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Autore: Sara Weasley     01/02/2015    9 recensioni
~~Sirius Black era in piedi,  vestito del suo miglior completo elegante.
Di fronte a lui stava una porta chiusa e qualcosa che i suoi occhi non potevano vedere: anche così riusciva comunque a sentire la voce di Mary cantare vecchie canzoni rock Babbane, nel suo modo affascinante e seducente di riempire ogni cosa di vita.
Sirius prese un sospiro, aggiustando con le dita il nodo della cravatta e sentendosi un perfetto idiota. Tra le mani reggeva un mazzo di quelli che una volta erano stati fiori ma che, dopo essere venuto in moto, sembravano più che altro vecchi ramoscelli secchi e spelacchiati – e di nuovo, maledisse James per aver avuto quella pessima idea.  Ma perché l’aveva ascoltato?
Senza indugiare ancora, bussò: la musica si abbassò di volume e i passi di Mary risuonarono ritmicamente sul parquet.
« Sirius!» lo salutò lei, con i capelli che non erano mai stati tanto corti. « Perché hai portato dei fiori? Sai che non mi piacciono!»
Al diavolo - si disse Sirius, gettando il mazzo alle sue spalle e liberandosi anche della cravatta.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, Emmeline Vance, I Malandrini, Mary MacDonald, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Da chi lo ha tre volte sfidato. '
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« Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore...
nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull'estinguersi del settimo mese...
l'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto...
e l'uno dovrà morire per mano dell'altro, perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive...
il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore nascerà all'estinguersi del settimo mese... »
(J. K. Rowling, Harry Potter e l'Ordine della Fenice, pg. 777, capitolo 37, La Profezia perduta)





Un Potere a Lui Sconosciuto.

 

Uno: Mary Macdonald.

 
" «Lo siamo, Sev, ma non mi piace la gente con cui vai in giro! Scusa, ma destesto Avery e Mulciber! Mulciber! Che cosa ci trovi in lui, Sev? Fa venire i brividi! Lo sai cos’ha cercato di fare a Mary MacDonald l’altro giorno?» "

" Era notte. Lily, in vestaglia, era davanti al ritratto della Signora Grassa, a braccia incrociate, all'ingresso della torre di Grifondoro. 
«Sono uscita solo perchè Mary mi ha detto che minacciavi di dormire qui» "

(Harry Potter e I Doni della Morte.) 



 

 
Sirius Black era in piedi,  vestito del suo miglior completo elegante.
Di fronte a lui stava una porta chiusa e qualcosa che i suoi occhi non potevano vedere: anche così riusciva comunque a sentire la voce di Mary cantare vecchie canzoni rock Babbane, nel suo modo affascinante e seducente di riempire ogni cosa di vita.
Sirius prese un sospiro, aggiustando con le dita il nodo della cravatta e sentendosi un perfetto idiota. Tra le mani reggeva un mazzo di quelli che una volta erano stati fiori ma che, dopo essere venuto in moto, sembravano più che altro vecchi ramoscelli secchi e spelacchiati – e di nuovo, maledisse James per aver avuto quella pessima idea.  Ma perché l’aveva ascoltato?
Senza indugiare ancora, bussò: la musica si abbassò di volume e i passi di Mary risuonarono ritmicamente sul parquet.
«Sirius!» lo salutò lei, con i capelli che non erano mai stati tanto corti. «Perché hai portato dei fiori? Sai che non mi piacciono!»
Al diavolo - si disse Sirius, gettando il mazzo alle sue spalle e liberandosi anche della cravatta: guardandola, sorrise.
 
 
 
 
 
 
 
Mary Macdonald ha nove  anni, e della magia non sa ancora niente.
Lei e i suoi genitori vivono in un minuscolo paesino a nord del Galles, e lei si diverte ad andare sulla scogliera di Wincerm per osservare il mare infrangersi contro gli scogli: di solito il cielo è terso –fa sempre troppo freddo- ma i gabbiani che volano più in alto delle nuvole e poi si gettano a picco nell’oceano l’hanno sempre affascinata.
La città in cui vive le pare grigia e vuota e non c’è nulla che le piaccia fare particolarmente: non ha amiche –tutte le bambine parlano male di lei e Mary lo sa bene-  e da quando ha rotto due denti a Colin Herman -perché stava prendendo in giro lei e sua madre- anche la sua vicina di casa la evita.
Sulla superficie increspata del mare, due gabbiani litigano per chi deve aggiudicarsi un piccolo pesce: e Mary non desidera altro che poter fare come loro e vivere in maniera istintiva e semplice. Se solo ci riuscisse, se solo potesse raggiungere il mare…
«Mary!» urla sua madre. «Scendi subito!»
Lei si volta di scatto a guardare i suoi genitori: è solo quando sente di nuovo la terra sotto i piedi che si rende conto che da qualche secondo era completamente sospesa in aria; nell’istante che segue, Mary fa solo in tempo a notare l’espressione congelata sul volto di suo padre: poi la mamma le corre incontro e, invece di sgridarla come sei si aspettava, la stringe in un abbraccio protettivo.
«Sei una strega» le sussurra all’orecchio, con la voce rotta di gioia. «Lo sapevo, lo sapevo: sei una strega!»
 
 
***
 
 
Mary Macdonald ha dieci anni, e questa volta è proprio nei guai.
«Ha quasi ucciso la figlia del reverendo Kirk, Abigail!»
«L’ha solo fatta cadere per sbaglio, ed è stato perché quelle sciocche ragazzine non fanno altro che escluderla.»
«Tu la difendi sempre, ecco qual è il problema: ma tua figlia ormai è fuori controllo.»
Mary sposta ciocche di lunghi capelli castani e scuote la testa: è stata quella stupida di Joy Kirke a sfidarla , non è certo colpa sua se poi lei l’ha delicatamente spinta nel mare.
  «È una strega, Joseph! La magia a questa età è fuori controllo. Quando andrà ad Hogwarts…»
«Non serve a niente» sibila suo padre, e Mary rabbrividisce anche se quel tono non è rivolto a lei. «La magia non serve a niente!»
Sarò una brava bambina, sarò una brava bambina, smettetela di litigare ed io prometto che sarò una brava bambina – ripete Mary nella sua testa, serrando gli occhi come se stesse esprimendo un desiderio segreto. 
«Sappiamo entrambi che il problema non è nostra figlia, Joseph» dice sua madre, usando un tono di voce secco. «Allora perché non la smettiamo di girarci intorno?»
In cucina cala un minuto di silenzio,  interrotto solo dal rumore di qualcosa che viene posato con forza. «Pensavo che sarebbe stato diverso, Ab.»
Quando questa volta sua madre parla, Mary riesce a sentire la tristezza anche da dietro la porta. «Cosa ha deluso le tue aspettative? Io o il nostro matrimonio?»
«La magia» ringhia suo padre, che ha probabilmente appena sbattuto un pugno sul tavolo. «La maledetta magia! Mi aspettavo che sposare una strega mi avrebbe dato dei privilegi! Che avrebbe reso la mia vita più facile! E invece…»
«Invece sono solo una donna normale
Mary si volta di scatto, salendo i gradini due per volta e barricandosi nella sua stanza: le parole dei suoi genitori hanno un significato quasi oscuro per lei, che non sa niente di sentimenti e magia. Chissà se questo vuol dire che non finirà di nuovo in punizione, almeno per una volta…
Dal piano di sotto, si sentono ancora rumori e urla: lei seppellisce la testa sotto il cuscino, e nelle sue orecchie riesce quasi ad udire il suono del mare che si infrange contro gli scogli e il grido dei gabbiani che volano nella tempesta.
Ma poi, poco prima che lei si addormenti, le parole di sua madre le tornano in mente come una sentenza di morte: Mary non sa niente dell’amore, eppure promette a se stessa che non sarà mai una donna normale.
 
