27. Rivale
Ovviamente non erano
riusciti a chiudere occhio.
Soltanto dopo
qualche ora che si erano stesi nel tentativo di trovare qualche momento di
riposo, Eric si era alzato dicendo che era ora di andare.
Ora di andare.
Nella mente di Aria
un nero sconfinato avvolgeva immagini spaventose ed angoscianti.
Entrambi si
rivestirono, si diedero il cambio per rinfrescarsi in bagno e, mentre Eric
impiegava più tempo del normale per allacciarsi la giacca nera degli Intrepidi,
Aria avvolgeva i suoi capelli in una treccia laterale.
Ciocca dopo ciocca,
la ragazza era sempre più silenziosa, così Eric la guardò mentre si intrecciava
i capelli e le si avvicinò.
-Vedrai,- Le disse
mettendole una mano sul viso. -quando tutto questo sarà finito, torneremo tutti
qui e potrai scegliere la tua carriera!-
Aria avvolse
l’elastico nero alle fine della treccia, l’abbandonò sulla sua spalla destra e
sollevò i suoi occhi cupi e malinconici sul ragazzo. –Cosa ti da la sicurezza
che andrà tutto bene?-
-Gli Eruditi ci
hanno garantito che i nostri uomini non correranno alcun rischio, gli Abneganti
sono innocui!- rispose, spavaldo.
-E quando tutti si
saranno svegliati? Saranno piuttosto arrabbiati, o direi infuriati!-
-Forse, ma a quel
punto ci sarà un nuovo governo e loro dovranno farsene una ragione e obbedire
alle nuove regole. Dovranno accettare di aver contribuito, anche se contro la
loro volontà, ad un sistema governativo diverso.- Fece un sorriso arrogante e
sicuro. –E credimi, a molti di loro il nuovo sistema piacerà.-
Aria pensò che forse
Eric poteva avere ragione, magari sapere che finalmente la loro fazione sarebbe
stata determinante per il funzionamento dell’intera città, avrebbe convinto
diversi Intrepidi che il piano a cui avevano aderito era qualcosa di giusto.
-Se lo dici tu!-
-E poi potrai
scegliere la tua carriera, così vedrai veramente cosa vuol dire vivere fra gli
Intrepidi!- le fece un sorriso malizioso, ma la guardò serio, vestendo ancora
una volta i panni del maestro.
-Sempre che mi lascino
il lavoro che mi piace!- abbassò gli occhi.
-Uriah vuole
lavorare al centro di controllo come suo fratello, ne sono sicuro. E Peter-
fece una pausa per riprendersi dal fastidioso sapore amaro che gli aveva
lasciato in bocca quel nome. - sappiamo benissimo cosa sceglierà!-
-Mi stai dicendo che
potrei riuscire a prendere uno dei due lavori di cui abbiamo parlato? Magari
proprio quello all’area logistica?- Sorrise speranzosa.
Eric sogghignò.
-Perché no? Lynn punterà di sicuro su qualcosa di più fisico, agli allenamenti
l’ho sentita parlare del servizio di sorveglianza. Ma non ho idea di cosa
sceglierà quella Tris.-
Tris era un mistero,
era capace di far parlare di sé pur rimanendo riservata e sempre apparentemente
fragile. Forse il lavoro di supervisore all’area logistica poteva fare per lei,
anche se Aria sperava con tutta sé stesse che fosse meno ambiziosa e che
scegliesse altro.
Increspò le lebbra
in un sorriso tirato per Eric, poter sperare in un futuro tranquillo anche dopo
la battaglia che stava per avvenire, le dava serenità.
Ma il dolore e la
paura non passavano, accompagnati da un insopportabile senso di colpa.
Chiuse gli occhi e
vide gente ferita, Divergenti trascinati via dall’acqua dello strapiombo e
Abneganti che lottavano finendo in un mare di sangue.
Vide la folla di
Intrepidi risvegliarsi senza preavviso e scagliarsi contro i capifazione che
avevano permesso quell’attacco.
Vide Eric a terra, e
sussultò.
