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Autore: Lory221B    01/02/2015    4 recensioni
Sherlock è in fase autodistruttiva e niente sembra più scuoterlo. Mycroft non vede altra soluzione se non mandarlo in terapia. Nel frattempo un nuovo, complicato caso, riemerge dal passato.
Riuscirà Sherlock a risolvere il puzzle della sua mente, risolvere il caso e riavvicinare John, che sembra sempre più distante e travolto dalla routine della vita familiare?
Aggiunto un epilogo bonus parentlock
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 8 La versione di John


Sherlock uscì di corsa dallo studio dello psicologo pronto a fermare un taxi.

- Sherlock stai andando da Lestrade, voglio sperare! - affermò John correndo dietro a Sherlock.

Il detective lo fissò stupito.

- No sto andando a Piccadilly, dove alloggia Victor - rispose. Non era mai corso da Lestrade, di certo non lo avrebbe fatto in quel momento.

John sbuffò sonoramente, scuotendo la testa.

- Il tuo caro amico mi sembra un personaggio che non dovresti affrontare da solo, per cui adesso  aspetti che porto Ginny a casa e vengo con te -

Sherlock sembrava ancora più stupito. 

- John, non abbiamo tempo e poi credi davvero che sia più pericoloso di Moriarty o Magnussen? -

- No, ma per colpa del primo non ci siamo visti per due anni e per colpa del secondo stavi partendo per destinazione ignota. Come pensi starei se... Non ci vai e basta - gridò John.

Si sentiva furente, non sapeva se era per tutto quello che teneva dentro e non esprimeva o perché non sopportava l'idea di Victor che andava all'Università con Sherlock e chissà cosa facevano. No, tolse quell'immagine dalla sua mente. Sherlock non era così.

John non si era nemmeno reso conto di aver stretto il braccio dell'amico per trattenerlo. Sherlock fissò quella stretta, autoritaria e al contempo così intima, ma subito si scrollò ricomponendosi.

- Smettila di darmi ordini, non siamo nell'esercito -

-  E tu smettila di fare l'idiota! - rispose esausto John.

- John capisci che non abbiamo prove vero? Dobbiamo essere creativi per incastrarlo -

- Ti sta sfidando e non sappiamo se è solo psicopatico o se ha un secondo fine. Vai da Lestrade e raccontagli tutto. Ci troviamo lì. -

Sherlock fece per ribattere ma decise di accontentarlo, dopotutto riaveva John con se in un'indagine, non aveva senso correre da Victor quando poteva passare altro tempo con John. Questo pensiero lo fece tremare leggermente. Come era arrivato fino a quel punto? mai avrebbe pensato che avrebbe messo da parte un'indagine per stare del tempo con qualcuno. Ma John non era uno qualsiasi, era John e questo racchiudeva tutto.

Sbuffando, fece cenno di si con la testa, più per restare nel "suo personaggio" che per altro e mentre John saliva su un taxi diretto a casa, Sherlock ne fermò un altro per andare da Lestrade a raccontare tutti gli ultimi sviluppi.

***** *****

Nel tragitto in taxi John ripensò a quei mesi in cui la sua vita aveva smesso di avere senso. Il vuoto totale, prima c'era Sherlock, il sociopatico iperattivo con cui divideva l'appartamento e la vita, con il suo umore altalenante, le corse per Londra i commenti sprezzanti e quei momenti di inaspettata umanità e poi il nulla per due anni. Non ricordava nemmeno bene cosa avesse fatto in tutti quei mesi senza di lui, la solita routine probabilmente. 

A volte si trovava seduto in poltrona con Mary, a guardare qualche thriller e ogni tanto si aspettava di sentire un commento sprezzante sugli sceneggiatori, per poi concludere che la trama era banale e chiunque avrebbe capito il colpevole dall'inizio. John sapeva che davvero Sherlock intuiva il colpevole fin dall'inizio ma stava zitto per non rovinargli il film, anche se  lo vedeva fremere sulla sedia.

Gli mancava, anche nelle più stupide cose.

John salì di corsa le scale di casa, con Ginny sempre in braccio. Quando entrò trovò Mary che stava apparecchiando per la cena e lo accolse con un sorriso, a cui John non prestò la minima attenzione.

- Mary, meno male che sei a casa! - affermò John senza fiato. 

- Tu piuttosto, temevo ti fossi dimenticato che Janine e il suo nuovo ragazzo vengono a trovarci sta sera - rispose lei allegra.

