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Autore: Phantom13    02/02/2015    3 recensioni
L'umanità ha sempre cercato di raggiungere e conquistare la Perfezione. Sempre. Ma questa volta sono più accaniti e determinati del solito... esattamente come lo è il loro "obbiettivo".
In fondo, noi abbiamo sempre cercato, scavato a fondo, analizzato e smembrato con arroganza ogni aspetto di questo mondo ... o quasi.
Ma è il cosa si cerca che fa la differenza. L'obbiettivo che si vuole raggiungere.
E questa volta, l'obbiettivo in questione è il più inviolabile dei diritti: la vita. Artificiale o autentica che sia.
In questo caso, soprattutto artificiale.
Anche se, in fin dei conti, non fa questa grande differenza. La vita è sempre la vita, indipendentemente dal "come" e dal "perchè" ... non ho forse ragione?
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"–Lui è solo un robot fatto di carne e sangue anziché di metallo. Non è una persona, è una macchina.- disse semplicemente, con una calma stomachevole e arrogante sufficienza. –È un oggetto che cammina. Null’altro.-" (cap. 5)
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AVVERTENZA: alcuni contenuti potrebbero urtare la sensibilità del lettore.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Rouge the Bat, Shadow the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 19
-Tempo -

 
 
Tredici. Tredici lattine di Coca-Cola vuote sparse attorno alla scrivania, un po’ per terra, un po’ attorno al cestino, un po’ tra la tastiera e lo schermo, tra il piatto svuotato del pranzo e quello della cena, tra un computer e l’altro. Era in quel modo che si tirava avanti.
Avevano pochi giorni, probabilmente tra i tre e i quattro, per riuscire a trovare quelle maledette coordinate e delle prove inaffondabili per incriminare quei maledetti una volta per tutte. Ed erano almeno ventiquattro ore che né Tails né Shadow dormivano più. Il volpino aveva fatto giusto una dormita di mezz’ora e poi basta. Restava in piedi a suon di bibite energetiche o altamente zuccherate. Shadow, invece, monolitico come suo solito, non dava nemmeno segno visibile di provare stanchezza. Ma, come Amy sospettava, semplicemente sulla sua pelle nera era ben difficile vedere le occhiaie scure. La maggioranza del gruppo, però, scommetteva che non ci fossero proprio. Shadow, da parte sua, faceva finta di non sentire quei discorsi. Un gesto molto generoso, per i suoi canoni.
C’era un’elettrizzante atmosfera competitiva nella piccola base sotto il bosco, un luogo giudicato unanimamente sicuro e introvabile dai loro nemici. Erano nel bel mezzo di una corsa contro il tempo e contro i ricercatori, era solo una diversa tipologia di battaglia. Sapevano che, da qualche parte, un altro team, forse similie al loro, stava dando anima e corpo per identificare il DNA di Shadow. In risposta, Tails e gli altri davano anima, corpo e neuroni per star loro dietro e trovare il modo di fermarli: screditarli e trovare la loro tana. Il fatto che tutti stessero dando il duecento percento aumentava ancora di più quella carica elettrica che quasi si poteva respirare nell’aria. Il concetto di “ozio” o “pigrizia” era stato ucciso con un Chaos Control in mezzo al salotto, con Sonic rotolato giù contro un tavolino, cosa che gli aveva procurato un bernoccolo niente male.
Eppure, in mezzo a tutta quella frenesia, l’aria di Shadow The Hedgehog era altamente annoiata. Stava ascoltando un inutile monologo al telefono, aspettando solo che finisse per riprendere a lavorare dall’analisi dei dati trafugati. Che inutile spreco di tempo!
-E dunque Vector ti chiede: pensi che possa andare?- la vocetta stridula di Charmy pareva essere diventata ancora più irritante di quanto già non fosse. Charmy, l’intermediario di comunicazioni tra il gruppo della Base Sotto il Bosco e il Team Chaotix.
-Digli di piantarla di rompere qui. Dovrebbe essere adulto abbastanza da saper fare il suo lavoro senza chiedere assistenza ogni due minuti e mezzo.- ringhiò Shadow, che osservava al contempo lo schermo del monitor che aveva davanti agli occhi, cerando di capirci qualcosa. Era una sequenza di dati luminescenti senza senso e in apparente disordine.
-Sì, Capo!- trillò l’ape.
Non riappese in tempo il ricevitore del telefono e Shadow riuscì a sentire in lontananza un ruggito. –Chi è che staresti chiamando “capo”, eh?! IO sono il capo! Chiaro?!-
Vector, così ad occhio e croce.
Cancellando dalla mente la spiacevole conversazione riprese a lavorare. Prima i Chaotix creavano scompiglio annunciando di aver condiviso tutto il disastro che stava succedendo e, sprattutto, i loro piani con una perfetta estranea senza aver chiesto a nessuno e poi, una volta raggiunta l’autonomia che volevano, non erano capaci nemmeno di prendere le scelte più basilari.
Shadow sospirò, rimpiangendo la sua recentissima ma già insabbiata decisione di smettere di lavorare in squadra. Ironia della sorte: più lavoro di squadra di quello era difficile da trovare. Rinsaldò la propria convinzione: l’unico Chaotix con un cervello era Espio. Gli fece mentalmente le sue condoglianze.
Con una mano prese la tazza di caffè appena vicina alla tastiera del pc e ne svuotò il contenuto in un sorso solo. Su di lui Coca-Cola o altri intrugli zuccherati d’origine umana non facevano molto effetto.
Tails era seduto di rimpetto a lui, dall’altro lato del tavolo. Aveva una tale espressione assorta che Shadow osò sperare che avesse finalmente trovato qualcosa di utile.
-Ho. Finito. Di. Analizzare. Un. Altra. Pagina.- annunciò Omega.
Non appena il massiccio robot da combattimento era stato rimontato e aggiustato dal volpino, era subito stato inserito nel gruppo di decodificazione dati, aumentandone gli esponenti a tre: Shadow, Tails ed Omega, un aiutante che non necessitava di dormire, di cibarsi o di perdere tempo in qualunque altro modo. Gli unici apparentemente lì dentro a saper usare i neuroni o un computer in modo soddisfacente parevano essere difatti loro tre. Rouge li avrebbe aiutati se non stesse così male.
Entrò Vanilla con un vassoio di panini. –Ora di pranzo!- annunciò sorridendo. Appoggiò il vassoio e poi fece sparire le tredici lattine di Tails e le otto tazze di caffè di Shadow. Si stava riducendo quasi peggio di Sonic, in quanto a caffeina, inorridì Shadow. Mantenne il proprio contegno. –Non dovreste bere così tanto … non è salutare.- commentò Vanilla, il volto incupito dalla preoccupazione.
-Sì, d’accordo. Ora esci.- replicò Shadow, impassibile. Forse … e solo forse, aveva capito lo schema che aveva davanti agli occhi. Ma aveva bisogno di silenzio e calma. Vanilla non facilitava il compito.
Per di più, ancora non le aveva perdonato il suo quarto tentativo di cambiargli le bende abusivamente. Chiedere il permesso sembrava essere passato di moda. E pensare che tecnicamente erano tutti quanti a casa sua! Sbuffò, cercando di scacciare di nuovo l’irritazione. Vanilla poi nemmeno era sola: lavorava con una complice anche più problematica, chiamata Amy Rose. Era un complotto per fargli perdere tempo, distrarlo dal lavoro, imporgli bende scomodissime, dargli cibo e costringerlo a riposare. Tutte cose fastidiosissime e altamente inutili.
Tails, al contrario, guardava i panini con l’acquolina in bocca. – Pranzo?- ripetè. –Non doveva arrivare la cena ora?- domandò stupidamente.
Shadow evitò di sbattere la testa sul tavolo dalla frustrazione. Sapeva fin troppo bene cosa ne sarebbe seguito.
-Nel nome di Chaos!- strepitò mamma coniglio. –Dovresti proprio prenderti una pausa, tesoro!- Vanilla girò attorno al tavolo e afferrò Tails per le spalle. –Da quanto tempo non togli lo sguardo da quello schermo, eh? Sei così stanco e confuso da non sapere più nemmeno che ora è?-
Errore da principiante, commentò mentalmente Shadow. Lo credevo più sveglio.
Dalla faccia terrorizzata del volpino, Shadow apprese che aveva capito l’errore madornale che aveva appena commesso. Ma, tanto, per lui era troppo tardi.
–No, no! Non è così grave come sembr…- provò a difendersi il disgraziato.
Non finì la frase, Vanilla lo tirò in piedi a forza. Mai sottovalutare i muscoli di una madre.
Tails scalciò. –Posso ancora lavorare, Vanilla! È importante!- guardò supplichevole Shadow. Cercava un aiuto, povero illuso.
Gli occhi turchesi della volpe scintillarono di panico. –Cinque minuti! Soltanto cinque minuti, ti prego!-
-Niente storie!- ribattè Vanilla. –Tu ora dormirai almeno quattro ore piene.-
E Tails venne portato via.
-Siamo. Rimasti. In. Due.- osservò Omega.
-Così pare.- gli rispose Shadow afferrando uno dei panini lasciati da Vanilla. –Notevole che abbia resistito così tanto.- disse, riferendosi a Tails. Lui non era un robot, e in quanto a resistenza non si avvicinava neanche lontanamente al livello del riccio.
-Vero.-
Tails venne trascinato in cucina dalla buona Vanilla. –Stavo davvero per trovare qualcosa di importante!- supplicava ancora, patteggiando per un rilascio.
-Quel qualcosa non si muoverà da lì anche se tu chiudi gli occhi per un po’.- replicò impassibile la coniglietta.
-Tu non capisci.- supplicò Tails. La madre di Cream sapeva anche essere inspiegabilmente spietata. Lei allungò una mano e recuperò una brocca di camomilla. Amy era accoccolata sulla sedia, con la radiolina in mano intenta a chiacchierare con Knuckles.
Mentre alla base sotto il bosco procedevano le ricerche sui dati, mentre i Chaotix riesumavano vecchi documenti e cercavano tracce tra articoli e archivi, Silver e Knuckles erano stati spediti in ricognizione. Le truppe che Mobius e la Terra avevano promesso per portare a termine la vendetta contro Shadow erano pronte e si ammassavano tutte nei pressi di Station Square, punto di raccolta. Le loro file si ingrossavano spaventosamente di giorno in giorno ed era altamente necessario che qualcuno ne osservasse i movimenti, o per lo meno i numeri. Era più che vitale sapere contro che genere di nemico si sarebbero dovuti scontrare in futuro. I due prescelti erano stati gli unici non impegnati con operazioni di ricerca o di cure ai ferti in via di guarigione. Silver e Knuckles stavano in giro quasi tutto il giorno, camminando o volando, per le vie della città, facendo regolarmente rapporto sulle novità o le varie scoperte. A rispondere alle loro chiamate erano le due infermere, Amy e Vanilla, che dunque si muovevano perennemente accompagnate da radioline o altri mezzi di comunicazione.
Tails però non fece in tempo ad afferrare l’argomento di discussione tra il rosso e la rose o a invocare soccorso, Vanilla lo trascinò fuori prima che ci riuscisse.
Lo fece sdraiare sulla branda della sua camera, gli rimboccò le coperte, lo aiutò a mandar giù la camomilla, spense la luce e raggiunse la porta. –Non osare uscire prima delle quattro, hai capito?-
-Prima posso andare a visitare Sonic? Ci metterò pochi minuti.- pregò il volpino, sfoderando la pericolosissima arma degli occhioni dolci. Quella di andare a trovare Sonic, sempre incosciente in infermeria, era un’abitudine che Tails aveva instaurato quasi istantaneamente, tra la tenerezza collettiva. A quel genere di richiesta, nessuno gli diceva mai di no, nemmeno Shadow. Mamma coniglio non fu l’eccezione: non riuscì a resistere a quel genere di controffensiva e cedette.
-D’accordo. Ma devi promettermi che poi dormirai, va bene?-
-Promesso!- trillò il volpino, volando alla porta e sparendo nel corridoio diretto alla stanza adibita ad infermeria.
Fu in quel momento, quando Vanilla rimase sola, che Silver chiamò. –Qui Silver, a rapporto. Mi ricevi?-
-Certo, carissimo! Come stai? Hai forse fame?-
Ci fu un attimo di silenzio dall’altro lato della linea. –Ehm … no. Sto solo facendo il rapporto consueto. Altitudine attuale: circa quattrocento metri da terra. Osservazioni particolari: un altro contingente di carri armati si è unito alle truppe segnalate in precedenza. Dodici carri armati.-
-Oh, poveri noi.- squittì Vanilla.
-È assurdo.- commentò il riccio. –Questo è un esercito in piena regola. È difficile credere che il loro obbiettivo sia una persona sola, non ti pare?-
-Non so proprio cosa dirti, figliolo.-
Silenzio di nuovo. Probabilmente era passato parecchio tempo dall’ultima volta che qualcuno aveva chiamato Silver “figliolo”.
-Comunque, sei sicuro di non avere fame?- chiese di nuovo lei.
-Ho finito di mangiare la tua pasta al forno meno di un’ora fa, Vanilla. È un miracolo che io riesca a rimanere in aria, in tutta onestà.-
Vanilla rise di cuore. –Sono felice di sentirtelo dire.-
-Novità da Sonic o Rouge?- si informò il riccio.
-Rouge sta riguadagnando le forze in fretta. Sonic … è ancora addormentato.-
-Capisco. Ora è meglio che io torni alla mia ricognizione. A più tardi. Passo e chiudo.-
Vanilla mise via la radiolina e tornò indietro. Bussò alla porta di Shadow ed entrò.
-No. Non ho fame. Non ho sete. Sto bene così, grazie.- l’accolse lui, con una lieve sfumatura esasperata nella voce.
-Ha chiamato Silver. Ha detto che sono arrivati altri dodici carri armati.-
Sapendo quanto le distrazioni fossero odiose per Shadow, Vanilla uscì subito dopo aver riferito il messaggio. Oramai, con Sonic in quello stato, era Shadow il nucleo del loro gruppo, il punto di riferimento. Vanilla controllò l’ora, aveva ancora trentadue minuti prima della visita di routine da Rouge e Sonic per medicine o altro. Nel frattempo, decise di fare compagna ad Amy.
Lei aveva la testa appoggiata ad una mano, la ricetrasmittente nell’altra.
-Fidati, Knuckles. Lo dirò a Rouge appena riapre gli occhi, ora sta riposando.-
Silenzio in risposta. –Va bene. Ora vado. Passo e chiudo.-
Vanilla sorrise ad Amy. –Qualche problema?-
-Solo il solito.- sbuffò lei. –Knuckles che strepita contro Shadow ed insiste a dire che è un irresponsabile.-
-Andranno mai d’accordo quei due?-
-Non a caso li abbiamo spediti in due luoghi così distanti.- commentò distrattamente Amy. –Piuttosto, secondo te perché Shadow è rimasto in silenzio così a lungo e non ci ha detto subito … di come ha salvato Rouge?-
Vanilla fece spallucce. –Posso solo ipotizzare che, forse, quello che ha fatto non gli sia piaciuto. Forse anche meno di quanto sia piaciuto a noi.-
Amy piegò la testa di lato. –Non deve aver preso quella decisione a cuor leggero.-
-Proprio no.- Vanilla sospirò.
 