 
 
***
Mary Macdonald ha undici anni e un Cappello Parlante l’ha appena mandata a sedersi ad un tavolo di svitati.
Deve essere così, non c’è altra spiegazione: alla sua destra, una tipetta bionda con due treccine scompigliate sta spiegando allegramente il suo ideale di arredamento del dormitorio ad una ragazzina che sembra una bambola di porcellana, precisando sapientemente tutte le gradazioni di rosa che ha intenzione di usare; alla sua sinistra due nuovi studenti – entrambi piuttosto su di giri ed entrambi con la faccia da combina guai- stanno prendendo in giro una bambina minuta con folti capelli rossi, che lancia occhiate inquietanti tutto intorno a lei e sembra un elemento decisamente poco raccomandabile.
Con un sospiro, Mary guarda di fronte a se: altri tre ragazzi –questi dall’aria più tranquilla- mangiano senza attirare troppo l’attenzione. Ma poi quello con i capelli dorati tira fuori dalla tasca della sua uniforme delle rane di cioccolata che iniziano a saltare per tutto il tavolo, e allora Mary scuote la testa e decide di lasciar perdere.
Non ha mai avuto degli amici, e odia il modo stupido in cui si comportano di solito le ragazze: ad Hogwarts sicuramente non farà eccezione.
 
Quando la cena finisce, tutti gli studenti del primo anno vengono scortati nei loro dormitori.
Mary cammina nella stanza rotonda senza dire niente: il suo baule è stato lasciato da qualcuno ai piedi di un letto che suppone essere il suo. La ragazzina bionda che si chiama Alice occupa il baldacchino di fronte e sta già tirando fuori una coperta di lana color ciliegia e alcuni poster di una cantante da appendere al muro: Mary fa una smorfia nella sua direzione, scalciando le scarpe e stendendosi sul suo letto.
È stata una giornata davvero impegnativa, e ha visto così tante cose che…
La ragazza con i capelli rossi –Lily? O Lilly?-  si getta nel posto accanto al suo e Mary riesce a sentirla borbottare qualche lamentela anche se a distanza: quella che ha capito chiamarsi Emmeline invece ha già ordinato tutto quanto e rimane immobile con le guance rosse, imbarazzata come se aspettasse un invito.
«Sono così contenta di essere finita a Grifondoro» chioccia allegramente Alice, come se parlasse a qualcuno in particolare. «E soprattutto sono contenta che anche Frank ci sia! Sono sicura che ci divertiremo un mondo, noi ragazze, e che saremo amiche in men che non si dica!»
Lily Evans la studia con incredibili occhi verdi, poi si alza e va a guardare fuori dalla finestra senza neanche prendersi il disturbo di risponderle.
Mary si stringe nelle spalle. «Scusa» taglia corto. «A me non piacciono gli amici.»
 
 
***
Mary ha quattordici anni, ed è seduta in Sala Comune nel disperato tentativo di capire qualcosa da quel maledettissimo libro di pozioni.
Di fronte a lei Lily Evans –nessuno riesce a spiegarsi come faccia ad essere così brava in quella materia- è sdraiata sul tappeto e sta aiutando Alice Prewett a capire quali sono gli ingredienti giusti per preparare un buon Distillato Soporifero: Mary non capisce se quelle due siano diventate amiche o se ancora si odino, ed in ogni caso non le interessa.
Per un attimo riflette sulla possibilità di unirsi a lei, e chiedere aiuto a Lily: ma la compagnia delle ragazze non le piace molto anche se sono ormai quattro anni che divide la stanza con loro, e quando può cerca sempre di stare per conto suo.
Ma poi delle voci distolgono la sua già scarsa attenzione dal libro di pozioni e quando si volta a sbirciare non si sorprende di trovare Sirius Black.
Lui è stranamente solo –difficile vederlo senza James Potter- e mentre attraversa la Sala Comune una ragazza del sesto anno gli trotterella dietro con aria supplichevole. «Non riesco a capire!» le sente dire Mary, con il tono di voce più alto di qualche ottava. «Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Sirius Black alza gli occhi al cielo, scuotendo la testa con indifferenza. «No, no, è stato magnifico» taglia corto, con la voce che chiunque userebbe per parlare del tempo. «Ma sai, io e James abbiamo dormitori da far saltare in aria, scherzi da mettere in pratica e Serpeverde da appendere al soffitto. Capisci come funziona, no?»
La ragazza bionda spalanca la bocca con l’aria di una che no, non lo capisce affatto. «Mi stai forse lasciando?»
Sirius la guarda dall’alto in basso e ride in maniera aristocratica e un po’ crudele. «Non siamo mai stati insieme» le ricorda, staccandosi da lei senza la minima delicatezza. «Adesso scusa, ma James mi aspetta.» 
Mary osserva la ragazza scappare via, in lacrime e rossa di imbarazzo: quando punta di nuovo lo sguardo su Sirius Black, lui la sta fissando.
«Hai qualcosa da ridire,  MacDonald?» la apostrofa, con occhi grigi come lame.
Mary si stringe nelle spalle, ritornando a leggere il suo libro di pozioni. «Era solo una donna normale.»
 
