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Autore: evelyn80    02/02/2015    0 recensioni
[Affari a quattro ruote]
[Liberamente ispirata a varie puntate delle stagioni 9, 10 e 11]
Evelyn possiede una dote straordinaria: è in grado di comunicare con la mente con tutti i mezzi di trasporto e principalmente con le auto. Questa sua capacità non passa certo inosservata e Mike le chiederà di unirsi a lui ed Edd nella loro "missione di recupero" di vecchie auto. Lei accetterà, non senza riserve, e non tarderà ad innamorarsi dello spilungone.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Spazio autrice: Buongiorno a tutti! Come mio solito, non riesco quasi più a scrivere qualcosa che non riguardi Edd e Mike... Spero di non essere troppo ripetitiva. Ma veniamo alla storia: il particolare "potere" di Evelyn mi è stato suggerito da Mike stesso, il quale durante una puntata dichiarò di essere sempre stato convinto che le automobili posseggano un'anima. Da lì alla mia storia il passo è stato breve, e complice il mio amore per "Eragon" di Christopher Paolini, ho ideato il personaggio di questa ragazza che parla con le auto. Come potrete vedere, infatti, i dialoghi tra lei e le vetture ricordano molto quelli tra Eragon e Saphira. Per lo stesso motivo, quando lei parla con le macchine e loro le rispondono ho usato il corsivo.
Mi piacerebbe proprio sapere cosa ne pensate, quindi vi prego, vi scongiuro, recensite! Grazie!

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo. 






Capitolo uno

 

Il sibilo tossicchiante e sputacchiante di un motore che non voleva saperne di mettersi in moto riempì il silenzio dell’officina. Una volta, due, tre…

Un seccatissimo e frustratissimo Edd China trattenne a stento un’imprecazione, prima di sbattere la fronte contro il volante e rimanere fermo immobile per qualche secondo.

Chiuse gli occhi, tornando a chiedersi per l’ennesima volta dove avesse sbagliato: aveva smontato e rimontato quel propulsore per ben tre volte, sempre senza mai trovare niente di rotto o fuori posto; era tutto perfettamente funzionante, che diamine!

Si lasciò sfuggire un sospiro, accompagnato da un grugnito di rabbia. Cominciava proprio a temere che quella vecchia Due Cavalli si sarebbe rivelata un vero e proprio buco nell’acqua: va bè che era costata poco, ma non si potevano certo permettere di buttare delle sterline al vento.

Stava per accingersi a ricominciare tutto daccapo per la quarta volta quando il suo socio in affari, Mike Brewer, entrò nell’officina con un sorriso a trentadue denti:

"Buongiorno Edd, come andiamo?"

"Male, andiamo… ho già aperto e richiuso questo dannato motore per ben tre volte! Niente! Non trovo nulla di sbagliato, ma continua a non voler partire! Credo proprio che dovremo rinunciare, capo."

"Non sia mai! Guarda caso, ho proprio la soluzione adatta a te!" gli rispose l’amico, gongolando vistosamente, con il sorriso che si allargava sempre più.

"Accidenti, Mike… cos’hai da essere così tanto allegro? Sembri un bambino che ha appena trovato sotto l’albero di Natale il regalo che aspettava da tempo."

"Bè, in effetti, è proprio così! E’ finalmente arrivata in Inghilterra una persona che desideravo incontrare da tantissimo tempo, e… indovina un po’? Domani questa persona sarà a Birmingham, ed ho tutta l’intenzione di andarla a vedere!"

"A Birmingham?! Vuoi farti centotrenta miglia di strada solo per andare a trovare una persona?" chiese il meccanico, sgranando leggermente gli occhi ed inarcando le sopracciglia.

"Oh, ma questa non è una persona qualsiasi. E’ "La ragazza che sussurra alle auto"!"

La fronte di Edd si increspò ancora di più:

"La… cosa? Ma quel film non si intitolava: "L’uomo che sussurrava ai cavalli"?"

""La ragazza che sussurra alle auto"! E, no, non è un film, ma la pura realtà! Quella ragazza è in grado di parlare con le macchine, e di capire se hanno problemi oppure no e, se sì, di quali problemi si tratta! Se gli portiamo a far vedere la Due Cavalli, lei sarà in grado di dirci cosa c’è che non va nel motore!"