 
Era da un giorno che Rouge aveva un compagno di stanza. Ed era da un giorno che lei aveva decretato che la sensazione più orribile che avesse mai provato era l’impotenza.
Il fatto di dover star ferma mentre tutto il resto della sua squadra dava costantemente il duecento percento per trovare longitudine e latidudine della base dei loro infidi nemici. Il tempo correva contro i loro sforzi, i due pianeti sembravano fare altrettanto, le forze dei suoi compagni avevano dei limiti e lei, che avrebbe potuto fornire un aiuto determinante, era costretta a rimanere nullafacente nel suo letto, circondata da tutta quella frenesia.
Si spalmò le mani sulla faccia. La sensazione più disgustosa che conoscesse: essere solo di peso e nulla più.
A migliorare la sua autostima, c’era l’attrito che si era creato tra Shadow e Knuckles, un altro dettaglio che andava a sommarsi al già lungo elenco di fattori che giocavano contro l’efficienza del gruppo. E quell’attrito era nato per colpa sua, quando ancora lei era priva di sensi. Cosa che l’aveva lasciata abbastanza sorpresa, e alquanto confusa. Non si aspettava una reazione del genere da quello zoticone di Knuckles.
Personalmente, Rouge non aveva nemmeno mai pensato di accusare Shadow per quello che le era successo. Per lei esisteva solo il fatto che il riccio nero le aveva salvato la vita, sfoderando un miracolo insperabile. Le sofferenze che erano seguite, secondo Rouge, erano un prezzo ragionevole.
Sfortunatamente, non tutti sembravano pensarla così, specialmente da quando le avevano detto del piccolo disastro che lei, Rouge, aveva involontariamente causato. Consegnando il sangue di Shadow dritto nelle mani dei ricercatori.
Il senso di mortificazione che si era impadronito di lei era stato devastante, e ancora doveva farci i conti.
Lei. La cacciatrice di tesori. La ladra. La tormentatrice di echidna irascibili. Braccio destro di Shadow (o così lei sperava). Lei, che aveva praticamente condannato non solo la persona che aveva giurato di aiutare con ogni mezzo ma anche tutti gli altri che non c’entravano niente. Come più volte le avevano fatto notare, quella non era stata una cosa che lei avrebbe potuto controllare o modificare. Ma non cambiava il fatto che quel gesto l’aveva effettivamente compiuto lei, sebbene non volontariamente. Il tramite con il quale quel sangue era finito nelle mani nemiche era stato comunque lei.
Con nostalgia, si domandò che fine aveva fatto il suo bel caratterino, il suo spirito indipendente e quella forza che le aveva permesso di uscire a testa alta da praticamente ogni situazione.
Forse, pensò, quel proiettile aveva fatto più danni di quelli che il suo fisico aveva riportato.
Le venne voglia di sprofondare nel materasso e di non riemergere mai più.
Aveva confessato in parte il suo stato d’animo a Shadow, quando lui era passato a controllare come stesse, qualche ora prima. Lui aveva replicato che era una sciocca a pensare scemenze del genere. Che la decisione di ricorrere a quell’espediente era stata sua, e che non l’aveva nemmeno consultata durante la scelta. Dunque, Rouge non aveva avuto diritto decisionale e la responsabilità non spettava a lei. Il tutto era stato detto con un tono abbastanza freddo e tagliente, come se a Shadow l’idea di fare quel discorso non piacesse affatto. In ogni caso, quella era la forma più vicina ad una consolazione che si potesse ottenere da lui, ma l’animo di Rouge non s’era placato. Nemmeno quando Shadow, già avviatosi verso la porta le aveva detto, senza voltarsi: se avessi saputo che sarebbe successo tutto questo, avrei comunque scelto di salvarti la vita in quel modo, senza esitare.
Una cosa, almeno, Rouge l’aveva ottenuta da quella sottospecie di discorso. Cioè Shadow le aveva scaricato via di dosso parte del senso di colpa, tirando in mezzo sé stesso. Come sempre. Mettere in mezzo sé stesso era forse l’unico modo che lui conosceva per proteggere chi gli stava attorno. E, diamine, funzionava relativamente bene. Danni collaterali a parte.
Restava il fatto che lei era ancora k.o. e che quindi non le era concessa l’occasione per rimediare al danno che aveva contribuito a formare. Non poteva rendersi utile in alcun modo, né aiutare i suoi amici ad uscire da quella situazione creatasi per colpa sua. Faceva disastri, limitava pericolosamente il tempo d’azione di tutta la squadra e poi se ne stava a letto in quello stato di inutile inattività. Tails le aveva sorriso, dicendo che le sarebbe bastato dormire e recuperare per bene le forze così, al momento della battaglia, avrebbe saputo farsi valere e farsi riscattare anche se, secondo lui, ciò non era propriamente necessario. Nessuno ce l’aveva con lei, non doveva dimostrare nulla. Ma quella sensazione di profondo disagio non se n’era andata. E la pipistrella si stava odiando anche per quello.
Non poteva far altro che chiedersi quando ancora dovesse durare la sua convalescienza che durava ormai da tempi immemori, meravigliandosi al contempo della portata degli effetti che un decilitro scarso del sangue di Shadow aveva provocato. Voleva soltanto alzarsi da lì.
Rouge sbuffò, togliendosi le mani dal volto e tornando a fissare la lampadina storta inchiodata sul soffitto. Ricordando vagamente che quella piccola base sotto il bosco, ora divenuta la base operativa di tutta la Resistenza ai Ricercatori, era appartenuta un tempo ad Eggman, Rouge si chiese come lo scienziato ovoidale fosse riuscito a piantare le lampade in modo così inaccurato.
Si domandò distrattamente che fine avesse fatto quel pancione di Eggman. Per una volta, era successa una calamità in cui lui non c’entrava. O così avevano pensato loro, almeno.
Un fruscio di coperte catturò l’attenzione della pipistrella. Voltò lentamente la testa e i suoi occhi scintillarono.
Il riccio blu, coricato in una branda vicino alla sua nella stanza dibita a infermeria, aveva inarcato tutta la schiena, stiracchiandosi beatamente.
Rouge sorrise. Qualunque farmaco Espio e Shadow avessero trovato, stava funzionano straoridinariamente bene a ritmi insperati. Cosa che faceva sollevare qualche perplessità sulla resistenza disumana del fisico di Sonic, oppure sull’incapacità dei ricercatori di tenere fermo a letto un riccio notoriamente iperattivo senza dossi regolari di sonniferi più o meno stravaganti.
Se avevano davvero dovuto faticare così tanto per riuscire a bloccare Sonic, per riuscire a tener prigioniero Shadow avrebbero dovuto fare un qualche patto con il diavolo.
Non era la prima volta che Sonic si muoveva, da quando avevano cominciato la cura. Aveva sbadigliato, aveva mosso un braccio e aveva allungato un calcio a Knuckles. Strani e bizzarri spasmi muscolari, aveva detto Tails, soffocando un sorriso all’espressione costernata dell’echidna. Ma il riccio blu non aveva ancora riaperto gli occhi.
Fino a quel momento, almeno.
I due smeraldi verdi di Sonic si schiusero piano, assonnati e confusi, vagando un attimo per la stanza prima di notare e concentrarsi su Rouge.
L’umore della pipistrella guizzò verso l’alto, gusciando via da sotto i tacchi a spillo dove era infilzato da giorni. –Ti sei svegliato, finalmente!-
Sonic mosse la mascella, come a volersi assicurare di saper ancora parlare. –Mi sento un sasso.- proclamò.
-Ci sei andato vicino, tesoro.- replicò lei.
Si chiese maliziosamente se Sonic fosse mai rimasto immobile per poco più di un intera settimana in vita sua. Probabilmente no.
Lui ruotò piano la testa e un terrificante scricchiolio di vertebre fece rabbrividire entrambi. Il riccio lentamente si portò una mano sulla sommità del cranio. –Come mai ho un bernoccolo in testa, Rouge?- domandò, con la lingua ancora impastata dalla lunga inattività.
-Perché pare che Shadow non ti abbia trattato esattamente con i guanti quando ti ha riportato qui.-
Sonic, intento a massaggiarsi la parte offesa, non realizzò subito ciò che Rouge aveva detto. –Shadow?- ripetè il riccio color mirtillo. –“Portato qui”?-
Rouge fece spallucce. –Lui e Espio, pare. Ma è stato Shadow a scaricarti per terra.-
Dopo un mugugnio, Sonic chiuse di nuovo un attimo gli occhi. –Seriamente, mi sento uno schifo!-
-Benvenuto nel club.-
-Come se mi avessero cementato tutto il corpo!-
A Rouge scappò da ridere. C’era passata anche lei, sebbene non con una sostanza direttamente tossica, ma altrettanto dannosa. –A chi lo dici, tesoro.-
Poi, lo sguardo di Sonic si perse. La luce tremolante della lampada storta sul soffitto illuminò per diversi secondi il blu intenso della sua pelle, mentre gli occhi smeraldini sembrarono immegersi in qualche profondo ricordo.
Sonic trattenne quasi il fiato, lentamente ruotò la testa. Gli aculei rigarono il cuscino.
-Tails?- domandò. –Tails sta bene? Io … l’antidoto l’ha bevuto, vero?-
Rouge, che già aveva cominciato a preoccuparsi, si rilassò. Evidentemente, il riccio aveva finalmente fatto mente locale e ricollegato il suo presente attuale agli ultimi ricordi immagazinati prima del rapimento, cioè alla forsennata ricerca dell’antidoto per l’avvelenamento da scorpione ai danni del piccolo volpino.
-Tails sta bene, sì. Ma sono successe diverse cose che…- venne interrotta.
