuminato, davanti ad una porta che sembrava un’uscita d’emergenza; la scala scendeva ancora, ma per quello che ne sapevano loro la sala controllo poteva trovarsi ovunque, o non esserci affatto.
Si fermarono, indecisi. Toombs guardò su, a stento riusciva a vedere il punto da cui erano partiti, circa duecento metri più in alto. Dovevano trovarsi all’incirca a metà della collina.
Guardò i suoi ragazzi, non poteva vedere i loro volti, celati dal casco, ma quegli occhi così diversi avevano la medesima risolutezza: sarebbero stati al suo fianco, fino alla fine.
Appoggiò la mano sulla maniglia e tirò leggermente, socchiudendo appena la porta – Spedisci Gulliver in avanscoperta.- sussurrò.
Martin annuì, digitò in fretta qualcosa sul factotum e un piccolo drone luminescente comparve nell’etere davanti a loro, tremolò per una frazione di secondo poi sfrecciò attraverso lo spiraglio della porta, come risucchiato da una corrente d’aria.
- Via libera.- bisbigliò Martin pochi istanti dopo.
Oltrepassata la porta capirono di essere sulla buona strada; si trovavano in un corridoio debolmente illuminato, su cui si affacciavano le porte a vetri di quelli che sembravano i normalissimi uffici di un normalissimo palazzo: scrivanie, computer, sedie con le rotelle e persino qualche pianta in vaso. Al posto delle finestre c’erano proiezioni virtuali che raffiguravano ciò che ogni impiegato desiderava vedere: chi la vista su altri palazzi, chi un tramonto sul mare o gli alberi di una foresta o ancora il nero della galassia punteggiato di stelle. Ce n’era per tutti i gusti. Nessuno aveva scelto come paesaggio quello che c’era là fuori: il torrido deserto di Akuze. Chiusi tra quelle pareti era facile dimenticarsi dell’inferno che c’era all’esterno.
Toombs provò un brivido lungo la schiena. Quel posto era troppo familiare, troppo poco alieno …
- Non credo che ci troveremo di fronte ad una nuova specie aliena o ai maschi delle Asari, Rick.- sussurrò Martin, angosciato – Però hai ragione: il Branco Sanguinario non c’entra niente con tutto questo. Abbiamo a che fare con degli umani.-
Aveva ragione, ogni singolo dettaglio di quel luogo gli urlava che era così, eppure non voleva crederci. Nella sua testa, contro ogni logica, gli umani non potevano essere i nemici.
- Come fai a dirlo?-
Prima che potessero fare qualcosa per fermarlo Martin si sganciò il casco, lo tolse e inspirò a pieni polmoni.
- Ossigeno.- disse semplicemente.
Toombs scosse il capo, cercando di negare l’evidenza – Tutte le specie a base di carbonio respirano ossigeno … questo non vuol dire niente.-
- Martin ha ragione.- intervenne Rick togliendosi a sua volta il casco – Faccio sempre fatica a respirare, all’inizio, nei posti che non sono stati costruiti per gli umani. Persino sulla Cittadella, i primi giorni, mi gira la testa … non qui. Qui è perfetto.-
Non c’era niente che potesse dire per contraddirli. Si tolse il casco a sua volta, senza poter fare altro che constatare la veridicità di quanto sostenevano: quel luogo era stato costruito dagli umani per gli umani. Ma quegli umani volevano i soldati dell’Alleanza morti. Non aveva dubbi su quello.
Imbracciò il fucile e si avviò lungo il corridoio, gli altri lo seguirono.
- Certo che quei coglioni dell’intelligence hanno proprio capito tutto.- sentì bofonchiare Rick alle sue spalle – Come al solito.-
Si fermarono in fondo al corridoio, davanti a una porta scorrevole di metallo; Toombs fissò il pulsante verde dell’apertura con un misto di ansietà e disgusto: una volta aperta quella porta non ci sarebbe più stato modo di tornare indietro.