- Non ci sono sta sera - fece pratico John,, posando delicatamente Ginny nella culla. La piccola sembrò sbuffare, dopo una giornata di corse era sveglia e pimpante e non pareva avesse voglia di dormire. John la trovò una cosa tenerissima, si ritrovò a pensare che dopo un pomeriggio con Sherlock aveva già preso qualcosa da lui.

Mary, intanto, scosse la testa e gli lanciò uno sguardo stanco e arrabbiato, che il biondo intercettò.

- Mary - fece cauto John

- Non occorre che dici altro, Sherlock? - fece Mary togliendo un coperto dalla tavola.

- Si, dobbiamo incastrare un ladro psicopatico e ... -

- Sai che novità! -

- Mary, quando mi hai sposato sapevi perfettamente chi ero - rispose John alzando la voce, sottintendendo che non era lui quello che aveva cambiato le carte in tavola.

- Non pensavo avresti messo la tua vita con Sherlock davanti al nostro matrimonio, sinceramente -

- Mi spiace Mary, dico davvero, ma dove voglio essere adesso è a fianco di Sherlock, non in una cena a coppie il cui dialogo più interessante saranno le assurdi storie che Janine ha dato alla stampa quanto Sherlock faceva finta di stare con lei -

- Ancora questa storia? Perché ti danno tanto fastidio John? Lui l'ha usata e lei ha fatto altrettanto - rispose, alzando la voce a sua volta.

- Lo ha fatto sembrare un... non lo so esattamente cosa lo ha fatto sembrare, ma lui non è così come lei lo ha descritto - fece John riflettendo su cosa esattamente lo infastidiva. La stampa diceva sempre tante sciocchezze ma le storie di Janine non riusciva a digerirle.

- Intendi le scopate a Baker Street? Credi che Sherlock sia una creatura lontana dai bisogni terreni? Santo Cielo John... è per questo che non ti sei mai fatto avanti con lui? -

- Cosa? - fece John stupito, ma evitando sta volta la solita litania del "non sono gay".

- Lascia stare... -

- Io vado Mary, ci vediamo quando ho finito - fece John incolore.

Mary  non lo vedeva  così determinato da mesi e si trovò a lottare contro le lacrime che prepotentemente volevano scendere dagli occhi. Si girò a guardare la piccola Ginny che si agitava nella culla. Si era illusa di poter competere con Sherlock.

Quando li aveva visti insieme, subito aveva capito che John non lo avrebbe mai messo da parte per lei; d'altronde lui stesso, riferendosi al giorno del matrimonio, aveva più volte affermato che avrebbe trascorso la giornata con le due persone più importanti della sua vita, mettendo lei, la sposa, sullo stesso piano del migliore amico. E anche l'infinito discorso di Sherlock le aveva messo davanti l'ovvio: suo marito non si era commosso per tutta la cerimonia, nemmeno una lacrima quando aveva pronunciato il si, ma gli era bastato ascoltare Sherlock per avere gli occhi lucidi.

Mary aveva provato ad essere una buona moglie per John e  un'amica per Sherlock e aveva anche pensato che l'insolito trio potesse  funzionare, ma aveva sottovalutato il loro rapporto. Forse John aveva pensato che avrebbe continuato la vita in perfetto equilibrio, Mary per la parte sentimentale e Sherlock per quella avventurosa. Ma poi le due parti si erano inaspettatamente mescolate rivelando che Mary poteva far parte dell'avventura mentre Sherlock aveva più volte manifestato dei sentimenti per John, con il suo discorso o con il sacrificio fatto per salvarli da Magnussen e questo aveva definitivamente confuso John, che non sapeva più da chi dei due voleva entrambe le cose.

I fatti però deponevano a sfavore di Mary: John era perso senza Sherlock e stava facendo di tutto per riaverlo, mentre Mary era stata relegata nel ruolo di moglie bugiarda e ormai gli unici motivi per cui John non era ancora andato via erano Ginny e il senso dell'obbligo che gli derivava dall'averla sposata.

Non gliene faceva una colpa, lei gli aveva mentito e anche se non ne avevano mai parlato aveva quasi ucciso il suo migliore amico. Quando si erano sposati John l'amava davvero, ma la routine domestica non faceva per lui; forse se Sherlock non fosse tornato, lei e il marito avrebbero avuto una vita normale e ordinaria, ma l'effetto del detective su John era travolgente e ora anche Mary aveva deciso di arrendersi.

