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Autore: Herm735    01/02/2015    10 recensioni
Raccolta di One-Shot per provare a dimostrare che, in qualsiasi modo, in qualsiasi mondo, Callie e Arizona si sarebbero trovate. L'ambientazione cambia di capitolo in capitolo, in epoche diverse, luoghi diversi, con una sola costante: il loro amore. Almeno, è così che mi piace pensarla...
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salve a tutti! L'ultimo capitolo ha ricevuto una buona risposta da parte vostra, ne sono grata e vi ringrazio di cuore! Spero che anche questa storia sia di vostro gradimento e di non deludervi.
Buona lettura!






Il nostro primo orologio da taschino


Make every second count
~ C.

Sì, ma perché non hai mai detto niente?”
Mi presi la testa tra le mani, chiudendo gli occhi per un secondo.
Maledizione” imprecai a bassa voce.
Perché non hai detto niente?” chiese a voce più alta.
Pensavo che lo sapessi” le urlai contro, alzandomi di scatto, voltandomi. “Pensavo che l'avessi capito, va bene? Era facile. Bastava fare due più due. Non ho mai detto niente perché pensavo che lo sapessi già.”
Di cosa stai parlando? Se lo avessi saputo, tu sai che io...”
Che cosa?” risi amaramente. “Cosa avresti fatto? Non ti saresti sposata?”
Non rispose. E quello mi disse tutto ciò che dovevo sapere.
Senti, ci siamo scelte questa vita. Era più semplice così, lo sai. Abbiamo scelto di chiudere gli occhi e far finta di niente. È il tipo di persone che siamo, non ci si può fare niente.”
Invece potevamo fare qualcosa. Dovevi solo dirmelo allora.”
Scossi la testa, guardando in basso e rifiutandomi di voltarmi verso di lei.
È stato così tanto tempo fa. Non ha senso parlarne adesso.”
Sì che ha senso, se tu...”
No.”
...se lasci il negozio, ed io...”
No, davvero. No.”
Ma, Arizona-”
Era tantissimo tempo fa” risposi piano. “È troppo tardi per rimettere le cose al proprio posto. Lo sai. Lo sai anche meglio di me. Non abbiamo mai avuto una possibilità nemmeno allora, figuriamoci adesso.”
Ma io e te, noi due...”
Non c'è nessun noi. Non c'è mai stato. Era solo nella mia testa, era un'illusione. Questo non è il nostro destino.”
E cos'è allora?”
Un amore non corrisposto. Un rimpianto che mi consuma da dentro corrodendo la mia anima. Lo sai bene, forse meglio di me, che non sono più quella persona.”
Ma potresti tornare ad esserlo.”
Scossi la testa. “Nessuno torna indietro.”
Rimase in silenzio a lungo, contemplando le mie parole.
Guardami.”
Scossi la testa, rifiutandomi di voltarmi.
Arizona, guardami.”
Continuai a tenere lo sguardo basso e a darle le spalle.
Così lei, esattamente come avevo anch'io fatto molto tempo prima, rinunciò.
Questo era il nostro destino, lo è sempre stato. Ma su una cosa hai ragione. Tu non sei più la persona di cui mi sono innamorata. È questo che ha cambiato il nostro destino. Non io.”
Sentii qualche passo e poi la piccola campanella del negozio mi avvertì che la porta era stata aperta e che lei se ne stava andando.
Calliope?”
La percepii esitare.
Sì?”
Da cosa lo hai capito?” domandai. “Da cosa hai capito che io...”
Che eri innamorata di me?”
Già” mormorai, fermando me stessa da correggere il tempo verbale al passato con uno al presente.
Tu non mi tocchi mai. Per nessun motivo. Cerchi di nascondere qualcosa che hai paura riesca a trasparire dai gesti e che è più facile trattenere e negare con le parole. Le azioni non mentono. Le persone, invece, lo fanno molto spesso.”
Sospirai, voltandomi verso di lei e guardandola finalmente negli occhi.
Sei felice adesso che lo hai detto ad alta voce?”
Scosse la testa, sospirando del mio tono di accusa.
Non hai mai capito che non era me che dovevi combattere. È chi ti dice che non puoi stare con me, avresti dovuto passare la tua vita a combattere loro.”
Ma hanno ragione. Io non dovrei stare insieme a te” le comunicai senza mezzi termini, non mollando il suo sguardo neanche per un istante.
Lei lasciò che la porta si richiudesse e mi si avvicinò. Stavo per dire qualcosa per fermarla, ma lei mi raggiunse prima, appoggiandomi una mano sulla spalla ed alzandosi in punta di piedi per baciarmi dolcemente sulla fronte.
E va bene, Arizona. Hai vinto. Me ne sto andando.”
Si allontanò di un passo. E capii che, una volta uscita da quella porta, non sarebbe mai tornata indietro.
Ti lascio ai tuoi...” fece un gesto verso la mia scrivania da lavoro, indicando i numerosi orologi che vi erano appoggiati sopra in attesa di essere riparati. “Ti lascio ai tuoi rimpianti.”

Aprii la porta del negozio e sentii immediatamente due risate cristalline venire dall'ufficio. Quando la campana che segnalava l'aprirsi della porta risuonò, le risate si fermarono all'istante. I due ragazzi tornarono seri appena la mia presenza divenne chiara.
Entrai nello studio e li vidi chinati entrambi sullo stesso orologio, che cercavano di trovare la soluzione ad un problema che il proprietario aveva probabilmente riscontrato, la causa per cui quell'orologio, in quel momento, si trovava lì.
“Che fate in due a lavorare sullo stesso orologio?” li sgridai subito. “Tutti questi anni e ancora non avete imparato niente?”
Loro due si scambiarono un'occhiata veloce e poi guardarono verso di me, annuendo immediatamente e separandosi.
“Lascia a me quello, James, se non riesci a capire che problema abbia, e tu scegline un altro più facile da riparare.”
“Posso farcela” rispose ostinatamente. “Posso capire che c'è che non va.”
“Questo carattere ostinato devi averlo preso da tua nonna, ragazzo. Tuo nonno non era così” gli dissi. “Ci vuole esperienza per capire certi orologi. Scegline un altro, ho detto.”
