Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: ponfo    02/02/2015    3 recensioni
Harry è ricco e ha sempre avuto tutto dalla vita. Louis è ancora più ricco e di certo le opportunità non gli sono mancate. Eppure c'è qualcos'altro che li accomuna. Qualcosa che sa di freddo e di malinconia.
Siamo ormai durante la piena Rivoluzione Industriale quando le loro strade si incrociano.
-
[Louis/Harry] [12k] [Rich!AU]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note d'autore.

Eccomi qua. E' il famoso progetto di storia di cui nessuno si ricordava, ma che invece è arrivato. Sto zitta perché è meglio quindi se avete qualcosa da dirmi, sarei super contenta di leggerlo in una recensione.

Ho cominciato a scrivere la long e – una OneDirection!FemSlash? Shhh, nessuno lo sa.

Bene, corbezzoli e Prince of Wales con latte a tutti voi.

Con affetto.

Ponfo

 

*

Con questo mio scritto, sebbene basato sulla figura realmente esistita di William Blake, non intendo descrivere minimamente il suo possibile comportamento o la reale vita da lui vissuta.

 

I brani tradotti sono entrambi estratti da poesie dell'autore sopra menzionato:

  1. A little boy lost.

  2. Never seek to tell thy love.

Bathe in the waters of Life

“In every cry of every Man,

In every Infant's cry of fear,

In every voice: in every ban,

The mind-forg'd manacles I hear”

London, William Blake

Primi anni del 1800.

Il rumore di bottiglie che vengono buttate a terra rimbomba in ogni vicolo. C'è un forte odore di urina, vomito e sangue. Corpi sdraiati, ubriachi o forse morti, giacciono lungo i marciapiedi in pose oscene, con misere vesti a coprirli dal gelido vento invernale. Si sentono le urla di un bambino che ha fame e le risate di una banda di lavoratori che fanno a cazzotti fuori da una taverna. Qualche prostituta, tremante per il freddo, sbatte lascivamente le ciglia ai ragazzotti che la guardano invaghiti, pronti a bruciarsi il guadagno di una giornata per una notte d'amore.

Si vede un bambino che sfreccia fra le vie di questa periferia maleodorante. Ha le scarpe con i buchi e il volto ricoperto di fuliggine. I biondi capelli non sono più biondi, il viso non più innocente. Corre, scansando i corpi degli adulti che, ancora svegli, vagano per le strade senza una meta, persi nei fumi dell'alcool o in quello che chiamano amore. Il cappello marrone è calcato bene in testa e i vestiti strappati, troppo grandi per essere suoi, svolazzano insieme al corpicino fragile mentre stringe fra le dita una busta giallognola.

Esce dal quartiere, correndo ancora come un pazzo, e si dirige verso il porto scarsamente illuminato dalle fiammelle dei lampioni; il loro riflesso sembra galleggiare sulle acque sporche del Tamigi. Lo percorre tutto, saltando agilmente le bitte dalle gomene ben strette. Il suo respiro è spezzato, affaticato. Un marinaio gli urla dietro, “Fermati, ragazzino!”, sporgendosi da dietro la propria imbarcazione, ma quello si gira a guardarlo un secondo, non fermando i piedi, e continua sulla propria strada.

Sbuca nella via principale e schiva una carrozza che solitaria ancora girovaga. I cavalli si imbizzarriscono e nitriscono con ferocia, facendo sbraitare il cocchiere. Dopo un po' c'è solo il regolare clock-clock degli zoccoli bruni, in questa notte di Londra.

Due colpi esatti di nocche, come un martello sull'incudine. Toc-Toc. La voce di una donna riverbera fin fuori dalla porta, “Apri, scansafatiche! Cosa ti teniamo qui a fare? La calza, per caso?”

Delle scuse sommesse, un ciabattare veloce e il legno si spalanca, facendo uscire il calore dell'abitazione e la luce di una lampada a gas. Le labbra del bambino sono blu dal freddo. Trema come una foglia, da capo a piedi e con la manina porge la carta, stropicciata dalle sue dita intorpidite.

“Messaggio urgente per Sir Styles,” balbetta, producendo una piccola nuvoletta bianca, “Da parte di Lord Tomlinson.”

La ragazza che tiene saldamente la lucerna con la mano, prende la busta e ci avvicina la luce, strizzando gli occhi per leggere, “Bene, grazie. Puoi tornare a casa,” conclude spicciola, facendo per chiudere la porta. Il bambino però infila velocemente la scarpa sull'uscio, mugolando piano di dolore.

“Non avreste dei soldi da darmi? Mi basterebbe uno spicciolo, un niente-”

“Vattene immediatamente, razza di screanzato,” gracchia la ragazza mentre una sporca ciocca rossiccia le cade sugli occhi; le manca un incisivo e la pelle è secca, come vecchia, lo sguardo cattivo, una giovane bellezza scomparsa nel nulla,“E' già tanto se il Signore non ti ha fatto morire per le strade con questo tempo, ti permetti pure di andare a fare l'elemosina? Muoviti, torna da dove sei venuto.”

Il bambino digrigna i denti, aprendo la bocca per sibilare qualcosa, ma una voce calda lo precede, “Meredith, vai a prendere qualcosa dal borsello di mia madre, per favore, e dallo a questo piccoletto.”

La ragazza si gira di scatto, arrossendo alla luce della lampada, ed annuendo con fare sottomesso mentre il bambino sorride compiaciuto e si toglie il cappello di fronte al ragazzo appena arrivato.

“Vi ringrazio immensamente, Sir. La vostra magnanimità mi permetterà di cenare, stasera,” esclama il bambino inchinandosi leggermente e strofinando i palmi congelati fra di loro. Gli occhi verdi del ventenne, brillanti e di fiera discendenza britannica, sorridono con sincerità mentre la serva torna con qualche moneta in mano.

“Forza, torna a casa tua il prima possibile e sta' attento per le strade. Di notte Londra è un postaccio,” dice il ragazzo con vaga apprensione, stringendo i lacci della vestaglia intorno al busto slanciato. Il bambino si inchina ancora, rimettendo il cappello sui capelli ormai grigi di fuliggine e facendo un occhiolino impertinente alla serva. Quella fa un verso scandalizzato mentre l'altro ragazzo ride, divertito. In una frazione di secondo, il bambino ha già ricominciato a correre, è già diventata una sagoma nel buio. E' già stato dimenticato.

“Messere, questa lettera è per vostro padre. Gliela manda Lord Tomlinson,” annuncia Meredith, porgendo la busta al ragazzo. Una donna dalla veste frusciante entra nella sala con passo leggero.

“Oh, caro, cosa ci fai ancora sveglio? E' tardi, dovresti già essere a letto da un pezzo,” cinguetta con l'accento nordico malamente camuffato. Il ragazzo dagli occhi verdi si avvicina alla madre con un sorriso educato, ingoiando a forza il nodo che gli si è formato in gola alla menzione di Tomlinson. Non possono che essere brutte notizie.

“Vi ho sentita dire a Meredith, dal piano di sopra, di aprire la porta e non ho resistito alla curiosità di sapere chi fosse a bussare a tale ora, scusatemi.”