 
 
 
 
***
Mary Macdonald  ha quindici anni ed è sicura che questa volta morirà.
Maledizione, voleva solo spedire una lettera a sua madre- e adesso Mulciber punta la bacchetta contro di lei e sorride malignamente.
«No ti ho fatto niente» tenta di dire Mary, ma quando prova a indietreggiare il vuoto ai piedi della Guferia minaccia quasi di inghiottirla. «Non ti ho mai neanche parlato! Lasciami andare…»
«Lo so» ammette Mulciber, ghignando in maniera cattiva. «Ma tu non parli molto, Macdonald, e sei una Mezzosangue. Ed io ho bisogno di sperimentare.»
Mary deglutisce: mai prima d’ora ha avuto tanta paura quanto adesso e il cuore le batte nel petto fino a quasi soffocarla. Grida, grida –si ripete, ma lassù chi mai potrebbe sentirla? La bacchetta giace nella sua tasca, inerme e inutilizzata: ma ogni singolo muscolo pesa come un macigno e gli occhi di Mulciber la inchiodano al suo posto.
Ed è per questo che, quando lui scandice «Imperio» Mary è già in parte rassegnata alla sua fine: nonostante tutto, quando sente i suoi muscoli irrigidirsi fino allo spasmo e poi liberarsi completamente di lei, le viene voglia di piangere dalla disperazione. Ma non può: il suo corpo non le appartiene e la sua coscienza è incatenata ad un angolino della sua testa, indifesa e impotente come se l’avessero strappata da se stessa.  
«Bene bene» ghigna Mulciber, e quando muove la bacchetta le sue gambe si muovono con lei. «Vediamo un po’ che cosa sai fare, Macdonald: salta.»
E Mary, impotente spettatrice di se stessa, salta: ancora e ancora e ancora, sempre più in alto e sempre con maggiore forza –come una scimmia ammaestrata, come un burattino attaccato ai fili- fino a quando non sente le caviglie spezzarsi e il suo corpo crolla a terra, inerte.
Il pavimento della Guferia è ricoperto di fango ed escrementi che le macchiano i vestiti e le entrano nei lunghi capelli castani. Eppure quando Mulciber dice «leccalo» lei deve obbedire: il sapore è disgustoso ed indescrivibile, e lei pensa che tra un po’ vomiterà tutto, anche l’anima. Invece, questo non succede: Mary non sa quanto tempo passa precisamente, lei rimane rintanata in un angolo oscuro della sua testa sforzandosi per non provare la vergogna e il ribrezzo che sente.
E poi, prima ancora che se ne accorga, il suo corpo si sta già muovendo: Mary osserva se stessa rimettersi in piedi –il dolore è lancinante- ed avvicinarsi, passo dopo passo, al ciglio della Guferia. No, no, no, no no ti prego no – urla dentro di se, ma quando si arrampica sul muretto capisce che , Mulciber la farà saltare di sotto e lei non potrà fare niente per impedirglielo.
Con tutta la forza che ha in corpo, Mary prova a liberare la sua coscienza dalla prigione in cui è rinchiusa, ma non ci riesce, non ce la fa. Nessuno resiste alle Maledizioni Senza Perdono.
«Basta solo un altro passo, Mezzosangue» gracchia Mulciber, con il tono di voce di uno che si sta divertendo molto. «Un solo passo, e tutti penseranno che tu abbia messo fine alla tua miserabile vita: e come darti torto? Voi siete feccia.»
Ma Mary neanche lo sente: i suoi occhi adesso sono spalancati a contemplare il vuoto sotto di lei, metri e metri di spazio che si concludono con terra e rocce acuminate. All’improvviso le viene in mente quando, da piccola, era scivolata sulla scogliera giù a Seafals, sbattendo ogni centimetro del corpo contro la gelida pietra: questo sarà diecimila volte peggio –si dice- questo farà così male da non sembrare vero.
Eppure non è il dolore a preoccuparla di più adesso: non voglio morire così, senza aver mai vissuto veramente –grida disperatamente, un solo suono che nessuno può udire- non voglio morire senza mai essere mai stata me stessa. Ho passato tutta la vita a domare il mio carattere, ho passato anni ed anni e celare chi sono davvero: non posso morire così, senza mai essere stata felice. Io voglio vivere, io voglio vivere…
E poi…
«Ma cosa…?» si sente urlare d’un tratto, e un rumore sordo entra nella testa di Mary fino a penetrarle le ossa. «Expelliarmus!»
L’attimo dopo, i suoi muscoli si ammorbidiscono come se qualcuno li avesse appena liberati e lei fa appena in tempo a reggersi al muro, prima che il dolore rischi di farle perdere l’equilibrio.
«TU!» sente gridare ancora, e Mary non potrebbe non riconoscere la persona che è appena entrata ad aiutarla: i suoi capelli rossi –grazie a quel cretino di Potter- sono famosi in tutta la scuola ormai, e non c’è persona ad Hogwarts che non conosca la fama di Lily Evans. Eppure, quando Mary la vede avanzare verso Mulciber a passo di marcia, ed inchiodarlo al muro con la bacchetta puntata, non riesce davvero a credere a quello che sta succedendo. «CHE COSA PENSAVI DI FARE?» sta strillando Lily, che non ha alcuna paura.
«Evans» gracchia Mulciber, e lei –nonostante il dolore- è felice di notare che no ha più il tono di voce soddisfatto di prima. «Che cosa vuoi? Non pensare che solo perché sei un’amichetta di Piton allora io…»
«Stupeficium!» dice seccamente Lily, serrando la mascella in maniera minacciosa. Quando si volta verso di lei, per un attimo Mary ha paura e pensa che James Potter vada decisamente compatito: il momento dopo però il dolore è troppo forte e Mary crolla a terra, di nuovo incapace di pensare.
 
Mary è sdraiata sul suo letto, e ha vomitato per quella che dovrebbe essere la sesta volta.
Emmeline le sorride, pulendo tutto con un colpo di bacchetta: «non preoccuparti, tra un po’ starai meglio.»
«Sì» aggiunge anche Alice, che è alle sue spalle e la sta spazzolando. «E anche i capelli torneranno come prima, vedrai.»
Lily invece è seduta ai suoi piedi, con le gambe incrociate sul letto e la bacchetta ancora tra le mani. «Credo che le tue caviglie siano entrambe rotte» dice con semplicità. «Io potrei provare ad aggiustarle, ma non credo che sarebbe sicuro. Dovresti andare da Madama Chips.»
Mary annuisce, piano: parlare le sembra una cosa particolarmente difficile adesso –neanche vuole permettersi di pensare a quello che le è appena successo- eppure guardandosi intorno si accorge che c’è qualcosa che ha il bisogno di chiedere.
«Perché l’hai fatto?» domanda a Lily, con voce scartavetrata. «Perché ti sei messa contro Mulciber solo per salvarmi? Era armato, avrebbe potuto…»
«Sono una strega molto migliore di lui» dice Lily, stringendosi nelle spalle. «E vado in Guferia per stare in pace: non voglio correre di nuovo il rischio di incrociare il suo brutto muso.»
Da sopra la sua testa, Alice ridacchia. «Quello che lei vuole dire» spiega allegramente, «è che l’ha fatto perché sei sua amica: e le amiche si aiutano a vicenda, no?»
Ma Mary non sembra molto convinta, e fa passare i suoi occhi da lei, a Lily ad Emmeline, che le sorride annuendo dolcemente. «Ma noi non ci parliamo neanche. Non facciamo niente ed io non vi rivolgo neanche la parola…»
«Non importa» taglia corto Alice, accarezzandole delicatamente i capelli. «Noi ti vogliamo bene comunque, Mary. Anche Lily» anticipa, prima che lei possa protestare. «Che tu lo voglia o no, siamo amiche. Ed è questo che fanno le amiche: si proteggono sempre, a qualunque costo.»
 