Presi quello che pochi istanti prima stavano osservando e lo portai sulla mia scrivania, notando che non aveva più il cartellino.
“Chi lo ha portato?” domandai ai due apprendisti.
“Non lo sappiamo. Era già qui stamani quando siamo arrivati.”
Guardai verso Gary.
“Non c'è il cartellino con il nome. Uno di voi due incompetenti deve averlo perduto.”
Loro si guardarono, scrollando le spalle.
“Era così quando siamo arrivati” ripeté James.
“Sei troppo insolente per la tua età, ragazzo” lo rimproverai. “Dovresti avere più rispetto per chi è più vecchio di te.”
Mi sedetti al mio posto, appoggiando l'orologio che avevo portato lì da una parte e concentrandomi sui cinque che dovevo riparare quella mattina per riconsegnarli il giorno dopo.
Aprii il primo, ascoltandone attentamente il rumore per diversi istanti, prima di capire cosa non andava.
“James” urlai. “James, vieni qui.”
Lui fece come gli avevo chiesto, chinandosi sulla mia scrivania, standomi davanti.
“Lo senti?”
“Cosa dovrei sentire?”
“Ascolta” lo incoraggiai.
Lui fece come avevo chiesto, ma dopo qualche minuto scosse la testa negativamente, facendomi intuire che non aveva capito.
“Perde tre secondi ogni minuto. Per questo il signor Kenrad dice che va indietro nonostante noi continuiamo a rimetterlo ogni settimana allo spaccare del secondo. Te ne saresti dovuto accorgere mesi fa.”
“Mi dispiace, zia Arizona.”
“Non dispiacerti. Limitati a non sbagliare più.”
Lui rise, scuotendo appena la testa.
“Certo, non farò mai più un solo errore. Molto realistico da parte tua, zia Arizona.”
“Non parlarmi così, ragazzo. Ho quattro volte i tuoi anni e riesco a fare questo lavoro dieci volte meglio di te. Quindi abbi rispetto.”
“Certo. Scusami zia” mi sorrise debolmente, la sua risata smorzata immediatamente dal mio tono mortalmente serio.
“Saresti in grado di riparare questo orologio, ragazzo?” gli domandai.
“Forse. Non lo so. Tre secondi al minuto è impercettibile, si rischia di peggiorare il danno invece che ripararlo.”
“Non se stringi la vite giusta nella misura giusta. Tre decimi di millimetro nella quarta vite a destra dovrebbero essere perfetti.”
Fissò per qualche istante la minuscola vite che gli stavo indicando.
“Stai scherzando?”
“Guardami. Guardami, ragazzo” alzò gli occhi verso i miei. “Ti sembra che stia scherzando?” gli chiesi. “Rispondimi. Ti sembra che stia scherzando?”
“No. Non mi sembra.”
“Infatti. Io non scherzo mai.”
Presi un piccolo cacciavite, appoggiandolo delicatamente contro il metallo dell'orologio e stringendo appena la piccola vite leggermente lenta.
Richiusi l'orologio da taschino e glielo porsi.
“Prendi il nostro orologio di controllo e per le prossime quattro ore ascolta ogni singolo secondo di questo orologio e dimmi se non è perfetto.”
“Quattro ore?”
“Sono appena diventate cinque. Vuoi aggiungere altro?”
“No. Vado subito a prendere l'orologio di controllo.”
Sparì dalla mia vista prima che potessi rimproverarlo di nuovo. Sapevo quanto il mio bisnipote mi odiava, ma era così che le cose dovevano essere.
“Sei troppo dura con lui, zia Arizona.”
Mi voltai verso la soglia dello studio.
“Ah, Christopher. Vieni, entra. Sai chi ha portato qui questo curioso orologio?” domandai, indicando l'oggetto senza un cartellino.
“No, mi dispiace. Sono giorni che non vengo al negozio.”
Estrassi il mio orologio personale dalla tasca, controllando l'ora.
“Sai, non ti ho mai perdonato di non aver voluto continuare l'attività di famiglia. Speriamo che tuo figlio metta la testa a posto prima di te.”
“Ancora con questa storia, zia? Gestisco il ristorante di mamma e papà, lo sai.”
“Già. Non ho ancora perdonato nemmeno tuo padre, per non aver continuato l'attività di famiglia al posto mio” risposi, sospirando.
“Di cosa parli, zia? Nessuno è bravo come te con gli orologi. Ogni secondo scorre nel tuo sangue, sei nata per questo.”
“Lo so. Me lo sono sempre sentito dire da tuo nonno, sai? Daniel era convinto che io avessi un dono.”
“Non era così?”
Sfiorai le linee del motivo inciso all'esterno dell'orologio che tenevo in mano e portavo sempre con me, che mi era stato regalato sessant'anni prima.
“No. Questa è stata la mia maledizione, Christopher. Mi ha portato via tutto quello che ho mai amato” mormorai.
Rimasi immersa nei miei pensieri di un mondo perduto, confuso nel tempo, scandito solo da orologi che perdevano ormai troppi secondi nella mia mente.
“E poi ti chiedi perché né io né papà abbiamo voluto gestire questo posto. Non sono nemmeno sicuro di volere James qui dentro.”
“Lascialo in pace, Christopher” gli dissi subito. “Lascia scegliere a lui quello che vuole fare e non immischiarti. Ci ho messo cinque anni per insegnargli quello che sa, non me lo porterai via adesso che è quasi pronto per gestire questo posto.”
“Vuoi che lo gestisca lui? Ma se ha poco più di vent'anni.”
“Non ho alternative” gli risposi. “Tuo padre e tua madre sono morti, quindi Tim non può certo prendere il mio posto e tu non lo vuoi. Non ho figli ed ho ottant'anni.”
“Non dirmi che vuoi andare in pensione.”
“Nemmeno per sogno, puoi scordartelo. Ma non vivrò per sempre. E deve esserci qualcuno a continuare l'attività di famiglia dei Robbins quando io me ne sarò andata.”
“Ma Gary...”
“Lui non è un Robbins.”
“Ma ha lavorato qui per molto più tempo.”