La donna gli accarezza una spalla, scuotendo la testa, “Harry, come farò con te?” mormora, piena d'affetto e di sorrisi, “Forza, su. Tuo padre già dorme, non è riuscito a restare sveglio fino all'arrivo della lettera, ma mi ha dato il permesso di aprirla prima di lui quindi, diamoci da fare. Vediamo fra quanto arriverà.”

Le guance di Harry sbiancano: non è pronto. Segue la madre fino al salotto e la osserva aprire l'involucro con un sottile tagliacarte. Le mani lattee sono in netto contrasto con il giallo quasi ocra della carta.

La donna fa scorrere gli occhi sulla lettera con estrema velocità. Le pupille scorrono sulle righe fluidamente, senza mai fermarsi, e un sorriso entusiasta si forma ad ogni parola divorata. Harry stritola i lacci della vestaglia, mangiucchiandosi un labbro nervosamente.

“Bene,” dice la donna ad un certo punto con la gioia nel volto mentre abbassa la lettera sporca d'inchiostro sul piccolo tavolino. La fiammella della lucerna danza languidamente, seducente, “Fra una settimana esatta, l'incantevole signorina Tomlinson e suo fratello verranno a farci visita per un po' di tempo.”

C'è il ritmo costante di qualcosa simile al trottare di cavalli all'interno del petto di Harry. Batte con tale velocità che il ragazzo tema possa esplodere, “Quindi-,”mormora piano, la voce che trema per qualcosa che non è felicità.

“Quindi fra una settimana direi che la signorina Tomlinson non avrà più tale appellativo, ma diventerà la futura fidanzata di Harry Styles, mio tesoro,” lo interrompe la madre, elettrizzata. Lo abbraccia al collo, stringendolo forte ed Harry scoppia a ridere. Un po' per la disperazione, un po' per l'incredulità, un po' per qualcosa che non riesce a definire.

“Sarai il marito migliore di tutta Londra, bambino mio,” mormora la signora Styles, nel suo orecchio, “Tuo padre sarà così fiero di te.”

Harry annuisce, chiudendo gli occhi.

La luna oggi brilla un po' di meno.

 

*

 

“Maledizione,” sbotta Sir Styles, sbattendo un pugno sul tavolo di legno. La teiera fumante trema pericolosamente, “Questa volta non la passeranno liscia!”

Harry abbassa lo sguardo sulla propria tazza di tè, in silenzio, “Vedranno,” continua l'uomo, accarezzandosi nervosamente la barba sale e pepe, “come li premierò per questa loro impertinenza.”

La mano della signora Styles sfiora la gamba di Harry, per rassicurarlo. Gli occhi della madre, dello stesso colore dei propri, lo guardano con una leggera paura mascherata da semplice agitazione.

“Harry,” tuona il padre, sbattendo il tovagliolo sul piatto vuoto ed alzandosi in piedi, “Quando la fabbrica sarà tua non dovrai permettere che queste cose succedano. Sono stato troppo clemente con quei pezzi di feccia campagnola-”

“Caro, ti prego-”

“Zitta, Elizabeth,” abbaia verso la propria moglie, facendole abbassare il viso, impaurita, “Non devi interrompermi quando sto parlando.” La donna annuisce flebilmente, stringendo con le dita magre il lembo della gonna. Harry deglutisce, sentendo la lingua pizzicare per la voglia di difenderla. Alza solo lo sguardo verso l'uomo che lo richiama all'attenzione.

“Ti stavo dicendo, Harry, che non dovrai mai e poi mai permettere che quei topi si arroghino il diritto di comportarsi in quella maniera, mi hai capito? Dovrai avere il pugno di ferro e punirli per ogni loro errore, togliere loro soldi dal salario e via dicendo. Mai, nella fabbrica di un Styles, può accadere una tale messa in scena. Tuo nonno si starà rivoltando nella tomba. Vedere questo scempio, nella attività per cui ha sputato sangue, lo farebbe morire una seconda volta. E' inaccettabile,” conclude Sir Styles, addentando nervosamente un biscotto dal vassoio. I bottoni della camicia bianca minacciano di scoppiare sotto la giacca nero pece, elegante per l'occasione. I baffi ormai quasi del tutto grigi si cospargono di briciole, proprio come la tovaglia ricamata.

“Osano creare sotto il mio naso un gruppo di – di ribelli come le peggiori bestie che mettono in dubbio l'autorità del capo branco,” ricomincia in una nuova ondata di rabbia. Le vene del collo spiccano dal colletto troppo stretto. Grosse e pulsanti, “Io li nutro! Do loro i soldi per non morire! E come mi ripagano questi?!”

L'orologio a pendolo continua a scandire il passare dei secondi con drammatica lentezza. Quando smetterà, pensa Harry, passando la punta delle dita sul manico della tazza del servizio, fra quanto finirà questo incubo?

In quel preciso istante, Meredith entra nel salotto, “Sono arrivati i vostri ospiti,” mormora con poca voce. Il ruggito di Sir Styles è violento.

“Cosa aspetti qui, razza di decerebrata?! Vai ad aprire!” La ragazza schizza fuori dalla stanza in un battito di ciglia. Harry e la madre stanno in religioso silenzio anche quando sentono la porta aprirsi e delle voci scambiarsi dei saluti.

“Ora andremo di là ed accoglieremo i Tomlinson con il sorriso sulle labbra, come se niente di tutto questo fosse successo, intesi? Non possiamo rischiare un matrimonio del genere per il mio cattivo umore,” ordina l'uomo, dirigendosi alla porta d'ingresso e facendo segno agli altri due di seguirlo.

Harry gli è subito dietro, il cuore in gola e le mani che sudano. Si chiede perché la sua vita abbia preso questa piega, perché non riesca mai ad opporsi a suo padre. Perché debba sposare una donna che non conosce se non di vista.

“Giusto cielo, Charlotte,” esclama sua madre, avvicinandosi alla ragazza bionda che sorride gioiosamente, il lungo vestito rosato che scende lungo il corpo formando pieghe voluttuose. Harry trattiene il respiro qualche secondo, “Siete sempre più bella, Charlotte. Com'è possibile? Ogni volta che vi rivedo avete sempre di più l'aspetto di una dea,” continua la signora Styles con tono smielato. Harry sta per dare ragione alla propria madre, per cortesia e per far sì che suo padre la smetta di fissarlo minacciosamente. Sta per salutare Charlotte e farle qualche complimento in più o addirittura chiederle di sposarlo, adesso, su due piedi, tale è la voglia di porre una netta fine a questa faccenda quando uno sbuffo divertito e vagamente derisorio gli fa chiudere di scatto la bocca.

Sposta lo sguardo e una figura di altezza media, avvolta in un cappotto nero fuliggine lo guarda con occhi pungenti, color del ghiaccio più denso. Il ragazzo che, ad una prima occhiata non può avere che la sua età o poco più, si toglie il cappello dalla chioma castana con il viso dipinto in un cipiglio serio e comincia a togliere i bottoni dalle asole, continuando a fissarlo.