In un primo momento Edd fissò il suo socio con espressione incredula, poi scoppiò a ridere di gusto:

"Oh, Mike… sei proprio un credulone…" disse, tra una risata e l’altra.

L’amico attese che smettesse di sghignazzare, guardandolo torvo, poi rispose:

"Non sono un credulone! Sono diversi anni che questa ragazza gira il mondo proprio per aiutare la gente che ha problemi con le auto!"

"E magari si fa anche pagare profumatamente!" replicò il meccanico, incrociando le braccia sul petto e fissando serio l’amico.

"E qui ti sbagli! Non prende nemmeno un penny! Le sue consulenze sono totalmente gratuite!"

Edd sbuffò, scettico, poi tornò a voltarsi verso la vecchia Citroën, considerando ormai conclusa l’assurda conversazione.

"Tu fai come vuoi, ma io ho tutta l’intenzione di portarle la Due Cavalli!" insisté Mike.

Il giovane uomo si girò di nuovo verso il socio, ma alla vista della sua faccia risoluta si limitò a scuotere il capo, come a dire: "Non ci siamo proprio…". Il commerciante gli voltò le spalle e se ne andò, lasciando l’officina a passo di marcia; ma prima di chiudersi la porta alle spalle si girò di nuovo verso il meccanico e gli intimò:

"Non toccare niente! Non smontare nulla! Domani mattina quella macchina dovrà essere perfettamente integra!" e sbattendo l’uscio lasciò l’altro da solo.

Edd scimmiottò l’espressione del socio rivolto alla porta chiusa, poi ributtò le chiavi inglesi nel cassetto del suo mobile porta attrezzi ed andò a prepararsi una tazza di tè.

 

* * *

 

La mattina dopo Mike arrivò di buon ora, alla guida del suo grosso fuoristrada, cui aveva agganciato un carrello per il trasporto delle auto. Aveva già dimenticato la discussione del pomeriggio precedente con il suo socio, perciò suonò allegramente il clacson per annunciare il suo arrivo ed attese pazientemente che il meccanico aprisse il portellone dell’officina.

Edd si affacciò sulla soglia e, prima di spalancare tutto, storse il naso. Mike fece finta di non essersene accorto e lo salutò con una grossa pacca sulla spalla:

"Buongiorno spilungone! Pronto per andare a Birmingham?"

"Devo venire per forza anch’io?"

"Bè, no… nessuno ti obbliga. Ma forse, se la vedi anche tu di persona, ti convincerai che "La ragazza che sussurra alle auto" non è una ciarlatana!"

Il meccanico scosse la testa ripetutamente, guardando l’amico quasi con compassione, poi gli rispose:

"D’accordo, verrò anch’io… così almeno quando ti renderai conto che è tutta una bufala potrò dirti subito: "Io te l’avevo detto!""

"Oh, non succederà! Vedrai!"

I due uomini caricarono la vecchia auto sul carrello, poi Mike si mise alla guida e Edd gli sedette a fianco, con le braccia incrociate sul petto ed un’espressione che la diceva lunga su quello che pensava di tutta quella faccenda, ovvero: "E’ tutta un’inutile perdita di tempo!"

Impiegarono due ore a percorrere il tragitto che li separava dalla loro meta, durante le quali il commerciante raccontò praticamente tutto quello che sapeva – e che era parecchio – sulla misteriosa ragazza: possedeva una dote unica e straordinaria, che le consentiva di parlare con le auto attraverso la mente. Era in grado di sapere vita, morte e miracoli di ogni singola vettura con cui veniva in contatto. Utilizzava questa sua capacità per aiutare persone che non riuscivano a risolvere i problemi delle loro macchine, come stava succedendo a loro in quel momento, ma spesso era anche contattata da chi voleva comprare un’auto usata e voleva conoscerne il passato.

Il meccanico non fece commenti: si limitò a scuotere la testa di tanto in tanto. Non avrebbe mai creduto ad una baggianata del genere, mai!

Al loro arrivo al luogo dell’incontro, un vasto campo alla periferia della città, rimase molto colpito dal considerevole numero di vetture in attesa di essere "scrutinate": era incredibile che ci fossero così tanti creduloni, al mondo!