“Non ha l'orecchio adatto. Non ha il talento di James.”
Riposi il mio orologio al suo posto e mi concentrai su quelli posati sulla mia scrivania, pronti per essere esaminati.
“Ora vattene, scansafatiche. Devo rimettermi a lavoro e tu avrai sicuramente qualcosa di bizzarro da cucinare al tuo ristorante.”

Fuori si era fatto buio.
Con il pollice continuai a percorrere le linee di quell'orologio ormai vecchio e sporco ma da cui non riuscivo a separarmi.
“Gary è andato via. Pensavo che potremmo andare anche noi, se sei pronta.”
Mi schiarii la voce, mettendo via l'orologio.
“Tu vai, James. Voglio dare un'occhiata a questo affare, prima di venire via.”
Lo vidi esitare. Rimase fermo sulla soglia.
“Sai, assomigli moltissimo a tuo nonno Tim, fisicamente. Il carattere, invece, è identico a quello di sua moglie. Tuo nonno te lo ricordi, James?”
“Sì, me lo ricordo. Ma solo vagamente.”
“Era un uomo molto coraggioso.”
“Lo so. Me lo dice sempre, mio padre.”
“Doveva essere lui a ereditare questo negozio, lo sai? Era il primogenito ed il figlio maschio. Io non dovevo entrarci niente in questa cosa.”
“E allora perché il negozio è finito a te?”
Risi amaramente. “Io avevo questo...” sospirai. “...dono, come lo chiamava sempre il tuo bisnonno Daniel quando me ne parlava. Io la vedo come una maledizione, invece. Per tutta la mia vita, tutta quanta, non ho fatto altro che lavorare in questo negozio. Ogni istante del mio tempo, l'ho passato qui dentro. Il tempo non passa mai quando hai attorno centinaia di orologi che scandiscono ogni secondo.”
“Pensavo che ti piacesse lavorare qui.”
“Certo, certo che mi piace. Gli orologi sono tutto ciò che ho mai conosciuto, tutto quello che sono mai riuscita a capire davvero. Questo negozio è stata la mia casa, per sessant'anni.”
Fece un passo dentro la stanza.
“Ma ogni secondo di questi sessant'anni, ogni secondo che ho passato qui...Questo negozio mi è costato tutto. Mi ha portato via l'unica persona che io abbia mai amato. È per questo che nessuno dopo di me, né tuo nonno, né tuo padre, né i tuoi fratelli, hanno mai voluto neanche provare a lavorare qui. Perché sanno che questo posto porta grande solitudine. E la solitudine spesso coincide con l'infelicità.”
“Tu sei stata innamorata? E lui chi era?” chiese con il suo entusiasmo giovanile che a volte gli invidiavo.
“Questa storia è per un'altra sera, James. Voglio sul serio vedere cosa non va in questo orologio e poi andarmene a casa e riposare un po'.”
“Posso aiutarti?” chiese.
Fui sorpresa dalla domanda, visto quello che gli avevo appena confidato, ma gli feci cenno di sedersi davanti a me.
“Vedi, questo è uno strumento molto strano” iniziai. “L'ho osservato a lungo ma non ho ancora capito come funziona. E non c'è un'etichetta attraverso la quale rintracciare il proprietario, quindi dobbiamo venirne a capo da soli” gli spiegai.
“Bene. E da dove iniziamo?”
“Beh, per prima cosa ne controlliamo il funzionamento. Di solito se ci portano un orologio per ripararlo, c'è qualcosa di rotto.”
“Giusto” rise della propria ingenuità, scuotendo la testa.
“Ascolta” lo incoraggiai.
Lui fece come gli avevo detto e si soffermò a contare, cercando concentrazione. Solo dopo anni si poteva individuare senza una misurazione, non mi aspettavo che ci riuscisse sul serio.
“Mi sembra un po' accelerato.”
Gli sorrisi immediatamente.
“Di sette secondi ogni dieci minuti” confermai, fiera della sua conclusione. “Ecco, prova a ripararlo tu.”
Gli porsi un cacciavite, incoraggiandolo a ripararlo.
Osservai attentamente la sua scelta della vite, che individuò subito. Guardai da vicino e mi assicurai che non la allentasse troppo.
“Ok, così è perfetto. Sei stato bravo, ragazzino” gli dissi, dopo aver ricontato i secondi per qualche minuto.
“Quindi tutto qui? Pensavo fosse una cosa più strana. Io e Gary non siamo riusciti a capire nemmeno come si apriva.”
“Beh, te l'ho detto. Il meccanismo è molto complesso e mi piacerebbe studiarlo meglio. Visto che non c'è un nome né una data di riconsegna, magari possiamo dargli un'occhiata domani sera dopo il lavoro della giornata, se ne hai voglia.”
“Certo. Mi farebbe molto piacere” mi sorrise.
Un sorriso stranamente familiare.
“Allora andiamo a casa, ragazzo. Ho bisogno di riposarmi per un po', sono incredibilmente stanca. Sono troppo vecchia per dormire poco, ormai sono finite le mie notti passate dentro questo negozio.”
Mi alzai con un po' di fatica, lui fu veloce ad aiutarmi. Chiuse la serranda dell'orologeria, consegnandomi subito dopo la mia copia della chiave.
“Ci vediamo domani mattina ragazzo.”
“D'accordo. A domani.”

Per parecchie sere di fila avevamo studiato il meccanismo di funzionamento dell'orologio e ne avevamo aggiustato tutto quello che poteva funzionare scorrettamente.
Tuttavia, dopo due settimane, ancora non avevamo capito a cosa servivano i congegni apparentemente molto più avanzati del normale che erano stati impiantati in quell'orologio da taschino.
Quella sera, dopo il lavoro, quando James entrò nel mio studio mi trovò a fissare il mio orologio, ne stavo tracciando il motivo esterno con la punta del pollice, completamente persa nei miei pensieri, quando la sua voce mi riscosse.
“Pensi al passato?”
Rilasciai un respiro tremolante.
“Sono molto stanca James.”
“Lo immaginavo. Infatti è ora di chiudere, possiamo andare a casa.”