Harry muove il piede nervosamente, sotto il suo sguardo maleducato. Lo sta guardando senza scrupoli, scrutandolo da capo a piedi con un'irriverenza per cui potrebbe chiaramente apostrofarlo con indignazione, ma che, per qualche strano motivo che lo fa stare immobile, non gli permette nemmeno di aprire la bocca. E' molto simile allo sguardo di suo padre quando contemplava se dargli di cinghia o meno.

Harry rabbrividisce impercettibilmente. Sfodera il migliore dei suoi sorrisi e tende la mano a Charlotte, raggiante come una stella. Le classi di recitazione che ha preso da bambino sono servite, in fin dei conti.

I biondi capelli della ragazza ricadono con delicatezza lungo la sua spalla, incorniciando il viso ormai di donna, “Signorina Charlotte,” mormora, notando il suo bellissimo sorriso imbarazzato: Charlotte è indubbiamente una delle bellezze più rare in tutta l'Inghilterra. Le prende la mano, chinando la bocca fino quasi a sfiorare la pelle di pesca. Profuma di rose, “Siete incantevole.”

E' il meglio che riesce a formulare in questo momento perché il suo cuore sta impazzendo dall'ansia, da quella che sembra purtroppo disperazione e poi c'è suo padre. Suo padre che lo guarda con quel sorriso soddisfatto che gli fa venire i conati di vomito.

“Oh, mister Harry, vi prego,” cinguetta, tutta rossa in viso. Gli occhi celesti sono caldi ed emozionati, “Mi fate arrossire.”

“Chiamatemi Harry, ve ne prego.”

Un tossire improvviso, identico ad una risata camuffata, cattura un'altra volta l'attenzione di Harry. Il ragazzo e Charlotte si girano alle loro spalle dove il maleducato sconosciuto continua a bofonchiare nel pugno chiuso, chiare lacrime di divertimento agli angoli degli occhi.

“Louis, non sapevo avessi la tosse,” commenta preoccupata Charlotte, avvicinandosi al ragazzo e sfiorandogli le spalle con mani delicate. Solo ora Harry intravede una netta somiglianza fra i due. Stessi occhi chiari, stesso viso definito, stessa bocca sottile. Lo sguardo, però. Quello è totalmente diverso.

Charlotte sorride, le iridi tendenti al ceruleo sono spensierate e felici. Louis è privo di espressioni. Illeggibile ed indecifrabile. Una tavolozza di blu nettamente distinti e contemporaneamente mescolati. Harry scosta immediatamente lo sguardo.

“Harry,” dice Charlotte, arricciandosi una punta bionda con un dito magro, “Vi presento mio fratello Louis William.”

Harry porge la mano al ragazzo che la stringe in un attimo, forte. Una scossa elettrica sembra attraversarlo e lo costringe a tirare indietro il braccio, facendo sollevare le sopracciglia alla ragazza che lo guarda, confusa.

“Piacere di conoscervi, Harry,” proclama Louis con viso impassibile. La sua voce è acuta, vagamente femminea. In netto contrasto con l'aspetto mascolino del volto. E’ dannatamente bello.

“Piacere – mio,” balbetta il ragazzo, stringendo il pugno lungo il fianco e continuando a sorridere falsamente. Non si farà mettere i piedi in testa dall'arroganza del fratello di Charlotte, arroganza nei suoi confronti del tutto ingiustificata, inoltre. Lui deve sposarla perché così è stato deciso, non è certo colpa sua se sua sorella avrà un marito che non l'ama.

“Cari, dovrete essere stanchi, immagino,” irrompe all'improvviso la signora Styles, “Accomodatevi pure nelle vostre stanze; Meredith e Bart penseranno ai vostri bagagli e vi mostreranno la strada. Domani sarà una giornata importante, dovete essere riposati,” esclama poi, scambiandosi uno sguardo d'intesa con Charlotte che arrossisce furiosamente. Il pettegolezzo deve essere arrivato anche a lei, allora.

Sir Styles sta guardando con un'espressione cupa Louis che si sta chinando verso Meredith, in difficoltà con le numerose valigie di Charlotte. A cosa le servano tre valigie grosse quanto un tavolo per un soggiorno di una settimana, Harry non lo capisce. Le donne sono così strane.

“Lasciate che vi aiuti, mia sorella deve averci messo dentro un cadavere o qualcosa di altrettanto pesante, non potete sollevarle tutte da sola,” dice a bassa voce Louis con un leggero sorriso a Meredith che lo guarda con occhi sgranati, come se fosse un animale mai visto sulla Terra.

“Mister Louis, siete estremamente gentile, ma la serva sarà in grado di fare da sé. A quelle della sua specie insegnano a sollevare bacini pieni d'acqua fin da quando sono in fasce,” esclama Sir Styles con una roca risata di pancia. La moglie e Charlotte ridacchiano di sottofondo, coprendosi la bocca con la mano. Harry corruga la fronte alla battuta del padre, la pelle che pizzica per l'irritazione. Morde forte il labbro per impedirsi di rispondere. Meredith è una ragazza adorabile ed efficiente nei propri compiti, la cattiveria dell'uomo nei suoi confronti è sempre fuori luogo ed estremamente crudele.

Louis sembra pensarla come lui. Il viso è contratto in una smorfia di disgusto quasi rabbioso. Volge un sorriso delicato alla ragazza che tiene il capo basso e, mormorando scuse, le prende di mano le valigie più pesanti. Sir Styles e le altre due donne fermano immediatamente il riso.

“Sir Styles, siete estremamente maleducato, ma aiuterò lo stesso la ragazza. A quelli della mia specie insegnano ad essere cortesi con le signore in difficoltà,” sibila con gli occhi infuocati e la mascella contratta.

Il gelo invade la stanza ed il silenzio cala come una scure sopra le loro teste. Harry apre la bocca, esterrefatto. Adrenalina liquida scorre bollente nelle sue vene. Sir Styles ha il viso furente, pronto a scoppiare nell'ira più feroce, ma anziché abbaiare come suo solito, estrae nervosamente un sigaro dal taschino e lo posiziona fra le labbra, tirando un sorriso falsissimo.

“Avete ragione, ragazzo, sono estremamente maleducato. Vi prego di scusarmi,” dice l'anziano uomo, facendo gesto a Bart di accendergli il sigaro. Harry, immobile ed allibito, aspetta con preoccupazione lo sfogo e la rabbia che non possono mancare perché Jeffrey Styles si arrabbia. Sempre.

Dopo che ha cominciato a sbuffare nuvolette di fumo grigio, però, Styles fissa lo sguardo in quello gelato di Louis ed indica le scale con la mano libera, “Prego, Meredith. Mostra a Mister Louis dove posare le valigie.”

Harry deglutisce vistosamente, insicuro. La signora Styles tiene la mano davanti alla bocca per la sorpresa e Charlotte – oh, Charlotte. Il suo viso non è nemmeno vagamente paragonabile a quello di Sir Styles. E' incandescente, colmo della furia più mortale, pronto a cavare gli occhi a Louis, quasi sull'orlo di piangere.

Louis e Meredith si incamminano su per le scale, in religioso silenzio, con Bart e il resto delle valigie al seguito. Harry abbassa lo sguardo, consapevole di quello che Meredith subirà stasera, dopo il pranzo. Tutta l'ira di Styles tornerà, travolgente e micidiale, e si sfogherà su di lei. Sulla sua giovane schiena.