 
 
 
Mary è in infermeria, e sta piangendo tutte le sue lacrime.
È passato un giorno da quello che è successo in Guferia, le caviglie le fanno male e lei odia se stessa con tutto il cuore.
Potevi difenderti, potevi proteggerti, potevi fare come Lily e affrontarlo: invece sei stata stupida e inerme e non hai mosso un muscolo per impedire a Mulciber di torturarti.
Con un gesto disperato, Mary infila le sue dita tra i capelli come se volesse schiacciarsi la testa: questa non sei tu, questa non sei tu. Che cosa hai fatto? Questa persona chiusa, debole e spenta non sei tu!
Ma poi la porta dell’Infermeria si apre di uno spiraglio: Mary crede che siano Alice, Emmeline o Lily –da quando è successo non la lasciano mai- ed è per questo che, quando vede James Potter entrare di soppiatto, per poco non sussulta.
Lui non la nota subito –è troppo occupato a guardarsi intorno con fare furtivo, come per assicurarsi che nessuno lo veda- e questo le da il tempo di tirare su con naso e asciugare tutte le sue lacrime. In ogni caso, non passa molto prima che Potter si accorga di lei: all’inizio sobbalza, ma si rilassa non appena la riconosce.
«Macdonald» la saluta con un sorriso –evidentemente non ritiene che lei sia una minaccia- avvicinandosi indisturbato ad uno degli scaffali di Madama Chips e frugandoci dentro con l’aria di uno che sa esattamente cosa sta cercando. «Come te la passi?»
«Non male» mente Mary, inarcando un sopracciglio nella sua direzione.
Lui richiude un cassetto, mostrando vittoriosamente una fialetta di colore verdognolo: invece di andarsene come lei si era aspettata che facesse, si siede mollemente ai piedi del suo letto e inizia a giocare con il suo stupido boccino, afferrandolo e prendendolo un attimo dopo.
Mary capisce perché Lily lo consideri snervante, e cerca di fargli capire che deve andarsene. «Che stai facendo, Potter?»
«L’altro giorno sono… inciampato» le spiega lui –che proprio non coglie- sollevando la manica della sua divisa e mostrando un lungo taglio dall’aria leggermente infetta. «Cercavo qualcosa per curare la ferita senza dirlo a Madama Chips.»
«Inciampato?» domanda Mary, scetticamente. «Quello sembra il graffio di un animale.»
«Certo che no. Dove lo troverei un animale ad Hogwarts?» ride James, ma qualcosa nel modo in cui lui si passa le mani tra i capelli la fa dubitare parecchio. «Ho saputo quello che ti ha fatto Mulciber.»
Mary arrossisce. «Lo sa già tutta la scuola?»
«Noi Malandrini abbiamo le nostre fonti speciali» ammicca James. «Ma non preoccuparti: io, Remus e Peter stiamo già pensando ad un modo per farla pagare a Mulciber e ai suoi stupidi amici.»
«Tu e Black ancora non vi rivolgete la parola, eh?»
Questa volta è il turno di James di arrossire. «Non importa. Io e Sirius faremo pace, prima o poi. Lui è così, sai?» le confida, come se lei sapesse di cosa cavolo sta parlando o come se le interessasse minimamente. «Non pensa mai prima di agire: ma sono certo che capirà. E quando lo farà tornerà da me fingendosi offeso, e sarà tutto uguale a prima. Sirius non cambierà mai.»
C’è qualcosa nel modo in cui lui parla –qualcosa nel tono ottimista della sua voce, qualcosa nella maniera folle in cui Potter sembra essere sempre felice- che la spinge a buttarsi. «Perché?»
James la guarda. «Perché cosa?»
«Perché credi che lui non possa cambiare?» domanda Mary. Non capisce effettivamente perché le importi, eppure adesso guarda James Potter come se lui potesse avere una soluzione a tutti i suoi dubbi. «Le persone cambiano, no?»
«Non credo» dichiara James, stringendosi nelle spalle e lasciando allontanare il Boccino, prima di afferrarlo. «Non mi fido molto dei cambiamenti. Ma credo che qualcuno possa crescere fino a diventare una persona migliore, se ha un buon motivo per farlo.»
«Un buon motivo?»
«Già» annuisce James, che si ferma a contemplare qualcosa di magnifico che solo lui può vedere. «Non è mai troppo tardi per diventare la persona che  vuoi essere. O almeno io lo spero.»
Mary lo osserva bene, e per la prima volta capisce perché ha così tante ragazze che impazziscono per lui: i suoi occhi brillano in maniera innaturale e lei riesce a sentire, solo restandogli accanto, la sensazione –che è più una certezza- che tutto andrà bene. Chi l’avrebbe mai detto?- si dice, e visto che Potter è ancora con la testa tra le nuvole, si allunga quel tanto che basta per prendere il Boccino prima che possa farlo lui.
James si riscuote dai suoi pensieri e la studia per un secondo, in maniera soddisfatta: l’attimo dopo però si sta già alzando, sorridendole in maniera Malandrina. «Adesso è meglio che io vada» la saluta, indietreggiando nella stanza e guardandosi intorno con circospezione un’ultima volta. «Abbiamo dei Serpeverde a cui farla pagare, no?»
«Concentrati su Mulciber, Potter. E fa che sia doloroso.»
«Ci puoi giurare, Macdonald!»
Mary lo saluta con una mano, poi si rende conto che sta stringendo ancora il boccino tra le dita e allora lo blocca. «Potter!» gli urla dietro. «Stai dimenticando questo!»
James Potter fa capolino dalla porta –una macchia di capelli gigantesca- e ammicca nella sua direzione. «Me lo restituirai agli allenamenti.»
«Quali allenamenti?»
«Quelli che si svolgono ogni pomeriggio subito dopo pranzo. Ci serve giusto una Cacciatrice.»
«Ma…» balbetta Mary, e seriamente non può credere di aver pensato sul serio che uno dei Malandrini potesse essere quasi intelligente. «Io non so giocare a Quidditch! Non l’ho mai fatto prima!»
«Hai detto tu di voler migliorare, no?» ride James Potter, salutandola allegramente con un gesto della mano e scomparendo definitivamente alla sua vista.
Mary guarda il punto in cui prima stava lui scuotendo la testa, completamente indecisa su cosa pensare. Una cosa è certa: James Potter è davvero un tipo strano –quasi quanto Lily Evans- ma non si può dire che non sappia come tirare su il morale di una persona.
Con un sospiro, Mary abbassa gli occhi sul Boccino che si muove ancora un po’ tra le sue mani: le parole di James Potter le girano nella testa nei minuti che seguono, e lei lascia che scorrano libere e incontrollate fino a raggiungerle il cuore. Ed è per questo che, qualche minuto e un Incantesimo di Appello dopo, una forbice e uno specchio compaiono sul suo letto: Mary sorride al suo riflesso, stringendo una ciocca dei lunghi capelli castani tra le dita e facendo un taglio netto all’altezza delle orecchie. «Essere la persona che voglio essere, eh?» mormora piano.
Un groviglio di ciocche castane cade sulle lenzuola e sul pavimento, colorando il bianco asettico dell’Infermeria e Mary si sente felice come non è mai stata prima: da questo momento in poi la sua vita appartiene a lei.
 
