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Autore: allonsy_sk    02/02/2015    2 recensioni
Trovata. MH
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Trovata, femminile. Se si trattasse di Mary difficilmente Sherlock avrebbe interrotto le effusioni che lui stesso ha preteso. Gliel'avrebbe detto domani, con calma e a mente fresca. Anche perché c'è un solo motivo per cui Mary potrebbe essere ritrovata, e anche quello non sarebbe stato un argomento da tirare fuori a quest'ora. Lo stesso Mycroft avrebbe evitato di comunicarlo fino al mattino.
Ma se non è Mary...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Come Home'
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Suite pour violon, op 221b

 

1 – Prelude (Adagio affettuoso) – Una sera di fine Giugno 2021

 

Il caso è stato singolarmente tranquillo, privo di violenza e inseguimenti. Nessuno si è ferito, nemmeno la vittima, che si è soltanto ritrovata con la propria collezione di quadri pregiati ridotta ai minimi termini.

Non sono riusciti a prendere il ladro, ma la refurtiva è stata localizzata e messa in sicurezza. Sherlock sospetta che ci sia il lesto zampino di Le Chat nella puntigliosa programmazione ed elegante esecuzione del furto.

È quasi un peccato – a detta dello stesso Sherlock – che l'investigatore sia riuscito a decifrare l'ultimo indizio prima che Le Chat potesse scomparire col maltolto in uno sbuffo di nebbia o nel cono di luce di un lampione.

Inutile dirlo, se si tratta veramente dell'affascinante e scaltro ladro, John ha tutte le attenuanti del caso se si sente geloso oltre misura. Che poi, a dirla tutta, è sempre geloso oltre misura e neanche la fede già piacevolmente invecchiata al suo dito – è appena un anno, ma fanno una vita abbastanza spericolata e l'oro appare molto più consumato di quanto non dovrebbe essere – è capace di spegnere del tutto quel sentimento tanto ingiusto, per quanto a modo suo piuttosto lusinghiero.

Il caso è risolto, comunque, e il maltolto restituito a chi di dovere.

Fuori la luce del giorno sta lentamente scolorendo nei toni più tenui e impalpabili che precedono il calare della notte, e sul tavolino da caffé in soggiorno si stanno raffreddando i resti di un ottimo curry.

Sono entrambi più che esausti. È stato un caso tranquillo ma non facile, e i giorni si sono confusi con le notti, senza lasciare spazio al sonno – non che Sherlock progettasse di dormire mai durante la durata delle indagini, ma ci sono cose sulle quali nemmeno lui ha poi tutto questo potere, non importa quanto possa desiderarlo – al cibo, e all'intimità.

Hanno cenato buttati sul divano, senza togliersi le scarpe e senza neanche cambiare canale, con il volume della tv al minimo sull'ennesimo episodio di Eastenders (o Coronation Street? Sherlock non si è mai degnato di distinguerli e John è troppo stanco perché gli interessi qualcosa).

Messo giù il cartone del curry con un sospiro soddisfatto, John si volta a guardare Sherlock, perso in chissà che pensieri e con le palpebre a mezz'asta.

Gli sfila il contenitore mezzo vuoto dalle dita distratte – mezzo vuoto, almeno ha mangiato qualcosa. John non è mai troppo stanco per non vigilare continuamente sui parametri vitali di Sherlock – e si allunga per baciargli l'angolo della bocca.

“Metti in pausa il ragionamento, Sherlock, hai fatto già troppo. Andiamo a dormire. Puoi continuare a essere straordinario domani.” Il tono è divertito, ma pieno di affetto e di orgoglio. Nessun altro riuscirebbe a star dietro a Le Chat al punto da fregarlo all'ultimo momento.