“Mh, cara,” farfuglia la signora Styles, sorridendo fintamente, “Volete seguirmi in giardino? Mi piacerebbe mostrarvi i fiori che sono sbocciati proprio quest'oggi.”

Charlotte sbatte le palpebre, come riscuotendosi da una trance, ed annuisce con educazione, seguendo la donna verso la porta che porta nel retro.

Scomparse le loro figure, Styles poggia una mano sulla spalla di Harry, pesante. Il ragazzo chiude gli occhi e respira, silenziosamente. Tu sei forte, Haz. Mantieni la calma, pensa fra sé, stringendo i pugni.

“Quel figlio di puttana,” sibila velenoso l'uomo vicino al suo orecchio, “L'ho capito appena è entrato che sarebbe stato un attaccabrighe, ma ora ne ho avuto decisamente la conferma. Non riesco nemmeno a credere che sia un Tomlinson.”

Perché è stato gentile con Meredith, la tua serva, o perché non è un cafone classista come te e suo padre?

“Suo padre mi aveva sì detto che il suo primogenito gli dava un po' di problemi, ma non credevo a tali livelli. E' una vergogna. Si vede che non ha mai ricevuto abbastanza cinghia,” continua, imperterrito, stringendo di più le dita mastodontiche sulla sua spalla. Sente quasi le sue unghie conficcarsi nella carne. Strizza di più gli occhi, mordendosi un labbro ed impedendosi di parlare, a qualsiasi costo.

“Un aristocratico che osa – osa umiliarmi davanti alla mia stessa serva dandomi del maleducato per avere semplicemente fatto notare come quella specie di essere umano sia più forte di lui. Deve essersi sentito ferito nell'orgoglio.” Harry si irrigidisce alle parole del padre, ma lascia correre. Lascia sempre correre. E' più facile così. “Non manderò a monte questo matrimonio per colpa di uno schizzinoso frocetto aristocratico. Ha sempre avuto la pappa scodellata, non sa nemmeno cosa significhi lavorare e vuole fare bella figura a casa di gente che per anni si è spaccata la schiena.” Che ha fatto spezzare la schiena a tutte le sue centinaia di lavoratori. “Sposerai Charlotte ed otterrai quel titolo, Harry. Non sarà di certo lui e il suo impertinente comportamento a bloccare questo processo. Io e suo padre abbiamo programmato il vostro matrimonio da quando sei nato, non mi importa se dovrò sopportare quella bestia sottosviluppata mentalmente. Andrà tutto come è stato stabilito. Tutto andrà bene, figlio mio, fidati di tuo padre.”

No, vorrebbe dire Harry, nulla andrà bene, padre, e tu lo sai meglio di me, ma le parole non gli escono. Il fiato sembra essere scomparso del tutto dai suoi polmoni.

“Ti dico solo una cosa, ragazzo: tieni gli occhi ben fissi su quel Louis. Per quanto possa essere maleducato nei miei confronti, la cosa non mi tocca più di tanto. Mi preoccuperebbe invece se cominciasse a mettere idee strane nella testa della sorella, se la convincesse che ... che ne so, non sei adatto ad essere suo marito. Un tipo del genere è capace di tutto, ricorda. Ho lavorato troppo duro per ottenere il titolo dei Tomlinson, non farò mandare all'aria un'opportunità del genere. Tu non manderai all'aria un'occasione del genere, figliolo,” conclude l'uomo, dandogli un'ultima strizzata alla spalla e sbuffando fumo come un comignolo.

Harry è gelato, in ogni fibra. E' fatto di vetro, sottilissimo. Potrebbe spezzarsi da un momento all'altro e non sa perché. Non sa davvero perché il vento d'Inverno soffi fuori dalla finestra e non lo stia portando via con sé.

“Beh,” esclama scocciato Styles, “Hai perso la lingua, Harry? Non rispondi a tuo padre?”

Il ragazzo deglutisce, aprendo gli occhi e sentendoli umidi, “Avete ragione, padre. Scusatemi. Darò retta ai vostri consigli, vi ringrazio.”

 

*

 

Il giorno successivo la casa dei Styles sembra la reggia del re. Cibi profumati e fiori colorati riempiono tutte le sale, in un'esplosione di Primavera anticipata. Il servizio bello è posizionato meticolosamente sulla tovaglia di lino, ogni cosa al suo preciso posto. Gli invitati sono seduti al proprio posto, non un centimetro più a sinistra né uno più a destra. Scherzano e parlano poggiando la mano sul petto ed inumidendosi le labbra di vino scuro. Harry si sta mordendo il labbro per il nervosismo.

Il cuore gli batte forte nel petto, quasi udibile a tutti, ne è certo. Sua madre lo sta guardando con uno sguardo fiero, d'incoraggiamento. Le sorride a sua volta, stringendo nel pugno poggiato sulle ginocchia il cofanetto nero: è il momento. E' arrivato il momento di chiudere questa faccenda.

Dove sei, amica mia? Perché non mi stai aiutando?

Prendendo la forchetta, ticchetta delicatamente il bicchiere, ottenendo l'attenzione di tutti, “Amici ed amiche, vorrei un attimo del vostro tempo per fare un annuncio importante,” proclama con la voce che trema. Un rivolo di sudore cola lungo la sua schiena, incespicando negli indenti della colonna vertebrale. Rabbrividisce.

“Charlotte Tomlinson,” mormora mentre apre la scatolina, schiarendosi la gola e girandosi verso la ragazza che gli è seduta di fronte e che lo guarda con gli occhi celesti spalancati. Louis ha un cipiglio durissimo, lì accanto a lei, ma Harry lo ignora, “Vorreste diventare la mia consorte?”

Ci sono vari versi sorpresi, a tavola, qualche risatina compiaciuta e i sospiri sconsolati di qualche ragazza. Charlotte sembra congelata sul posto e così suo fratello, la mascella contratta quasi fino allo spasmo.

“S-sì,” balbetta la ragazza, dopo qualche secondo. Un sorriso smagliante si dipinge sul suo viso, rosso per l'imbarazzo. Harry sorride in risposta, ma è più un ghigno ubriaco di malinconia.

Fra risolini ed applausi, il ragazzo la raggiunge e le si mette in ginocchio di fronte, infilando con difficoltà l'anello sul suo dito magro. Sir Styles innalza il bicchiere colmo di vino, “Ai futuri sposi,” esclama, tronfio di entusiasmo. Harry non fa caso al suo sguardo compiaciuto, non vuole vedere l'orgoglio nei suoi occhi. Non vuole vedere quanto il proprio stesso padre sia orgoglioso di rovinare la vita al suo unico figlio. Ora non gli può importare di meno. Deve solo cercare di restare a galla e respirare.

Il tintinnare del vetro che si sfiora e il brindisi entusiasta sovrasta il rumore della porta di ingresso che si apre d'improvviso. Louis trangugia il secondo bicchiere di bianco tutto d'un fiato.