-E tu?!- sbottò Sonic. –Tu stavi male! Sei stata male, e molto anche.- scosse la testa, come se stesse cercando di snebbiare il cervello. Rouge fece per dirgli che stava guarendo, finalmente, quando Sonic fu come colpito da una scossa elettrica. In una frazione di secondo si ritrovò seduto, completamente disorientato. –Come ci sono finito qui?! Cos’è successo al laboratorio sott’acqua?!-
-Dovresti rimanere sdraiato…- provò a dire Rouge, sviando lievemente la domanda di Sonic. Chissà perché, l’idea di dover fare i conti di nuovo con l’accaduto non l’entusiasmava affatto, non voleva affrontare di nuovo la delusione che distorceva i volti alla brutta notizia di avere le ore contate. Anche se era ovvio che prima o poi lui avrebbe dovuto sapere del sangue e tutto il resto. Ma l’ingenuità o l’impazienza del riccio gli fecero sorvolare grandiosamente il pallido tentativo di Rouge. Sonic nemmeno se ne accorse e ripartì in quarta.
-Tails è guarito? Dunque abbiamo preso l’antidoto! Ma perché Shadow mi ha dovuto riportare indietro? Ah, già … mi avevano catturato. Ma allora? Che significa tutto ciò? Cos’è successo?-
Rouge sorrise, cercando invece un modo semplice e indolore per dirgli tutto quanto. –Mettiti comodo, mio caro. Sarà una storia lunga. E molti dettagli sono di seconda mano anche per me.- disse, affabile.
Cominciò a raccontare tutto, di come Silver e Knuckles avessero portato via lei e la boccetta d’antidoto contro il veleno dello scorpione geneticamente modificato, senza però spiegare ancora la cosa del sangue: era una parentesi troppo grande. E, come da tradizione, prima le belle notizie! Spiegò dunque il successo di Shadow, Amy e Omega, che avevano recuperato anche la seconda boccetta. E poi dovette anche confessare il modo in cui il riccio nero c’era riuscito. E a quel punto, Sonic non riuscì più a trattenersi ed intervenne con il suo solito brio. Aveva gli occhi completamente sbarrati, una sorpresa evidentemente troppo grande da contenere. –Cioè, quel deficiente s’è quasi tagliato le gambe per riuscire a prendere quella boccetta?- ripetè, stordito.
Ma Rouge lesse nei suoi occhi solo ammirazione e segreta, prorompente gratitudine. Neanche l’ombra di disapprovazione o rimprovero. In fin dei conti, si stava parlando di un volpino con due code e della sua eventuale tomba. Probabilmente non si sarebbe aspettato che Shadow facesse una mossa così azzardata per salvare Tails. Il fratellino non biologico di Sonic. Che ben poco aveva da spartire con Shadow. Non che si volesse lasciar presagire che Shadow non avrebbe fatto un gesto del genere per uno del gruppo, ma probabilmente avrebbe potuto trovare un modo meno … drastico. Subito dopo però il riccio blu abbassò lo sguardo, come se si fosse vergognato di qualcosa. Il verde dei suoi occhi s’incupì.
Rouge vi lesse anche una specie di paura, come un brivido. Probabilmente stava provando a immaginare come sarebbe stato se Shadow si fosse “quasi tagliato le gambe” senza il quasi. Per Sonic, doveva essere un’idea inconcepibile quella di rimanere … menomato così per il resto della vita. Correre era vita, per lui. Il riccio color zaffiro rabbrividì.
-Così pare, e le cicatrici sembrano confermarlo.- disse piano Rouge, rispondendo alla sua domanda.
-Cicatrici …- sussurrò il rccio blu. Chiuse un attimo gli occhi, la fronte corrugata. Ma l’attimo di disorientamento passò. Sonic si ricompose e seppellì come al solito la parte seria di sé stesso e dei suoi pensieri sotto alla maschera ironica e scherzosa. Incrociò le braccia e scosse la testa ostentando disapprovazione, ma con un mezzo sorrisetto sull’angolo della bocca –Essere il protagonista di tutta questa faccenda gli sta dando alla testa. È anche più esibizionista del sottoscritto. Il che è tutto dire.- sorrise alla sola idea.
Rouge non riuscì a trattenere una risata. Per un motivo o per l’altro, Sonic era sempre Sonic.
Lui le fece l’occhiolino. –Dovrei riprendermi i riflettori, che dici? Il povero Faker ha avuto il suo momento di gloria, ora deve passare il turno.-
-Guarda, guarda.- sorrise Rouge. –Siamo gelosi?-
Sonic sbuffò. –Quando mai!- e scoppiò a ridere subito dopo. –Piuttosto, ho rischiato di rimanere senza qualcuno da inseguire a quattrocento chilometri al secondo. Che inutile azzardo da parte sua.- borbottò. –Senza faker, sai che noia!-
Rouge rimase colpita, ma non lo diede a vedere, ovviamente. Sonic che ammetteva una cosa simile? Probabilmente era colpa dei medicamenti che aveva in corpo. In quanto a testardaggine e orgoglio i due ricci potevano tranquillamente finire in parità. Quasi sempre. Insomma.
–Shadow s’è conciato abbastanza maluccio, in effetti.- disse lei. -Ma mai quanto te. Rimproveri lui per il suo gesto sconsiderato, ma quello che hai commesso tu lo batte alla grande.-
Sonic piegò la testa di lato. –Ho fatto quello che era necessario fare.-
-Lo stesso vale per lui.- Rouge sogghignò. –Voi due siete molto più simili di quanto vi piaccia ammettere. L’unica differenza è che lui è rimasto confinato a letto solo per qualche giorno e poi ha cominciato subito a camminare. Tu invece sei steso da una settimana.-
Sonic sgranò gli occhi. Lentamente, come timoroso, incrociò gli occhi di Rouge. –Stavo per chiederti cosa ti fosse successo là sotto. Mi avevi fatto prendere una grande paura, sai? Ma … ma ora vorrei solo capire cosa diavolo stai dicendo.-
Rouge sospirò. –Solo se prometti di non interrompere più e di fare il bravo bambino.-
Sonic si sforzò vivamente e lei riuscì a spiegargli tutto quanto, specialmente come s’era evoluta la situazione dopo il rapimento di Sonic. Quando finì, si aspetto di nuovo una valanga di domande e commenti. Ma il riccio era completamente allibito. La stessa espressione di chi riceve un pugno senza aver capito da che parte è arrivato il colpo.
Rouge temette seriamente che si sentisse male. Finalmente, tutte le conseguenze della sua azione d’arrendersi avevano fatto presa sui neuroni di Sonic. Il riccio boccheggiò sotto il peso di quello che aveva tutta l’aria di essere un massiccio senso di colpa.
Per aver dato la rispettabilità a chi non la meritava. Per aver dato loro l’appoggio di troppi creduloni. Per aver messo in una tale situazione Shadow. Forse, a questo punto, era possibile anche che gli pesasse il sacrificio che Shadow aveva fatto, ferendo gravemente sé stesso per salvare Tails, cosa che, se comparata al “guadagno” che avava prodotto l’azione di Sonic, dava come risultato un abisso incolmabile.
Rouge decise di giocarsi la carta che le era rimasta. Spiegargli che la situazione era pessima soprattutto per colpa sua, e del codice genetico che aveva consegnato involontariamente dritto nelle loro mani. Così, magari, avrebbe fatto capire a Sonic che quel disastro non era interamente colpa sua, o per dargli la possibilità di cambiare argomento e dargli tempo di digerire la cosa. Lui colse al volo l’opportunità, con silente gratitudine. 
Sonic la guardò in un modo strano, con la testa per metà reclinata e con un mezzo sorriso sulle labbra. –Tu avrai anche fornito loro la materia prima su cui lavorare. Io però ho dato loro il tempo e la tranquillità per farlo. Immagino che non avete ancora tentato di attaccarli e riprendervi quella manciata di globuli rossi per evitare ripercussioni su di me, o sbaglio?-
Rouge sorrise mestamente. Aveva fatto quasi centro. –A dir la verità gli unici a sapere di quel sangue eravamo io e Shadow. E nessuno ha detto esattamente a Shadow quello che mi era capitato, almeno non nei dettagli. Dunque, nemmeno sapevamo di questa urgenza. Forse non volevano farlo arrabbiare, preoccupare o semplicemente di sembrare ai suoi occhi degli incapaci.-
Sonic riscì anche a ridacchiare. –Quanti disastri solo per evitare di rimetterci la faccia! Shadow che non vuole ammettere di essere geneticamente utile (ma la sua testardaggine già la conosciamo). Silver e Knuckles che non vogliono dirgli che la sua compagna di squadra gli è svenuta davanti senza che loro potessero fare qualcosa. Come se tutti e tre avessero una qualunque sorta di colpa!- sospirò. -Dobbiamo assolutamente migliorare il nostro livello di comunicazione, che dici?-
Sonic aveva appena sbriciolato tutta la matassa di preoccupazione e angoscia retrocedendola ad un mero  problema di comunicazione. Rouge riuscì a mantenere il suo contegno, almeno esteriormente, ma era profondamente meravigliata, sorpresa e allibita per aver scoperto che a Sonc, in fin dei conti, importava ben poco di tutto quello. Lui aveva puntato dritto solo al punto: i suoi non parlavano tra di loro come avrebbero dovuto, e di tempo non ce n’era più.
Rouge si ritrovò a sorridere. Sì, l’ottimismo incrollabile di Sonic era mancato a lei come a tutti gli altri. Troppa tensione, troppe decisioni scomode da prendere, stare troppo con le spalle al muro, perennemente in allerta. Ci voleva proprio l’idiota di turno che facesse sembrare tutto facile. Il suo sorriso si allargò ancora. Per la prima volta da giorni, forse da settimane, Rouge si rilassò davvero.
A sentir Sonic, pareva che ribaltare la situazione non fosse più complicato che ribaltare una frittella nella padella.
Era ancora intenta a cercare di capire come diamine ci fosse riuscito quando il riccio in questione aprì bocca di nuovo. Con un sorrisetto storto, domandò –Per curiosità … in quale delle due boccette c’era l’antidoto di Tails?- domandò. –Giusto per sapere se posso rimbeccare Faker si essersi quasi ammazzato per nulla.-