“Non solo stasera. È da un po' che sono stanca ormai. Non so quanto a lungo riuscirò ancora a mandare avanti questo posto e spero che dopo la mia morte...”
“Zia, non dire così.”
“...spero che sia tu ad occupartene, ragazzo.”
Quello lo colse di sorpresa e lo fece tacere.
“Nessun altro in famiglia ha il tuo stesso talento da generazioni, ormai. Questa è una delle cose che io e te condividiamo.”
Lui continuò a guardarmi, sorpreso dalle mie parole.
“Siediti, ragazzo.”
Lui si accomodò dall'altra parte della mia scrivania di legno, ormai vecchia e segnata da tutti i colpi di martello, scalfita dalle punte dei miei cacciaviti.
“Ho avuto una vita molto lunga.”
“Lo dici come se fosse una cosa negativa.”
“L'ho passata tutta con i miei orologi, figliolo. Senza mai una persona accanto che mi capisse e mi amasse per quello che sono stata. Io la mia vita l'ho passata con questi oggetti. Quando ti occupi di orologi, ormai lo avrai capito, ogni secondo è fondamentale. Ogni istante conta qualcosa e può fare la differenza, fosse anche un secondo ogni dieci minuti. Ma quando arrivi alla mia età e ti accorgi che tutti quei secondi che hai sentito rintoccare ti sono scivolati addosso senza che tu ne vivessi mai neanche uno, capisci che il tempo non è importante.”
“Come può non essere importante?” domandò con perplessità. “Il tempo è tutto. Ci viviamo dentro.”
Gli mostrai l'orologio che avevo in mano e che portavo sempre con me.
“Questo orologio me l'ha regalato una persona, sessant'anni fa. Tu non l'hai mai conosciuta, la moglie di mio fratello.”
Aprii l'orologio, mostrandogli la foto che c'era dentro.
“La mamma di papà?”
Ritraeva me e una donna dai capelli neri, entrambe negli ultimi anni dell'adolescenza. Sorridevamo all'obbiettivo ed avevamo una complicità che solo pochi mesi dopo avevamo improvvisamente perduto.
“Si chiamava Calliope” gli ricordai. “Ha sposato Tim quando avevamo ventidue anni, la tua età. Lui ne aveva ventotto. Sono passati esattamente cinquantanove anni e nove mesi. Sai quanti secondi sono? Quanti rintocchi sono?”
Scosse la testa.
“Un miliardo e novecento milioni, circa. Dopo un po' ho perso il conto, ma se la matematica non mi inganna dovremmo essere più o meno lì. Quasi due miliardi di secondi.”
“Ma questo che c'entra?”
Gli sorrisi, scuotendo la testa.
“Per tutti questi anni io non ho mai smesso di pensare a lei, ogni secondo della mia vita da allora, io ho pensato a lei. Due miliardi di pensieri, di ricordi e di desideri. Due miliardi di istanti che invece di vivere ho immaginato.”
Vidi lo stupore e poi la comprensione dipingersi sul suo viso.
“Quasi sessant'anni, quasi due miliardi di secondi, sono stati del tutto inutili per me. Perché io ho smesso di vivere nell'esatto istante in cui Calliope ha sposato tuo nonno. Per la paura di perdere questo lavoro, di non poterle dare la vita che secondo me meritava, di renderla infelice a lungo termine, l'ho lasciata andare. Per la paura di darle un futuro che non l'avrebbe resa felice, ho scelto un presente che ha reso infelice me. Lei ha avuto il suo futuro, mentre io...” sospirai. “Ho vissuto nel rimpianto da allora.”
“Non ne avevo idea, zia. Papà non ha mai...”
“Nessuno ne aveva idea. Nessuno lo ha mai saputo. Sei la prima persona a cui lo dico e sarai, spero, l'ultima che lo saprà. Ma non ti ho detto questo segreto che mi porto dentro e che mi ha distrutto perché questo peso gravi sulla tua coscienza. Voglio che tu capisca bene quello che sto cercando di dirti.”
“E cosa sarebbe?”
“Il tempo non è importante, James. L'importante è come decidi di usare quel tempo.”
Scandii ogni parola, sperando che non solo mi ascoltasse, ma comprendesse sul serio il significato delle mie parole.
“Fai in modo che ogni secondo conti.”
Sfiorò il vetro dell'oggetto che aveva in mano.
“Questo è stato aggiunto dopo, vero? Non sembra tipico di quegli anni.”
“L'ho messo lì io” confermai. “Volevo tenere con me una sua foto e così l'ho messa dentro l'oggetto più caro che avevo al mondo.”
“L'orologio che ti aveva regalato lei” non c'era traccia di domanda nella sua voce.
“Già.”
“Posso?”
Domandò. Io annuii.
Aprì lo sportellino di vetro, sollevando la foto e lesse l'incisione sulla parete del piccolo strumento ad alta voce.
“Fai in modo che ogni secondo conti” erano le stesse parole che gli avevo detto io solo pochi istanti prima. “È firmato 'C.'” osservò. “Sta per Calliope, giusto?”
“Sì.”
Ripensai immediatamente al momento in cui me lo aveva regalato.
“La 'C.' sta per Calliope.”

Congratulazioni.”
Alzai lo sguardo di scatto, appoggiando il cacciavite che avevo in mano sulla scrivania appena la vidi.
Ti ringrazio.”
Tese una mano nella mia direzione ma io alzai le mie e le sorrisi debolmente.
Perdonami, ho le mani sporche.”
Lei abbassò la mano e gli occhi quasi contemporaneamente.
Sembra che tu le abbia sporche da mesi, ormai” mormorò, forse più a se stessa.
Non capisco.”
Sospirò, scuotendo la testa.
Sono mesi che non mi tocchi più. Prima ovunque andassimo ero accompagnata dalla tua mano sulla mia schiena, ma da un po' di tempo hai smesso di farlo.”
Io decisi di non rispondere. Mi alzai invece in piedi e cercai un panno dove pulire il grasso che mi aveva ricoperto le mani.
Che ti porta qui al negozio?” chiesi.
Afferrai un pezzo di stoffa rimasto sulla vecchia scrivania di mio padre e lo usai per pulirmi le mani.