"Accidenti, quanta gente!" commentò Mike, guardandosi attorno, con il solito sorriso smagliante stampato in faccia. Un addetto si avvicinò loro, facendo grandi cenni con le braccia, indirizzandoli verso una piazzola libera e far sgomberare così il traffico. Edd guardò nello specchietto retrovisore: dietro di loro si era formata una lunghissima colonna di automobili, in paziente attesa di poter entrare nello spiazzo:

"Mamma mia… quanti idioti" mormorò, ricevendo subito un rimbrotto dall’amico:

"Sei tu, l’idiota! Vedrai se non ho ragione."

"Sì, sì…" e con un gesto annoiato della mano liquidò il socio, che rispose con un grugnito seccato.

Una volta scesi dal fuoristrada, Mike si mise subito a passeggiare per il campo, attaccando bottone con molti dei presenti; Edd preferì rimanere accanto alla jeep: si sgranchì un po’ le lunghe gambe girando intorno alla loro piazzola poi si mise a sedere sul carrello, appoggiando la schiena contro il parafango destro della Due Cavalli.

Il commerciante tornò dopo parecchi minuti:

"Ha già cominciato da un paio d’ore, ma le auto sono talmente tante che credo ci vorrà un po’, prima che tocchi a noi. Spero tu ti sia portato qualcosa da mangiare!"

Edd alzò gli occhi di scatto, fissando l’amico:

"Certo che no! Non credevo davvero che avremmo trovato così tanti mammalucchi come te!"

"Uh… ancora con questa storia…" sbuffò l’uomo più anziano: "Vorrà dire che ti darò io qualcuno dei miei tramezzini."

Erano ormai le sette di sera, e cominciava già a fare buio, quando finalmente venne il loro turno. La "Ragazza che sussurrava alle auto", una giovane donna di una trentina d’anni, piccola e dal fisico minuto, con lunghi capelli castani raccolti in una coda di cavallo, arrivò davanti a loro, si presentò tendendo la mano ed esibendo un sorriso un po’ stanco: aveva parlato con le auto per tutto il giorno, percorrendo i loro ricordi, ed ora cominciava ad essere un po’ esausta. Purtroppo per lei, c’erano ancora decine e decine di vetture che attendevano il suo consulto, e non poteva certo rimandarle indietro dopo che i loro proprietari avevano atteso per tutto il giorno sotto al sole cocente di mezza estate.

La macchina che doveva "esaminare" in quel momento era caricata su un carrello: era evidente quindi che non camminava affatto.

I due proprietari le parvero l’uno l’opposto dell’altro. Il primo a stringerle la mano si presentò come Mike Brewer: era un uomo di mezza età, un po’ sovrappeso, dai corti capelli castani appena velati da un filo di grigio sulle tempie. Le sorrise calorosamente, facendo comparire una miriade di piccole rughe d’espressione sul suo volto paffuto:

"Erano anni che attendevo questo momento!" esclamò, saltellando sul posto come un bambino.

L’altro, Edward China, era un uomo di qualche anno più giovane rispetto al primo; alto almeno due metri, aveva un fisico imponente, ma tutto sommato proporzionato alla sua stazza. Aveva lunghi capelli scompigliati dal vento, di un colore indefinito: completamente bianchi sulla fronte e sulle tempie, grigio topo sulla sommità della testa e castano scuro sulla nuca. La fissò senza dire nient’altro, a parte il suo nome, con le labbra serrate in una smorfia di disappunto, un’espressione di sufficienza negli occhi e le mani sprofondate nelle tasche dei jeans.

Era abituata a quel genere di sguardi: erano molti quelli che non le credevano e che si recavano da lei solo perché spinti da qualcun altro; e quello le sembrò proprio uno di quei casi.

Senza degnare di ulteriori attenzioni i due, si concentrò sulla Citroën blu pastello agganciata al rimorchio, instaurando il contatto mentale che le permetteva di dialogare con le vetture:

"Buonasera mio caro. Io mi chiamo Evelyn. Posso sapere il tuo nome?"

"Buonasera a te, tesoro. Mi chiamo Antoine" le rispose l’auto, con uno spiccato accento francese.

"Piacere di conoscerti, Antoine. Qual è il tuo problema?"

"In realtà io non ho nessun problema."

La ragazza lo guardò con aria interrogativa; allo stesso tempo avvertì gli sguardi dei due uomini su di sé – entusiasta uno, scettico l’altro – ma finse di non avvedersene, rimanendo concentrata sul suo interlocutore a quattro ruote.

"E allora perché questi due ti hanno portato qui, se non hai niente?" gli chiese, sorpresa.