Rouge sospirò. –Gliele abbiamo date entrambe.- disse. –Ma ha cominciato a dare segni visibili di miglioramento soltanto dopo la seconda boccetta. Cioè quella che aveva recuperato la vostra squadra.-  
Poi si aprì la porta e un volpino dai piedi strascicanti fece la sua entrata. La visita abituale di Tails al suo fratellone.
Gli occhioni di Tails si sgranarono. –Sonic!- urlò. In un bizzarro miscuglio di corsa e volo, il bi-code gli si fiondò addosso in un attimo.
Blu e giallo si abbracciarono ridendo.
Tails singhiozzò. Sonic strabuzzò gli occhi, colto alla sprovvista.
-Io … io … non sapevo se ti avrei rivisto.- disse il volpino con voce rotta. –E poi non ti svegliavi!-
Lo sguardo di Sonic vagò smarrito per la stanza. Per finire optò per la sua strategia già collaudata.
Rise.
–Ah, questa volta ce la siamo vista brutta. Ma abbiamo la pelle dura, lo sai.- sorrise poi, pollice verso l’alto.
Tails lo guardò, con gli occhioni luccidi. –C’è parecchio tempo, a ce l’abbiamo fatta a tirarti fuori di lì. Avevamo paura che, se avessimo mostrato ostilità, loro ti avrebbero subito …- la voce gli si spense. –E Shadow e gli altri erano troppo malconci per provare un attacco. Scusaci se ci abbiamo messo tanto.-
Sonic gli battè una mano sulla spalla. Erano entrambi accucciati sul letto del riccio, uno di fronte all’altro. –Guarda il lato positivo, Tails. Ho dormito così tanto che ho le batterie talmente ricaricate che potrei anche non dormire più per due mesi.- il suo ghigno si allargò. –E smanio dalla voglia di scaricare tutta quest’energia.-
Tails si illuminò. –Stiamo lavorando ad una strategia!- annunciò.
-Ottimo! Rouge ha appena finito di aggiornarmi sugli ultimi eventi, ma non ha ancora avuto il tempo di spiegarmi le mosse in programma.-
Rouge sorrise, ai margini della scena. –Spiegagli tu.- disse con noncuranza, facendo un gesto con la mano. –Io ho parlato anche fin troppo.-
Tails, raggiante, si gettò nella spiegazione. –All’inizio, ma proprio all’inizio, non avevamo idea di chi fossero i nostri nemici, giusto? Erano come un’associazione fantasma, invisibile e praticamente inesistente. Non potevamo nemmeno dimostrare che esistessero effettivamente. Ricordi che avevamo provato a cercare informazioni su di loro e non ne avevamo trovate? Ecco.- riprese fiato. -Ora loro hanno abbassato tutte le difese: prendendoti prigioniero, si sono giocati il tutto per tutto per ottenere una reputazione e un enorme sostegno economico e militare, una cosa molto importante per loro, pare. Hanno barattato l’anonimato con la forza. Ora hanno un nome pubblico, un’identità pubblica e hanno attirato l’attenzione di tutti. Sapevano che in quel modo sarebbero stati vulnerabili e, soprattutto, incriminabili. Dunque si sono trovati una garanzia: la tua vita nelle loro mani, e la reputazione d’eroi per averti salvato, impossibilitando noi ad agire.- l’entusiasmo di Tails aumentò. –Ma ora la loro garanzia è andata in fumo: tu sei libero! Così come noi siamo liberi di parlare e dire la verità ai quattro venti! Gli resta solo la posizione e l’attenzione pubblica. Non sono più fantasmi!-
L’espressione entusiasta di Tails non illuminò affatto il riccio. Quella storia gliel’aveva già raccontata Rouge, in parte l’aveva anche vissuta di persona. Sonic si grattò un orecchio. I ragionamenti troppo lunghi non erano il suo forte. –Dunque?-
-Dunque, ora che hanno un’identità e che non ci possono più ricattare: noi possiamo screditarli. Sonic, non capisci? Ora abbiamo qualcuno da accusare e incriminare senza timore. I fantasmi non si possono ammanettare. Gli uomini sì, invece!-
La lampadina nel cervello del riccio si accese. Finalmente aveva capito il punto! Tails aveva preso una via contorta, ma alla fine il messaggio era arrivato.
-Più è alto il piedistallo…- cominciò Tails.
-… più rovinosa è la caduta!- concluse Sonic, finalmente contagiato dall’entusiasmo di Tails. –E che stiamo aspettando, allora?-
L’espressione del volpino si oscurò. –Beh, con te nelle loro mani non potevamo fare nulla. Sono diventati degli eroi, per averti “salvato”. Dovevamo trovare prove, prove inconfutabili dei loro crimini, sperando di tirarti fuori da lì. Ora che non è più necessario toglierti dalle loro grinfie, ci possiamo concentrare solo a screditarli, ma la necessità di trovare prove inattaccabili resta … e per questo occorre cautela e tempo.- sorrise di nuovo. -I Chaotix sono a caccia di notizie, sul loro passato e sulle loro attività. Io, Shadow ed Omega stiamo analizzando i dati che avevamo recuperato nei loro database, sempre alla ricerca di prove ma, soprattutto, di coordinate geografiche.-
Sonic si accigliò. –Allora un assalto diretto è ancora sul menù delle scelte?- domandò.
Tails annuì. –Loro hanno comunque il sangue di Bla.. di Shadow. Ci vuole tempo per avviare un’inchiesta così come ci vuole tempo affinchè le autorità analizzino tutte le prove.-
-E noi di tempo non ne abbiamo.- cantilenò Sonic, ripensando a ciò che aveva detto Rouge a proposito del DNA. –Loro potrebbero …- si bloccò, come impensierito.
-…creare altre forme di vita artificiali micidiali come Shadow? …Formare un esercito bio-meccanico? …Far sparire tutti i dati e ripulire interamente le loro basi e tornare ad essere fantasmi di nuovo?- Tails scosse la testa. -Anche loro sanno che ora sono esposti, così come lo sappiamo noi. Pure loro hanno l’acqua alla gola, sotto un certo aspetto. Shadow ed Espio, liberandoti hanno fatto scattare il loro conto alla rovescia: sanno che possono venir abbattuti tramite la stampa o il tribunale, se forniamo prove adeguate. Dobbiamo fare in fretta. E anche loro sanno che devono farlo.-
Sonic lo guardò. –Attaccarli, dunque, equivarrebbe ad immobilizzarli, giusto? Se gli tagliamo la via di fuga, non possono andarsene via e sparire di nuovo. E se riuscissimo  sottrargli il sangue, allora non potrebbero nemmeno procedere con le ricerche.-
-Giusto. Sarebbe come una paralisi per loro. Se li attaccassimo alla loro Base Alpha.-
L’espressione di Sonic si rilassò, tornando allegra. –Ne avete strapazzati di neuroni, eh, da quando mi hanno messo a nanna?-
Tails rise. –Soltanto all’inizio eravamo impossibilitati ad agire. Sia io, che Omega, che Shadow eravamo abbastanza malmessi. Ma appena ci siamo ripresi abbiamo cominciato a lavorare e da allora non abbiamo più smesso.-
Sonic stava sorridendo. Lo stava facendo già da prima. Continuava a guardare Tails e cercava di capire che fine avesse fatto il piccolo, impacciato inventore. Da quando Tails era diventato uno stratega di guerra di quel livello?
Restava il fatto che era profondamente, innegabilmente fiero del suo fratellino. E come avrebbe potuto non esserlo?
Possibile che il volpino avesse preso le redini della situazione in sua vece? 
-Hai fatto davvero un ottimo lavoro.- disse, dosando con cura serietà e sincerità. Gli occhi di Tails parvero illuminarsi.
-Beh … non sono stato solo io, sai.- cominciò a balbettare, accavallando parole su parole come faceva sempre quando era nervoso o imbarazzato. –Shadow ha gestito tutto quanto per la maggior parte del tempo, come sta facendo tutt’ora. I Chaotix hanno agito per conto loro, trovandosi anche dei nuovi alleati, ed Espio ha contribuito grandemente alla tua liberazione. Siccome Vector è impegnato a gestire le ricerche, è Espio a tenere i contatti con il nostro gruppo, giacchè è stato lui a far scattare la collaborazione, tirandoti fuori dall’ospedale insieme a Shadow.-
Sonic si sentì ancora più ammirato di prima. Erano stati Tails, Shadow ed Espio a condurre l’iniziativa?
Tails avrebbe potuto dire tutto quel che voleva, ma il ragionamento che aveva appena spiegato era troppo astratto e al contempo profondo per essere farina del sacco di Shadow. Il riccio nero poteva sì avere una mentalità piuttosto militare, ma di solito era Tails a collegare tutti i fili.
-Nuovi alleati?- chiese invece Sonic, ricollegandosi alle parole di Tails. –E chi sarebbero?-
-Una giornalista che ha fiutato puzza di bruciato e un suo amico che ha insistito a volersi gettare nell’avventura insieme a lei.- rispose Tails. –Gente molto intraprendente e affidabile.- aggiunse.
Altre iniziative … Il sorriso di Sonic si allargò ancora di più. –Chissà come Faker ha preso bene la notizia!- ironizzò.
Quello che emise Tails fu un miscuglio tra sospiro e singhiozzo. –Non ne hai idea!- gemette. –Ma alla fine ha dovuto riconoscere anche lui che un aiuto in più non fa male, sprattutto un’aiuto ben determinato a rimanere in pista … anche se sono convinto che non si fidi per nulla dei due giornalisti, così come non vorrebbe trascinade dentro a questo pasticcio altra gente innocente. È di umore peggiore del solito da quando ha saputo questa notizia. Dunque, da troppo tempo.-
-E quando mai lui si è fidato di qualcuno?!-
Risero tutti e tre. Rouge compresa.
Tra spiegazioni e battute, l’atmosfera da camera mortuaria miracolata s’era sciolta, tutto era tornato come prima. Esattamente come se non fosse capitato un rapimento e un avvelenamento. Le solite chiacchiere, le solite pianificazioni, il solito filo d’intesa.
Sonic ridacchiò. Era tornato a casa per davvero.
 