Ah, giusto. Volevo farti vedere questo” ricordò improvvisamente. Estrasse un orologio da taschino e me lo porse. “Che ne dici?”
Lo presi con cautela, aprendolo e studiandone per qualche istante il funzionamento.
È nuovo, si direbbe. Il motivo scolpito in oro all'esterno è molto elegante, probabilmente appartiene a qualcuno molto ricco. Il vetro non è affatto impolverato, non vi sono graffi, quindi dubito che tu lo abbia portato qui per questo. Anche i secondi sembrano battere impeccabilmente, direi che non c'è niente da riparare. Si potrebbe aggiungere un piccolo sportello in vetro sul lato di sinistra se vi si volesse tenere una foto, ma vedo che c'è già un'incisione. Non trovo niente di imperfetto nel funzionamento di questo orologio, non capisco perché tu me lo abbia portato. A chi appartiene?”
A te.”
Alzai gli occhi dall'oggetto nelle mie mani fino ad incontrare i suoi.
Scusami?”
A te, Arizona. È il mio regalo per te. Il mio modo di farti le congratulazioni per aver ereditato il negozio.”
Io annuii distrattamente.
Stai regalando un orologio a chi vive tra gli orologi. È una scelta interessante.”
Ma cos'altro avrei potuto regalarti?” chiese, un velo di tristezza le macchiava la voce. “Gli orologi sono il tuo unico e grande amore.”
Si potrebbe dire così” mormorai, accennando un sorriso per nascondere il vero significato delle mie parole. “Ti ringrazio per il regalo e per il disturbo di essere passata.”
Non è stato alcun disturbo. Vederti non è mai un disturbo. Credo tu sia la prima donna in città ad avere un suo negozio, sai?”
Solo perché mio padre non aveva altra scelta. Timothy ha reso chiaro il suo desiderio di aprire un ristorante insieme a te. Quindi o lo lasciava gestire a me o l'attività di famiglia dei Robbins avrebbe chiuso. Sette generazioni di orologiai non potevano finire a causa del sessismo di altri, secondo mio padre.”
Tu hai un dono, Arizona. Un dono che Tim non ha.”
La mia non è altro che una maledizione, Calliope. Mentre Tim ha avuto tutto ciò che io-” chiusi gli occhi e scossi la testa. “Fai in modo che ogni secondo conti” lessi l'incisione sull'orologio ad alta voce.
Il tempo sembra essere il tuo problema. Dici sempre di non averne abbastanza per la quantità di lavoro che hai qui.”
Non credo di poter accettare questo regalo.”
Sciocchezze. Permettimi almeno di darti questo orologio, Arizona. Non mi tocchi più, non mi guardi più negli occhi e a malapena mi parli ancora. Questo negozio ti ha portata via da me. Permettimi almeno di darti qualcosa che ti ricordi di me anche se adesso io non sono più al tuo fianco.”
Tu sei sempre al mio fianco, Calliope. Continui ad essere con me anche quando non ci sei” le dissi piano, quasi sperando che non mi sentisse.
Cosa significa?”
Non è questo lavoro che mi ha allontanata da te” risposi onestamente, passandomi ancora una volta lo straccio sulle mani. “Il vostro fidanzamento mi ha allontanata da te” tesi una mano nella sua direzione.
Quando la prese, ancora perplessa, io la strinsi appena.
Ti ringrazio per il meraviglioso regalo, Calliope.”
Non c'è di che.”
Mi portai la sua mano alle labbra, baciandola con delicatezza e poi lasciandola andare.
Con un ultimo sorriso si voltò in direzione della porta, aprendola.
Non è mai stato a causa del tempo” le dissi. Lei rimase voltata di spalle, colta di sorpresa dalla mia voce per un istante. “È il tempismo, Calliope. È sempre stato quello il mio problema.”
La guardai andare via in silenzio. Poi tornai ad occuparmi dei miei orologi.

“Credi che lei lo sapesse?” mi chiese mio nipote una sera.
“Ho sempre pensato di sì, James. L'amore è uno di quei sentimenti troppo forti per passare inosservati. Soprattutto il tipo di amore che io provavo per lei.”
“Sembra esserci un 'ma'.”
“Lei ha detto di averlo capito solo due anni dopo essersi già sposata. Non so ancora se crederci o meno.”
“E come lo ha capito?”
Portai istintivamente la mano destra sul mio cuore, in corrispondenza del taschino interno dentro cui conservavo quell'orologio.
“Io non la toccavo mai. Per nessun motivo. Neanche per sbaglio. Ci stavo sempre molto attenta, tanto che lei alla fine si è accorta che evitavo di proposito.”
“Ma perché? Non dovrebbe essere il contrario? Di solito non facciamo altro che cercare la persona che amiamo.”
“Di solito” confermai. “Ma non quando vogliamo nasconderlo. Quando nessuno deve sapere cosa proviamo, stiamo attenti a non sfiorare mai qualcuno che amiamo. Perché abbiamo paura che qualcuno riesca a sentire perfino il battito impazzito nel nostro cuore.”
Lui non disse niente. Continuò a guardarmi, aspettando la fine di un racconto che non aveva fine.
“Se potessi tornare indietro” mi disse, abbassando lo sguardo “se potessi tornare a prima che sposasse nonno, glielo diresti? La fermeresti?”
“Non ho mai avuto così tanto coraggio, James. Ci sono cose che cambierei. Sono stati sessant'anni lastricati di rimpianti, i miei. Ma, vedi, se tuo nonno non avesse sposato tua nonna, oggi tu ed io non saremmo qui a parlare.”
“Ma nessuno lo saprebbe mai.”
“Lo saprei io.”
Lui inspirò, palesemente insoddisfatto da quella risposta.
“Però ci sono cose che cambierei, questo sì. La terrei più spesso per mano. La guarderei più spesso negli occhi. Vorrei che sapesse che l'ho sempre tenuta dentro il mio cuore, che non confondesse la mia paura di affrontare quei sentimenti con l'indifferenza nei suoi confronti.”
“Ma alla fine, avresti comunque gli stessi rimpianti.”