“Sir, sir,” esclama irrompendo nella sala un uomo con il cappello in mano e le guance infuocate. Ha il respiro affannato, come se avesse corso per molto tempo. Styles lo fulmina, pronto a trucidarlo per l'improvvisa comparsa. Odia essere interrotto durante i pasti, soprattutto se maleducatamente, “Sir, scusate se interrompo il vostro pranzo, ma è successa una cosa grave alla fabbrica.”

Styles si alza immediatamente dalla sedia, livido in viso, “Cos'è successo, Liam?” domanda con tono pericoloso. Harry è in piedi, accanto alla sedia di Charlotte che guarda la scena con faccia preoccupata.

“Non credo sia il caso di dirvelo davanti ai vostri invitati, Sir,” tenta l'uomo, stringendo fra le mani il cappello tolto furiosamente dalla testa. Gli occhi marroni tremano alla luce stanca del sole.

“Non ho segreti con i miei invitati, Liam. Sono tutti miei cari amici,” insiste Styles, lanciando un'occhiata veloce alla gente seduta al tavolo. Sono tutti con le orecchie tese, la curiosità figlia della monotonia pronta a balzare come un leone.

“Non credo-”

“Dimmelo immediatamente, Liam,” ruggisce l'uomo, zittendo all'istante il chiacchiericcio sommesso dei coniugi Wood all'angolo del tavolo. L'atmosfera si fa tesa in un battito di ciglia. Harry stringe il legno della sedia con le dita fino a far diventare le nocche bianche.

“Un operaio, Sir,” mormora il povero Liam tenendo gli occhi bassi, “Un operaio è – morto mentre faceva delle riparazioni alle macchine.”

La signora Styles emette un verso shockato e porta la mano a coprire la bocca, arrossendo. Lo sguardo di Harry cade sul viso di Louis: i tratti sono incolore, indecifrabili, ma gli occhi celesti hanno qualcosa di diverso dal solito. Sembrano preoccupati. Eppure rimangono semplicemente stupendi. Harry scuote velocemente la testa.

“Chi era?” domanda Styles, interrompendo il pesante silenzio.

“Peter Maggs, Sir. Il figlio più piccolo di George Maggs,” risponde Liam ancora con lo sguardo al pavimento.

“Quanti anni aveva?”

Liam sembra irrigidirsi alla domanda, esitando qualche attimo, “Tredici, Sir.”

Harry sente lo stomaco stringersi e il petto gridare. Abbassa il volto verso i propri piedi, stringendo il pugno lungo il fianco. Peter Maggs è un bambino di soli tredici anni, anzi era. Lui a quell'età passava il pomeriggio a studiare con sua sorella o a giocare col cane. Non in fabbrica.

“Com'è successo?” insiste Styles, rimettendosi a sedere. Non sembra molto sconvolto dalla notizia. Harry spera che sia solo bravo a non far trasparire le proprie emozioni.

Dove sei? Ho bisogno di te.

“Era l'unico a poter aggiustare le macchine per via della grandezza delle sue dita quindi,” dice Liam, deglutendo con amarezza, la voce spezzata, “Quindi hanno mandato lui anziché un adulto e – deve aver fatto qualcosa, deve aver mosso o spinto la macchina, io non lo so, non...Gli - gli è caduta addosso, Sir.”

Styles porta il bicchiere alle labbra, prendendo un sorso piccolo e fissando il proprio piatto con aria pensosa. Muove lentamente la bocca, assaporando il vino prima di portare lo sguardo di nuovo su Liam, “Mh, capisco. La macchina ha subito molti danni?”

Harry spalanca gli occhi, incredulo. Si guarda intorno e sembra l'unico colpito dall'indifferenza del padre rispetto la morte di un bambino. Di un povero bambino di soli tredici anni morto in una fabbrica. Tutti sono intenti ad osservare Liam per una risposta. Nessuno minimamente toccato. Eccetto Louis.

Il ragazzo ha un'espressione allibita in volto che si trasforma in una frazione di secondo in pura rabbia, “State scherzando?!” esordisce, furente e sbigottito, “State veramente chiedendo se la macchina ha subito danni quando un bambino di tredici anni è morto?!”

Harry comincia a sudare, deglutendo. Non riesce a spiccicare parola, la lingua sembra fatta di pietra.

Sono un codardo, amica mia. Perché lo sono?

Styles fa scattare subito l'attenzione verso Louis, le sopracciglia sollevate, “Non credo che la cosa vi riguardi, Mister Tomlinson.”

Louis si fa scappare un verso stupito, “Oh, certo. La morte di un bambino non dovrebbe interessare nessuno,” commenta, inacidito e sarcastico.

“Sono stupito dal fatto che abbiate aspettato tanto ad intervenire. Mi domandavo quando avrei sentito la vostra irritante voce sciorinare il primo commento moralista che vi fosse venuto in mente, in effetti,” risponde Styles con calma inquietante. Porta di nuovo il bicchiere alla bocca, fissando intensamente Louis. Il ragazzo è sull'orlo di esplodere, i pugni stringono con forza i braccioli della sedia e gli occhi lanciano saette all'uomo.

“Se per voi essere umani e preoccuparsi delle persone è essere moralisti allora avete davvero dei gravi problemi intellettuali, Sir.”

Styles poggia rumorosamente il bicchiere sul tavolo, digrignando i denti come un cane, “Mi state dando dell'imbecille, Mister Louis? In casa mia? Quando siete mio ospite? Avete davvero tanto coraggio, insolente ragazzino borioso?” abbaia l'uomo nel pieno stupore della stanza. Tutte le altre persone osservano con facce incredule l'atteggiamento di Louis.

“Lou, ti prego, smettila,” mormora Charlotte preoccupata, guardando con occhi supplichevoli il fratello, “Non farmi fare queste figure.” Il ragazzo la fulmina e basta, non rispondendole.

“Non vi sto dando dell'imbecille, non mi permetterei mai,” dice sarcastico, con un sorriso velenoso sulle labbra rosate, “Vi sto solo facendo notare come siate disumano.”

Gli occhi della signora Styles escono quasi dalle orbite alle parole di Louis. Harry trattiene il fiato, respirando piano. Vorrebbe solo sparire.

“Come osat-”

“Bene,” lo interrompe il ragazzo, alzandosi in piedi, “Il mio pranzo è concluso. Se volete scusarmi, tolgo il disturbo e mi ritiro nelle mie stanze. Sir Styles, parlare con voi è sempre un piacere. Signora Styles, fate i complimenti all'adorabile Meredith per le pietanze; si è superata, ma non avevo dubbi. E – Harry,” dice, girandosi verso il castano che lo fissa stordito, “La proposta di matrimonio era davvero banale, avreste potuto fare di meglio.”

“Louis,” esclama allibita Charlotte, rossa per l'imbarazzo. Styles sta stringendo con furia il tovagliolo ricamato.

Il ragazzo le rivolge un sorriso ironico, “Sorellina, ci vediamo stasera. Signori, è stato entusiasmante fare la vostra conoscenza, davvero. Intrattenete come il migliore dei circhi.” E ridacchiando alla propria cattiveria, scompare dalla stanza come se niente fosse. Come se fosse egli stesso il padrone della casa.