Quando aprendo gli
occhi se lo trovò davanti, riprese a respirare.
Eric le accarezzò
ancora una guancia, la guardò attentamente e parve cogliere ogni suo tormento.
Altrimenti non l’avrebbe stratta a sé in uno dei suoi abbracci rudi eppure
caldi.
-Tornerò presto
vedrai, non ti accorgerai di nulla!- la rassicurò.
Si scostò da lei, si
risistemò il colletto della giacca e fece per uscire, mentre Aria si spostava
verso il letto.
Ma poi bussarono
alla porta.
-Eric?- Era la voce
di Max. –Sbrigati! È lì con te la ragazza?-
I due si scambiarono
uno sguardo allarmato.
Aria era interdetta,
perché la cercavano?
Eric, come era
prevedibile, era già sul punto di perdere la pazienza. Se di mezzo c’era lei,
non permetteva a niente e nessuno di toccarla. Aveva stabilito che avrebbe
aspettato in camera sua, non aveva senso che Max chiedesse di lei.
Con i muscoli del
corpo tesi e lo sguardo ferino, Eric fece segno ad Aria di nascondersi dietro
l’angolo dove c’era il bagno, e aprì la porta della camera trovandosi davanti
l’altro capofazione.
-Siamo in ritardo.-
Iniziò l’uomo. –Immagino che sia qui quella ragazza, la nata Erudita. Avresti
potuto dirci che non era un’ iniziata qualunque, anziché tenere l’informazione
per te. Ti ricordo che sei uno di noi, è tuo dovere dirci tutto quello che ti
viene comunicato dagli Eruditi.- Il suo tono era severo.
Eric rimase in
silenzio, assottigliò lo sguardo cercando di capire cosa stava realmente
accadendo.
-La tua ragazza è
richiesta.- Proseguì Max, in un misto di ironia e fastidio. -Fortuna che Finn
mi ha detto che era con te e che gli Eruditi avrebbero chiesto di lei.-
Aria, con la schiena
contro il muro, scosse la testa senza essere vista poiché non capiva. Aveva
inventato con Finn quella scusa, dicendo che sarebbe stata la scorta personale
di sua sorella Amber, ma non era vero. Lo aveva detto solo per convincerlo e
salvarsi, ma rimaneva comunque un’ enorme bugia.
Probabilmente aveva
combinato un guaio, perché lui ci aveva creduto, e avrebbero rischiato di
essere scoperti.
Poi intervenne Eric.
–Chi la cerca?-
-Jeanine e i suoi
uomini sono arrivati, e la prima cosa che ha fatto quella ragazzina bionda, è
stato pretendere che le portassero sua sorella!-
Fu allora che Aria
capì.
Aveva presupposto
che, se realmente sua sorella avesse preso parte a quella follia, avrebbe avuto
bisogno di protezione. Così aveva inventato la scusa della guardia personale,
pur sapendo che nessun accordo era stato preso a riguardo.
Ma, fortuna voleva,
che avesse visto giusto.
Amber era nel gruppo
di Eruditi che avrebbero controllato la simulazione a distanza e, da come aveva
scoperto, conosceva i dettagli del piano da molto prima di lei.
L’ultima volta che
l’aveva incontrata, nei sotterranei della residenza, sua sorella aveva cercato
di metterla in guardia e di dirle cosa stava accadendo.
Amber sapeva che gli
Intrepidi sarebbero stati controllati con una simulazione, per questo aveva
detto ad Aria che sarebbe stata usata come un burattino.
Forse, se aveva
cercato di avvertila, voleva dire che stava cercando di proteggerla.
Se avesse chiesto di
lei come sua scorta personale, l’avrebbe risparmiata a tutto quell’orrore.
Non c’erano dubbi,
la richiesta di Max si basava su fatti reali, e non solo sull’informazione che
aveva ricevuto da Finn.
Sua sorella aveva
realmente chiesto di lei.
Avevano avuto la stessa
idea, solo che Aria aveva dovuto usarla prima per difendersi da Finn, ma alla
fine anche Amber aveva fatto la sua parte.