 
 
 
 
Mary si passa una mano tra i capelli corti, e Alex Dempsey di Tassorosso le stampa un altro bacio sul sollo: lei è parecchio brilla e lui parecchio carino e riesce a farla ridere anche con poco. Non è molto che Mary ha scoperto il modo strano ed eccitante in cui flirtare con i ragazzi riesce a farla sentire completamente libera e totalmente senza confini –adesso si destreggia tra gli allenamenti di Quidditch e pomeriggi passati a far niente con Alice, Lily ed Emmeline – eppure nell’ultimo mese si è sentita se stessa come mai nei quindici anni passati.
«Quando possiamo rivederci?» le domanda Alex, in tono speranzoso.
«Non lo so» ridacchia Mary, prima di oltrepassare il buco del ritratto. «È una cosa senza impegni: quando ci capita.»
Il pavimento ai suoi piedi oscilla un po’, ma lei continua a camminare e non ci fa caso: non sa se è colpa di quello che ha bevuto o dell’elettricità statica che pare sentire in ogni muscolo, ma la Mary precedente le sembra appartenere ad un altro mondo e lei è felice di essersene liberata.
E poi, poco prima di salire le scale, nota che in Sala Comune c’è ancora qualcuno anche se è spaventosamente tardi e il Coprifuoco dovrebbe essere passato da un pezzo: proprio pe questo, quando si rende conto che è Sirius Black, non si meraviglia affatto.
Il suo viso è illuminato da sprazzi dorati che manda il camino, e tra le mani regge una bottiglia quasi vuota di Burrobirra: perso nel suo mondo di tenebre, a Mary sembra la creatura più bella che abbia mai visto.
«Black» lo saluta allora, sedendosi sul divano accanto a lui senza neanche chiedere il permesso. «Come mai ancora non dormi?»
Lui sposta i suoi gelidi occhi grigi su di lei in maniera impenetrabile, ma per una volta non sembra affatto infastidito della compagnia. «Dormirò quando sarò morto» le risponde con un sorriso malizioso. «E tu Macdonald?»
«Sono appena rientrata da un appuntamento» confessa lei, strappandogli dalle mani la Burrobirra e bevendone un lungo sorso. «Tu e il Capitano non avete ancora fatto pace, eh?»
Qualcosa negli occhi di lui si gela automaticamente, eppure il suo tono rimane comunque fermo ed educato. «Il capitano?»
«James Potter» sospira Mary. «Non sei così ubriaco, hai capito.»
«Non mi pare siano affari tuoi.»
«Quindi non mi dirai cosa è successo di tanto grave per far separare i grandi James Potter e Sirius Black?»
Sirius si stiracchia, ammiccando nella sua direzione. «Hai detto bene: non sono così ubriaco.»
Mary ride. «A questo si può rimediare.»
 
 
Una bottiglia di Wisky incendiario e qualche Burrobirra dopo, Sirius e Mary sono seduti sul pavimento della Stanza delle Necessità e ridono senza alcun motivo apparente. Qualsiasi freno inibitore deve essere sparito da un po’, perché Sirius le sta raccontando avventure che lui e James hanno vissuto durante le vacanze di Natale. 
«Tieni, questo è il nostro indirizzo» sta biascicando, scarabocchiando sull’etichetta di una bottiglia il nome di una strada e un numero civico. «Puoi venire a trovarci, se ti capita. Anche se forse non ci tornerò più neanche io…»
Mary smette di ridere per un momento, nel sentire il tono della sua voce diventare immediatamente metallico. «Non preoccuparti» tenta di consolarlo lei, anche se le parole si mischiano tra le sue labbra. «Tutto si sistemerà tra voi due, vedrai.»
Quando Sirius alza il viso e la guarda, non sembra più un principe delle tenebre: nei suoi occhi brilla l’insicurezza e il dubbio e per un momento ritorna ad essere un semplice quindicenne. «E tu che ne sai?»
«Me l’ha detto James» confessa Mary, che ne è assolutamente abbagliata. «Mi ha detto che tutto si rimetterà a posto.»
«Non è vero» brontola lui, scuotendo la testa e lasciando che i capelli gli cadano davanti gli occhi. «James mi odia dopo tutto quello che ho fatto.»
Mary non capisce perché si avvicina così tanto – forse per consolarlo, forse perché si rende perfettamente conto che vedere Sirius Black senza la sua solita aria impenetrabile è qualcosa di incredibilmente raro- eppure allaccia comunque le braccia intorno al suo collo. «Non ti odia, sai? James ti vuole esattamente per quello che sei» sussurra Mary, a pochissimi centimetri dalle sue labbra. «Sa perfettamente come sei, ed è comunque tuo amico: lui non vuole che tu cambi. Vuole solo che tu capisca.»
Sirius alza gli occhi su di lei, che è completamente su di lui: le sue iridi –nella penombra buia della stanza- adesso sono quasi argentate e Mary non l’ha mai visto tanto bello prima. È una sensazione strana quella che sente –qualcosa di chimico ed elettrico che la sconvolge completamente- e lei si rende conto di quello che sta succedendo un attimo prima che realmente succeda: nonostante questo, quando Sirius poggia la bocca sulla sue e la bacia, lei lo lascia fare.
Nel poco tempo passato è uscita con molti ragazzi, eppure nessuno l’ha mai fatta sentire come lui adesso: le sue labbra sanno di Wisky e passione e Mary le stringe con un’impazienza del tutto nuova. Quando le mani di Sirius viaggiano sotto la sua maglia, lei lo lascia fare: e quando lui la solleva di scatto, per portarla sul letto, lei si aggrappa più saldamente al suo petto per assicurargli che lo vuole.
Il materasso scricchiola un po’ quando ci crollano sopra, ma nessuno di loro due ci fa caso: Mary è troppo occupata nel compito di slacciare i bottoni della camicia di Sirius uno per uno –cosa che le permette di sfiorare ogni centimetro del suo petto, nel frattempo- e lui –che è evidentemente molto più esperto- è già arrivato al gancetto del reggiseno e ci gioca con le dita.
«Stai esitando, Sirius Black?» sussurra maliziosamente Mary, anche se questo vuol dire smettere di baciarlo.
«Giusto un po’» le confessa lui, con quel ghigno assurdamente seducente stampato sul viso perfetto. «Nonostante tu sia amica della Evans, mi sei abbastanza simpatica.»
«E allora?» chiede Mary, con aria di sfida. 
«E allora dovresti stare lontana da me finchè sei in tempo» le confessa Sirius, e nel suo tono di voce c'è qualcosa che suona come un invito o un avvertimento. 
«Vero» annuisce lei, che sa a cosa va in contro ma proprio non le importa: rotolando tra le coperte e sfuggendo alla presa di lui, riesce a recuperare quel minimo di controllo che le permette di stare seduta. «Allora facciamo un patto, Black.»
Sirius la guarda con un sopracciglio inarcato.  «Vuoi fare un patto con il diavolo?»
«O un giuramento, quello che vuoi» fa spallucce Mary, allungando la schiena per raggiungere i suoi occhi.  «Prometto che non mi innamorerò di te, Sirius Black: che non ti seguirò supplicandoti di averne ancora e che non penserò di essere la tua ragazza. Prometto di non essere una donna normale.»
Sirius circonda la pelle nuda di lei con le mani, ma sul suo viso aleggia comunque un sorrisetto dubbioso. «Sicura? Non volerne ancora con me è quasi impossibile.»
«Forse. Ma io non voglio una cosa seria e non voglio impegni» mormora Mary, con le labbra già quasi premute sulle sue. «Voglio solo essere felice: quindi prometti, Sirius Black.»
«Promett…» inizia a dire Sirius, ma Mary ha già catturato la sua bocca e questa volta non ha intenzione di fermarsi a riprendere fiato. E così lui porta a termine il compito iniziato prima, liberandosi del reggiseno e facendo passare le dita nell’elastico della gonna, quasi volesse torturarla in maniera lenta e pazzescamente eccitante.
Mary adesso è completamente sotto di lui, e lascia scorrere le mani sul suo petto come se volesse esplorarne ogni singolo centimetro: i pantaloni spariscono insieme alla sua gonna –tutto è così frenetico che non riuscirebbe a capire qualcosa neanche volendo e non vuole- e all’improvviso si ritrova avvolta in un ciclone di emozioni che non sapeva neanche di poter provare.
Non è la prima volta per lei, eppure non ha mai provato niente del genere prima: quando le labbra di Sirius scendono su di lei, Mary si abbandona alla gioia del momento sentendo la vita irradiarsi in lei sempre di più ad ogni bacio. Vorrei che questa felicità potesse durare per sempre – pensa, l’attimo prima che tutto diventi assolutamente indescrivibile- vorrei che non finisse mai più.
 