"Bè, vedi… è solo che lo spilungone non mi è molto simpatico, ed ho voluto fargli uno scherzetto."

Per un attimo soltanto Evelyn spostò lo sguardo su Edward, che la stava ancora fissando con un sopracciglio inarcato.

"Sì… in effetti, anche la mia prima impressione non è stata delle migliori. Posso vedere quello che è successo?"

"Prego, accomodati!" le rispose allegramente la Due Cavalli.

La ragazza posò le mani sul cofano dell’auto, ancora tiepido di sole, chiuse gli occhi ed attese. Dopo pochi istanti, ecco apparire delle immagini: all’inizio si trattò di ricordi di gioventù della macchina, poi le visioni si concentrarono su un passato molto più recente. Vide il signor Brewer acquistarla dal suo precedente proprietario e poi assisté ai fallimentari tentativi del meccanico di far partire il motore. In realtà l’uomo aveva ragione, non c’era proprio niente che non andasse, in quel propulsore… Era solo che Antoine, che non sopportava il tono da "so tutto io" dello spilungone, si era divertito a bloccare l’accesso della benzina al carburatore, facendolo così impazzire. Quando Evelyn ebbe la visione dell’uomo che sbatteva disperato la fronte sul volante le scappò da ridere: "Ben gli sta!" pensò. "Non mi piace affatto la sua aria da saputone!"

"Complimenti Antoine, bello scherzo!" gli disse, non appena ebbe scostato le mani dalla carrozzeria al termine della visione.

"Grazie, cara! Sono lieto che tu apprezzi il mio spirito."

"Ti va di fargli fare la figura del fesso?"

"Oh sì, certo… ma come?"

"Sta a vedere…"

Evelyn tornò a rivolgersi ai due uomini, con ancora un lieve sorrisetto che le aleggiava sulle labbra; certo che fosse buon segno, Mike le rispose espandendo il suo, di sorrisi, fino a farlo sembrare quasi ebete:

"Allora? Hai capito dove sta il problema?"

"Certo! Questa macchina è perfettamente a posto! Basta girare la chiave, ed il motore si accenderà."

"Cosa?! Non è possibile" si intromise Edd, "Ho provato e riprovato! Questa vecchia carretta non parte e non partirà mai! Te l’avevo detto, Mike, che questo era solo un inutile spreco di tempo!"

La ragazza alzò lo sguardo sul meccanico, con gli occhi ridotti a due fessure:

"Vogliamo provare?"

"Prego, accomodati!" le rispose Edd, facendosi teatralmente da parte.

Evelyn saltò sul carrello, salì a bordo e girò la chiave: il motore partì all’istante, come se fosse appena uscito dalla fabbrica.

"Ah ah!" esultò Mike, riprendendo a saltellare sul posto, mentre gli occhi di Edd si sgranarono per la sorpresa:

"Non ci credo… fammi provare!"

La ragazza spense e scese dall’abitacolo; lo spilungone si strizzò al posto di guida e tentò di mettere in moto: niente! Solo un sibilo tossicchiante e sputacchiante! Evelyn si sporse verso l’interno:

"Permetti?" gli chiese, e senza attendere risposta girò nuovamente la chiave: il propulsore prese subito vita, scoppiettando allegramente.

La bocca del meccanico si spalancò in un’espressione allibita; Mike continuò a ballare girando su se stesso, mentre Antoine se la rideva, anche se solo Eve poté sentirlo.

"Sì… sei proprio un idiota!" sghignazzò la Citroën, facendo ridere anche la ragazza.

"Se volete, posso spiegarvi cosa è successo" riprese lei, quando fu riuscita a smettere di scompisciarsi.

"Sì, certo!" rispose entusiasta Mike, mentre Edd si limitò ad incrociare le braccia sul petto, con un’espressione risentita.

"E’ molto semplice: Antoine non ti sopporta, e ti ha fatto uno scherzo" disse, rivolgendosi al meccanico il quale, per un istante, rimase fermo immobile, poi scoppiò in una risata amara:

"Antoine?! E chi sarebbe Antoine?"

"Ci stai seduto sopra."

La risata cattiva si intensificò:

"Questa è la più grande idiozia che io abbia mai sentito! Vallo a raccontare a qualche altro credulone come Mike!"

"Io non sono un credulone!" si risentì l’uomo più anziano, ma nessuno degli altri due gli prestò attenzione, concentrati com’erano unicamente sulla loro disputa:

"Allora perché, se metto in moto io, il motore parte, mentre se ci provi tu no?"