Anche senza mettersi
d’accordo, erano riuscite ad escogitare lo stesso sistema.
Sorrise e scosse la
testa, era pur sempre la sua gemella.
Uscì dall’angolo in
cui era nascosta e avanzò verso Eric, coperta tuttavia dalla porta semi aperta,
e gli fece un cenno.
Lui la guardò
dubbioso per un attimo, con un misto di rabbia e timore negli occhi, ma alla
fine aprì del tutto la porta rendendo la ragazza visibile anche a Max.
Mentre Aria
incrociava lo sguardo dell’uomo, intimorita, lui non si stupì minimante di
scoprire che era lì.
-Bene!- esclamò il
capofazione più anziano, squadrandola da capo a piede con un’espressione poco
convinta. –Adesso che ci siamo tutti, possiamo andare!-
Max si avviò spedito
verso il corridoio, lasciando i due indietro, cosicché Eric ebbe il tempo di
chiudere a chiave la porta della sua camera mentre lanciava un’occhiata
minacciosa ed interrogativa ad Aria.
La ragazza colse il
messaggio, probabilmente Eric credeva che fosse impazzita o che la sua mossa
fosse troppo rischiosa.
-Mia sorella ha
davvero chiesto di me! Avevo detto che lo avrebbe fatto solo per convincere
Finn, ma alla fine lei lo ha fatto veramente.-
Vide lo sguardo
profondo con cui Eric la studiò in silenzio, e gli mise una mano sul braccio.
–Fidati di me!-
Con un respirò
profondo, il ragazzo sollevò il mento e serrò la mascella, iniziando a
camminare e superando la ragazza, che lo seguì.
Camminarono fianco a
fianco lungo i corridoi bui e innaturalmente deserti, salirono il complicato
intreccio di sentieri che portava al punto più alto della residenza e si
lasciarono guidare da Max. Arrivarono ad un passaggio appartato, spento e minaccioso,
che dava su una porta blindata a scorrimento. Giusto per aumentare
quell’atmosfera sinistra, la porta era sorvegliata da due guardie e aveva un
pesante maniglione al centro, all’apparenza difficilissimo da far scorrere.
Ma le due guardie
non erano sole, con loro c’era un altro uomo e due ragazzi.
-Siete arrivati!-
Disse l’uomo dai capelli grigi, voltandosi. -Robert accompagnerà i due novellini
al reparto armamenti.-
Aria ebbe un
sussulto che riuscì a controllare solo grazie alla presenza di Eric al suo
fianco, quando, nella penombra, si accorse che l’uomo che aveva parlato era Finn.
Robert era il
ragazzo più alto vicino alle guardie, nonché il ragazzino dai capelli rasati
che il capofazione si portava sempre dietro.
Ma, l’altro ragazzo,
era Peter.
Lo vide avanzare
sotto la luce al neon, con i capelli neri lucidi e lo sguardo fiero ed
arrogante che tanto si divertiva ad esibire e, se alla vista di Finn Aria aveva
trattenuto un gemito, alla vista di Peter assottigliò lo sguardo e strinse i
pugni.
-Faremo in fretta.- Disse
seriamente Robert. –Vuoi due, seguitemi.-
Lo aveva sentito
parlare pochissime volte ma, accorgendosi che si riferiva a lei e a Peter, Aria
pensò che non avrebbe potuto presentarsi con una frase peggiore.
Le stava chiedendo
di divedersi da Eric per seguirlo insieme a Peter. Non c’era niente di peggio.
Alzò gli occhi verso
Eric, aspettando il suo permesso, peccato che, come era prevedibile, lui fosse stato
assalito dalla rabbia.
Non abbassò lo
sguardo verso di lei, aveva gli occhi carichi d’odio puntati su Peter, la
mascella serrata e le vene del collo pulsanti.
Fece una smorfia e,
sempre serrando i denti, anche un lieve e rigido cenno con la testa.