“Forse. Ma chi non ne ha? Chi può dire di aver vissuto quanto me senza avere mai commesso un errore o senza aver fatto qualcosa che se potesse cambierebbe? Tu sei giovane, non puoi capire. Hai tutta una vita davanti a te.”
Mi alzai a fatica, facendogli cenno di aiutarmi. Lui mi scortò fino alla porta.
“Ci vediamo domani, figliolo. Tieni la bocca chiusa su quello che ti ho detto, d'accordo?”
“Sissignora” rispose con tono serio, ma un angolo della sua bocca si incurvò verso l'alto nell'accenno di un sorriso.
“Chiudi il negozio” gli dissi, incamminandomi verso casa con andatura lenta e incerta.
Ero così stanca.
I miei secondi erano quasi giunti al termine.

Fissai quell'orologio, finalmente aggiustato.
“Siamo stati bravi, James. È stato un lavoro difficile, è vero, ma adesso è come nuovo.”
Lui mi sorrise, visibilmente contento.
“A cosa pensi che serva quel bottoncino rosso sulla sinistra? È molto inusuale per un orologio d'argento, no?”
“Mai visto niente di simile prima d'ora” confermai.
Lasciai che il silenzio interrompesse la nostra conversazione, osservando l'oggetto che stavo tenendo in mano.
“Sai, penso che basti così” mormorai, aprendo e richiudendo quell'orologio, rigirandomelo tra le mani distrattamente.
“In che senso?” chiese perplesso.
“Andrebbe bene così. Andrebbe bene se questo fosse l'ultimo orologio che mi è concesso riuscire a riparare.”
La sua confusione aumentò.
“Ma, zia...”
“Ho avuto una vita lunga, James. Forse non è stata la vita che, con il senno di poi, avrei scelto per me stessa. Però è stato un bel viaggio. Davvero un bel viaggio. Ma, sai, ogni viaggio si deve concludere. Tutti tornano a casa, alla fine” gli dissi, con un piccolo sorriso. “Ed io non vedo l'ora di essere di nuovo a casa mia.”
“Ma non vorresti fare altro? Ci sono così tante cose che potresti ancora fare. Soprattutto qui in negozio. E poi, chi si occuperà di questo posto se tu vai via?”
Scrollai le spalle.
“Farai un ottimo lavoro.”
“Io?” domando, stupito.
“E poi, l'unica cosa che vorrei è l'unica cosa al mondo che non posso ottenere.”
Lo vidi sospirare quando capì cosa intendevo.
“Se potessi, James, se solo potessi farlo, ti giuro che cancellerei sessant'anni in un secondo. Senza pensarci due volte. Così.”
Fu allora che, quasi per sbaglio in realtà, premetti quel piccolo bottoncino rosso sul lato sinistro dell'orologio.
E qualcosa di incredibile accadde.
Qualcosa che ho difficoltà a descrivere, per quanto improbabile e sconvolgente.
Il tempo rallentò come se si stesse dilatando e poi iniziò ad andare a ritroso, riavvolgendosi su se stesso e tutto intorno a me iniziò a muoversi nel senso sbagliato, tornando indietro invece di andare avanti.
Fui spiazzata e stupita. Sconvolta e disarmata. Eppure, non lasciai andare. Continuai a tenere quel bottone premuto e tutto iniziò a muoversi sempre più in fretta, fino a costringermi a chiudere gli occhi.
Le ore, i giorni, gli anni, tutto stava cambiando, svanendo davanti ai miei occhi.
Quando riaprii gli occhi e finalmente lasciai andare quel piccolo bottone il luogo in cui mi trovavo era diverso da pochi istanti prima. Era più luminoso, più fresco.
Mi alzai di scatto e subito capii che qualcosa non andava. Non ero più in grado di alzarmi con quella velocità da anni ormai.
Mi toccai il viso e non percepii le rughe che lo rigavano, sfiorai i capelli ed erano così tanti e voluminosi come ormai non erano da anni.
Mi guardai attorno spiazzata. Gli attrezzi erano vecchi, di almeno cinquant'anni prima, il banco era il primo che avevo mai posseduto.
Dove mi trovavo?
Era forse un macabro scherzo?
Ma come poteva essere, eppure? Avevo visto il tempo riavvolgersi con i miei stessi occhi, avevo visto immagini scorrere a ritroso negli anni, avevo visto...cosa, esattamente?
Mi diressi nel retro ed afferrai l'unico specchio che possedevo tra le mani, osservando due paia di occhi azzurri guardarmi. Ma non erano i miei, stanchi e spenti. Erano quelli di una donna giovane, piena di vita, che deve ancora scrivere la propria storia. I miei capelli erano biondi, non avevo una sola ruga.
Ero tornata ai miei vent'anni.
Ma come era possibile?
Iniziai a respirare affannosamente, cercando di ricordare quello che era il mio presente. O, avrei dovuto dire, il mio futuro. Cercai di non lasciare le immagini svanire, mi sforzai per trattenere ogni singola informazione che riuscivo a ricordare.
Era una sensazione così spiazzante.
Come potevo essere di nuovo giovane? Come potevo essere tornata indietro nel tempo?
Perfino pensarlo mi faceva sentire pazza.
Guardai ancora una volta dentro lo specchio che avevo in mano, vedendo di nuovo quegli occhi azzurri così familiari, eppure così estranei.
Con un tonfo sordo l'oggetto che avevo in mano cadde, infrangendosi in una moltitudine di piccoli pezzi.
Indietreggiai con passo incerto, cercando di inspirare a fondo e di calmare il battito impazzito del mio cuore. Che cosa mi stava succedendo?
Cosa avevo fatto?
E soprattutto, come potevo tornare indietro e disfarlo?
James.
Fu lui uno dei miei primi pensieri.
Chissà se stava bene. Chissà se sarebbe comunque venuto al mondo o se avevo cambiato per sempre il suo destino. Forse sarebbe stato diverso, avrebbe avuto un aspetto e un carattere a me irriconoscibili. Forse non sarebbe mai esistito.
Quei pensieri, quei ragionamenti, volevano forse dire che credevo che quel delirio della mia mente fosse reale? Non lo sapevo con certezza.
