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Autore: WandererS    29/01/2015    3 recensioni
"Se fosse venuto a prendermi, l'avrei seguito: tanto peggio per lui. Non andrò al suo funerale." Grantaire - I Miserabili, Victor Hugo
E se Grantaire si fosse svegliato tardi?
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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1 - Il suono del silenzio




 
 
Aprì gli occhi.
Sentiva la bocca impastata, una pressione alle tempie.
“Aureola? Starò mica diventando santo? Impossibile! Ne va della mia reputazione. No, è solo un forte mal di testa...”
Doveva aver bevuto, e non poco. Alzando lo sguardo e strofinandosi gli occhi appannati vide il tavolo ingombro di bottiglie vuote, fra gusci di ostriche dimenticati e qualche bicchiere da cui si levava un odore d'assenzio tanto forte da fargli rivoltare lo stomaco.
Doveva essersi ubriacato, crollando poi addormentato. Non era affatto una cosa insolita per lui.
“Altro che santo, sono un dio! Chissà se il vecchio Dioniso si è è mai beccato un mal di testa da sbronza, però...”
Fece un enorme sbadiglio e strizzò gli occhi, cercando di mettere a fuoco il resto della stanza per avere qualche indizio sullo svolgimento della serata.
La luce proveniente dalle finestre, in raggi diseguali a seconda se il punto colpito dal sole era una lastra spessa e polverosa o un pannello in frantumi, illuminava una stanza spoglia. Doveva essere quasi mezzodì.
Ci mise qualche istante a riconoscere la sala superiore della taverna Corinto: che fine avevano fatto tavoli e sedie?
Poi ricordò.
La sera precedente si era addormentato con il rumore della costruzione delle barricate nelle orecchie, a cullarlo come un'insolita ninna-nanna. Mobilia gettata dalle finestre lungo la via, sedie e tavoli lanciati e afferrati da mani instancabili, pietre e assi di legno ammucchiate le une sulle altre, ordini e grida d'incoraggiamento.
Ora udiva solo silenzio.
Sentiva l'odore di polvere da sparo aleggiare nell'aria, mescolato a quello ferroso del sangue.
Odore di guerra. Odore di morte.
E silenzio.
Con la mente svuotata, un vago terrore di formulare un pensiero definito, fece vagare lo sguardo nella stanza. Vide delle sagome, degli stracci gettati a terra, laggiù, presso l'apertura nelle assi di legno del pavimento che ospitava la scala. Non si soffermò a pensare al significato di quello che aveva visto. Non voleva sapere.
Dopo un attimo, i suoi occhi colsero un bagliore dorato, là, dietro al bigliardo.
No. Dio, no.
No no no no no no no no no no no no no.
Non voleva vedere.
Non avrebbe voluto cogliere quello sprazzo di colore. Non lì, non in quel momento.
Ma ormai era troppo tardi: l'aveva visto, ed era attirato da quel bagliore lucente come una gazza.
Si alzò di scatto, barcollò un po', si avviò lentamente verso il lato opposto della sala.
Guardò distrattamente i propri piedi posarsi sulle assi consunte del pavimento, registrando la presenza di cocci di bottiglia, fori di proiettile e macchie scure e viscide.
Il suo sguardo fu nuovamente attirato da quel punto della parete e vi rimase incatenato.
Si sentiva imprigionato da una forza più grande di lui, che, lentamente ma inesorabilmente, lo trascinava verso quella chiazza dorata.
Aggirò il tavolo del bigliardo ed ebbe la visuale libera.
Emise un grido strozzato, barcollò, incespicò in un'irregolarità del pavimento e si gettò in avanti.
Si fermò ad un palmo da quell'oro che l'aveva guidato lì dalla parte opposta della sala.
Era una folta chioma di riccioli biondi, che sembravano quasi il solidificarsi dei raggi del sole che si facevano strada tra i vetri in frantumi della finestra.
Erano i capelli di un giovane che se ne stava con la schiena appoggiata alla parete, come se fosse scivolato per metà, lasciando una scia di un rosso brillante sull'intonaco polveroso.
La sua pelle era pallida, il rossore sembrava essere defluito dalle guance e dalle labbra carnose per sbocciare in fiori sul suo petto oramai immobile.
La sua mano destra stringeva il calcio della carabina, ammaccato e viscido di sangue.
Le sue labbra esangui erano distese in una linea diritta, quasi severa.