Aria si accorse che
non la stava guardando, forse per non far trapelare il loro legame e per non
far capire che eseguiva solo i suoi ordini e non quelli di Finn, ma capì che le
stava dicendo di fare come le era stato detto.
Ovviamente lui non
era d’accordo.
Si allontanò facendo
un respiro profondo, aspettò che Robert e Peter la precedessero e poi tentò di
guardare un’ ultima volta Eric prima di incamminarsi. Ma lui restò con lo
sguardo fisso davanti a sé. Aveva assunto l’atteggiamento composto e fiero che
lo etichettava come il capofazione più spietato.
La ragazza seguì
Peter lungo un sentiero latere, scesero anche delle scale, ma lei non guardava
realmente dove andava, stava solo cercando di non pensare e di non crollare a
pezzi. Doveva andare tutto per il meglio, doveva farlo per Eric e non poteva
permettersi errori.
Quando Robert fece
scorrere una pesante porta e fece scattare un interruttore, la stanza davanti a
loro si illuminò a giorno facendo risplendere le molteplici armi raggruppate
all’interno.
Aria fece un passo
avanti, completamente a bocca aperta, era ovvio che il reparto armamenti degli
Intrepidi fosse ben fornito, ma non poteva credere ai suoi occhi.
La luce era
accecante, le pareti erano ricoperte di pistole e fucili, sulle mensole c’erano
coltelli di tutti i tipi, tavoli ricoperti di caricatori e proiettili per le
pistole meno avanzate. C’erano bersagli di ricambio, bastoni di metallo, e
altre armi da lancio che aveva visto solo nei libri.
Quello era il
deposito di tutte le armi della città, non c’era un posto più fornito.
Per un attimo la
sensazione di essere a casa, di essere libera, tornò a vibrarle sulla pelle
mentre avanzava. Ricordò la loro missione, intuendo che spettava anche lei
tentare di fare avere alla sua nuova fazione un posto nel consiglio.
Poi immaginò corpi
Abneganti che cadevano al suolo, e gli sguardi vuoti dei suoi compagni sotto
simulazione. Pensò a Jeanine a capo della città, a Eric che obbediva agli
ordini e uccideva i Divergenti, e le si serrò lo stomaco.
Dovette imporsi di
respirare con calma, ma avvertì ugualmente una fitta al petto.
-Prendete tutto
quello che potete, vi aspetto fuori!- Disse Robert, spostandosi oltre la porta.
Ancora incantata per
la vista di tutte quelle pistole, e al tempo stesso disgustata, Aria rimase
immobile a guardare Peter che si riforniva di armi con gesti veloci e precisi.
Era carico di adrenalina,
un vero guerriero pronto ad andare in guerra. Forse per lui quello che stava
accadendo era un divertimento, o forse era troppo impegnato a vantarsi per
essere stato scelto e risparmiato alla simulazione.
-Come mai non sei
nel mondo dei sogni insieme agli altri, cervellona?-
Sentendolo parlare,
Aria sentì la rabbia scuoterla.
-Che stupido, è
ovvio il perché…- Peter sogghignò caricando una pisola.
Capì che alludeva
alla sua relazione con Eric, in fondo era evidente che pensasse che fosse stato
lui a tenerla fuori dalla simulazione. In fin dei conti era la verità, ma
l’allusione maligna la fece infuriare maggiormente.
-Mia sorella guida
la simulazione e ha chiesto di me, devo proteggerla!- specificò, sputando fuori
le parole con risentimento.
-Capisco…-
-E tu che ci fai
qui?-
Peter si finse
offeso, poi fece un sorriso tutto denti. –Perché si sono accorti di me e hanno
capito che sono più utile da cosciente, naturalmente!-
Aria scosse la
testa, mentre un pensiero le si insinuava nella mente. –Mi stai dicendo che fra
tutti quelli che c’erano, hanno individuato proprio te? Devi esserti fatto
notare, magari da Finn!-
Colto il messaggio,
il sorriso di Peter si spense, trasformandosi in una risata amara. –Non
sminuirmi così!-
-Quindi non sei qui
per aver fatto la spia?-
Due occhi neri si
puntarono su di lei. -In parte è così, Finn mi tiene molto in considerazione
dopo quella storia…-
Per un attimo la
ragazza desiderò prendere una qualsiasi di quelle armi e usarla contro di lui,
ma poi un ricordo fugace e avvolto dal dolore le fece cambiare idea. –Perché
hai cercato di aiutarmi?-
Gli angoli della
bocca di Peter guizzarono verso il basso e il suo sguardo si incupì, Aria lo
vide perfino deglutire.