 
 
James fissava lo schermo tentando in ogni modo di concentrarsi sull’immagine che vedeva.
Avevano impiegato meno tempo del previso per riuscire a dividere il sangue di Shadow da quello di Rouge. Era stato più complicato riuscire ad isolare il DNA dal globulo rosso, un’operazione lunga e complicata. La grande, grossa incognita s’era presentata loro in quel preciso istante, una volta confrontati direttamente con il “Grande Segreto”. Nessuno era ancora riuscito a capire o interpretare esattamente quel risultato inatteso.
James guardava il computer, sul quale scintillava una riproduzione in scala di un filamento di DNA. L’unico problema era che non assomigliava a nulla che si fosse mai visto sulla faccia di Mobius o della Terra.
C’era sì la parte ad elica avvitata, condivisa sia da mobiani che da terrestri, ma c’era anche una seconda parte, quella che aveva scatenato ogni sorta di dubbio o supposizione: una seconda fascia ad elica, di struttura più massiccia, più larga e avvitata in senso opposto, avviluppava per intero il DNA primario, quello interno. Era come se due diversi DNA fossero stati appiccicati insieme e inscatolati uno dentro l’altro.
James non riusciva assolutamente a capire cose diavolo fosse quello. Possibile che i pazzi dell’ARK avessero inventato un intero nuovo DNA da applicare a quello base?
Non era umanamente possibile raggiungere un risultato del genere. La complessità e la delicatezza del DNA non era in alcun modo riproducibile. Era combinabile, semmai, o modificabile, al limite imitabile tramite clonazione. Ma costruirne uno da zero … era semplicemente impensabile.
Dunque, da dove spuntava fuori quello?
Di sicuro non assomigliava a nessun tipo di forma organica studiata fino ad allora, sulla Terra o su Mobius. Né s’erano mai viste prima combinazioni del genere, né tantomeno in quell’ordine o di quel tipo di sostanze.
-Quanti misteri ci vuoi nascondere, riccio?- sussurrò James.
Ma, per quanto si sforzasse, in quel momento gli era particolarmente difficile concentrarsi a risolvere l’enigma biologico.
Le condizioni di salute di sua figlia erano precipitate. L’avevano ricoverata l’urgenza in ospedale circa quattro ore prima.
Per James il tempo si era congelato.
L’immagine incredibilmente nitida dei primi passi traballanti della sua creaturina gli balzarono davanti agli occhi. Seguiti poi dal ricordo della prima parola da lei pronunciata, dal primo disegno che aveva fatto, della prima corsa in giardino, il primo castello di sabbia. Lui chiuse forte gli occhi, mentre il groppo alla gola che lo tormentava da tempo per poco non lo soffocò.
La porta dietro di lui si aprì.
-Il capo la vuole vedere.- disse un uomo prima di girare sui tacchi e sparire.
James aveva una mezza idea del perché gli volesse parlare: era sgattaiolato via senza permesso, precipitandosi in ospedale non appena sua moglie lo aveva avvisato dell’accaduto. E abbandonare il posto di lavoro a quel modo era imperdonabile.
Sospirò, alzandosi e sperando di non venir licenziato.
Non aveva nemmeno mai detto alla sua famiglia quale fosse la sua vera occupazione. Aveva solo detto alla moglie che lavorava in un’associazione per la ricerca medica, utilizzando il loro nome di copertura. A volte provava ad immaginare quale sarebbe stata la faccia di sua moglie se avesse scoperto quello che in verità faceva in quei laboratori. Come esercizio, non gli era mai venuto bene.
Raggiunse la porta del capo, bussò, spinse la maniglia ed entrò.
Il capo era interamente guarito dalle lievi ferite riportare all’incidente alla base nel vulcano (una posizione assai strategica per ottenere enormi quantità di energia per alimentare i loro esperimenti).
L’uomo seduto dall’altro lato della scrivania aveva in mano un diamante, grande circa come una ciliegia. Così ad occhio doveva essere almeno cinquanta carati. Non osò ipotizzare quanti milioni fosse costato.
-Mi voleva vedere, signore?- si introdusse James.
L’uomo lo guardò appena e lo ignorò. –Tutti dicono che la natura sia perfetta, che la natura non sbaglia mai.- disse, il disprezzo trapelava dalla sua voce. –Ma sai cosa penso io, invece? Penso che la natura sia l’esatto opposto: un ammasso di leggi di probabilità, di combinazioni casuali, di anomalie e irregolarità.- un ghigno feroce gli distorse i lineamenti. – Abbiamo fin troppi esempi di … gravi errori di programmazione. Quanti bambini nascono con difetti fisici? Quante perle non si formano sferiche ma bitorzolute? Quante carote cresciute storte o biforcute? Quanti animali dalle colorazioni errate esistono là fuori? Quanti difetti di vista, di udito o di parlata sono presenti in un qualunque essere umano? O di predisposizioni genetiche a malattie incurabili della mente o del corpo?- Lo stomaco di James si stritolò a quella frase. L’uomo sogghignò, si rigirò il diamante tra le dita. –Le gemme, anche le più magnifiche e sensazionali, quelle che hanno impiegato millenni interi per formarsi, non sono mai perfette. Contengono sempre venature, imperfezioni quasi invisibili. Per quanto spettacolari, non raggiungeranno mai il cento per cento. Ci sarà sempre qualcosa che non va esattamente come dovrebbe.- La mano dell’uomo si allungò verso un secondo diamante, posato sul tavolo, che inzialmente James non aveva notato. Questo era grande circa il doppio del primo, e in quanto a trasparenza e lucidità batteva di gran lunga quello che lui aveva tra le dita. –Ma- riprese –Esiste anche un altro modo per creare cose. Un modo più … sicuro, più controllato. Perfetto.- James capì che il secondo diamante era artificiale, creato in fabbrica. –Niente errori di formazione dovuti a particolari atmosferici, geologici o chissà cos’altro. Niente striature o graffiature non volute.-
I due diamanti vennero posati entrambi sul tavolo, allineati.
-Le imperfezioni si cancellano e si correggono con la scienza, vecchio mio. Le prestazioni vengono amplificate tramite la matematica e i calcoli di microbiologia o chimica. La vita delle persone viene allungata con la conoscenza. Tutte le debolezze fisiche cancellate, tutti i malfunzionamenti trovano un rimedio.- il suo tono di voce si intensificò. –Questa è la nostra vera forza, James. Noi abbiamo la capacità, l’abilità e il dovere di correggere Madre Natura, di mostrarle dove sbaglia e come rimediare. Noi possiamo imboccare la sua stessa strada e percorrerla meglio. Infinitamente meglio, James.-
Fece una pausa.
-L’artificiale vincerà sempre, sempre, sul naturale.- Indicò il primo diamante. –Cinquantadue carati.- indicò il secondo. –Cento carati.- ghignò. –Qualche migliaio di anni contro qualche giorno.-
James rimase in silenzio. Aveva capito dove il capo voleva andare a parare.
L’uomo si intrecciò le dita sotto il mento. –Mi serve quel riccio, James. Lui e le informazioni che contiene. Voglio quel DNA da cento carati in modo da poterlo studiare.-
James riuscì a resuscitare la lingua. –Stiamo lavorando al suo DNA, signore. Ma non abbiamo mai visto una cosa del genere prima d’ora.-
L’uomo poggiò entrambe le mani sul tavolo, accanto ai due diamanti. –Veda di darsi una mossa, allora. Non mi sembra che a sua figlia rimanga poi molto tempo.-
James fremette. La rabbia gli morse la gola, le lacrime gli punsero gli occhi. Rimase immobile. –Sì, signore.-
Venne congedato.
Tornando vero la sua postazione di lavoro, James passò per la sezione della Base Alpha dove erano tenuti i tre esseri artificiali.
Li avevano risistemati tutti quanti, dopo l’ultimo disastroso scontro. Avevano nuove componenti meccaniche, nuove armi, nuove armature, le ossa più robuste.
Lo scorpione era appeso al soffito.
Il lupo stava cercando di mordere e abbattere la porta.
Il topolino era rannicchiato contro la parte, abbracciandosi le ginocchia, testa incassata, faccia al muro.
Sorrise. Presto avrebbero avuto un nuovo compagno.
I ricercatori diventavano sempre più bravi, più efficienti e più rapidi.
Per un nuovo nemico volane e telecinetico, occorreva un rimedio adatto.
 
