Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Kala    02/02/2015    1 recensioni
Bertholdt e Reiner cercano di confortarsi a vicenda, in un momento di sconforto. Sanno che finché l'uno potrà contare sull'altro nulla potrà realmente abbatterli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Berthold Huber, Reiner Braun
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stringi la mia mano.


“Vorrei che tu potessi sentire il mio cuore battere in questo momento.”
Reiner si voltò verso di lui, a guardargli il suo profilo, con un misto di preoccupazione e comprensione.
“Perché mi dici una cosa del genere?” gli domandò, andando a prendergli la mano destra con la sua sinistra. Gliela strinse, ma con dolcezza, cercando di fargli capire che lui era lì, al suo fianco, pronto ad affrontare qualsiasi ostacolo insieme a lui, pronto a morire pur di proteggerlo: avrebbe fatto di tutto per rimanere attaccato alla sua mano fino alla fine dei suoi giorni.
Bertholdt si limitò a sospirare in un sorriso malinconico, lo sguardo perso nel vuoto.
Erano in piedi in cima ad un dirupo e stavano guardando quello che doveva essere un bellissimo tramonto, ma che per loro non significava altro se non la fine di un’ennesima giornata di bugie, tradimenti, inganni e sofferenze. Quanto sarebbe durato ancora tutto quello? Quanto ancora avrebbero dovuto sorbire le pene dell’Inferno?
Reiner rafforzò di poco la presa sulla mano del compagno d’armi.
“Mi piaceva quando stavamo fuori la notte, al nostro villaggio, e ci addormentavamo sotto le stelle” rimembrò nostalgico il moro, abbassando lo sguardo verso il campo militare proprio sotto di loro.
“Già” concordò l’altro. “Quelli erano tempi tranquilli e non dovevamo preoccuparci di niente. Mancano anche a me quei momenti, ma sai cosa?”
Reiner gli prese il viso con la mano libera e glielo voltò con gentilezza, in modo da obbligarlo a guardarlo dritto negli occhi. Ebbe un tuffo al cuore quando vide quella vacuità nelle iridi verde oliva. Vide il proprio riflesso in quegli occhi stanchi e tristi e quasi non si riconobbe.
Bertholdt sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
“Sai, possiamo ancora avere quei bei momenti. Possiamo ancora essere felici, stare insieme e guardare le stelle, parlare fino a notte fonda, ridere e scherare come due bambini, correre tra i campi di grano, rotolarci sull’erba ed ingozzarci di dolci preparati dalle nostre famiglie” disse Reiner, cercando di assumere un tono il più possibile convincente. Avrebbe voluto confortare il suo compagno di disavventure, gli si straziava il cuore a vederlo così giù di morale e così spento. Non sopportava il fatto che l’altro sembrava non avere nessun vero obiettivo stimolante nella sua vita, nessuna ambizione, niente che gli potesse far dire di amare la vita, di avere ancora qualcosa per cui lottare e sopravvivere. Eppure, si ritrovò a pensare, anche lui aveva perso molto. Anche a lui era stata portata via la gioia di alzarsi la mattina e poter sbadigliare al sole, andare a svegliare i suoi amici con una cuscinata e magari scappare subito dopo, ridendo. Anche lui, forse, non aveva più alcun valido motivo per continuare a vivere. Cosa stava facendo? Non lo sapeva nemmeno lui. Alle volte gli sembrava come se fosse prigioniero dentro un brutto sogno, incapace di governare, però, il susseguirsi degli eventi in esso. 
“Reiner, le nostre famiglie non ci sono più” sussurò Bertholdt, terrorizzato all’idea di ferire l’altro.
Il biondo lasciò cadere la mano sulla spalla del ragazzo più alto e gliela strinse forte.
“Allora saremo noi le nostre famiglie. Io sarò tuo padre, tua madre e tuo fratello, se necessario. E tu sarai lo stesso per me!” esclamò, in preda alla disperazione.
Era lui, ora, che stava piangendo.
Bertholdt lo abbracciò, stretto a sé e gli accarezzò la nuca. Di solito era l’altro a rassicurarlo con le sue parole forti e convincenti, ricolme di buoni propositi ed energia positiva. Bertholdt era quello negativo, quello che vedeva il bicchiere mezzo vuoto, quello che vedeva sempre i dettagli peggiori in ogni tipo di situazione.