Una parte di me, la maggior parte di me, forse lo sperava. Sperava in una seconda occasione.
Ma la parte razionale della mia anima si rendeva conto che tutto quello era impossibile. Non stava accadendo davvero.
Sentii la campanella del negozio annunciare l'ingresso di qualcuno. Cercai di mantenere la calma, ma dentro stavo esplodendo. Era solo un incubo. Doveva essere così per forza.
Inspirando forte entrai nella stanza affianco.
Fu allora che desiderai con tutto il mio cuore poter rimanere per sempre intrappolata dentro quel meraviglioso sogno.
“Calliope.”
“Buongiorno, Arizona.”
Io feci due passi svelti, avvicinandomi a lei, solo per poi ricordarmi che, qualunque anno fosse, qualunque età io avessi, lei era la donna di cui mio fratello era innamorato.
Mi paralizzai. Il mio sorriso si congelò.
“Come posso aiutarti?” chiesi, cercando di ricompormi.
“Ho pensato a quello che hai detto ieri” cominciò, facendosi coraggio.
Ricordavo quelle parole.
Come avrei mai potuto dimenticare.
L'ultima volta che ne avevamo mai parlato.
Lei avrebbe detto che valeva la pena tentare, secondo lei. Che potevamo ancora fare progetti per una vita insieme. Che potevamo fuggire.
Ed io l'avrei trattata male, avrei alzato la voce, le avrei detto che se era davvero disposta a voltare le spalle a mio fratello senza pensarci due volte di certo lo avrebbe prima o poi fatto anche con me, le avrei detto che tra noi non avrebbe mai potuto esserci niente, nemmeno amicizia.
Così, spezzando eternamente il mio cuore, avrei salvato la sua vita.
E alla fine, quella era la verità.
Avevo cancellato in un secondo sessant'anni di dolore e infelicità, ma li avrei rivissuti tutti quanti, secondo per secondo, solo per rendere lei felice.
“Io credo che valga la pena tentare, lo credo davvero. Possiamo ancora fare progetti, cercare di costruire una vita insieme. Possiamo fuggire da qui, da questa città e ricominciare da capo, soltanto io e te.”
La speranza nei suoi occhi mi lacerò il cuore.
No.
Era una semplice parola.
Il mio discorso iniziava così.
Con un secco, deciso, chiarissimo 'no'.
Dovevo solo riuscire a dirlo. Dovevo solo dirle di no proprio come avevo già fatto una volta prima di allora.
Era semplice.
Una parola. Due lettere. Sessant'anni senza di lei.
Niente di più facile.
“Sì.”
Tutto rimase perfettamente immobile e silenzioso per un tempo che mi sembrò quasi infinito.
“Sì?”
Annuii. “Sì. Ok, andiamo via. Solo io e te.”
“Dici sul serio?”
“Mai stata più dannatamente seria di così.”
Guardai in basso, verso l'orologio che tenevo in mano.
Io non sapevo come era entrato in mio possesso, non sapevo perché era arrivato fino a me, ma dovevo credere che ci fosse un motivo.
Avevo scelto, proprio in quel preciso istante, di credere che mi fosse stata data una seconda opportunità.
Potevo cambiare tutto.
Potevo essere felice.
Magari brevemente, magari solo per un istante.
Sì. Forse potevo. Ma a quale prezzo?
“Ma Tim...”
“Lui se la caverà” disse lei con decisione. “Gli ho parlato.”
“Che cosa?” domandai, sconvolta.
“Ieri sera, dopo che ho parlato con te, dopo che ho detto che ti avrei lasciata ai tuoi rimpianti, ho deciso che non avrei lasciato me stessa ai miei. Quindi gli ho chiesto se lui avesse mai avuto sospetti sui tuoi sentimenti nei miei confronti.”
“E lui cosa ti ha detto?”
“Che lo sapeva. Che l'ha sempre saputo. Che tutti lo hanno sempre visto, Arizona, tutti tranne me e te. Tu hai cercato di stare lontana da me per non infrangere il suo cuore, ma lui non si è mai fatto alcuno scrupolo ad infrangere il tuo ed il mio.”
Quindi era stato lui a rubarla a me, non il contrario.
E lei lo sapeva. Anche la prima volta, lei lo sapeva. Aveva continuato a vivere con lui, dopo il mio rifiuto, nonostante sapesse che aveva agito alle nostre spalle. Era rimasta comunque. E di certo non per lui.
“Sistemeremo tutto. Da adesso in poi ci sono io, accanto a te” le dissi con risolutezza, prendendole la mano.
Fu allora che la sentii e guardai subito in basso. La sua fede.
Seguì il mio sguardo.
I suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Come faremo?” mormorò.
Scossi la testa.
La mia vita senza di lei era stata così insignificante e monotona, come se avessi vissuto nella vita di qualcun altro, senza mai poter essere me stessa.
Non volevo che succedesse di nuovo.
Avevo provato la vita senza di lei ed ero giunta all'unica possibile conclusione che la mia vita senza di lei non aveva senso.
Non aveva vita.
Non ne potevo più della sopravvivenza. Io volevo vivere.
E per farlo avevo bisogno di lei.
“Forse” mormorai, interrompendomi subito dopo.
Guardai in basso, verso il piccolo oggetto che tenevo in mano e pensai che, in fondo, tentar non nuoce.
“Forse ci potrebbe essere data una seconda occasione.”
Lei corrugò la fronte.
“Che intendi?”
Deglutendo mi avvicinai a lei, cingendole la vita con un braccio.
Quel gesto la sorprese e non poco.
Appoggiò le mani sulle mie spalle, guardandomi negli occhi.
“Se riuscissimo solo a tornare a prima del tuo matrimonio con Tim, se riuscissimo a far andare le cose per il verso giusto questa volta, potremmo ancora riuscire a salvarci.”
Lei ovviamente non aveva idea di cosa stavo parlando, ma non disse niente. Mi guardò e basta con i suoi bellissimi occhi scuri.
Sollevai la mano destra, aprendo l'orologio.
“Calliope?”
“Sì?”
“Promettimi che qualsiasi cosa succeda faremo in modo che d'ora in poi ogni secondo conti.”