Sei ancora in tempo, si disse, gira i tacchi e vattene.
Ma aveva fatto una promessa a Shepard e alla sua squadra: si erano fidati di lui, avevano messo la sua vita nelle sue mani. Non poteva ignorare tutto questo.
- Io credo invece che loro abbiano capito tutto, Rick.- sussurrò, alzando la mano e avvicinandola al pulsante – Guardati intorno: i coglioni che non capiscono mai niente siamo noi.-
Su quelle parole il Caporale Toombs abbassò la mano premendo il pulsante.
L’uscio si aprì e varcarono la soglia: una luce abbagliante li investi mentre la porta, lentamente, si chiudeva alle loro spalle come il coperchio di una tomba.
 
Sasha sudava copiosamente sotto la corazza pesante, arrancando nella sabbia di quel deserto che sembrava volerli inghiottire tutti.
La nuvola di polvere sollevata dai Mako li accecava, tanto da non riuscire a distinguere la colonna di soldati che marciava davanti a loro.
Seguivano la polvere e il radar sul factotum. Da quello che poteva capire dovevano essere  vicino al luogo da dove partiva il segnale mercenario.
Difficile dirlo: da qualche ora le radio avevano smesso di funzionare e tutte le apparecchiature elettroniche avevano cominciato a dare problemi. Un bel casino.
Istintivamente si portò accanto a Shepard. Nonostante tutto quello che c’era stato tra loro era suo dovere continuare a coprirgli le spalle e sapeva che lui avrebbe fatto lo stesso con lei.
Erano stati compagni di battaglia prima che compagni di vita.
Il mezzo corazzato davanti a loro si fermò con uno stridio dei cingoli.
- Che cosa succede?- sentì urlare Habib dietro di loro: con le radio rotte dovevano sgolarsi per comunicare gli uni con gli altri.
Shepard fece cenno a tutti di fermarsi e, mentre la polvere si diradava, si tolse il casco.
Gli altri li imitarono; Sasha se lo tolse lentamente, trattenendo il respiro, poi, senza fretta, prese piccoli respiri, acclimatando il suo corpo all’atmosfera di Akuze, meno densa di quella cui era abituata.
Si sentì girare leggermente la testa all’inizio, ma il malessere passò quasi immediatamente: era stata su pianeti con un’aria molto meno respirabile di quella. Ma i pregi di quel sasso finivano lì.
Quando tutti si furono acclimatati, Shepard li condusse oltre i Mako per ricongiungersi con il resto delle loro forze.
Li trovarono schierati, immobili, a fissare la piana davanti a loro. Sembravano tanti bersagli pronti per essere colpiti.
- Ma cosa diavolo gli dice la testa?- ringhiò Shepard facendosi largo tra i soldati per raggiungere la testa della spedizione ma, quando vide ciò che gli altri stavano guardando, si bloccò a sua volta.
Sasha lo affiancò, osservando stralunata il paesaggio davanti a loro: si trovavano all’imbocco di una pianura circondata su tre lati dalle nere colline di Akuze; non i dolci declivi che aveva visto sulla terra, ma cinquecento metri di nera roccia acuminata e scoscesa.
L’unico passaggio per uscire da quella che sembrava una vera e propria arena era la stretta gola da cui erano arrivati; ma la cosa davvero sconvolgente era che dove avrebbe dovuto esserci la base nemica non c’era assolutamente nulla, solo rocce staccatesi dalle colline.
- Che cosa significa?- sussurrò.
Vide un rivolo di sudore scendere lungo il viso di Shepard, seguendo la linea dura della mandibola – Non lo so.- le rispose, quasi senza muovere le labbra.
D’istinto cercò la sua mano e, sorprendentemente, lui la strinse.
- Il segnale …- disse qualcuno.