In risposta, il meccanico fece girare la chiave, ottenendo per l’ennesima volta il solito sibilo tossicchiante, al quale rispose con un grugnito frustrato.

"Mike, vorresti provare tu, per piacere?" gli chiese Evelyn, senza distogliere lo sguardo da quello di Edward.

"Certamente!"

Il rivenditore attese che l’altro si togliesse di mezzo, si mise seduto al posto di guida e fece partire il motore, che si avviò brillantemente al primo colpo; dette gas un paio di volte, facendolo rombare, e poi lo spense di nuovo.

"Hai visto? Che ti avevo detto? Lo so che tu non credi nelle mie capacità, te lo leggo negli occhi, e la cosa non mi fa né caldo né freddo… ormai ci sono abituata! Ma non sopporto proprio l’idea che mi si dia della bugiarda! Signori, buonasera! Arrivederci Antoine."

"Arrivederci, mia cara."

Con passo risoluto, la ragazza saltò giù dal carrello e si diresse dall’auto successiva, una Rover color fegato che sembrava sul punto di cadere a pezzi, senza più degnare i due uomini di ulteriori attenzioni.

Edward la seguì per un attimo con lo sguardo, con stampata sul viso un’espressione omicida. Quando il suo socio riprese a ballare sul posto come uno scemo, il meccanico spostò la sua attenzione verso di lui, con lo stesso livore.

"Vogliamo andare, per favore? Sono quasi le otto e ci aspettano altre due ore di viaggio!"

"Certo, certo… partiamo subito! Hai visto, Edd? Che ti dicevo? "La ragazza che sussurra alle auto"! Non è straordinaria?"

"Mi ha fatto fare la figura dello scemo!"

"Sì, forse è vero… ma tu ti sei comportato come tale."

Il meccanico sbuffò, alzando gli occhi al cielo ed intrecciando ancora una volta le braccia sul petto. I due rimasero in silenzio per un breve tratto di strada, poi Mike esclamò:

"Ehi! Mi è venuta un’idea!"

Edd si voltò a guardarlo a mala pena:

"Sentiamo… quale brillante ispirazione hai avuto, stavolta?" gli chiese, sarcastico.

"Una che potrebbe risolvere molti dei nostri problemi. Cosa ne dici se le chiedessimo di lavorare con noi?"

Per un attimo lo spilungone lo guardò come se non avesse capito il senso delle sue parole, poi esplose:

"Cosa?! Vorresti chiederle di esaminare le auto per noi?! E farmi fare ogni volta la figura dell’idiota? No, grazie!"

"Andiamo Edd, pensaci bene! Quante macchine ho comperato senza sapere cosa avevano esattamente? E quanti soldi abbiamo buttato, proprio per questo motivo?"

Il meccanico fu costretto a convenire: in effetti, era successo tantissime volte…

"Se lei ci dirà i problemi delle auto, comprarle non sarà più un azzardo, e saremo sempre sicuri di poter guadagnare bene! O, quanto meno, saprò sempre cosa vado ad acquistare… allora? Che mi dici?"

"Che spero vivamente che ti dica di no!" gli rispose, mentre Mike faceva inversione ad U e tornava sui suoi passi.

Quando arrivarono nuovamente al campo, che era stato illuminato da dei riflettori di fortuna, ad Evelyn mancavano ancora una ventina di auto da esaminare. In quel momento era alle prese con una Ford Anglia: le aveva appoggiato le mani sul cofano ed aveva la testa leggermente rivolta all’indietro, con gli occhi che si muovevano rapidamente sotto alle palpebre chiuse, come quando si è nella fase R.E.M. del sonno. Pur se ancora scettico, il meccanico rimase molto colpito dal suo atteggiamento: se si fosse trattato di un’impostora, forse a quell’ora avrebbe già salutato tutti quanti e se ne sarebbe andata; invece alle otto e mezza di sera continuava a toccare auto ed a raccontare baggianate.

Mike scese e le si avvicinò, rimanendo in paziente attesa che il consulto finisse. Spinto da uno strano impulso, anche Edd lo seguì, osservandola attentamente mentre "leggeva" nella mente della vettura.