La prossima volta, se ce ne sarà una, Sherlock potrebbe essere in grado di catturarlo definitivamente, anche se sospetta che per il detective e il delinquente si tratti piuttosto di un gioco ardito e piacevole, da protrarre il più possibile. Considerato che ormai Le Chat imperversa da anni, che a quanto pare è un mago dell'evasione al pari di Houdini, e che il suo modus operandi non è violento, John deve concludere che si tratti di un compagno di giochi molto più sano e tollerabile di Jim Moriarty.

“Mh,” mormora Sherlock, e sbatte le palpebre, voltandosi quanto basta contro John per sfiorargli la bocca con un bacio minuscolo. “No,” mormora, “vieni qui,” prosegue, allungando le braccia per stringere John e attirarlo a sé.

“Sherlock, non te la prendere se ti sbadiglio in faccia,” quasi ride John, lasciandosi comunque trascinare più vicino all'altro. “Non credo di farcela a-”

“No, voglio solo baciarti,” continua Sherlock, baciandogli piano il viso. John è costretto a sorridere e a lasciarlo fare, perché è raro che Sherlock si permetta un capriccio come questo. Oh, di capricci ne ha molti, e alcuni sono anche molto pericolosi verso se stesso, verso gli altri e verso la proprietà privata (sua o di altri non fa molta differenza).

Anche se ha trascorso chissà quanti anni della sua vita adulta a professarsi immune ai sentimenti, in particolar modo a quelli più teneri e privati, la verità è che con i suoi tempi e i suoi modi, Sherlock è terribilmente sentimentale.

Con quel suo grosso cervello non si scorda una data che sia una, un'occasione, un anniversario, qualsiasi cosa degna di nota che sia mai successa in un dato giorno in un dato anno. Ovviamente non si disturba a tenere a mente cose inutili come la data dello sbarco lunare, o della presa della Bastiglia, ma non dimentica neanche un secondo che possa in qualche modo essere relativo a John.

Questa specifica richiesta di effusioni al termine di un periodo massacrante di indagini e ricerche è tanto più tenera, quindi, proprio perché è spontanea, slegata da qualsiasi ricorrenza o pensiero, e non possiede neanche la carica adrenalica che spesso li travolge alla fine di casi molto più movimentati e violenti.

“Potrei comunque addormentarmi,” bofonchia John, ben consapevole del fatto che se lascia i suoi occhi liberi di chiudersi, potrebbe riaprirli direttamente la mattina dopo.

“Fa niente,” mormora Sherlock, chinandosi su di lui per approfondire il bacio, lento e morbido e troppo pigro per trasformarsi in qualcosa di urgente e disperato.

Il telefono di Sherlock, abbandonato da qualche parte sul tappeto sotto il tavolino da caffè, riceve un sms.

“Non leggerlo,” borbotta John, senza sfilare le dita dai capelli di Sherlock, “lascia perdere. Anche se quel dannato felino ha rubato i gioielli della corona, non mi interessa. Può aspettare domani.”

Sherlock vacilla, in dubbio tra le lusinghe di altri soffici baci e la curiosità.

Arriva un secondo messaggio, e la curiosità vince.
Sherlock si china a raccogliere il telefono, appoggiando poi la testa contro la spalla di John e godendosi le carezze con l'aria soddisfatta e sonnolenta di un gatto quasi addormentato davanti al camino acceso.

Scorre velocemente l'elenco dei messaggi in entrata ed è sul punto di gettare il telefono dall'altra parte della stanza quando si rende conto che il mittente è Mycroft.

Uno sguardo al contenuto dei messaggi, tuttavia, lo rende improvvisamente vigile, sveglio e attento come se non avesse dormito un gran totale di sei ore nell'arco della scorsa settimana.

“John, lo devi leggere. Lo devi leggere subito.”

“Domani,” mormora John, quasi addormentato, “non può essere così urgente...”

“No, leggilo,” continua Sherlock, mettendogli il telefono in mano. Il suo tono è talmente deciso e fermo che John è costretto a malincuore a riaprire gli occhi, sbattendo le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco le poche righe di testo sullo schermo del cellulare.

