Titolo: Weather the storm
Autrice:
Nemo From Mars
Tipologia: One-shot
Genere: Introspettivo,
Romantico
Rating: Verde
Pairing: Zoro x Nami
Disclaimer: Personaggi, luoghi,
nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale di
“One Piece”, da cui ho
elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di
proprietà di
Eichiro Oda. Questa storia non è stata scritta a scopo di
lucro e, viceversa,
gli elementi di mia invenzione, non esistenti nella trama, appartengono
solo a
me.
Credits:
l’immagine
è presa dal volume 50 di One Piece, io l’ho
solo spaciugata con Photoshop >_<.
Note
iniziali: “Nami”
in giapponese significa “onda”
[fonte
Wikipedia].
Il
titolo in inglese “Weather
the storm” significa “resistere alla
tempesta”.
Ho immaginato
un possibile missing moment del volume 50 (ergo ci saranno SPOILER PER
CHI SEGUE SOLO L'ANIME) : Nami è l’unica che resta
un po’ in
disparte, vicino a Zoro, la sera della festa a Thriller Bark, e questo
non
poteva che scatenare la mia fantasia fangirlosa.
Introduzione:
Lo sentiva, stava succedendo di nuovo: Nami aveva evitato la tempesta così tante volte che ormai ne riconosceva le avvisaglie. Anche quella volta si sarebbe riparata dalla furia degli eventi: non avrebbe interferito in alcun modo con il sogno di Zoro e non si sarebbe mostrata più debole di quanto già non fosse.
Spaventava
Zoro più di ogni avversario mortale che avesse mai
affrontato, perché di fronte
ai nemici aveva le sue spade, la sua forza e il suo coraggio.
Contro di
lei era disarmato.
{ZoroxNami}
Weather the storm
((Resistere alla tempesta))
Le
note di “Quella canzone”
riecheggiavano in ogni sala del castello, e il fracasso di bicchieri e
posate
che tintinnavano persisteva da ore. Ma Zoro dormiva, come sempre
imperturbabile. Nami sospirò, sedendosi accanto al lettino
di fortuna che la
ciurma aveva costruito per il giovane. Ricoperto di bende dalla testa
ai piedi,
lo spadaccino russava profondamente.
Era
stupido da parte sua stare lì a vegliarlo, lo sapeva. In
fondo, Chopper aveva
già detto che era fuori pericolo e Nami stessa aveva
imparato a considerare
Zoro praticamente invincibile.
Come
gli aveva sentito dire tante volte, nemmeno la morte gli avrebbe
impedito di
realizzare il suo sogno.
Maledetto
idiota.
Eppure
lei aspettava, al suo fianco. Non sapeva cosa gliene desse la
convinzione, ma
sapeva che Zoro ci sarebbe sempre stato, come una granitica certezza.
Rude,
stupido, con i suoi modi da zoticone, burbero, pigro. Imbarazzato,
involontariamente comico o sorprendentemente serio quando lui e Nami
erano soli
e, senza parlarsi, senza toccarsi, stavano lunghi minuti ad ascoltare
il mare.
(E la
tempesta, che è
sempre in agguato)
Zoro
mugugnò nel sonno, ma non si mosse, mentre Nami ancora lo
fissava.
Solo un
altro minuto...
La
ragazza si impose quel limite di tempo, pur sapendo che
l’avrebbe bellamente
ignorato. Si sciolse e riannodò nervosamente i capelli,
giusto per fare
qualcosa, maledicendo la propria esitazione.
Lo
sentiva, stava succedendo di nuovo: Nami aveva evitato la
tempesta così tante
volte che ormai ne riconosceva le avvisaglie.
Anche
quella volta si sarebbe riparata dalla furia degli eventi: non avrebbe
interferito in alcun modo con gli obiettivi di Zoro e non si sarebbe
mostrata
più debole di quanto già non fosse. Era la
più vulnerabile della ciurma: aveva
già abbastanza cose da cui difendersi che non fossero quelle
nuvole cariche di
pioggia.
In
quel momento Zoro aprì gli occhi, opachi e fissi: pareva
infinitamente stanco,
come se per un attimo avesse portato sulle spalle il peso del mondo
intero.
Era
spaventoso.
Gli
occhi di chi ha
visto in faccia la morte.
Nami
si chiese ancora cosa avesse
affrontato per uscirne così devastato, ma evitò
di esprimerlo ad alta voce:
sapeva per esperienza che la cocciutaggine e l’orgoglio di
Zoro gli avrebbero
impedito di parlarne. E poi, non importava.
Lo spadaccino aveva vinto, ancora una volta.
Senza
riuscire a trattenersi, Nami gli posò un fazzoletto bagnato
sulla fronte, che
aveva notato essere coperta di sudore freddo.
Lentamente,
il ragazzo si riscosse e mise a fuoco Nami, sorridendo debolmente.
“Da
quand’è che fai l’infermiera?”
chiese
flebile, ma con la solita nota sarcastica nella voce.
Il suo
“grazie”
“Idiota”
“Non
c’è di che”
Ormai
la ragazza riusciva a interpretare bene gli insulti e i commenti acidi
dei loro
battibecchi, ed era certa che fosse così anche per lui. Era
sempre stato così,
tra loro:dialoghi segreti e muti, mascherati da ironia e provocazioni.
E
poi il silenzio.
Di
nuovo.
Quel
che sentiva echeggiare tra loro, come tuoni prima di un temporale,
sarebbe
stato solo d’intralcio per il futuro spadaccino migliore del
mondo, per questo
andava evitato.
Zoro
aveva chiuso gli occhi, ma Nami era certa che non stesse dormendo.