Stavano entrambi
pensando a quando Finn era arrivato ad interrompere il loro scontro in palestra
e aveva annunciato di voler punire lei.
Peter avrebbe potuto
gioire, e invece aveva sfidato Finn chiedendogli perché aveva deciso di
prendersela solo con Aria.
-Volevo che si
arrabbiasse con il tuo amico Eric per aver infranto le regole, magari avrebbero
creduto che eri arrivata quarta in classifica grazie a lui.-
Aria incurvò le
sopracciglia. –D’accordo, ma perché?-
-Perché voglio
diventare un capofazione, cervellona!- Le disse avanzando verso di lei con una
pisola in mano. –Ma per esserlo qualcuno deve cedermi il suo posto, e lo sanno
tutti che l’ultimo arrivato è quello più a rischio!-
-Volevi soffiargli
il posto, che vigliacco!-
Peter parve non
ascoltarla e le arrivò davanti con un sorriso strano. –E poi perché dovevo
essere io a farti a pezzi, non Finn!-
Le pose la pistola
dal lato dell’impugnatura ed Aria guardò l’arma senza capire.
-Sei la mia rivale
numero uno, volevo essere io a metterti in ginocchio. Tu sei mia!-
Non si scompose alle
parole dal ragazzo, ma solo perché ne era rimasta sconvolta.
Capiva perfettamente
cosa voleva dire, era l’esclusiva dal nemico che voleva, nessuno doveva
mettersi in mezzo e ostacolare la loro personale guerra. Voleva essere lui a
batterla ma, fino a quel momento, chiunque avesse cercato di farle del male
rappresentava il nemico comune.
O avversari diretti,
oppure alleati.
Pensando però che
Peter l’aveva definita sua e che voleva l’esclusiva su di lei, non poté fare a
meno di pensare ad Eric. Anche lui aveva detto chiaramente che era sua e che
avrebbe avuto l’esclusiva di lei, anche se si riferiva ad altro.
Prese la pistola che
Peter le porgeva, senza riuscire a fare a meno di ridere.
-Che c’è? Sei
impazzita?- Le chiese lui, con una smorfia.
Aria scosse la
testa. –Lascia perdere.- Nascose la pistola nella tasca dei pantaloni. –Comunque
ti ricordo che hai vinto tu!-
-Come?-
-Noi abbiamo
combattuto e tu hai vinto regolarmente!-
Peter scosse la
testa a si avvicinò al reparto coltelli. -Ma non siamo pari!-
-Che vuoi dire?-
chiese, seguendolo.
-Tu mi hai colpito
quella volta davanti scuola, ed io ti ho battuto in palestra. Così saremo stati
pari!- prese un coltello piuttosto affilato e se lo nascose nello stivale. –Ma
è stato per colpa mia se Finn ti ha aggredita, quindi sono in debito con te se
voglio pareggiare i conti!-
-Ci tieni così tanto
ai tuoi conti da pareggiare?- incrociò le braccia al petto.
-È un cosa
personale!- Scandì, porgendole un coltello.
Rimase a guardare la
lama per un attimo, poi prese il coltello e si piegò in avanti per nasconderlo
a sua volta dentro uno stivale. -Se vuoi ti prendo a pugni!-
Peter fece un
sorrisetto cattivo. -Non ci sperare troppo. Per sentirmi meno in debito con te
cercherò di evitare che qualcuno ti spacchi quella testolina da Erudita che ti
ritrovi!-
Aria lo ignorò e si
riempì le tasche di caricatori per la sua pistola.