 
Cream si rallegrava sempre quando si avvicinavano le ultime ore della giornata scolastica. Non che le elementari le dispiacessero, solo che lei finiva con lo stancarsi rapidamente e tornare a casa a rilassarsi, mangiare e giocare erano di sicuro il grandissimo miraggio per antonomasia.
Ma, quando le due ore della suddetta giornata erano di disegno, allora tutta la stanchezza si dileguava. Nulla era più appagante di un bel foglio colorato, con matite, pennarelli, pastelli, piuttura o quant’altro.
In quel preciso momento, sotto i suoi occhi, stava prendendo forma un paesaggio fiorito e allegro, pieno di colori e gioia. Una radura erbosa stracolma di fiori, con una bambina che vi correva in mezzo. Cream si decretò soddisfatta del risultato, anche se non aveva ancora finito del tutto.
La sua vicina di banco, una lucertola mobiana di un tenue color lilla, striato di verde sul dorso, si stava cimentando a creare un paesaggio notturno. Un cielo stellato con una grande luna al centro, con sotto delle montagne argentate. Lei era la più brava di tutta la classe, ed era anche una persona davvero gentile e sempre ben disposta.
Cream sorrise a Litzy. La rettile le sorrise in risposta.
L’insegnante passò vicino ai loro banchi proprio in quel momento. Era un’umana dai soffici capelli bruni.
Sorrise alle due mobiane. La sua espressione si irrigidì un poco, quando notò il disegno della lucertola.
-Litzy- sospirò con tono lievemente di rimprovero. –Ancora paesaggi notturni?-
La lucertola fece sibilare la lingua biforcuta. –Ma sono i più affascinanti!- ribattè.
Lo sguardo dell’insegnante si addolcì. Fin troppo.
Le insegnanti umane lo facevano spesso, accettavano stranezze da parte di certi ragazzi soltanto perché erano mobiani. O animali, secondo loro. Spesso Cream li sentiva parlare di “istinto” o “habitat naturale” o cose del genere. Non capiva molto bene cosa significassero ma aveva il sentore che non erano complimenti.
Sbuffò. Peccato che lei dovesse rimanere in una scuola mista. Era più divertente avere una classe di soli mobiani, come accadeva a casa, su Mobius. Le mancava la casa … soprattutto ora che stavano succedendo tutti quei disastri con Shadow e Sonic. I compagni umani facevano molto più spesso battute cattive, soprattutto ai giovani ricci.
L’insegnante se ne andò. Cream sussurrò a Litzy. –Io lo trovo comunque un disegno bellissimo.-
La lucertola sibilò. –Grazie.- le sorrise con quei suoi denti aguzzi.
Cream si sentì invadere alla felicità, come sempre le accadeva quando risollevava il morale a qualcuno. –Se lei non riesce a vedere niente di notte è colpa sua.- sorrise, giusto per essere sicura che la sua compagna non si lasciasse prendere dallo sconforto. Sapeva che quello che aveva appena detto poteva essere interpretato come un commento cattivo. Ma la delusione che aveva spento il volto di Litzy non era giustificabile.
Cream, per un attimo, si sentì come Sonic: pronta a battersi per la giustizia.
Un ragazzo umano nella fila davanti alla loro rise. Una scimmia mobiana si voltò, con la lunga coda sinuosa che si muoveva nell’aria.
-Lo sai, no, quello che aveva detto la maestra l’altro giorno, vero?- sorrise con quell’aria da prepotente che Cream odiava tanto. –“Il nero non è un colore. È un assenza di colore, e in natura il nero assoluto non esiste. Eventualmente c’è il grigio, un grigio molto scuro che fatichiamo a distinguere dal nero. Ma il nero puro non esiste”.-
-Quante scemenze.- sibilò Litzy. –E la notte di che colore dovrebbe essere, scusa? Di sicuro non grigio.-
Cream ripensò al suo viaggio nell’avventura ormai passata dei Metarex. –Anche lo spazio profondo è nero.-
La scimmia si strinse nelle spalle. Certe cose che dicevano gli umani non avevano nessun senso.
Cream stava quasi per aggiungere che anche Shadow era nero, non grigio. Ma si trattenne appena in tempo. Le avrebbero fatto domande, ad un’affermazione del genere. Incluse comunque anche lui nell’elenco di cose naturali nere davvero e non grigie scure.
Naturali …
Ripensò meglio a Shadow.
In effetti … “naturale” ...
Quando capì, le venne quasi da piangere. Ma si trattenne, le avrebbero fatto domande.
La lezione finì rapidamente e, prima del suono del campanello, la maestra annunciò. –Tra tre giorni ricordatevi che ci sarà la gita al Museo Nazionale dell’Arte, nel centro di Station Square. Buona serata, ragazzi.-
Tutti furono liberi di alzarsi e andarsene. Ma Cream rimase triste.
Uscita dal portone principale, attraversato il giardino, si diresse verso il riccio argenteo che l’aspettava e che l’avrebbe riportata a casa, o meglio alla base sotto il bosco, un posto sicuro dove i nemici non sarebbero venuti.
Non le piaceva molto abitare là, ma una cosa però cancellava almeno in parte la monotonia di un abiente metallico e vagamente militare: cioè il fatto che Silver l’avrebbe portata là in volo!
 