Qualcuno si permette di spettegolare nelle orecchie del vicino, nemmeno tanto silenziosamente, ma la maggior parte è in un semplice stato di stupore. Styles aspira anche l'ultima goccia di vino.

“Bart,” chiama a gran voce, “Porta altro vino. Immediatamente. E tu, Harry, mettiti a sedere, per la miseria.”

Il ragazzo si siede al posto ormai vuoto di Louis e fissa il piatto davanti a sé. Il cuore gli batte troppo forte.

Affogando.

 

*

 

Se c'è una cosa di cui Harry è sicuro nella propria vita, è che ama la luna. L'ha sempre fatto, fin da piccolissimo. Durante le notti di luna piena, quando la nutrice lo metteva a letto, spegnendo la lampada e intimandogli di dormire, lui annuiva e si nascondeva sotto le coperte finché i passi pesanti della donna diventavano lontani. Allora, silenziosamente, zampettava fino alla finestra e si sedeva sul davanzale di legno. Era lì che si sentiva al sicuro da tutto. Dalla cinghia del padre, dalle urla della nutrice, dalle bacchettate dell'insegnante, dal mondo. Sotto la luce della luna, Harry era protetto da qualsiasi cosa, da chiunque.

Aveva l'abitudine di passare le ore semplicemente a fissare quel grande cerchio di metallo che brillava timidamente sulle strade di un'assopita Londra, stanca e triste. Le chiedeva a bassa voce se anche lei ogni tanto sentisse uno strano prurito alla pelle, se si sentisse mai abbandonata. Rincorrere il sole tutta la vita deve essere un lavoro complicato.

Perché la nutrice gli aveva raccontato questa storia, una volta: gli aveva detto che la luna è l'amante del sole e che però, per una maledizione, sono destinati a rincorrersi per tutta la vita, senza mai raggiungersi. Al sorgere dell'uno, tramonta l'altra e viceversa. Una ricerca continua, un amore impossibile. Ad Harry è sempre piaciuta come storia. Era una domanda in più da fare alla sua amica di notte: come ci si sente a inseguire il proprio amore per sempre, sapendo di non poterlo mai raggiungere? Era troppo piccolo, al tempo, per elaborare una risposta. Troppo ingenuo per sapere che l'amore non esiste quasi mai. E’ solo un’invenzione.

Non ha mai detto a nessuno di questo suo particolare rituale, verrebbe preso per pazzo. Quale borghese passerebbe la notte a fissare uno sciocco fenomeno naturale come la luna? Ovviamente uno che non ha mai sputato sangue per crearsi una reputazione e crede di poterla buttare via in ogni momento, convinto di riottenerla con il minimo sforzo, risponderebbe suo padre, ma Harry non è d'accordo.

Lui risponderebbe che una persona del genere è un sognatore.

Forse però sarebbe anche peggio che essere considerato pazzo. Suo padre non vede di buon occhio quelli che non hanno i piedi in terra. Li chiama “figli dell'inutilità”.

Lui non si sente inutile, non crede di esserlo. L'inutile è colui che non serve alla società, colui che non svolge niente di rilevante per l'umanità e - ha ragione suo padre: lui è inutile. In fondo, cos'ha che lo rende utile alla società? Non lavora, diventerà il capo di una fabbrica perché la erediterà dal padre, ha avuto un'infanzia agiata, piena di risorse che molti altri non hanno, ha una bella famiglia, è ricco. Perché dovrebbe essere utile? Serve solo come tappezzeria. Buttato addosso ad una donna per mandare avanti la generazione e creare altra inutilità da gettare sulle spalle dei più sfortunati.

Clak. Slam.

“Maledizione,” mormora una voce sommessa dal corridoio. Qualcosa deve essere caduto.

Harry scende dal davanzale, infilandosi le pantofole e corrugando la fronte. Chi può essere sveglio a quest'ora? Silenziosamente apre la propria porta per vedere quella dalla parte opposta chiudersi. La stanza di Louis.

Si mordicchia un labbro, indeciso sul da farsi. Louis odia Harry, si vede chiaramente, ma Harry, da parte sua, è pervaso da una strana curiosità nei confronti del ragazzo. E' maleducato, impertinente, fuori luogo e terribilmente sarcastico eppure – c'è qualcosa di inusuale nei suoi occhi. Non sono malvagi. Hanno un'ombra particolare, una sfumatura incomprensibile.

Hanno qualcosa di te. Qualcosa di malinconico.

La cosa più logica sarebbe tornare in camera ed andare a letto, ma Harry non è mai stato troppo logico. In punta di piedi raggiunge la stanza dell'ospite e con un attimo di titubanza bussa, delicato.

Altri rumori di cose che cadono e qualche imprecazione e Louis apre la porta. Gli occhi celesti si colorano subito di pura confusione.

“Harry?” domanda, bisbigliando, “Cosa fate sveglio a quest'ora?”

Il ragazzo deglutisce, stringendo il pugno all'interno della tasca della vestaglia. Ecco, cosa ci fa sveglio a quest'ora? Può dirgli che gli piace osservare la luna e farsi sfottere ancora di più? Non è il caso. Deve cercare di mantenere una certa immagine con questo tizio. Suo padre l'ha avvisato: i tipi come lui sarebbero capaci di tutto.

L'essere umano è capace di tutto, tu lo sai bene.

“Mh,” farfuglia Harry, “Potrei farvi la stessa domanda?” tenta, imbarazzato, trasformando quella che sarebbe dovuta essere una risposta sarcastica in una richiesta debole. Quant'è patetico.

“Potreste, sì,” annuisce Louis, sorridendo appena. Forse però Harry si sta sbagliando, “Non riesco a prendere sonno, purtroppo. Voi?”

Parlo con la luna.

“Uguale. Devo aver mangiato qualcosa che mi è rimasto indigesto,” inventa, mordicchiandosi di più il labbro. La luce della luna illumina da dietro il volto di Louis, confondendo in una tavoletta di colori i neri e i grigi dei suoi tratti.

“Ah, via, non esagerate. Siete giovane, di certo un pasto più pesante non può farvi stare sveglio la notte. Probabilmente avrete dei pensieri in testa.”

Harry sbatte le palpebre un paio di volte. Perché il tono di Louis è così – soffice? Così diverso dal suo solito difensivo e mordace parlare. Il ragazzo sembra accorgersi dello stupore nel volto di Harry. Sorride appena, timido, ed apre un po' la porta.

“Venite, Harry. Non vi mangio. So che escludendo i miei momenti di fervore posso sembrare un essere umano accettabile, Charlotte me lo ricorda sempre,” scherza il castano, facendo segno con la mano all'altro di sedersi su una seggiola che è posta davanti alla finestra. Quasi come se – fosse lì per guardare la luna...

“Guardate la luna?” domanda Harry, non riuscendo a celare l'udibile stupore; si siede lentamente, ammaliato dal bagliore accecante che proviene dal cielo. Louis ridacchia delicatamente. In maniera totalmente diversa dalle altre poche occasioni in cui Harry è stato in sua compagnia.