-Se non te ne fossi
accorta, è una cosa seria questa!- precisò Peter, osservandola di nascosto.
-Bada alla tua di
testa, Peter!- Gli rispose, incamminandosi verso la porta. –Non si sa mai che
mi venga voglia di spaccartela. La mia, invece, è più che al sicuro!-
…
Mancavano meno di
due mesi alla cerimonia della scelta, e la felicità di Aria era incrinata.
Se lei era serena e
decisa, la sua famiglia, al contrario, faceva di tutto per ostacolarla e per farle
cambiare idea.
Avevano provato con
le minacce, ricordandole che se cambiava fazione poteva scordarsi di aver avuto
una famiglia. Avevano provato con i sensi di colpa, non rivolgendole la parola
per giorni interni e, da bravi Eruditi, non si erano certo fermati alle
soluzioni più banali.
Le avevano provate
tutte, sua madre le aveva perfino fatto fare una risonanza al cervello.
Ma suo padre aveva
scelto di giocarsi anche l’ultima carta.
Quel giorno erano in
macchina, il ricercatore fidato di Jeanine era uno dei pochi a possedere un’
auto propria, e aveva deciso di portare a scuola la figlia per guadagnarsi un
attimo da solo con lei. Amber era andata a piedi.
Ma Aria avrebbe
preferito andare lei al suo posto, e lasciare la sorella con il padre in auto
perché era impossibile sopportare le prediche del genitore. Le aveva detto di
riflettere, di usare la logica, di non lasciarsi prendere da alcuni istinti
inferiori che non potevano guidare la sua vita.
-Aria, non puoi
almeno pensarci? Sei così intelligenti, potresti diventare una ricercatrice
come me…-
Quando la macchina
si era fermata davanti scuola e l’uomo aveva parlato, Aria si era girata verso
di lui ad occhi spalancati e con il cuore palpitante.
Per la prima volta
le aveva parlato con dolcezza, compressivo. Ma la cosa sconvolgente che aveva
lasciato la ragazza senza fiato, era stato il nome con cui l’aveva chiamata.
Non Ariana, come la
sua famiglia si ostinava a scandire, ma Aria, come piaceva a lei.
Se il padre, per una
volta, aveva esaudito il suo desiderio e la chiamava come desiderava lei, forse
c’era speranza. Forse l’avrebbe ascoltata a capita.
-Ma Papà, io voglio
essere davvero un’ Intrepida, non puoi provare a capirmi?- Gli chiese
guardandolo negli occhi, con dolcezza.
Ma la mascella di suo
padre era scattata con severità e il suo sguardo si era indurito.
Si era irrigidito e
aveva guardato con cattiveria la figlia. –Vattene a scuola Ariana, con te
parlare è inutile.-
Il suo cuore si era
spezzato, aveva scosso la testa e serrato i pugni, tremante. –Me ne andrò,
tenetevi Amber, tanto lei fa sempre come volete voi!-
Era scesa dall’auto
di corsa, aveva sbattuto la portella ed era corsa su per le scale fino alla
grande porta di vetri della scuola.
Mentre saliva i
gradini, ancora sconvolta e a testa bassa, si era a mala pena accorta dei vari
ragazzi radunati dentro l’atrio oltre i vetri.
Vide solo il
ragazzino Candido con i capelli neri lucidi, che avanzava con un sorriso
spavaldo verso di lei.
-Cosa c’è,
cervellona? Hai litigato con il paparino?-
Alla sue parole aveva
alzato la testa per guardarlo, era Peter, il ragazzo che si divertiva ad essere
cattivo e spietato con tutti. Sicuramente aveva visto il modo in cui era scesa
dalla macchina e magari l’aveva vista anche parlare con suo padre.
Colta la sua risata
arrogante, era salita di un gradino e lo aveva colpito con forza con un pugno
al centro del viso.
Una folla di scolari
si era radunata oltre i vetri in cima alle scale, e il naso di Peter aveva
sanguinato dopo i suoi lamenti.
Continua…