Solo,
attendeva che gli indicasse il prossimo passo.
***
“Da
quand’è che fai l’infermiera?”
“Idiota”
Entrambi
troppo orgogliosi per parlarsi chiaramente, il più delle
volte preferivano
bisticciare o, in alternativa, il silenzio. Il loro rapporto, se tale
poteva
definirsi, era fatto così: quasi senza contatto fisico,
senza baci, pieno di
sguardi, gesti d’intesa e silenzi.
Niente
di più, niente di meno.
Non
potevano permettersi altro, entrambi consapevoli che un passo di
più avrebbe
potuto compromettere tutto: il legame tra di loro, l’armonia
nella ciurma e il
raggiungimento dei loro obiettivi personali.
Toccava
a Nami, navigatrice e abile metereologa, capire quando si trovavano
troppo
vicini a quel confine così labile e facile da superare:
studiava i segni, come
in mare, ed evitava la tempesta.
Lei
captava anche le minime variazioni dell’atmosfera tra di
loro, non solo quelle
del clima.
Zoro
non avrebbe mai saputo farlo. Lui agiva d’istinto -gli era
così facile perdere
l’orientamento- e affondare vittima di quell’onda, sarebbe stato così
semplice…
Nami.
Era
il nome adatto per lei: frizzante, travolgente, irascibile, libera.
Pericolosa.
Spaventava
Zoro più di ogni avversario mortale che avesse mai
affrontato, perché di fronte
ai nemici aveva le sue spade, la sua forza e il suo coraggio.
Contro di
lei era disarmato.
Sembrava
conoscere tutto di lui, semplicemente osservando i suoi movimenti. Si
adattava
ai suoi sbalzi d’umore, ai suoi capricci e alla sua
testardaggine; rispettava i
suoi silenzi e il suo isolamento. Non temeva che potesse lasciarla,
morendo in
battaglia, perché aveva una fiducia cieca in lui. Gli teneva
testa in quelle
schermaglie infinite, che entrambi sapevano essere solo un pretesto per
non
avvicinarsi troppo l’uno all’altra, ed era paziente:
in qualche modo più orgogliosa e testarda di lui, non gli
avrebbe mai chiesto
nulla di più di averlo accanto.
Aspettava.
(Ma per
quanto ancora
potrò farlo io?)
“Ho
tenuto da parte un po’ di sake” fece Nami,
porgendogli un boccale.
Tipico.
Non
le aveva chiesto nulla, ma già sapeva cosa avrebbe
apprezzato appena sveglio. E
fu l’unica che non gli domandò come si fosse
procurato quelle ferite. Gliene
fu segretamente grato.
“A
cosa devo questa gentilezza?” la provocò, alzando
un sopracciglio e ostentando
scetticismo.
“Sono
mille berry per il servizio in camera, grazie”
replicò lei con un ghigno.
“Ora
ti riconosco!”
Ancora
si nascondevano dietro quelle stupidaggini. Ma facevano parte delle
indispensabili, tacite condizioni da rispettare per mantenere il loro
equilibrio.
Bruscamente
e ignorando il dolore che lo avvolgeva dalla testa ai piedi, Zoro si
alzò
puntellandosi sui gomiti : le ferite dello scontro con Kuma erano
ancora
fresche, ma cosa non avrebbe dato per un sorso di sake…
(E di
lei…)
Nami
ancora col boccale stretto in mano, era tesa verso di lui, immobile. Il
desiderio di spezzare quella tregua troppo a lungo portata avanti si
fece
insostenibile, appena i loro sguardi si incrociarono.
Niente
succedeva; la musica e il chiasso della festa non erano più
che un mero
sottofondo, la mente del ragazzo era altrove.
(Le
onde…Il mare in
tempesta…)
Si
sentiva più che mai un codardo: era davvero così
debole da non poter affrontare
ciò che provava?
Le
labbra di lei così vicine, il suo respiro che quasi bruciava
sulla pelle.
In
quel momento Zoro fu certo che sarebbe stata lei a distruggerlo, non la
spada
di un rivale.
Si
erano arresi, entrambi.
E
lei lo baciò, semplicemente. Come un vento soave,
guidò Zoro ancora una volta.
Nami
era onda e fuoco e aria e terra.
Fresca,
impetuosa, seducente e in lui.
Poi
quell’attimo finì all’improvviso come
era iniziato, e il ragazzo, spaesato e
ammutolito, si trovò attonito di fronte al mezzo sorriso di
Nami.
“I
mille berry te li metto in conto” ridacchiò, le
guance lievemente arrossate.
Si
allontanò rapida e Zoro si accasciò sul letto,
sfinito come dopo la più ardua
delle battaglie. Ma si addormentò sorridendo: non era stato
poi così terribile
arrendersi alla tempesta, solo per un attimo, e lasciarsi cullare dal
vento.
FINE
***
La mia gratitudine alle persone che mi hanno ispirata e/o incoraggiata a scrivere/pubblicare la shot:
-
Il mio Zoro
personale <3
-La
mia compagnia di scemi, dentro e fuori
l’università (lunga vita alle
prugne “Viva la prugna”, al glucagone, alle
guanciotte della Sere e al Conad APE )
-Benny
Lava e Belinda
-Tone,
sempre e comunque vada.
-Zia
Aika *__* tessorah, grazie di tutto.
-Chi
ha commentato “Drunkenness”,
la mia precedente Zoro x Nami.
-Ultime
ma non per importanza, le mie fiere, incredibili, insostituibili
compagne di
squadra. Non so come farei senza di voi, sul serio <3 E…“DAI
NOI!” XD