Dopo qualche minuto il movimento frenetico delle palpebre si arrestò e la ragazza riaprì gli occhi; comunicò il suo responso e si volse per passare all’auto successiva, ma quando fece per muovere un passo ondeggiò vistosamente e, complice la stanchezza, il caldo della giornata appena trascorsa e la mancanza di un buon pasto, ebbe un mancamento. Il meccanico fu lesto a stendere le lunghe braccia, raccogliendola prima che cadesse a terra. Le poche persone rimaste fecero capannello intorno a loro, mentre Mike cominciò a chiedere alla gente di lasciarla respirare.

Per un attimo soltanto i suoi occhi rimasero chiusi poi, molto lentamente, le palpebre si aprirono e le sue iridi castane si posarono su quelle di egual colore dell’uomo che la sosteneva, e che la fissava con la bocca socchiusa. Lasciò vagare lo sguardo sul suo viso, come per cercare di riconoscerlo, e quando vide il ciuffo di capelli candidi che gli spioveva sulla fronte lo inquadrò immediatamente: sgranò leggermente gli occhi prima di incupire lo sguardo e si dimenò nel tentativo di liberarsi dalla sua stretta leggera.

L’uomo rimase ancora per un brevissimo istante a guardarla negli occhi, come se la vedesse per la prima volta, poi la aiutò a rimettersi in piedi e si allontanò da lei di qualche passo.

Evelyn si rassettò gli abiti, mormorando alcuni "sto bene" rivolti ai presenti, poi, per non apparire maleducata, si voltò a ringraziare il signor China il quale, a sua volta, aveva ripreso la stessa espressione scettica del pomeriggio.

Mike approfittò del breve momento di stasi per chiederle un colloquio a quattr’occhi.

"Ormai devo finire il mio lavoro" gli rispose, accennando alle vetture che ancora rimanevano: "E poi andrò a riposarmi un po’. Come hai visto, sono leggermente stanca e affamata… ma, se vuoi, possiamo vederci domani mattina: io alloggio al Norfolk."

L’uomo annuì con un sorriso e tirandosi dietro l’amico tornò al fuoristrada.

"Hai intenzione di andare a casa e poi tornare quassù domattina?" gli chiese quello, incredulo.

"No di certo! Prenderò anch’io una stanza al Norfolk! Tu puoi tornare alla base, se vuoi…" lo prevenne: "Basta che tu mi lasci la Due Cavalli, che funziona perfettamente."

"Fa come ti pare!" replicò il meccanico e dopo aver scaricato la Citroën dal carrello lo piantò in asso, lasciandolo nel campo.

 

 

* * *

 

Quella notte il sonno di Evelyn fu agitato: continuava a sognare due occhi castano scuro che la fissavano, due labbra carnose e sensuali che si dischiudevano, una ciocca bianca che sfiorava una fronte pallida. Spalancò gli occhi nell’oscurità, con un nome pronto a sfuggirgli dalla bocca, trattenuto appena in tempo. Cosa gli saltava in mente? Stava vagheggiando quello stupido spilungone saccente e scettico? E solo perché l’aveva sorretta durante il suo svenimento?

"Non è da te, Eve, tutta questa romanticheria!" si disse, rigirandosi nel letto ma, la mattina dopo, non riuscì a trattenere una smorfia di disappunto nel vedere che, all’appuntamento, si era presentato solo il Signor Brewer.

"Allora Mike, di cosa volevi parlarmi?" gli chiese, quando furono seduti di fronte a due cappuccini fumanti.

Il rivenditore le illustrò la sua proposta e lei rimase per un attimo in silenzio prima di rispondere:

"Bè… il vostro è un intento nobile: acquistare vecchie auto per salvarle dalla rovina. Ma, capisci bene che, se metterò a disposizione la mia dote solo per voi, altre centinaia e centinaia di macchine ci rimetteranno."

L’uomo annuì, chinando il capo: a dir la verità non ci aveva pensato. Lui era un affarista, ed era abituato a pensare solo al suo guadagno, non ai problemi degli altri. Tuttavia la ragazza lo stupì:

"Comunque, non nego di aver bisogno di prendermi una pausa: è da un po’ di tempo che giro il mondo in lungo ed in largo, e comincio ad essere stanca di non aver più un posto da poter chiamare "casa"… potrei fermarmi con voi per un periodo, e poi tornare a viaggiare."

Mike batté le mani, entusiasta: era sempre meglio che niente! La ragazza non riuscì a trattenere un sorriso per la sua esuberanza: credeva che quella nuova esperienza avrebbe potuto anche essere divertente. "E poi," si scoprì a pensare: "rivedrò lo spilungone!" ed a quell’idea uno strano brivido la percorse lungo la schiena.