 
 
 
 
 
Mary si alza dal letto, spostando una ciocca dal suo viso senza sapere a chi appartiene: Sirius ha i capelli quasi più lunghi dei suoi, e le dorme accanto con la lingua che penzola fuori dalle labbra. Anche così –anche in questo modo bizzarro e quasi carino- lei riesce comunque a trovarlo sexy: sono passati mesi dalla prima volta in cui sono stati insieme, e le loro incursioni notturne si susseguono senza un ordine preciso. A loro non servono appuntamenti e neanche date in codice: si prendono quando gli va e si lasciano quando ne hanno abbastanza e Mary trova il loro piccolo gioco incredibilmente eccitante.
Muovendosi delicatamente nella speranza di non svegliarlo, indossa in fretta i vestiti –come diavolo ha fatto la sua biancheria a finire sul lampadario?- e sguscia via dalla stanza delle Necessità prima che qualcuno la scopra: con Sirius sta bene –lui è un po’ stronzo ma incredibilmente interessante- eppure non si sente ancora pronta per svegliarsi accanto a lui la mattina dopo. E lui non glielo chiede, perciò…
Mentre Mary percorre i corridoi deserti, sperando di non imbattersi nella McGranitt, si dice che probabilmente questa è l’ultima volta che stanno insieme prima delle vacanze estive: poi non si vedranno fino a Settembre, e chissà se forse qualcosa sarà cambiata. Pensare a questa eventualità la fa sentire strana e un po’ agitata: ogni tanto pensa di parlarne con Alice, ma poi si rende conto che non sarebbe in grado di spiegare il loro rapporto a nessuno e quindi lascia perdere.
Loro fanno sesso –questo è ovvio- eppure Mary sa che c’è qualcosa in più che va oltre la passione fisica: sente la differenza ogni volta che bacia ragazzi che non sono lui, nota il cambiamento ogni volta che mani estranee le sfiorano la pelle. Stare con gli altri ragazzi è piacevole e divertente, ma Sirius continua a farla sentire viva come se liberasse la sua anima con la sua sola presenza: quando c’è lui lei può essere sciolta, effervescente, dinamica, passionale e pazza e non preoccuparsi delle conseguenze. Sirius…
Un giorno Sirius potrebbe arrivare a piacerle-  realizza, e questa consapevolezza mette in pausa il suo cervello. Non ora certo –per adesso è solo uno che ci sa fare parecchio- e sicuramente non lo ama –preferiscono occupare il tempo in altro modo che parlare- ma forse un giorno potrebbe piacerle.
E poi i suoi pensieri vengono interrotti di botto quando finalmente arriva davanti il quadro della Signora Grassa e si accorge di non essere sola: all’inizio crede che si tratti di un primino che ha dimenticato la parola d’ordine, ma è solo quando si avvicina ancora che si rende conto che in realtà si tratta di Severus Piton.  Mary proprio non può crederci: è stato solo poche ore prima che lui ha avuto il coraggio di chiamare Lily “Sanguesporco” e trova assurdo che sia ancora qui a supplicarla, per l’ennesima volta, di darle una seconda possibilità.
«Piton» lo apostrofa allora, squadrandolo freddamente. «Ti sei perso?»
Lui la guarda come se l’idea di risponderle gli facesse schifo. «Devo parlare con Lily» tira fuori alla fine, ed è evidente che gli costa un certo sforzo. «Puoi chiamarla?»
«Se vuoi farti uccidere, sarà un piacere» sorride sardonicamente lei, poggiandosi al muro un secondo per godersi lo spettacolo. «Ma fattelo dire, Piton: non sei stato molto furbo. Diciamocelo: già prima non c’erano molti motivi che invogliassero Lily a frequentarti –le tue discutibili amicizie, la tua risaputa passione per le arti oscure e il tuo scarso amore per la pulizia- ma dopo oggi…» ridacchia Mary, passandosi una mano tra i capelli. «Credo proprio che tu l’abbia persa per sempre.»
Nel secondo di silenzio che segue, Piton la guarda come se volesse ucciderla: Mary è sicura che ne sarebbe capace, ma l’idea che lui ci provi non le dispiace. Questa volta non è più la ragazzina indifesa e chiusa che era prima: adesso è davvero lei e lotterebbe per difendersi fino ad uscirne vincitrice.
In ogni caso, Piton ingoia odio e dignità in un solo amaro boccone. «Ho bisogno di parlarle» ripete con voce rotta. «Passerò qui tutta la notte, se sarà necessario. Io devo parlare con Lily.»
Mary lo studia per un secondo, prima di entrare nel buco del ritratto. «Glielo dirò» concede alla fine. «Ma tifo comunque per James Potter, Piton.»
Non sa che faccia abbia lui quando gli volta le spalle –non le interessa neanche: Mary entra nella Sala Comune sbadigliando e stropicciandosi gli occhi. Non appena sale il primo gradino, vede Megan Vane scendere di corsa dal dormitorio dei ragazzi e sorpassarla velocemente, catapultandosi nella sua camera con un sorriso gigantesco stampato in fronte: ma che diavolo succede stanotte? – si domanda lei, anche se forse è meglio non sapelo.
Quando entra nella sua stanza, guarda immediatamente il letto accanto al suo, senza stupirsi di trovare la sua occupante sveglia . «È ancora qui, vero?» le chiede Lily,  in un borbottio.
«Minaccia di dormire fuori» replica lei, sfilandosi la maglia e i calzettoni. «Ti prego, vai a parlarci e prendilo a calci: non voglio ritrovarmi la sua faccia davanti appena sveglia la mattina.»
Lily ridacchia, infilando velocemente la vestaglia e uscendo dalla camera.
«Cerca di non farlo fuori» le dice Mary.
«Non posso promettere niente» sorride lei.
È solo quando i capelli rossi di Lily scompaiono nel buio, che Mary lascia andare di nuovo i suoi pensieri: ecco cosa fa l’amore alle persone –si dice- ricordando il viso sofferente che aveva Piton un attimo prima; ecco cosa succede quando ti affezioni troppo a qualcuno –continua ancora, pensando a tutte le lacrime che Lily ha versato quello stesso pomeriggio; ecco cosa succede quando vuoi qualcosa che non fa per te –conclude, e questa volta sono gli occhi distrutti di James Potter a tornarle nella mente.
È proprio per questo che, quando Mary posa il viso sul cuscino, semplicemente lo sa: lei una storia seria non la vuole, –non vuole un fidanzato che le porti i fiori, non vuole doversi confrontare o giustificare con nessuno, non vuole passare troppo tempo ingabbiata sempre con la stessa persona- vuole solo divertirsi e godersi la vita finché può.
E stare con Sirius le piace, certo, ma in questo caso il gioco non regge la candela. Perciò è molto semplice: prima che possa rovinare tutto provando qualche strano, contorto sentimento, Mary lo lascerà perdere.
Hogwarts è piena di così tanti ragazzi carini, ed è quello che ha promesso a Sirius: lei non sarà una donna normale.
E questo è quanto.
 
