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Autore: Hoshimi_    01/02/2015    1 recensioni
Ian si è iscritto a West Point, campus nel quale sogna di allenarsi sin da bambino per poi andare a combattere nell'esercito. Paura e ansia lo accompagnano in questo luogo fino a quando un ragazzo -Mickey Milkovich- non si offre di aiutarlo ad ambientarsi, sebbene in maniera sarcastica e disinteressata. Un ragazzo solo all'apparenza sicuro di sè, che cercherà una modo per essere salvato in Ian.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sembrava di essere immerso in un sogno, un mondo lontano in cui persone dai camici bianchi pronunciavano parole vaghe e distanti, che Mickey riusciva a stento a comprendere tra i bip della macchina collegata ai polmoni di Ian:
Frattura di due costole
Bip
Rottura della tibia
Bip
Trauma cranico
Bip
Danni celebrali.
Bip
Coma
Bip


Questo suono era diventato ormai un rumore distante e familiare per Mickey tanto che credeva lo avrebbe sentito in sottofondo per il resto della propria vita: quella lentezza e monotonia che si traducevano in onde calme ed inesorabili sul monitor l'avrebbero fatto impazzire.
Il ragazzo si era rifiutato di lasciare Ian anche solo per un momento, mangiando e dormendo di conseguenza nella stanza dalle pareti verde menta dell'ospedale: un colore che gli dava ora la nausea, insieme al profumo stagnante dei fiori che aveva portato la sua famiglia.
Seduto su una sedia di fianco al letto, stringeva con dolcezza la sua mano, non sapendo chi dei due fosse l'ancora dell'altro, e si addormentava reclinando la testa di fianco al suo braccio, con la spreanza che una mattina si sarebbe risvegliato con lui che gli accarezzava i capelli.
Ogni volta che scivolava nel sonno si affacciavano alla sua mente ricordi sfocati: lui che faceva irruzione nell'ospedale del campus con Ian sanguinante e senza segni vitali tra le braccia; il suo viso rigato da pioggia e lacrime che gli impedivano di vedere distintamente le figure che si affollavano intorno a loro; il tempo che scorreva a rallentatore mentre strappavano il ragazzo dalla sua stretta; le mani che si rifiutavano di lasciarlo.
Era rimasto immobile nell'entrata per un'ora fissando con sguardo perso il corridoio lungo cui avevano condotto la barella con adagiato il corpo inerte di Ian. Credeva che se solo avesse aperto bocca, se solo qualcuno l'avesse toccato, si sarebbe frantumato in pezzi crollando a terra.
E poi tutto aveva preso un ritmo accelerato, i secondi erano diventate ore, le persone attorno lui andavano e venivano senza quasi che le vedesse.
L'ospedale aveva chiamato la famiglia di Ian: la prima ad arrivare fu una donna d'affari avvolta in un tubino grigio e con un cellulare in mano. Doveva essere Fiona a giudicare da come gliela aveva descritta Ian: parlava gesticolando avanti e indietro per la sala d'attesa e ci mise un po' prima di chiudere la chiamata e sedersi di fianco a Mickey. All'inizio non gli rivolse la minima attenzione, ma dopo averlo guardato molteplici volte esclamò:'' Tu devi essere quello che ha portato qui mio fratello!''
Il suo tono di voce non gli piaceva: sembrava insieme una accusa e un rimprovero, quasi se la stesse prendendo con lui per quello che era successo.
''Sì sono io.'' Rispose fissandola provocatoriamente negli occhi.
Lei stava per replicare quando dalla porta di vetro dell'ingresso entrò il padre di Mickey accompagnato dal fratello, il quale camminava a testa bassa qualche passo indietro. Si diresse verso il figlio, che non si degnò nemmeno di guardarlo, ma anzi schivava la sua figura per cercare oltre di lui i medici che stava aspettando da ore.
''Alzati immediatamente.'' La sua voce era fredda e aspra.
''Lei deve essere il Signor Milkovich'' Fiona allungò una mano sorridendo:''Piacere, sono Fiona Gallagher. Suo figlio ha salvato mio fratello questa sera.''
Il Generale non sembrava così felice di fare la sua conoscenza e si limitò a guardarla con disprezzo, rivolgendosi nuovamente al figlio:'' Mickey.'' Facendo un cenno con la testa verso l'uscita.
''Non lo lascio.''
Il ragazzo premeva la fronte contro le mani appoggiate alle ginocchia ma le sue parole furono perfettamente udibili.
''Non credo di aver capito.''
Mickey si morse il labbro inferiore con rabbia e si alzò di scatto, trovandosi a pochi centimetri di distanza dal padre :'' Ho detto che non lascerò Ian qui da solo.'' Gli urlò in faccia:'' Perchè so. So che ci sei tu dietro tutto questo – gli puntò un dito addosso, la voce che iniziava a rompersi tra una sillaba e l'altra- e te la farò pagare. Ma ora Ian ha bisogno di me. E io sarò qui per lui. Non mi importa quello che pensi tu. - pronunciò l'ultima parola quasi fosse un insulto- o ognuno in questa stanza.
Il ragazzo che amo sta morendo e io non lo lascerò.'' Scacciò via con violenza le lacrime che bagnavano il suo volto.
Nella sala regnava ora il silenzio, interrotto solamente dal medico che giunse a passi misurati e con espressione grave in volto.
''Siete i famigliari di Ian Gallagher?''
Nel sentire questo Terry se ne andò, accompagnato da Joe.
''Sì siamo noi.'' Fiona si avvicinò invitando Mickey a fare lo stesso.
Eppure il ragazzo sembrava non poter nè voler sentire: vedeva le labbra dell'uomo muoversi ma non riusciva a sentire le parole che formulavano.
Scoppiò a piangere lì, senza nemmeno sapere come stesse succedendo, interamente scosso da singhiozzi e incapace di calmarsi.
Non riesco a sentirti cazzo.
Aiutami, aiutalo.
Qualcuno faccia qualcosa.