 
 
Shell era in pieno centro di Station Square. Davanti a lei una fontana innaffiava il cielo plumbeo con frizzanti spruzzi.
Ma non era assolutamente l’acqua la sua fonte d’interesse. Ma i due uomini che parlavano appena di fianco al bordo di pietra del monumento idrico.
Uno era il capo dalla G.U.N., un uomo dai capelli argentei, con gli occhi di due colori diversi.
L’altro, era un tizio in giacca e cravatta, uno del governo statunitense.
Lei era troppo lontana per poter sentire quello che dicevano, e il fruscio dell’acqua non aiutava di certo. La tentazione di sgattaiolare là, di avvicinarsi, era forte. Ma aveva solennemente promesso ai Chaotix di non attirare l’attenzione, né di fare qualcosa che avrebbe potuto, in una remota eventualità, attirare attenzione e nemmeno a pensare di attirare l’attenzione.
Era questione di vita e di morte. Non solo per la gabbiana, per suo marito e per i detective, ma anche per Sonic, Shadow e tutti gli altri.
Lei si sentiva già onorata di essere stata ammessa al “movimento di resistenza”. Non era neanche da considerare di mandare tutto a monte per una sua stupida iniziativa personale.
Eppure, fremeva dalla voglia di sentire quelle parole, dette con quell’aria talmente circospetta.
Finì di sorseggiare la limonata, seduta ad uno dei bar della zona. Un ottimo punto d’osservazione, in modo da sfruttare anche la sua pausa serale. Incredibile la quantità di generali o politici che passavano da lì.
La sedia di fronte a lei venne trascinata in dietro, con un sonoro raspare delle quattro gambe metalliche contro il pavimento.
Il furetto a strisce si piazzò comodamente davanti a lei.
Sorrise a Nut, lui ricambiò.
Il loro compito era quello di cercare informazioni, materiale primo, direttamente negli archivi più remoti. Era da giorni che scomodavano senza tregue segretazie e funzionari. Dovevano trovare articoli, prove, tracce, qualunque cosa potesse servire per la loro impresa. E, soprattutto, ricostruire il passato di quell’associazione, impresa che sembrava sempre più impossibile. Erano fantasmi, quelle persone!
Mentre loro cercavano informazioni, i Chaotix, che parevano conoscere molti dettagli che non volevano condiviere, si occupavano invece di raggranellare e riordinare le informazioni dei due giornalisti. Dovevano creare una linea d’attacco, trovare il modo migliore per esporre quei dati nel modo più dannoso e indiscutibile. Stendere un rapporto d’accusa che lasciasse sgomenti ma dalla struttura tanto solida da non ammettere obbiezioni.
Così si erano organizzati: i Chaotix stavano quasi sempre alla loro base, a scrivere articoli e a trovare nuovi archivi da “saccheggiare”; Shell e Nut andavano direttamente sul posto, in giro per la città tra un archivio e l’altro, sfoderando tesserini giornalistici, o meglio il tesserino di Nut e una copia falsificata con i dati di Shell.
L’idea iniziale era stata quella di fare il contrario, cioè di mandare i detective ad investigare e i giornalisti a scrivere. Ma poi avevano concluso altrimenti. I giornalisti potevano essere utili anche senza microfono in mano o senza tastiera, così come i detective potevano indagare stando dietro una scrivania tutto il giorno.
I Chaotix erano probabilmente già conosciuti per aver collaborato con Sonic in passato ed era perciò meglio che non si mostrassero troppo in giro; Shell e Nut avevano più contatti da far fruttare dentro e fuori potenziali fonti d’informazione. Nut in particolare, aveva una rete di conoscenze impressionante. Quasi tutte segretarie.
Eppure, l’animo di Shell ancora non era tranquillo.
-Non dovevi metterti in mezzo. Questa è una storia che scotta.- lo rimbeccò per l’ennemisa volta.
Il furetto sorrise. –Ma se la mia mangia-sardine preferita si trova impegalata in un tale casino, chi sono io per rimanere in disparte?- la sua aria si fece piu furbetta. –E poi, quale giornalista non desidera stare esattamente al centro dell’uragano?-
Era vero, ovviamente. Nut aveva sfoderato più volte anche l’argomentazione secondo la quale lui aveva fornito il video di Shadow che se la prendeva con il cane mobiano. Dunque pretendeva di far parte della squadra.
Ma il senso di preoccupazione di Shell non era tramontato, come invece stava facendo il sole, oltre la fontana.
Uno dei motivi principali era che stava indagando su una faccenda che non era ancora riuscita a capire a fondo. A differenza dei Chaotix e di tutti gli altri, lei e Nut non avevano idea del movente base che aveva fatto scattare tutto quel trambusto.
Lei ancora non sapeva cosa volesse l’associazione da Shadow. Perché proprio lui.
I Chaotix non gliel’avevano voluto dire. Dicevano che era un’informazione altamente riservata e potenzialmente pericolosa. Per il suo bene, non gliel’avevano voluto rivelare. Non ancora.
Lei, dunque, stava come volando alla cieca. Inseguendo una traccia senza poter vedere dove, e come, effettivamente andasse a finire. E si stava portando dietro l’incolumità del suo migliore amico e di suo marito. Il matrimonio era programmato da lì a due settimane.
Sospirando, osservò il capo della G.U.N. allontanarsi.
Si domandò per l’ennesima volta perché proprio Shadow …
Aveva fatto solo teorie in proposito, una più fantasiosa dell’altra. Ironicamente, più informazioni passava ai Chaotix, meno ci capiva. Trovava dati su vecchi esperimenti, vecchi “progetti” che avevano a che fare con armi viventi. Sia da parte dell’associazione criminosa che della misteriosa ARK.
I Chaotix, tempo prima, le avevano accennato al fatto che Shadow aveva avuto a che fare con quel tipo di ambiente. Lei aveva trovato a più riprese numerose conferme. Eppure, non capiva in che ruolo ciò era avvenuto.
Shadow era forse stato un loro collaboratore? Aveva forse contribuito a creare quella armi viventi?
Non lo sapeva.
La limonata terminò.
La loro giornata era finita. Potevano anche tornarsene a casa tutti e due.
 