“Te lo prometto” mi assicurò senza esitazione.
Sorrisi, avvicinandomi ancora di più a lei.
“Non avere paura adesso” le dissi, schiacciando il pulsante rosso.
Le immagini cominciarono di nuovo a dilatarsi nel tempo e poi a riavvolgersi. Ma non lei.
Lei fece quel viaggio insieme a me.
Così tornammo indietro, sempre di più, fino al giorno in cui lei e Tim si erano conosciuti, proprio in quello stesso negozio.
Era entrata per farsi riparare un orologio e mio fratello era entrato proprio mentre glielo stavo restituendo aggiustato, presentandosi e portandola poi per sempre via da me.
“Ma abbiamo appena...” si guardò attorno.
“Viaggiato nel tempo?” completai la sua frase. “Credo di sì.”
“Ma tu” spostò lo sguardo di nuovo su di me. “Quanti anni hai, tu?” chiese con un piccolo sorriso sulle labbra.
“Non mi crederesti se te lo dicessi.”
“Provaci” mi sfidò.
“Più di ottanta.”
Inspirò, sorpresa. Poi qualcosa le venne in mente ed il suo sguardo improvvisamente fissò un punto lontano.
“Non avevi detto di sì la prima volta, non è vero?”
Deglutii, poi scossi la testa negativamente.
“Com'è stato? Hai avuto una bella vita, senza di me?”
“No. È stata una vita molto solitaria” risposi senza esitazione.
Mi accarezzò sulla guancia e per un istante pensai che forse era quasi in grado di leggere nei miei occhi quei sessant'anni che erano passati senza di lei.
“Per fortuna esistono le seconde occasioni, allora.”
Risi della sua battuta quando la porta si aprì improvvisamente ed entrò mio fratello.
“Ciao Timothy” lo salutai, sorridendo.
Avevo ancora il braccio sinistro attorno alla sua vita ed eravamo vicinissime, in una posizione inequivocabile.
“Lei è Calliope. È la donna di cui sono innamorata.”
Con la mano libera presi la sua mano, portandomela alle labbra.
“Ho intenzione di passare la mia vita con lei” lo informai.
Lui fu spiazzato e ci mise diversi minuti per elaborare una risposta sensata.
“Beh, d'accordo. Ma spero che tu non abbia intenzione di dirlo a papà con queste esatte parole, Arizona.”

Il ristorante di Calliope fu un successo anche senza Tim.
Il negozio di orologi era diventato quello che sarebbe dovuto sempre essere. Solo un negozio, un lavoro, che occupava parte delle mie giornate ma che la sera alle sei mi chiudevo alle spalle, tornando a casa.
Casa.
La fine di quel mio meraviglioso viaggio.
Per sessant'anni l'avevo cercata e avevo dovuto cancellare tutto e tornare indietro nel tempo solo per rendermi conto che era lì. Era sempre stata lì.
La guardai, seduta su quella sedia a dondolo mentre fissava il cielo notturno e mi chiesi come tanta perfezione era riuscita ad essere concentrata in una sola persona.
Certo, non è che non ci fossero stati giorni difficili.
Eravamo pur sempre due donne nubili che vivevano insieme sopra un ristorante e la gente si faceva un sacco di domande.
Ma noi ci limitavamo a far finta di non sentire.
Era un paese piccolo, tutti ci volevano bene, quindi fingevano di non sapere anche cose che forse sapevano fin troppo bene.
Mi sedetti accanto a lei e le presi delicatamente una mano.
“Ti amo” sussurrò piano.
“Ti amo anch'io” mormorai, avvicinandomi e baciandola.
Il silenzio cullò il nostro sguardo.
Ero così felice.
Io, che avevo vissuto una vita senza sapere neanche cosa quella parola significasse, avevo poi vissuto una seconda vita, dove invece significava tutto.
Il mio amore per lei, il suo amore per me, una vita insieme. Ecco la felicità. Ecco l'infinità di ogni istante. L'eternità del tempo.
“Abbiamo passato insieme sessant'anni” constatai all'improvviso.
“Già. Ed è stata una bella vita, questa volta?” chiese, sorridendomi con complicità.
Risi, annuendo.
“Non mi sono mai sentita sola, neanche una volta, in sessant'anni.”
Il suo sorriso divenne dolce, pieno dell'amore che aveva per me.
“Sono passati gli anni, le settimane, i giorni. Abbiamo passato quasi due miliardi di secondi insieme, Calliope.”
Continuò a guardarmi, accarezzandomi lentamente una guancia.
“Ed ognuno di quei secondi, ha fatto la differenza. È stato importantissimo, fondamentale addirittura.”
“Hai ragione. Ogni secondo insieme a te è stato un dono, Arizona.”
“Ho fatto come mi hai detto. Ho raccolto tutto il coraggio che avevo e ho seguito quel tuo preziosissimo consiglio.”
“Sono davvero orgogliosa di te.”
“Davvero?” chiesi stupita.
“Davvero” confermò senza esitazione. “Potevi avere una vita semplice. Invece hai scelto una vita felice. Ci vuole davvero moltissimo coraggio.”
Continuai a guardare nei suoi occhi. Mi avevano fatto compagnia per tutta la vita e avrebbero continuato a farmene fino alla fine, ne ero certa.
“Ho solo fatto quello che mi hai detto” risposi piano.
Tirai fuori dal mio taschino quell'orologio che mi aveva regalato moltissimi anni prima e lo aprii, mostrandole la scritta incisa all'interno.
“Ho fatto in modo che ogni secondo fosse importante.”
“Hai fatto di più” rispose, baciandomi lentamente sulle labbra. “Hai fatto in modo che ogni secondo fosse pieno di felicità.”
Mi ci erano volute due vite intere, passate entrambe tra il ticchettio degli orologi che avevano scandito ogni secondo della mia vita, ma avevo finalmente imparato la mia lezione.
Il tempo non è l'importante. L'importante è come decidi di usare quel tempo.








Fatemi sapere cosa pensate di questa storia, i commenti sono apprezzatissimi, come sempre.
Un abbraccio enorme a tutte voi.



  
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