“Chi è il pazzo che non guarderebbe la luna? E' un tale mistero, quella cosa lì. Da piccolo passavo le notti intere a fissarla, a farle domande, come se lei potesse rispondermi,” mormora piano, un sorriso privato sulle labbra chiare. Harry sente il cuore battere un po' più forte.

Non sei il solo.

“Mio padre direbbe che i pazzi sono coloro che ci perdono tempo dietro.”

Louis emette una specie di sbuffo e si siede su una poltrona nascosta dal buio, a gambe incrociate, “Io e vostro padre non abbiamo le stesse idee, mi sembra che ormai sia ben chiaro.” Harry non controbatte ed ascolta il silenzio. Leggero e piacevole. Un silenzio particolare.

“Penso che dovremmo darci del tu, fra noi,” mormora dopo un po' Louis, “Abbiamo la stessa età, credo, questa stronzata del voi e del oh, vi prego, messere, sia veramente scandalosa.”

Harry ridacchia con tutto il corpo, soffocando le risate nel palmo ed annuendo, “Sì, sono d'accordo. Diamoci del tu.”

“So,” inizia Louis dopo qualche istante di silenzio ancora, “che tu pensi che io ti odi perché ti tratto male e sono come sono, ma vorrei dirti che non è così. Non ho motivi per odiarti.”

Il ragazzo si gira a guardarlo, confuso, “Allora perché mi tratti in quel modo? Non sarebbe meglio se ti comportassi sempre come stasera? A dire la verità sono davvero sorpreso. Non pensavo potessi essere così.”

Il volto di Louis si oscura una frazione di secondo per poi tornare sorridente, ma - vago, “Non lo pensavi perché non lo do a vedere. Sono bravo a non farmi scoprire. E ritieniti fortunato, Harry: non parlo mai con nessuno, soprattutto non con uno che ho conosciuto da malapena due giorni però oggi è una giornata particolare, quindi...”

Harry si scosta una ciocca riccia dal viso, mettendola dietro l'orecchio e fissando fuori dalla finestra, “Come mai non vuoi farti vedere?”

Louis non risponde e Harry non si gira a guardarlo perché sente di aver quasi oltrepassato un limite, di aver esagerato. Quando una voce lieve lo raggiunge, crede di essersela immaginata, “Sei così ingenuo, Harry.”

Le parole non cattive, ma deboli, inudibili, fanno girare di scatto il riccio. Louis lo fissa con occhi stanchi, “Se ti fai vedere, sei vulnerabile, lo sai?”

“Meglio che mentire, però,” ribatte prontamente, portando i piedi sulla sedia e le ginocchia sotto il mento. Louis scrolla le spalle.

“Non si può avere tutto dalla vita.” Ma io ce l'ho. L'ho sempre avuto e anche tu. Noi abbiamo sempre avuto tutto dalla vita, Louis. “Alcune volte bisogna fare dei sacrifici per continuare senza problemi.”

Harry si morde un labbro, sospirando piano, “Cos’è che non hai, allora? Cos’è che non fai vedere di te?”

Gli occhi di Louis sono immensi, alla luce della luna. Brillano come gemme nel nero cielo e ad Harry manca per qualche secondo il respiro. Questo significa affogare? Eppure è così piacevole...

“Perché lo vuoi sapere?”

Il riccio alza le spalle, arrossendo appena. Le guance si colorano impercettibilmente, ma sa che Louis riesce a vederle anche nell’oscurità della stanza, “Perché io e te siamo più simili di quanto sembri.”

Louis ridacchia appena, amaro. Si scosta la frangia dal viso e comincia a giocherellare con il labbro inferiore, stuzzicandolo con le dita magre. Harry stringe i pugni e si morde la lingua. Non riesce a spiegarsi perché abbia un’insana voglia di raggiungerlo e accarezzare quelle labbra che sembrano così morbide.

Lo sai benissimo perché, Harry. E’ tutta la vita che lo sai.

“Siamo simili, è vero, ma anche molto diversi,” mormora Louis con l’ombra di un sorriso, “Ci sono cose che entrambi sappiamo di noi stessi o dell’altro, ma che non abbiamo il coraggio di dire ad alta voce perché fanno troppa paura.”

E’ lo sguardo che gli lancia, ceruleo e spaventato a far capire ad Harry che Louis sa. Sa che Harry non è come gli altri, che è diverso. Deglutisce vistosamente, d’un tratto non più a proprio agio.

“E cosa ti fa essere così sicuro di questa – mh, cosa?”

Louis questa volta arrossisce appena, così delicato e puro. Harry non riesce a concepire come possa essere così etereo ed ammaliante. Non dovrebbe essere così, non dovrebbe trovare Louis bello. E’ Charlotte, la sua fidanzata, quella che dovrebbe fargli battere il cuore, eppure non è così. Sono gli occhi celesti di Louis e non di Charlotte a farlo tremare.

“Ci vuole uno zoppo,” sussurra come in un segreto, “per riconoscerne un altro, no?”

Harry abbassa subito la testa, fissando il pavimento e sentendo il sangue scorrere come un cavallo al trotto dentro le sue orecchie. Non sei solo, Harry. Non sei l’unico.

Apre la bocca perché non sa bene che fare, ma il rumore di una carrozza lo distrae, facendogli portare subito l'attenzione alla finestra, come un bambino curioso. Il trottare dei palafreni scompare in un secondo, ma il quaderno abbandonato all'angolo del davanzale no.

Non l'aveva notato prima.

E' piccolo, nero. La pelle è consumata come se avesse attraversato le peggiori disavventure. Gli angoli sono abrasi e vecchi, ma nel complesso è ipnotico. Sa di vissuto e di sofferto. Un qualcosa simile ad una stretta gli prende il cuore nel petto.

“Cos'è?” chiede, indicando con un dito il quadernetto. Louis segue con lo sguardo la sua indicazione, alzandosi poi di scatto per prendere l'oggetto e tenerlo lungo il fianco, difensivamente. Gli occhi celesti vacillano come stelle timide.

“Nulla, una sciocchezza,” biascica, risedendosi. Porta le mani al petto, stringendo il misterioso libricino con possessività. Harry chiude la bocca, sentendosi improvvisamente a disagio.

Galleggiamo a stento, noi, anime senza perché.

“Non mi piace il mio cognome,” mormora Louis, di punto in bianco. L'altro ragazzo si gira a guardarlo con la fronte corrugata, incapace di comprendere l'affermazione.

“Cosa vuol dire, scusa?”

Louis scrolla di nuovo le spalle, timidamente, “Non mi calza, capisci? Tomlinson, mpfh. Non – è del mio colore, ecco,” risponde come se fosse la cosa più logica del mondo. Harry continua a non riuscire a seguire il filo del discorso, “Io – ho un'aura più grigia, grigia petrolio quasi nera. Anzi, decisamente nera. No, forse – rossa? Oh, diamine, non lo so. Sono sicuro però che il marrone, il marrone di Tomlinson, non sia per me, non mi descrive. Quando trovi il colore della tua aura, allora hai trovato il tuo cognome. E’ una teoria molto interessante che lessi da qualche parte.”