 
 
Erano passati due giorni. Due giorni molto particolari, trascorsi tra schermate di dati criptati e tra ricci blu che davano in escandescenza per la forzana immobilità.
Sonic aveva impiegato soltanto un giorno ancora e poi era schizzato in piedi. Rouge, più tremolante, aveva fatto lo stesso.
La base sotto il bosco era affollata più che mai.
Accadde di sera.
Era uno dei rari momenti in cui erano tutti quanti a casa. Vanilla e la piccola Cream, riportata a casa dopo scuola da Silver, in volo. Knuckles era rientrato pure lui, insieme al riccio argenteo. Omega, Shadow e Tails non s’erano mai mossi dai loro schermi, così come Amy s’era rifiutata di lasciare il suo Sonic, con enorme disperazione del diretto interessato. Rouge s’era fatta diverse risate a guardare quei due che si rincorrevano ovunque.
E fu proprio quanto tutti erano lì che Tails scattò in piedi con tale forza da far ribaltare la sedia.
-L’ho trovata!- urlò.
Fu come una paralisi di massa, tutti si immobilizzarono quasi all’istante.
-Ho trovato la posizione della Base Alpha!-
Un coro di esclamazioni di gioia e di congratulazioni esplosero più o meno ovunque, mentre tutti accorrevano dalle varie stanze fino a quella in cui c’erano i computer.
Shadow si alzò lentamente, fece il giro del tavolo e raggiunse Tails, occhi fissi sullo schermo.
Mentre anche gli ultimi ritardatari (cioè Sonic che si trascinava dietro la sua infermiera privata) entrarono nella stanza con i volti esaltati, Shadow imprecò fioritamente.
Silver si rabbuiò. –Che succede?- fece il giro anche lui e rimase sgomento.
Tutti gli altri si guardarono senza capire. Si ammucchiarono dietro al pc di Tails, stritolandosi e appiccicandosi per riuscire a vedere.
Così, passarono da tre facce incredule ad una bellezza di sei facce incredule (Omega e Cream esclusi, uno per ovvi motivi, l’altra perché non aveva effettivamente capito).
-Cosa c’è?- chiese difatti la più piccola della banda.
Tails deglutì e indicò il dato lampeggiante sullo schermo. –Deve esserci un errore. La Base Alpha non può trovarsi nel centro di Station Square!-
-No, nessun errore.- disse invece Shadow. Nessuno osò contraddire.
-Cosa facciamo ora?- domandò Silver, dando voce ad un dubbio comune.
Il sorriso che si allargò sul volto di Sonic era a dir poco radioso. –Facciamo quello che avevamo intenzione di fare fin dall’inizio, ovviamente!-
Poggiò una mano sulla spalla di Shadow, come a chiedere conferma. Si scambiarono uno sguardo d’intesa e Shadow annuì. –Domani attaccheremo.-
Knuckles ringhiò. –Vi devo forse ricordare la quantità di soldati, truppe, mecha, carri armati e aerei da combattimento che c’è laggiù.-
-Irrilevante.- gli risposero all’unisono i due ricci.
 
 


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 Così come i nostri protagonisti sono ansiosi di chiudere i conti, presumo e spero che i nostri lettori lo siano altrettanto :D
Questo è ufficialmente l'ultimo capitolo di tranquillità di questa fic. Avrete capito che lo show down finale è alle porte, no? Ciò significa essenzialmente due cose. Primo, non ci saranno più pause per riprendere il respiro fino alla conclusione di questa fic. Secondo, non ci restano più molti capitoli da passare insieme.
Non c'è motivo di rattristarsi (???)  già ora, non siamo proprio alla fine!
Lo dico giusto per correttezza, in modo che nessuno, arrivati all'ultimo capitolo, mi caschi giù dalle nuvole e mi accusi "Ma come?! Pensavo durasse di più!" ... sempre ammesso che ci sia qualcuno che non voglia vedere la fine! Ahaha! Probabilmente sarete ben stanchi di me e dei miei capitoloni infiniti!
Non mi azzardo a dare un numero di capitoli rimanenti. In tutta sincerità, non ho idea di quanto potrà durare l'ultima battaglia! 

Dunque, tenetevi forte, che ci siamo quasi!

Alla prossima!


 
  
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