Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |      
Autore: Karmen14    29/11/2008    0 recensioni
I ghetti, le Negromanzie, le stragi della notte... ormai è questo il Mondo assuefatto dalla droga delle emozioni, le Euforye, che circolano illegalmente in tutte le città. Una minaccia che si nasconde tra i vicoli e sorprende i ragazzi più giovani rubando loro la vita, la mente e l'anima...
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’ultima stilla gli entra nelle vene tutta d’un fiato, il consueto calore gli solletica il corpo. Si concede un altro sorriso, il suo sguardo è sognante, ogni senso sfuma in una sensazione di piacere che pervade le arterie, le vene, il cuore… e gli infetta l’anima. Le pupille sono assenti sotto le palpebre rilassate, il collo ciondola a destra e a sinistra, i primi mugolii sgusciano dalle sue labbra stese in un sorriso. Un’euforia bollente gli toglie il fiato. Il liquido è entrato completamente in circolo. Adesso non è più lui. Lo sente perché il corpo sfugge al suo controllo, le emozioni lo straziano piacevolmente, trascinandolo con soavità in un baratro da cui non si può più uscire. Mai più uscire. E lui ci sta’ cadendo ancora una volta, incapace di opporsi, assuefatto dalle emozioni che esplodono dentro di lui con una sola goccia di quel fluido miracoloso. È impotente, è debole, non è più un essere umano. Lui adesso è solo un corpo che trema fra tanti altri, un ragazzo che sorride tra molti, anche lui abbandonato sui cuscini della locanda, nei ghetti di Preka, e anche lui è stato sedotto da quel liquido rosso che gli entra nel sangue e gli sussurra parole scottanti nel cervello, come una fusione mozzafiato che gli scioglie la coscienza in una pozza di piacere. Sì, lui è un malato che non vuole separarsi dal suo dolce veleno. Non sentire la tossina strisciare nell’aorta, non avvertire i muscoli liquefarsi e l’amarezza divenire zuccherina… sarebbe letale, per lui. Anche se sa che continuando finirà come tanti altri ragazzi, scaricato in una fossa comune con i malati ormai deceduti, lui non vuole smetterla. Freme. Un brivido caldissimo lo inebria, e lui sorride euforico, assuefatto da un’illusione irrifiutabile, prigioniero di catene di velluto che gli stringono il collo e minacciano di strozzarlo… ma per lui sono troppo morbide, e non riesce a spezzarle. Una risata folle gli esce dalla bocca, i colori, le luci, i suoni… sono tutti un mulinello confuso che vortica in tutte le direzioni, e lo inebria, e lui ride, e intanto muore. La sensazione è così stupefacente che lo lascia privo di parole, di pensieri, di anima. Perché chi è assuefatto da quel dolce liquido rosso prima o poi si trasforma, e la sua pelle muta… il suo corpo cambia… smarrisce se stesso in una stilla di liquido scarlatto. La frenesia arriva al culmine quando le tempie esplodono, la fusione di migliaia di emozioni lo travolge con la violenza di un tram in pieno petto. Mugugna qualcosa con un sorriso euforico. È in quel momento che il cuore smette di pulsare emozioni, che un terrore cieco e atavico lo divora trascinandolo verso il buio. L’alba ha ancora l’odore nauseabondo della notte, quello che sembra provenire dalle bocche colpevoli e volgari dei Frenetyci. Il locale in bilico fra due vicoli sembra un ubriaco che si accascia al suolo, i neon spenti e sporchi, l’insegna penzolante invasa dall’edera e dalla ruggine. La sala della taverna è semivuota, i cuscini e i tappeti sono sgualciti, abbandonati al suolo. Due uomini raccattano oggetti qua e là, sistemando la taverna. Lo scorgono a stento, sprofondato fra le coltri; lo sguardo gelido stampato sul volto bianco cera, un miscuglio raccapricciante fra il gaudio e il terrore. I due lo squadrano senza pietà, come se stessero osservando un sasso. Gli smuovono le spalle e lui ruzzola giù dal cuscino sul quale era abbandonato. Un tonfo sordo risuona nel locale. “Questo idiota ha tirato le cuoia”. Ringhia qualcuno. “Non innervosirti, ce ne liberiamo subito. Avanti, portiamo alle fosse comuni” Le labbra le tremano per il freddo, ma lei non si decide a coprirsi il petto. No. Vuole soffrire questa volta, vuole che sia il suo adorato vento a frustarla per le sue colpe. Il tarlo del dubbio le corrode il cranio e le mangia il cuore. Eppure per quanto si stia punendo, per quanto si stia esponendo a condizioni pessime, forse letali per la sua salute, non sente nulla oltre al dolore fisico. Non si sente pentita e neppure avverte quell’artiglio di agonia dilaniarle il torace… oh, quanto lo vorrebbe sentire sulla sua pelle, graffiargli la carne fino a squarciarle i polmoni in un brivido emotivo… e invece a lei è negato provare il dolore, provare la felicità, sentire il rimorso. Adesso avverte più che mai un acuto disagio. Sospira. La sua bocca sta divenendo violacea e la maglia sottile si agita nel vento. È pace, all’aurora, pace su tutta la metropoli che colonizza la pianura, l’affollatissima Preka, ma dentro di lei di disputa una guerra estenuante. Un rumore le punge le orecchie e la giovane scatta indietro, nascondendosi dietro a uno spigolo. Ha fatto appena in tempo, perché due uomini stanno sbucando da un viale; sorreggono in malomodo una specie di fagotto, però molto allungato… lei aguzza la vista e lo riconosce. Un cadavere, uno dei tanti ragazzi che la notte di Preka si è portato via. Lo vede mentre viene sbattuto giù dalla collinetta, ammucchiandosi in una fossa con tanti altri giovani celati dai cespugli. I due si strofinano le mani borbottando qualche insulto in dialetto e si ritirano nel locale. La ragazza si fa coraggio ed esce allo scoperto, affacciandosi al terrazzamento: il fosso è appena visibile, si notano solo alcuni contorni persi tra le fronde. Un’idea pericolosa si fa largo nella sua mente. Non farlo, Moona. Non farlo. Lo sai che è nocivo per te. Perché correre questo rischio, eh stupida bambina? Ma ormai lei non ascolta più ragioni. Sente ancora il freddo vento sulla pelle e adesso sembra scottarla. Sì, deve farlo. Sa che una specie di suicidio, ma tanto prima o poi scoccherà anche la sua ora, e in questo modo lei deciderebbe come e quando. Un privilegio che non tutti si possono concedere. Si avvicina quasi strisciando alla fossa. Il puzzo è tremendo e le fa venire la nausea, ma lei reprime i conati e sposta qualche ramo: eccolo, il ragazzo appena sbattuto là. Ha le palpebre chiuse e la pelle cadente, i tratti come sgualciti. Posa la sua esile mano sulla fronte di lui, mormorando una litania cupa e profonda, come una mano che s’immerge nei flutti del nulla afferrando una Negromanzia, un incanto, un abominio della realtà. La sua bocca sillaba parole forti, quel tono violento sguscia fuori da lei come un serpente e morde smaniosamente la pelle di lui, lasciando solo un piccolo segno del suo passaggio, piccolo ma indelebile. Moona si riprende dal trance con lentezza, e il corpo torna in suo possesso, la mente esce dalla foschia in cui era immersa. Prende aria, ma l’odore di muffa e decomposizione la fa sussultare. S’inerpica su per il terrazzamento, correndo via con la schiena curva. Dietro di lei, nella fossa, qualcosa si muove. (Carmela L.)
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Karmen14