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Autore: Drops of Neverland    01/02/2015    0 recensioni
"...con la Senna che scorreva là vicino, e l’acqua che fungeva da musica.
No, non fungeva. Era la musica.
Lo sciabordio delle onde si univa armoniosamente alle note che vagavano solitarie nell’aria, provocate da un sassofonista che alla luce dei raggi della luna suonava tranquillo, con un capello nero abbassato sugli occhi, appoggiato all’incrocio di una via di mattoni"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sì, lì c’era Parigi, con i suoi palazzi grigi, antichi, e una morbida edera che scendeva pigra da un tetto obliquo e piatto, con la Senna che scorreva là vicino, e l’acqua che fungeva da musica.
No, non fungeva. Era la musica.
Lo sciabordio delle onde si univa armoniosamente alle note che vagavano solitarie nell’aria, provocate da un sassofonista che alla luce dei raggi della luna suonava tranquillo, con un capello nero abbassato sugli occhi, appoggiato all’incrocio di una via di mattoni nel quartiere degli artisti. A terra, vernice di tanti colori diversi era stata involontariamente spruzzata, da chissà chi, che aveva la mente chissà dove, che magari sognava la vera Parigi, quella che aveva conosciuto di notte, quando i turisti erano troppo stanchi o troppo timorosi per affrontarla, ma del resto non tutti erano così: c’era chi apparteneva a Parigi, che veniva richiamato dalla notturna bellezza parigina. Antichi lampioni emanavano luce gialla soffusa, e sembrava tutto come in un film, con una leggera pioggerellina che cadeva forse troppo in fretta, o forse troppo lenta, bagnando leggermente i mattoni scuri, e facendo colare la vernice sui muri e sui mattoni.
Passò di lì un ricordo, sbiadito, forse dimenticato, di due giovani amanti: lei scappava, e lui le correva dietro. Riuscì a fermarla, toccandole gentilmente il polso, e dopo averle sussurrato dolci parole, le prese il viso tra le mani, avvicinandolo al suo. Ed ecco che la gamba di lei s’alzava timida, e che la ragazza s’abbandonava al bacio. Il vestito a fiori verdi e rosa pastello si schiacciava contro la divisa militare di lui, la coda bionda che veniva schiacciata da una mano timida, e poi, tutto sparì. Il ricordo di quei dimenticati anni cinquanta, di quei due amanti che erano troppo per l’epoca, troppo innamorati, così com’era venuto, se ne andò, con un sorriso  malinconico, che forse esser tornato era già troppo.
Il sassofono ancora suonava, vantandosi delle dolci note soavi che allietavano il nessuno che c’era in quella via, il nessuno che raramente si vedeva nel quartiere degli artisti. L’atmosfera che creava quel nessuno, che attentamente ascoltava il sassofono, che sembrava quasi avesse preso vita da solo, era così dolce, così onirica e così surreale.
Quel nessuno e quella atmosfera non durarono a lungo. Ecco un sogno, che scivolava via, perso, in quella via, dove una bambina di dieci anni quel giorno negli anni passati aveva deciso che la sua vita sarebbe stata vissuta, che lei avrebbe vissuto, e non si sarebbe limitata ad esistere. Quella bambina di dieci anni che stranamente era con la zia, quel giorno, con la zia che tanto i suoi genitori disprezzavano, ma che le aveva insegnato a volare. Quel giorno, in quella via, c’era l’atmosfera di quel nessuno, e lei, piccola e incosciente, ancora innocente e ingenua, s’era ritrovata ad ascoltare e a vivere. E forse quel giorno era cresciuta, o forse aveva deciso di rimanere bambina per sempre. Ma se il sogno si ritrovava lì, adesso solo, fuggito da quella bambina non più bambina, ma adulta triste, e dalla sua mente  che rimpiangeva il nessuno, c’era un motivo. Così anche il sogno se ne andò, silenzioso, da quella Parigi che esso aveva conosciuto troppo poco per riuscire a trasformarsi in realtà. Perché Parigi  infondeva la speranza persa, che forse ancora risiedeva nel cuore di alcuni, che forse ancora poteva aleggiare in quella via, sciabordando con la Senna e richiamando a sé il nessuno e la sua atmosfera.
Il sassofonista, con le sue dolci note, lentamente si allontanava da quella via, che persino per lui, musicista di strada, conteneva troppo. Perché il troppo ispirava quel nessuno, e quel nessuno faceva in modo che quella via fosse così piena di tutto ciò che la gente straordinariamente comune amava. La musica, la cultura, l’ordinarietà, la strambezza, l’arte. 

  
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