 

Trovata. MH

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Dettagli a seguire. MH

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Sherlock osserva con attenzione quasi palpabile, persino ardente il modo in cui John si acciglia, confuso e persino un po' spazientito.

“Trovata cosa, Sherlock? Non capisco... Non ho la forza per gli indovinelli.”

Sherlock non risponde, continua ad osservarlo, a scrutare ogni piega del suo viso stanco alla ricerca della scintilla della comprensione. Certo sarebbe più facile avere pietà e dirglielo, ma questa è una cosa enorme, è qualcosa di fondamentale e John deve capirlo da solo.

“Non trovata cosa,” aggiunge, comunque, con un pizzico di impazienza. “Trovata chi.”

“Trovata chi...” ripete John stupidamente, rileggendo entrambi gli scarni messaggi come se potesse leggere tra le righe e rendere eloquenti, come per magia, le parole laconiche di Mycroft.

Trovata, femminile. Se si trattasse di Mary difficilmente Sherlock avrebbe interrotto le effusioni che lui stesso ha preteso. Gliel'avrebbe detto domani, con calma e a mente fresca. Anche perché c'è un solo motivo per cui Mary potrebbe essere ritrovata, e anche quello non sarebbe stato un argomento da tirare fuori a quest'ora. Lo stesso Mycroft avrebbe evitato di comunicarlo fino al mattino.

Ma se non è Mary...

“Sherlock,” mormora, alzando lo sguardo su quello serio e intenso del marito. Si sente sveglio, adesso, e in preda ad un capogiro. Il telefono tra le sue dita trema un po', smette quando la mano di Sherlock si stringe intorno alla sua e la stabilizza con fermezza.

“Sì. Mycroft l'ha trovata. Finalmente.”

“Io- ma io non sapevo neanche che la stessi cercando, Sherlock! Cristo, l'avete trovata. Voi due, l'avete trovata. Ma- dove- come-”

Sta balbettando in maniera sconnessa, ed è una fortuna che Sherlock gli tolga la parola con bacio leggerissimo, che ha soltanto lo scopo di calmarlo e fargli riordinare le idee. Se Sherlock ha intenzione di ritirarsi subito dopo il breve contatto, però, è preso in contropiede dall'entusiasmo con cui John gli si spinge contro, baciandolo con slancio e mordendogli le labbra fino a togliergli il respiro.

“L'hai cercata tutto questo tempo,” sibila John quando si stacca, nascondendo il viso contro la sua spalla.

“Te l'avevo promesso, John,” ribatte Sherlock tranquillamente. Scioglie la stretta intorno alla mano di John quando arrivano altri messaggi in rapida sequenza, si riprende il cellulare per controllarli.

“Mycroft dice che la bimba è in buona salute. Questa notte starà in un posto sicuro. E domani ce la portano.”

“Domani-” John si irrigidisce nel suo abbraccio, solleva la testa per scoccare a Sherlock uno sguardo preoccupato. “Sherlock, domani? Dovremo preparare tutto per lei. E- oh, Cristo.”

“Il panico non è da te,” mormora Sherlock, “sei stanco e adesso sei sconvolto, non ragioni. Abbiamo tutto il tempo di sistemare la tua vecchia stanza al piano di sopra. Mrs. Hudson sarà fuori di sé dalla gioia se le chiediamo di darci una mano. Ma non è questo che ti preoccupa, vero?”

John scuote un po' la testa, no, no.

“Non- Gesù, Sherlock. Dov'è stata tutti questi anni? Cosa ha fatto? Come l'hanno cresciuta? E- l'ultima volta che l'ho tenuta in braccio non aveva neanche un anno. Non sa chi sono. E- sarò in grado di- non lo so, proteggerla. Farla stare bene?”

Sherlock non risponde direttamente alle domande, ma stringe di nuovo John a sé e gli accarezza piano la nuca.