I suoi occhi sembravano puntare lontano, vagare verso l'orizzonte, come quel mare da cui avevano preso il colore. Ma ormai erano vuoti, inespressivi, privi di quel fuoco ardente che li animava durante i discorsi appassionati e di quel gelo implacabile che rivelava il suo disprezzo verso le bassezze dell'animo umano.
Gli si accostò come con timore, quasi non fosse sicuro di essere una presenza gradita al fianco di quel giovane dai capelli dorati. Parve vincere un momento di indecisione e gli prese la mano tra le sue: era liscia e fredda come il marmo.
“Enjolras...”
Un unico sussurro, privo di qualsiasi traccia di speranza.
Un addio.
Gli giunsero all'orecchio alcune voci, aspre, forti, fuori posto in quel luogo di morte.
Sentì rumori provenire dal piano di sotto, poi dalla zona della scala.
Non alzò gli occhi dal viso esangue, non distinse le parole sbraitate con asprezza a pochi passi da lui. Una mano dalla presa decisa lo afferrò per il colletto della camicia, strappandolo al giovane. Un filo di cotone rosso della sua giacca sfilacciata rimase incastrato nel bottone del suo polsino, quasi a cercare di prolungare il contatto, il legame tra i due.
In piedi, costretto a distogliere lo sguardo da colui che l'aveva attirato fin dal principio, vide che una mezza dozzina di soldati della guardia nazionale erano entrati nella sala.
Quello che doveva essere il capitano gli urlò qualcosa, ma non riuscì a distinguere le parole, o a dar loro un senso, o forse non voleva. Era svuotato, non riusciva a mettere ordine nei pensieri, o forse non ne aveva più. Era come se qualcosa dentro di lui fosse morto per sempre.
Si sentì afferrare, trascinare attraverso la sala, passare come un bambino da un soldato ad un altro attraverso l'apertura. Notò distrattamente che la scala era a terra, in pezzi, insieme a numerosi corpi, molti in divisa. Passò a fianco ad un tavolo dove, sotto ad una bandiera rossa, come sotto ad una coperta, giacevano un vecchio e un bambino. Vide i resti della barricata venire smantellati dalla guardia nazionale, mentre i corpi degli insorti venivano portati poco lontano. Tra quelle sagome disposte in bell'ordine sul selciato rosso di sangue, come i soldati che non erano mai stati, intravide un seno di donna, una testa scura, capelli rossi... Jehan? Non volle porsi domande di cui temeva la risposta, o forse non ne era in grado.
Camminò come in un sogno, spronato ogni tanto dalla spinta di una guardia, che lui percepiva a malapena. Salì alcuni gradini, lo fecero fermare. Un uomo gli fece delle domande. Non capiva, non rispose. Sentì un pugno raggiungerlo sul lato sinistro del volto, un altro allo stomaco. Sputò un grumo di sangue e, vedendo la macchia rossa sul pavimento altrimenti immacolato, si rese improvvisamente conto di cosa non aveva fatto. Non aveva combattuto, non aveva pagato alcun prezzo, non aveva versato il suo sangue su quella strada, in quella taverna. Non era morto.
Scosso da quella rivelazione come da una scarica elettrica e ormai quasi lucido, si rese conto all'improvviso di dove fosse, e perché.
Era al commissariato di polizia, e una voce maschile profonda e autoritaria stava dicendo qualcosa.
«Portatelo via. Non ha combattuto con gli insorti, guardatelo. Ha i vestiti tutti stazzonati ma non è ferito, non aveva armi, puzza di vino da fare schifo. Non ha detto una parola, ha lo sguardo vacuo. È ubriaco, o idiota, o vigliacco, o tutte e tre le cose. Portatelo via.»
Stava parlando di lui.
Una guardia lo condusse fuori.
La fresca brezza che soffiava per le vie di Parigi gli spazzò via dalla mente gli ultimi rimasugli del torpore che l'aveva avvolta. Si incamminò senza una meta, in una direzione qualsiasi.
 







Nota dell'autore: questa fan fiction in origine doveva essere una one-shot, ma per motivi vari ho deciso di suddividerla in capitoli, anche se non saranno sicuramente molti. per ora sono in blocco, ma spero di aggiornare presto.
riguardo alla storia in sè, c'è poco da dire, oltre a quello che potete leggere qui, se non che ho cercato di marcare le differenze con il libro (Enjolras in piedi, con il capo chinato e Grantaire ai suoi piedi, un sorriso sulle labbra).
naturalmente spero che qualcuno la legga e la trovi degna di interesse, tanto da voler leggere i prossimi capitoli!
S.
 
   
 
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