- Che c’è? Parla!- ringhiò un uomo in armatura rossa che riconobbe essere il Capitano Rahn.
- … il segnale si è spento, Capitano.-
Sasha notò che Shepard guardava le alture alla loro destra, lì dove aveva spedito Toombs e la sua squadra. Non avevano avuto più notizie del Caporale e qualcosa le diceva che non le avrebbero ricevute nemmeno in futuro.
- Dovremmo tornare indietro.- sentì dire Shepard al Capitano – Questa storia non finirà bene.-
Il Capitano fece un sorrisetto di scherno – Non mi avevano detto che eri un codardo, Shepard.-
Lo vide digrignare i denti, ma quella fu l’unico sfogo che concesse alla sua rabbia – Dobbiamo tornare indietro.- ripeté.
Il Capitano non lo ascoltò. Nessuno lo ascoltò.
- In marcia.- sbraitò Rahn – L’Alleanza ci ha detto di conquistare questo pianeta.- lanciò a Shepard un’occhiata di sfida – E noi lo conquisteremo.- imbracciò il fucile e lo puntò con noncuranza nella sua direzione – Dopo di te, Shepard.-
Lui fece una smorfia – Sta facendo un errore, Capitano.-
- Vuoi che accusi la tua squadra di diserzione, Shepard? Finiranno davanti alla corte marziale, nella migliore delle ipotesi verranno radiati dall’Alleanza.-
Sasha trattene il respiro, sentendosi impallidire. I suoi occhi incontrarono quelli di Shepard e lo supplicò silenziosamente di non fare sciocchezze.
Lui sostenne il suo sguardo per un istante, poi abbassò gli occhi e la testa
– Andiamo, squadra: in marcia.-
Superarono un tronfio Capitano Rahn mentre, dietro di loro, i Mako ricominciarono ad avanzare, i cingoli che artigliavano il terreno con un suono sordo.
Non fecero più di cento metri.
La terra iniziò a tremare, come se tutto il pianeta avesse iniziato a ribollire, feroce, imprevedibile, furioso. Era come se Akuze stessa si stesse risvegliando per cacciarli via dalle sue terre.
Con un boato simile ad un’esplosione un masso alle loro spalle si staccò dalla collina, precipitando nella gola che avevano appena attraversato, bloccandola completamente.
Non fecero nemmeno in tempo a comprendere cosa stava accadendo che il terreno sotto il loro piedi cominciò a frantumarsi; una voragine si aprì davanti ai loro occhi sbarrati. Sabbia e terra cominciarono a franare, risucchiate da quel gorgo sempre più grande, sempre più terrificante.
Un uomo perse l’equilibrio e scivolò, urlando, verso quell’abisso senza fondo. Grida scomposte risuonarono nella piana, mentre i veterani di cento battaglie scappavano come ragazzine di fronte a qualcosa che non potevano uccidere né comprendere.
Poi dall’abisso uscì qualcosa.
Con un’eruzione di sabbia, terra e pietra, un essere immondo, figlio degli inferi, s’innalzò sopra di loro. Era una creatura enorme, famelica e aliena ma, soprattutto, furiosa.
Sentì Shepard urlare qualcosa d’incomprensibile mentre lei rimaneva immobile a fissare quella cosa uscita dai suoi peggiori incubi.
Le tornarono in mente le storie che Louise le aveva raccontato, antiche storie che gli antichi popoli amavano tramandare.
Erano storie che raccontavano di uomini che si erano avventurati fino ai confini del mondo, spinti dal desiderio di conoscere o dalla brama di conquista. Quegli avventurieri erano arrivati fino all’ultima frontiera: lì avevano scoperto che esistevano luoghi dove gli uomini morivano, perché in quei luoghi vivevano i mostri. 
Sasha fissò pietrificata quelle fauci grondanti veleno: infine avevano trovato l'ultima frontiera della galassia. 
Akuze era il luogo dove vivevano i mostri.
  
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