“Ora ti dico io cosa facciamo. Ora andiamo di là e ti preparo una tazza di tè. Poi andiamo a dormire. Domani mattina presto chiamiamo Mrs. Hudson e ci facciamo aiutare. Anche Mrs. Turner se serve. Chiamerei persino mia madre se la cosa servisse a farti stare tranquillo.”

John quasi sorride. Sherlock non può vederlo, ma lo sente, incerto e un po' tremulo ma comunque un sorriso divertito.

“Ah, Sherl- oh.” John rialza ancora la testa, scruta Sherlock dritto in faccia questa volta. “Non te l'ho neanche chiesto. Non- me l'hai cercata per tutti questi anni, anche quando non- beh, insomma, anche quando non stavamo insieme. E io non te l'ho neanche chiesto, se per te va bene- insomma, se te la senti...”

Sherlock alza gli occhi al cielo (o al soffitto, completo di ragnatela storica) e sbuffa un po', ma gli angoli della sua bocca tremano e si arricciano in quel sorriso un po' sbilenco e appena accennato che è il solo ad essere sempre sincero.

“Non essere stupido, John, non avrei fatto di tutto per trovarla se non mi importasse di lei. Lei è parte di te e io voglio qualsiasi cosa sia parte di te. Ovvio.”

A questo John non sa più come ribattere senza imbarazzarsi in maniera plateale. Si limita a stringersi come se ne andasse della sua vita, a prendersi un bacio e poi ancora un altro, finché Sherlock non si stacca con gentilezza e si alza.

“Té. Non ti muovere.”

Come se avesse la forza di andare da qualsiasi parte! È sempre esausto, ma ora deve processare la sconvolgente novità. Sua figlia, sana e salva e pronta a tornare a casa. Pazienza se la casa non è la stessa, e neanche la famiglia che l'attende con trepidazione è più quella a cui è stata strappata tutto quel tempo fa.

Per fortuna i rumori leggeri e familiari provenienti dalla cucina hanno il potere di distrarlo dai pensieri che riescono soltanto ad agitarlo. No, deve concentrarsi sui movimenti di Sherlock che riempie il bollitore e lo mette sul fornello, che tira fuori le tazze e sceglie il tè.

Anche senza voltarsi a guardarlo sa benissimo dov'è e che gesti sta facendo, persino il modo preciso in cui si appoggia contro il mobile della cucina mentre attende che l'acqua prenda il bollore.

I rumori e i movimenti consueti gli permettono di calmarsi al punto di concentrarsi su due pensieri fondamentali: l'importanza estrema di Sherlock nella sua vita e il fatto che da domani sarà di nuovo padre. I due pensieri non sono per niente disgiunti o separati in camere a tenuta stagna, anzi. John non sa neanche da dove iniziare a contemplare il secondo pensiero, e in quanto al primo se ci pensa troppo si sente gli occhi troppo caldi pizzicare dietro le palpebre. È abbastanza stanco da poter frignare per la gioia e per la sorpresa, ma fortunatamente Sherlock giunge in soccorso, sedendosi di nuovo accanto a lui e porgendogli una tazza di tè bollente.

“Bevi.”

La presenza di Sherlock al suo fianco e il calore che dalla tazza gli penetra fin sotto la pelle hanno il potere di calmarlo quasi del tutto, lasciando che la stanchezza riprenda il sopravvento.

“Sherlock, domani...” mormora, qualche minuto dopo, e neanche si accorge quando Sherlock gli sottrae la tazza mezza vuota.

“Domani, domani,” sussurra Sherlock, deponendo anche la propria tazza vuota e sistemandosi il più comodamente possibile senza spostare John.

Cinque minuti più tardi, dormono entrambi.

 

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Note:

Siccome Auld Lang Syne non bastava, arieccomi con un'altra storia a capitoli. Evviva!
  
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