 

* * *

 

Il clacson della Due Cavalli suonò allegramente, annunciando l’arrivo di Mike all’officina. Edd si affrettò a spalancare il portellone del garage ma si interruppe a metà dell’operazione quando vide che il suo socio non era solo: seduta al suo fianco nell’abitacolo della Citroën c’era niente meno che la "Ragazza che sussurrava alle auto". Trattenendo a stento una smorfia di disappunto il meccanico finì di aprire, poi si ritirò all’interno: era turbato, questo sì, ma non solo in modo negativo. C’era qualcosa, in quella strana ragazza, che lo attirava… Scrollò le spalle, come a voler scacciare quella sensazione, ed attese che i due scendessero dall’auto.

"Hai visto, Edd? L’ho convinta! Passerà con noi un po’ di tempo!" esclamò subito il commerciante, facendo un ampio cenno della mano verso Evelyn che stava ancora scaricando le sue valige.

"Ne sono… entusiasta" mormorò in risposta, calcando l’accento sull’ultima parola.

Lei alzò lo sguardo su di lui, guardandolo per un istante in modo indefinito, poi la sua espressione si incupì. Gli si avvicinò tendendogli la mano, che il meccanico strinse brevemente:

"Lo so, il nostro primo incontro non è stato dei migliori: ti abbiamo fatto fare la figura dello stupido" disse, indicando la Citroën alle sue spalle: "Ma poiché ho deciso di accettare la proposta del tuo socio ti propongo una tregua."

Lo spilungone annuì seccamente, poi le chiese, sarcastico:

"Ora posso finire il mio lavoro sulla Due Cavalli, oppure le devo chiedere il permesso?"

"Casomai "gli": è un maschio. Tu cosa ne dici, Antoine?"

"Digli che può stare tranquillo! E’ finito il tempo degli scherzi… prima mi sistema, e prima me ne vado!"

La ragazza riportò la frase, ed il meccanico scosse la testa alzando gli occhi al cielo: non riusciva ancora a credere che quella giovane donna riuscisse realmente a parlare con le macchine… era una cosa impossibile!

Mentre Edd si rimetteva all’opera, Mike mostrò il suo ufficio ad Evelyn e gli illustrò brevemente i suoi progetti: una volta finita la Citroën aveva intenzione di acquistare una Morris Traveller. Era una macchina diventata ormai piuttosto rara: era veramente difficile trovarne una in buone condizioni, specialmente per quanto riguardava il telaio della parte posteriore dell’auto, che era di legno. Ne aveva trovata solo una che rispondeva alle sue esigenze e gliela mostrò in fotografia:

"Allora? Cosa ne pensi?"

"Bè… è bella! Ma io non posso certo parlarle a distanza, se è questo ciò a cui stai pensando. Ci vorrebbe un collegamento mentale troppo forte ed io non sono in grado di sostenerne uno da sola. Ci vuole una sorta di… amplificatore, in genere un’altra macchina che mi "presta" la sua energia. E comunque anche così sarebbe sfiancante, per me. Credo che dovremo andare a vederla di persona."

"Ma certo, questo non è un problema. L’avrei fatto comunque. In realtà ci speravo, che tu potessi fare qualcosa anche da qui, ma sarebbe stato troppo bello! Chiamerò il venditore e prenderò un appuntamento: dovremo andare fino in Cornovaglia!"

"Per me il viaggio non è un problema, ormai ci sono abituata a percorrere lunghe distanze in breve tempo."

Mike la accompagnò al suo cottage di campagna, dove Evelyn avrebbe potuto alloggiare tranquillamente senza che nessuno la disturbasse. La ragazza disfece le valigie ed, ogni tanto, mentre metteva nell’armadio i suoi indumenti, il suo pensiero correva veloce al meccanico spilungone:

"Perché continuo a pensare a lui?" si chiese: "dovrei odiarlo per il suo atteggiamento strafottente, ed invece non riesco a togliermelo dalla testa!"

 

* * *

 

In garage Edd lavorò sodo, e la Due Cavalli fu finalmente pronta a cercare una nuova casa. Prima di metterla in vendita, come loro tradizione, i due soci uscirono per fare un ultimo giro, e Mike invitò Evelyn ad andare con loro, con sommo disappunto del meccanico.