 
 
 
 
 
***
Mary Macdonald ha sedici anni e lei e Lily camminano speditamente lungo il corridoio, dirette in Sala Grande.
«Evans! Ehi, Evans!» si sente chiamare d’un tratto, e nessuna delle due ha bisogno di voltarsi per sapere che si tratta di James Potter.
«Non ci vengo ad Hogsmeade con te» taglia corto Lily, alzando gli occhi al cielo e affrettandosi lungo il corridoio.
«Adesso non la smetterà più» borbotta Mary, scuotendo la testa con un sorriso: nonostante sia vagamente insopportabile, lei tifa ancora per James.
Ma è solo quando lui le raggiunge, che si rende conto che c’era anche Sirius: con la camicia aperta qualche bottone di troppo e la cravatta che pende storta lungo il petto, è comunque bellissimo.  Mary gli sorride e lui ammicca nella sua direzione: sono passati mesi da quando loro due non stanno più insieme –non si toccano e non si baciano più, neanche si rivolgono la parola- e Mary è contenta così.
Dal canto suo, Sirius ha preso la cosa esattamente con estrema indifferenza: non l’ha più cercata e non le ha mai chiesto spiegazioni, e lei crede che sia giusto perché è esattamente quello che si erano promessi all’inizio.
«Ma dai, Evans!» sta supplicando James, nel frattempo. «Dimmi di sì per una volta: che ti costa?»
«Mai, Potter» sibila gelidamente Lily, afferrandola per un braccio e trascinandola vita. «Io non uscirò mai con te.»
E Mary si dice che la sua è stata una scelta giusta: è proprio incredibile cosa riescano a fare i sentimenti quando giocano con le persone.
 
 
 
 
 
***
Mary Macdonald ha diciassette anni e sta baciando Sirius Black dopo quella che le sembra una vita.
In lui non c’è dolcezza e neanche tenerezza, ma solo la voglia bruciante di sentire qualcosa di vivo sotto le mani: e a Mary va bene così, da lui non ha mai desiderato altro che questo. Perciò quando lui preme il suo corpo su di lei, fino a farle quasi male, Mary lo lascia fare: la mamma di James –che era anche la sua- è appena morta e a lei sembra quasi di riuscire a sentire il sapore del dolore sulle labbra di Sirius.
Non sa cosa succederà dopo: forse andranno nella stanza delle Necessità o forse no, forse si separeranno o forse no –ma non le importa. Sirius non le piace e sicuramente non lo ama,  è solo che adesso desidera potergli essere così vicina da far parte di lui per sentirsi come nel centro esatto di una tempesta.
Ed è per questo che, in un impeto di folle passione, Mary circonda il suo collo con le braccia, annullando la distanza e consentendogli di sfiorare ogni centimetro della sua pelle: Sirius l’ha fatta sentire viva quando ne aveva più bisogno e adesso lei vuole ricambiare il favore.
 
 
 
 
 
 
Mary stiracchia le braccia, allungando le gambe sulla coperta e tirando accidentalmente un calcio a Remus. «Scusa» ridacchia, anche se lui non se la prende. «Questi M.A.G.O. mi hanno davvero ucciso.»
«Come credete di essere andati?» domanda dolcemente Emmeline, che è seduta accanto a lui.
«Non male» dice Lily, nello stesso momento in cui James esclama «ovviamente bene»: l’attimo dopo –come al solito- i due cominciano a bisticciare amorevolmente, nel loro modo assurdo e decisamente bizzarro di essere una coppia.
È uno degli ultimi giorni di scuola e loro nove si godono il sole estivo per l’ultima volta: Peter e Frank mangiucchiano le ultime caramelle rimaste della scorta segreta dei Malandrini e Alice sta arrotolando le maniche della sua divisa, chinando la testa quel tanto che basta perché la luce riempia i suoi capelli di scintille dorate.
Mary li guarda uno per volta, quelli che negli ultimi mesi sono arrivati ad essere la sua famiglia: non sa cosa succederà nel prossimi giorni –non sa se tutto cambierà oppure se le cose rimarranno uguali come adesso- eppure si sente felice lo stesso.
E poi sposta gli occhi verso di lui, che ammicca nella sua direzione: Sirius è bellissimo con indosso sfumature di  chiaroscuri e tutti i suoi difetti insopportabili, e quando Mary gli sorride respira uno sprazzo di vita.
E allora smette di preoccuparsi di tutto: della fine della scuola, di un lavoro che non troverà mai, della guerra che incombe su tutti loro che sono al centro della battaglia. Perché non le importa se non ha avuto un bell’inizio, né se non avrà una bella fine: il mezzo è stato grandioso.
 
