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Autore: WandererS    01/02/2015    1 recensioni
"Se fosse venuto a prendermi, l'avrei seguito: tanto peggio per lui. Non andrò al suo funerale." Grantaire - I Miserabili, Victor Hugo
E se Grantaire si fosse svegliato tardi?
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2 - Vigliacco


 
 
“Vigliacco”
Quella parola gli bruciava dentro come una coltellata, o come una pallottola.
Era vero, aveva avuto troppa paura nella sua vita per credere in qualcosa, per lottare per qualcosa, per sacrificarsi per qualcosa.
Si divertiva, si godeva quella sua vita mediocre.
Perché le cose avrebbero dovuto migliorare? Perché lui avrebbe dovuto faticare per migliorarle?
Che ci fosse la monarchia o la repubblica, lui avrebbe continuato a disegnare, a bere, a vivere come aveva sempre fatto.
Non che non gli importasse di chi viveva nella povertà e nella sofferenza, ma sapeva di non essere in grado di aiutare quella gente.
“Dopotutto, sono forse ricco, io? Sono...”
No, era un giovane che barcollava sull'orlo dell'abisso, spendendo i pochi franchi che guadagnava con lavori saltuari e insoddisfacenti in cibo e alcool, in divertimenti con gli amici.
Faticava a condurre una vita dignitosa (ma lo era davvero, quando crollava ubriaco nelle peggiori bettole di Parigi, quando ogni giorno doveva ricominciare da capo, senza un soldo né una speranza in tasca?), non avrebbe potuto aiutare qualcun altro.
No, non era un salvatore, né un martire, né tanto meno un idealista.
Lo erano loro. I suoi amici. Giovani tanto ingenui da pensare di poter cambiare il mondo.
Ne avevano parlato per mesi, nella saletta sul retro del Cafè Musain: interminabili riunioni dominate da accese discussioni sui temi più disparati, dall'alta filosofia alle questioni più pratiche e quotidiane. Lui raramente partecipava ai dibattiti, ma li seguiva con attenzione, meravigliandosi per i loro toni appassionati e la loro fede incrollabile in un futuro migliore.
Aveva sperato che la loro critica alla monarchia si limitasse alle parole, ma sapeva che si stava ingannando. Il passaggio dai discorsi rivoluzionari alla lotta armata era inevitabile, ne era consapevole, non era un ingenuo. Ma sapeva anche che un piccolo gruppo di studenti, per quanto convinti dei propri ideali e, magari, appoggiati dal popolino, aveva scarse possibilità contro il potere del re e i soldati ben addestrati della guardia municipale, e quindi sperava.
Le sue speranze si erano infrante contro i rumori della barricata il giorno precedente, e contro il silenzio della morte quella stessa mattina.
I suoi amici erano morti.
Se non l'avesse visto con i suoi occhi, forse non avrebbe creduto alla morte di Enjolras: era troppo perfetto per appartenere a questo mondo, era più dio che uomo. Ma era morto, lasciandolo solo.
Era certo che anche gli altri dovevano aver condiviso la sua sorte: non avrebbero mai voluto abbandonare quella battaglia. E se anche l'avessero fatto, i soldati li avrebbero catturati e fucilati. Se qualcuno fosse sopravvissuto, l'avrebbero trovato.
Come avevano trovato lui.
“Non ha combattuto”
Non avrebbe mai voluto abbandonare Enjolras.
Avrebbe voluto combattere per lui, morire per lui.
Forse non sarebbe riuscito a fare la differenza, a salvarlo, ma avrebbe potuto sfuggire a quello sguardo vacuo nei suoi occhi spalancati e vuoti, un'accusa più grave di qualsiasi cosa gli avesse detto in passato: “sei stato incapace di morire per me”.
Vagando senza meta, perso in tristi riflessioni, era giunto in una zona di Parigi che non conosceva. Vide che la viuzza che stava percorrendo sbucava su una piccola piazza. Al lato opposto si affacciava un'angusta chiesa, il cui campanile svettava alto, come una baionetta puntata a minacciare il cielo.
Avvicinandosi alla struttura notò che la porta principale era aperta e quella del campanile socchiusa.
Seguendo uno strano impulso, si infilò nell'apertura e salì l'angusta scala che conduceva all'alloggiamento delle campane.
Arrivò in cima, sopra di lui solamente due piccole campane di bronzo e l'affilata guglia gotica che coronava il campanile, dominando sulle basse case circostanti.
Lasciò vagare lo sguardo. Vedeva la Senna, i suoi flutti lucenti sotto i raggi del sole, le due grandi torri di Notre-Dame in lontananza...
Due occhi azzurri.
Uno sguardo d'accusa.
Scosse la testa, come per scacciare quella visione.
Si avvicinò al basso parapetto che collegava i quattro esili pilastri della guglia e guardò in basso. Il selciato lontano appariva uniforme, la piazza vuota.
Vuota, eccetto che per quel volto che lo tormentava con il suo sguardo gelido e accusatorio.
Ne era intimorito.
Sapeva qual era il modo per non vederlo più. Non credeva nell'eternità dell'anima. Sapeva che, una volta toccato il selciato, qualunque cosa avesse dimorato nel suo corpo fino ad un istante prima sarebbe svanita nel nulla, come rugiada che evapora al sole. E, anche se non fosse stato così, aveva ascoltato abbastanza discorsi da preti da essere certo di avere un posto riservato per lui all'Inferno, dove mai avrebbe potuto incontrare di nuovo un cherubino biondo quale il suo Enjolras.
Ma quel terrore che gli torceva le viscere non aveva nulla di razionale, nulla di logico.
Poteva vedere quegli occhi di ghiaccio, la linea severa della bocca, le labbra contratte quasi a trattenere l'accusa che mai avrebbe raggiunto le sue orecchie ma era così esplicita in quello sguardo.
Ne era terrorizzato.
Se chiudeva gli occhi, nel buio della sua mente quel volto diventava più vivido, più reale. Non voleva chiudere gli occhi per sempre, per paura che quello sguardo d'accusa non svanisse più, ma rimanesse a fissarlo per l'eternità.
“Vigliacco”
Spalancò gli occhi sul grigio selciato della piazza.
“Tutti i miei amici sono morti. Il mio Enjolras è morto. E io non ho il coraggio di morire.”
Si tuffò nella penombra dell'angusta scaletta che scendeva a spirale verso l'abisso, sentendo quella parola che lo inseguiva per deriderlo, per insultarlo.
“Vigliacco”
Imboccando una via a caso, si infilò nella prima bettola e ordinò a mezza voce, lo sguardo spiritato, una bottiglia di vino.
Appena un'ora dopo, quattro bottiglie vuote si contendevano lo spazio sullo stretto tavolino, mentre una quinta era stretta nella sua mano tremante. Il vino sciabordava contro il vetro con un suono sommesso, gli occhi del giovane erano spalancati e fissi.

 

   
 
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