- John se esci da quella porta non disturbarti a tornare - fece piano, sperando in un ultimo ripensamento del marito.

- Come dici scusa? - rispose John con la mano sulla maniglia, arrabbiato.

- Mi hai sentito -

- Bene, fregatene pure che Sherlock ti ha salvato la vita proteggendo i tuoi segreti e fregatene anche del fatto che ti ha perdonato di avergli sparato ma io non sono come te, ha bisogno di aiuto e andrò con lui -

- Quanto sei ingenuo John. Sherlock non l'ha fatto per me, ha fatto tutto per te! Se in pericolo fossi stata solo io, non sarebbe mai arrivato ad uccidere Magnussen. Ho sbagliato a pensare che il problema tra noi fossero i miei segreti. Il problema è la vita che vuoi e chi te la può dare - rispose Mary in lacrime.

John la guardò, capendo che non la guardava davvero da mesi, sospirò e girò la maniglia della porta d'ingresso. Avrebbe dovuto farlo tanto tempo prima, non avrebbe mai dovuto perdonarla per avergli mentito e sparato al suo migliore amico. Non avrebbe dovuto darle la seconda chance, ma indietro non poteva tornare. Poteva però rimediare finalmente a quella scelta insensata.

John uscì di casa quasi sollevato, non voleva preoccuparsi di tutte le conseguenze e i problemi che sarebbero derivati, primi fra tutti mantenere un rapporto civile per Ginny. Adesso voleva solo andare a Scotland Yard, chiudere il caso Oxford Street e anche dare un pugno a Victor, giusto per fargli capire che nessuno può manipolare Sherlock e passarla liscia.

***** *****

John arrivò a Scotland Yard e fece praticamente irruzione nell'ufficio di Lestrade.

- Greg dov'è Sherlock? - chiese con John con una punta di "lo uccido se è andato da Victor senza di me" nella voce.

- Io non l'ho visto - rispose Greg alzandosi dalla scrivania.

- Idiota, mai una volta che faccia quello che gli si dice - John estrasse il cellulare dalla tasca e compose il numero del detective.

Il telefono squillò a vuoto.

- Non mi risponde - fece John chiudendo la chiamata e fissando il cellulare perplesso.

- Perché doveva venire qui? - chiese Greg.

- Ha scoperto chi c'è dietro il furto in Oxford Street -

John ripensò al fatto che Sherlock aveva detto che Victor alloggiava a Piccadilly, per cui o abitava lì o era in albergo.

Donovan entrò nell'ufficio di Lestrade, visibilmente perplessa di vedere John da solo.

- Signore, c'è un certo dott. David Laurie che vuole parlare con lei - fece lei indicando un uomo alto e magro di bell'aspetto, fermo vicino alla scrivania della poliziotta.

- E chi sarebbe? fallo accomodare - fece Lestrade.

- E' lo psicologo di Sherlock - rispose John -  Non fare domande.. - aggiunse vedendo lo sguardo stupito dell'ispettore.

Il dottore entrò nell'ufficio, un po' a disagio nell'ambiente di Scotland Yard che normalmente non frequentava.

- Buonasera, sono contento di vederla qui dott. Watson. Speravo di trovare anche il sig. Holmes in realtà, ma non riesco a contattarlo al numero di cellulare -

- E' successo qualcosa? - chiese allarmato John.

- Dopo che siete andati via ho ripensato alla strana coincidenza che il fratello di Victor fosse un mio paziente proprio come Sherlock -

- E cosa ha dedotto? -

- Christian era in cura da me molto tempo prima, non è stato fatto apposta. Mi chiedo se Victor avesse già in mente questo piano per giocare al gatto e al topo o se gli è venuto in mente quando il fratello gli ha detto di aver incontrato il suo compagno di Università in terapia. Anche la tempistica coincide, Sherlock ha incontrato Victor subito dopo essersi recato sulla scena del crimine -

- Quindi questo "piano" è stato messo su in fretta e furia - rifletté John.

- Si non credo abbia una gran mente criminale Victor Trevor, ma è disturbato sig. Watson...e le persone disturbate sono imprevedibili - constatò il dott. Laurie.

John sentì un'ondata di panico salire nonostante all'apparenza fosse molto calmo.

- Dobbiamo trovare Sherlock!  - affermò come se gli mancasse la terra sotto i piedi.