 
 
 
 
 
 
 
Sirius Black era in piedi, vestito del suo miglior completo elegante.
Di fronte a lui stava una tomba chiusa e qualcosa che i suoi occhi non avrebbero mai più potuto vedere: e questa volta non c’era niente da sentire, solo il vuoto piatto della fine.
Sirius prese un sospiro, aggiustando con le dita il nodo della cravatta e sentendosi un perfetto idiota. Tra le mani reggeva un mazzo di magnifici fiori viola che Alice gli aveva lasciato– e di nuovo, maledisse James per averlo convinto ad andare. Ma perché l’aveva ascoltato?
«Sirius!» si sentì chiamare, e per un attimo la voce di lei risuonò nella sua testa: ma Lily aveva lunghi capelli rossi e non avrebbe mai potuto essere più diversa da Mary. «Sapevo che saresti venuto a portarle dei fiori, anche se a lei non sono mai piaciuti.»

Al diavolo- pensò Sirius,  gettando il mazzo alle sue spalle, liberandosi della cravatta e della giacca e slacciando i primi bottoni della camicia: nel mezzo di un cimitero, rise. 




 
" «E tu» aggiunge Alice, indicando Mary con la testa, «ricordati chi era con te, quando la tua vita andava a rotoli.»
«Lo sto facendo» decreta lei, con i capelli corti che fendono l’aria mentre lascia l’ennesimo campo di battaglia. «È proprio per questo, Alice: lo sto facendo.»" 

" «Vattene» ringhio quasi, «ti conviene stare lontana da me.»
Il volto di Mary si distende in un sorriso sardonico.«Questa l’ho già sentita una volta, un po’ di tempo fa, Sirius. » 
E poi Mary fa tacere ogni voce nella mia testa: con un gridolino, si alza sulle punte per allacciare le braccia intorno al mio collo. La distanza tra noi, adesso, non esiste più. " 

"«Parliamone, okay? TU» dice, puntando il rossetto contro Mary come se fosse una bacchetta. «Si può sapere che diavolo di problemi avete tu e Sirius Black? Fate sesso una volta, poi fate sesso ancora, poi non vi rivolgete più la parola per quasi un anno e ad un certo punto diventate praticamente pappa e ciccia… fino a quando non vi becchiamo tutti in un clamoroso tentativo di pomiciare nella Stanza Della Necessità! E adesso… cosa? Insomma, nessuno ci capisce niente, voi compresi:  potete per favoe fare un piacere al mondo e decidervi a chiarire?» "
 
(Da Chi Lo Ha Tre Volte Sfidato) 













 
Note dell'autrice: questa raccolta si basa su tutti quei personaggi della vecchia generazione che roteavano intorno Lily, James, i Malandrini nel corso degli anni '70 e '80; quelli a cui la Rowling accenna soltanto, quelli che compaiono solo attraveso un nome o una frase ma su cui noi non possiamo fare a meno di fantasticare, quelli che sono morti per ciò in cui credevano e hanno vissuto combattendo... quelli che forse avrebbero meritato più spazio. 
E questo vale anche per me: in DCLHTVS non ho mai modo di approfondire come vorrei i personaggi secondari a Lily e James, ed è proprio per questo che ho creato questa raccolta. Ho intenzione di scrivere dei membri dell'Ordine della Fenice, degli studenti ad Hogwarts -alcuni di conosciamo bene e alcuni un pò meno- e di tutti gli altri personaggi che mano a mano appariranno nella storia principale. (Per chi non la avesse letta, credo che sia comunque comprensibile!) 

Per quanto riguarda il titolo.
Ho scelto questo titolo per una ragione: i temi principali in HP sono la morte e l'amore. Lily e James si sono amati più di chiunque altro, ed è per questo che Harry è stato capace di ricevere la sola cosa che Voldemort non aveva, la sola cosa che avrebbe potuto sconfiggerlo. Come dice Silente, l'amore è una forza più meravigliosa e più terribile della morte: ed è questo il filo conduttore di tutta la raccolta. Ognuno di questi personaggi aveva questo potere, ognuno di loro -seppur in modi completamente diversi- rappresenta una parte di quell'amore che alla fine ha vinto su tutto. Mi piace pensarla così: che con le loro vite, ognuno di loro abbia trasmesso a James e Lily un pezzetto di quell'amore che loro hanno donato ad Harry.
La sua vittoria è molto di più: è la rivincita di tutti coloro che hano vissuto per amore... e che sono morti per lo stesso motivo. 
No, in realtà è che sono fissata con la profezia, basta, ahah! 

Altra cosa: per tutte quelle che seguono DCLH3VS. Prometto che questa raccolta non toglierà tempo alla storia principale... è solo un mezzo che userò per approfondire di tanto in tanto, quindi non preoccupatevi! 

Detto questo -non ho ancora finito, no- ci sarebbe qualcosina da dire anche su Mary probabilmente. Non so come immaginavate la sua storia, ma io l'ho sempre vista così. Ci sono alcune cose nella vita che ci sconvolgono e ci cambiano, ma non sempre questo succede in senso negativo, no? Ogni tanto è proprio qualcosa che si rompe a farci ritrovare proprio noi stessi. E Mary rappresenta questo: l'amore per ciò che ci piace e per ciò per cui bisogna vivere, e anche l'amore per noi stessi che alcune volte bisogna riporre sopra il resto. 
Il suo rapporto con Sirius.... beh, lei non ha paura di impegnarsi o cose del genere. Non è come Lily, piena di insicurezze: Mary è genuina e spontanea, e non ha una relazione fissa con Sirius perchè lei semplicemente non la vuole. 
Il suo rapporto con le ragazze... beh, forse sarete un pò confuse ahah! Ma era una delle tante cose che immaginavo così: non poteva andare tutto liscio (ovvero tutto alla maniera di Alice ahah) perchè hanno dei caratteri completamente diversi! Ma questo si vedrà meglio in altri punti di vista di altri personaggi! 
E c'è un'altra cosa importante, credo: il rapporto con James. James non poteva non essere presente, perchè... lui è quello che regala agli alti speranza, ma anche nuovi inizi. Ed è esattamente quello che ha fatto con Mary: le ha dato la possibilità di essere un'altra, e lei l'ha colta al volo.
Credo -spero- che con questa OS si capiscano molte più cose di lei: il modo in cui ha difeso James nel capitolo della digrazia (ahah il 91), il suo legame con le ragazze e il suo odio per i Serpeverde, il suo comportamento in generale e il perchè molto spesso lei e Lily litigano su alcune cose. 

Sto andando via, giuro: chi pensate sarà il prossimo personaggio? 
Se avete delle richieste (o delle domande) , proponetelo pure nelle recensioni! 

Grazie mille per aver letto e per essere arrivate fin qui. 
E grazie perchè ancora mi sopportate. 
Un bacio e tanto affetto, 
Sara. 
   
 
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