Però ora, in quel preciso momento, si sentiva in dovere di fare qualcosa per quel ragazzo pieno di muscoli, ma così fragile all’interno.
“Io ci sono per te, Reiner. Torneremo al nostro villaggio” disse serio, sinceramente convinto di ciò che aveva appena pronunciato.
Reiner ricambiò l’abbraccio con trasporto, aggrappandosi alle spalle del moro e facendo aderire il suo corpo a quello dell’altro.
“Anche io ci sono, Bertholdt. Non me ne vado da nessuna parte. Io devo proteggerti. Devo proteggerti.”
“Reiner” lo chiamò. “Reiner, io ti amo.”
Il biondo si sentì mancare, ma per fortuna era ben saldo al corpo del suo vecchio amico e per un attimo si sentì a casa. Il cuore gli si riscaldò e questa volta le lacrime che gli rigarono le gote erano dovute alla gioia. Una piccola luce di speranza in un oceano di dolore e sangue.
“Reiner, non volevo farti piangere.”
“No, hai frainteso”si affrettò a dire l’altro ragazzo, allentando l’abbraccio per poter guardare l’altro in viso. “Mi hai colto alla sprovvista, non me l’aspettavo.”
“Pensavo fosse abbastanza ovvio.”
Bertholdt arrossì vistosamente, tanto che anche le orecchie si tinsero di rosso. Il cuore gli batteva all’impazzata.
Reiner gli accarezzò una guancia e gli sorrise.
“Bertholdt, ti amo anche io” gli confessò.
Il moro sgranò gli occhi, sinceramente stupito e le guance gli si inumidirono di lacrime. Era imbarazzato come mai lo ero stato prima d’allora e trovò egli stesso ridicola e al contempo dolce la scena che gli si prospettava davanti: due giovani reclute, completamente soggiogate dai propri sentimenti, prede delle emozioni e della paura, della trepidazione di un affetto troppo profondo perché risultasse semplice amicizia e di una fiducia così grande da poter sbaragliare l’intera razza umana. Si pentì di essere tornato al pensiero della loro guerra, della loro battaglia segreta, dei loro tranelli e dei loro loschi piani, così ben congeniati, ma così crudeli per gli altri e per se stessi.
“Bertholdt, ti amo” ripetò Reiner, allungandò il collo verso di lui e circondandogli le spalle con entrambe le braccia. “Ti amo.”
“Smettila di ripeterlo!” esclamò a disagio il moro, sviando lo sguardo verso destra: sentiva la necessità di scappare da lì. Non era abituato a situazioni del genere.
Reiner appoggiò le proprie labbra su quelle dell’altro ragazzo, lasciandogli un leggero bacio.
Bertholdt chiuse gli occhi, sbarrando le palpebre. Rimase così anche quando l’altro si allontanò da lui, staccandosi dall'abbraccio.
Una ventata gelida investì completamente il corpo di Bertholdt, che non seppe dire se si trattasse del vento freddo della sera o se quei brividi che lo percorrevano lungo la spina dorsale fossero causati dalla distanza creatasi tra i loro corpi. Necessitava di nuovo di un qualsiasi contatto con Reiner. Fu così che, ancora con gli occhi chiusi, stese un braccio davanti a sé, la mano che cercava la sua compagna nell’oscurità.
Non dovette aspettare molto che finalmente la sentì, quella splendida presenza calda che lo avvolgeva nei momenti di sconforto e nei momenti più tristi che era costretto ad affrontare soprattutto negli ultimi tempi.
Bertholdt aprì gli occhi e davanti a sé ritrovò la figura di Reiner, questa volta sorridente.
“Torniamo a casa, Bertholdt!” esclamò quello, tirandolo verso di sé.
Bertholdt annuì con un cenno della testa, entusiasta di aver quella figura accanto a sé capace di riportare equilibrio tra i suoi pensieri bui, tragici e ricoperti di morte e putrefazione.
Si incamminarono, così, mano nella mano, verso l’accampamento.
Finché erano l’uno con l’altro potevano ancora continuare in quel modo, a camminare verso la morte, a combattere contro la vita.
  
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