Lestrade capì che il detective poteva essere davvero  in pericolo così  uscì dal suo ufficio per radunare gli agenti e organizzare una squadra. Tante volte Sherlock era stato in pericolo e se l'era sempre cavata ma negli ultimi tempi non era se stesso e l'ispettore temeva non fosse più in grado di fronteggiare altri criminali con la solita abilità.

Il dott. Laurie si girò verso John che aveva ancora in mano il cellulare e rifletteva su cosa fare cercando di imitare i ragionamenti che avrebbe fatto Sherlock a parti invertite.

- Sig. Watson dove ha lasciato sua figlia? - fece lo psicologo.

- Dalla madre -

- Wow non ha detto moglie o Mary...mi sembra che prenda una notevole distanza - convenne lo psicologo.

- Mi ha appena buttato fuori di casa, veda lei - rispose John, sempre incolore, cercando di pensare a cosa potesse essere successo a Sherlock.

- Mmh - fece il dott. Laurie congiungendo le mani dietro la schiena e passeggiando per l'ufficio di  Lestrade.

- Scusi? - ribattè John stufo di essere interrotto dal suo riflettere.

- No stavo pensando che magari tornerà a Baker Street -

- Quindi? -

- Mica continuerete a fare il detective con il cappello e il suo assistente no? Posso essere brutale? Se non si fa avanti lei arriverete alla pensione, vivrete in un cottage nel Sussex e sarete ancora il detective e l'assistente. Non mi guardi così...il suo amico ha paura di lasciarsi andare, delle relazioni... eppure per lei ha fatto molte eccezioni al suo modo di vivere. Di lei si fida ma non sa cosa aspettarsi e per un calcolatore come lui questo genere di rischio non è contemplato. -

John si sentì come schiaffeggiato. La sua psicologa non era mai stata così diretta, in nessuna seduta, anche quando gli aveva chiesto di esprimere quello che avrebbe voluto dire a Sherlock prima della presunta morte e non aveva mai detto non aveva insistito più di tanto. Questo dott. Laurie non era come gli altri terapisti.

- A lui non interessano le relazioni, è sposato con il suo lavoro, me l'ha detto chiaramente. E poi adesso ho una figlia, se lo immagina lui io e una bambina? - affermò mesto John.

- E lei? -

John ripensò a Sherlock che passeggiava per il soggiorno con Ginny in braccio, che le parlava di crimini ma con un tono estremamente dolce, almeno per lui.

- Sa che Sherlock crede di non meritare di essere felice, di non meritare di stare con lei? - continuò lo psicologo - Lui crede di essere egoista a sperare che lei lo metta ancora al primo posto, si è ritirato in disparte convinto che lei fosse felice. Le ha fatto pure da testimone al matrimonio. Ha notato come era devastato? Ma d'altra parte siamo inglesi no? Le emozioni vanno nascoste. Ma non ce l'ha fatta nemmeno lui. Ho visto il video e le foto delle sue nozze e Sherlock sembrava la persona più sola della sala.  John prenda almeno lei una decisione netta, non può pensare di continuare così -

- John andiamo? - chiese Lestrade affacciandosi alla porta dell'ufficio.

- Si arrivo - rispose John riflettendo su quello che gli aveva detto il dott. Laurie e quanto poteva sapere davvero di loro due. Cosa gli aveva detto Sherlock?

***** *****

Lestrade, John e gli agenti arrivarono di corsa a Piccadilly. Appena videro l'albergo convennero tutti che Victor poteva trovarsi lì, che era più probabile che fosse di passaggio dato che non aveva mai visto Sherlock fino a quel momento.

Lestrade entrò di gran passo nell'albergo diretto alla reception con distintivo in mano.

- Scotland Yard, ispettore Lestrade, cerchiamo il sig. Trevor -

- Non alloggia più qui - rispose l'addetta della reception.

Lestrade e John si guardarono smarriti.

- Non credo sia semplicemente tornato a casa - fece John maledicendosi di aver lasciato Sherlock da solo.

- Cercate l'indirizzo del fratello di Victor,  non penso alloggiasse in albergo - fece Lestrade rivolto agli altri agenti.

John fissava un punto indistinto davanti a sé.
- Sherlock dove sei? -


Angolo autrice:

Capitolo Johncentrico e soprattutto lo psicologo finalmente ha un nome. Dalle recensioni era evidente la simpatia per il personaggio, non potevo lasciarlo senza un'identità.
Ringrazio tutti per leggere e seguire e un grazie particolare a Lacri1508 e Xaki per la costanza delle loro recensioni..grazie davvero!!!!!

   
 
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