Il test-drive che il commerciante aveva in mente era molto particolare: uno dei problemi che lo spilungone aveva dovuto risolvere erano le sospensioni inaffidabili, e per vedere se la riparazione era stata effettuata a regola d’arte Mike decise di provare l’auto in un campo di granturco appena raccolto. Lungo la strada si fermò in un negozio di generi alimentari e comprò dodici uova, che poi sistemò dentro ad un cestino imbottito di paglia.

"Cos’hai intenzione di fare con quelle uova? Una frittata?" gli chiese Edward, incuriosito dallo strano acquisto dell’amico.

"Bè, io spererei proprio di no… altrimenti vorrebbe dire che non hai sistemato bene le sospensioni. Questa è un’auto che è stata progettata per viaggiare in campagna, e quindi anche su terreni sconnessi. Se tutto è perfetto, non se ne romperà nemmeno una! Evelyn, vorresti mettere il cestino sul sedile accanto a te? Grazie, cara. Ed ora, andiamo!"

Il commerciante si fiondò nel campo, facendo sobbalzare la piccola Citroën come un coniglio. La ragazza fu costretta ad afferrarsi alla maniglia sopra al finestrino, tenendo d’occhio allo stesso tempo il paniere che aveva a fianco.

"Ma che razza di giro di prova è mai questo?!" si lamentò l’auto, solo a beneficio delle orecchie di Evelyn, che era l’unica in grado di sentirlo.

"Non lo so, Antoine. Ma queste uova mi stanno facendo venire un’idea…" e con la mente proiettò alla macchina l’immagine del cestino rovesciato in testa al meccanico.

"Sì, sì" annuì subito entusiasta la Due Cavalli: "Sarebbe proprio un bel regalo d’addio!"

Fingendo indifferenza, la ragazza prese il cestino. I due uomini davanti erano impegnati in profonda conversazione sul possibile prezzo di vendita da dare all’auto e non si accorsero della minaccia che avevano alle spalle. Quando la vettura sussultò particolarmente, dopo aver superato un dosso più alto degli altri, Evelyn sollevò il paniere e rovesciò alcune delle uova sulla testa di Edd, che lanciò un grido per la sorpresa.

Mike arrestò la macchina e si voltò a guardare l’altro, che stava ancora cercando di capire cosa gli fosse arrivato sulla testa: il tettuccio di tela dell’auto era stato arrotolato e quindi poteva anche essergli piovuto addosso qualcosa dall’alto. Solo quando il commerciante scoppiò a ridere come un matto, e la chiara delle uova cominciò a colare giù dai suoi lunghi capelli scompigliati, frammista a qualche pezzo di guscio, l’uomo si rese conto di cosa era successo, e si voltò verso la ragazza con sguardo di fuoco.

Evelyn aveva ancora il cestino in mano e sghignazzava al pari di Mike. Quando vide in faccia il meccanico, però, qualcosa scattò dentro di lei, che la spinse a pentirsi amaramente di quel gesto: con il ciuffo di capelli bianchi appiccicato alla fronte da quell’improbabile dose di gel, gli occhi lampeggianti come quelli di un toro pronto alla carica, la bocca contratta in una smorfia di furore e le mani strette a pugno, la ragazza pensò che quello era l’uomo più bello che avesse mai visto. Smise di colpo di ridere e mormorò:

"Perdonami Edd… non so cosa mi sia preso."

Poi prese un paio di uova in mano e se le spiaccicò sulla sommità del capo, lasciando che il liquido vischioso le colasse giù per la fronte.

Il commerciante non riusciva più a contenersi: piegato in due dalle risa, cominciò a battere il pugno sul volante; la Citroën non era da meno e la sua risata squillante quasi intontiva la ragazza.

Evelyn ci pensò per un attimo, poi afferrò un altro uovo, fissando intensamente la nuca dell’uomo seduto davanti a lei. Il meccanico incrociò il suo sguardo per un istante, annuì seccamente e ne afferrò uno a sua volta. Poi, con un gesto d’intesa, i due sbatterono insieme le uova sulla testa di Mike, che smise di botto di scompisciarsi e cominciò ad urlare, con somma ilarità della Due Cavalli:

"Ah ah ah! Grazie tesoro! Questo è il più bel regalo di addio che avessi potuto farmi!"

"E’ stato un piacere, Antoine."

  
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