''Ci vuole tempo''
Un mese.
Un mese e ancora niente: ogni mattina si era svegliato con la speranza e ogni notte era lacerato da incubi che la uccidevano.
Non poteva fare niente e questo lo distruggeva ancora di più.
Non era servito stringerlo, parlargli, urlargli contro, sussurrargli frasi con dolcezza, supplicarlo, pregare.
Mandy gli aveva detto che le persone in coma a volte potevano destarsi se stimolate da qualcosa, un ricordo, una parola.
Aveva iniziato quindi a leggergli uno dei fumetti che gli piacevano tanto, commentandoli e ridendone perfino.
''Andiamo Ian svegliati, non puoi prenderti questo!''
Aveva guardato con sconforto il ragazzo immobile e ripreso:
''Beh vediamo se almeno nel prossimo capitolo ce la fa a non sembrare una checca.''

Ora tutto era diventato difficile.
Forse perchè non c'era più nulla da dire o provare.
Nulla.
Ed era questo stesso nulla che ora sembrava riempire Mickey: il vuoto che provava dentro si estendeva ormai ai suoi occhi, spenti e senza vita.
Stava svanendo lentamente.
Sapeva che se si fosse lasciato andare non sarebbe più tornato indietro, che se avesse continuato così sarebbe scoppiato.
Non ce la faceva più a vederlo in quello stato: il corpo debole pieno di ferite, la pelle violacea nei punto dove lo avevano colpito, gli aghi che gli entravano nelle vene, i tubi e tubicini ai quali era attaccato per rendere possibile una semplice azione quale respirare.
Si avvicinò al letto, abbandonando il volto sul cuscino, a poca distanza dalla sua testa: ''Ian'' Disse contro la federa in tono afflitto.
''Ian ti prego. Ti prego svegliati Ian.'' Stava piangendo.
Non si era mai permesso di piangere davanti a lui prima di allora; gli sembrava una sorta di resa.
''Ho bisogno della tua voce. Ho bisogno di sentire te.''
Gli prese la mano diafana e se la mise sopra il cuore, il viso stravolto dalla lacrime.

Bip
Una piccola pressione rispose a questo contatto: Mickey guardò incredulo le dita della mano di Ian che si piegavano piano attorno alle proprie, mentre le sue labbra si muovevano piano senza emettere suono.

Bip
Il ragazzo, incredulo per lo stupore, prese tra le mani il volto di Ian, la bocca che cercava di pronunciare una parola.

Bip
''Mickey.''

  
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