“Ma,” dice Harry chiaramente confuso, “Un cognome non deve descriverti, Louis. Non – riesco a capirti. E' un titolo che ti viene dato da tuo padre, non puoi farci niente. Come non - mh, spiega te non avrà spiegato e non spiegherà molti altri – credo.”

Louis sbuffa simile ad un bimbo capriccioso, “Deve descriverti, invece. Non puoi dire ehi sono Louis Tomlinson, piacere di conoscervi, Harry Styles se il tuo nome non ti descrive, capisci? Tipo – tipo Wood! Wood mi calzerebbe a pennello come nome, forse. Anzi no, troppo scontato. Dovrei trovare qualcos'altro,” spiega vorticosamente. Harry lo guarda come se avesse appena dichiarato guerra al re d'Inghilterra. Probabilmente, si rende conto in quel momento, se Louis avesse davvero dichiarato guerra all’Inghilterra, Harry sarebbe dalla sua parte. Si morde di nuovo la lingua, stringendo i pugni e scuotendo la testa, “Non-” prova a dire, ma viene interrotto immediatamente.

Louis alza gli occhi al cielo, scocciato, “Sei così borghese, Harry, mio Dio. Ti sembro pazzo perché faccio discorsi del genere? Preferiresti qualcuno che parla solo di lavoro? Mi dispiace, non sono il tipo. Le uniche cose di cui potrei parlarti sono la mia lotta personale per il raggiungimento di eguali diritti per tutti e poesia, quindi-”

“Poesia?” chiede subito il ragazzo, incuriosito. La poesia è considerata attività da nullafacenti, non da uomini ricchi come Louis che devono solo pensare a guadagnare ogni giorno di più. Harry si sistema meglio sulla sedia, fissandolo intensamente. Louis spalanca un attimo gli occhi, colto sul fatto.

“No, no, ho sbagliato. Non ci capisco nulla di poesia,” ridacchia nervosamente, passandosi una mano dietro il collo.

Harry corruga la fronte, “Riconosco un bugiardo quando ne vedo uno,” dice, impuntandosi. Lo sguardo del castano si rabbuia subito, tornando a quell'espressione guardinga e sarcastica di poche ore prima. Piccole rughe si formano intorno agli occhi ed Harry non riesce a distogliere le iridi da questo spettacolo.

“Visto che riconosci un bugiardo così bene, mio caro,” sibila, velenoso, “Cosa ne dici se ti dico che sono entusiasta di averti nella mia stanza e non vorrei che te ne andassi immediatamente?”

Harry scuote la testa, stranamente sicuro di sé, “Ed ecco che torna il buon vecchio Louis.”

Un accenno di risata cattura la sua attenzione. Louis nasconde la bocca col palmo, guardando basso. Non è una risata, comprende Harry, è quasi un mugolio forzato. Piega la testa, confuso.

“E' meglio che tu vada a letto, Harry,” mormora dopo un po', tenendo gli occhi sulle proprie mani che giocano fra di loro, “Domani devi svegliarti presto. O almeno Charlotte ha detto così.”

Il ragazzo annuisce, consapevole. Domani deve fare un giro per Londra insieme a Charlotte. Sospetta che suo padre lo faccia più che altro per far vedere in giro l'anello della sua promessa sposa, ma cerca di non pensarci.

Contro voglia si alza, stiracchiandosi appena. Vorrebbe restare, parlare con Louis, nascondersi da tutto quello che l’aspetta e passare il giorno a fissare l’adorabile modo in cui il naso del castano si arriccia quando cerca di non ridere, ma – ma è sbagliato, tutto questo. Tutto questo è dannatamente sbagliato e – e la luna lo sta chiamando, sì. Gli chiede perché oggi non le abbia dato attenzioni. E' triste. Harry si morde un labbro, colpevole. Mi farò perdonare, amica mia. Un fascio di luce gli accarezza la caviglia all'improvviso. Forse gli sta dicendo che capisce come mai l’ha ignorata. Harry però spera che non l’abbia capito anche lei. Gli basta la propria consapevolezza.

Arriva alla porta e la apre piano, cercando di non fare rumore. Louis tiene le braccia conserte, quasi ad abbracciarsi. Il viso perso fuori dalla finestra. Piccoli respiri escono dalla bocca di rosa, alla vista così delicata e morbida. Harry ci perderebbe le ore solo ad accarezzarla con le dita. E’ così sbagliato.

“Cosa hai intenzione di fare con il tuo cognome?” gli domanda per distogliere l’attenzione dalle proprie considerazioni, girando la testa indietro e dandogli le spalle.

Louis lo guarda un attimo, un accenno di sorriso sulle labbra. Si gira di nuovo verso la luna e lei gli sorride, rassicurante, “Cercherò il mio.”

*

 

Harry quella notte sogna di una foresta scura. L’unica cosa che ricorda è che fra gli arbusti e i rami taglienti c’erano due occhi di un celeste sconvolgente.

 

*

 

L'amore di una vita è una scelta importante, gli hanno sempre detto. E' qualcosa che sai senza rendertene conto. Un giorno sei normale, quello successivo chissà, potresti trovare la tua anima gemella.

Lui non ci crede.

Vive in un mondo dove le persone si sposano perché i genitori dicono così, dove le uniche cose riconducibili a qualcosa simile all'amore sono le notti fredde di sesso nei vicoli delle periferie. Un bacio sulle labbra, una pacca sulle natiche, un cuore ancora più gelido. Una nenia straziante che gira e rigira, senza mai fermarsi.

Si chiede perché una cosa che è descritta nei libri come meravigliosa sia poi così sbagliata. Perché ogni sospiro, ogni bacio creino una profonda ferita. Forse l'amore non è questo. Deve essere qualcosa di supplementare, un completarsi. Un lenirsi i dolori a vicenda.

E se le mie cicatrici fossero troppo spesse? Se marcassero la mia vita per sempre?

Gli è successo molte volte, ha creduto di amare fanciulle, bellissime ragazze, ma poi – c’era sempre qualcosa di urticante sulla pelle che non lo faceva dormire per giorni. Ad ogni carezza, qualcosa dentro di lui si sgretolava, la ferita nel petto diventava più grande. Forse i suoi tagli sono davvero troppo profondi per essere curati.

Charlotte gli sorride, intimidita, “Siete pensoso oggi. E' successo qualcosa?” domanda educatamente.

Si può respirare anche se si è immersi in un mare di acqua gelida?

“No,” risponde tirando un sorriso, “Non vi preoccupate. Ho solo dormito male questa notte. La cena deve essere stata troppo pesante, suppongo.”

La ragazza annuisce flebilmente con i capelli dorati, distese di girasoli d'Estate. E' così bella, un fiore delicato. Harry non riesce a guardarla e sposta velocemente lo sguardo, ingoiando amaro.

“Vostro padre ha detto che andremo alla fabbrica uno di questi giorni,” mormora dopo un po' lei, fra un sorriso a questa coppia e un leggero piegare il capo a quest'altra. Le strade principali di Londra, quelle della popolazione perbene ovviamente, sono affollatissime in questo orario. Tutti vogliono mostrare i propri acquisti e farsi vedere, “Mi ha anche detto che presto sarà vostra. Siete emozionato?”

Harry annuisce, sorridendo ancora. Sente mille spilli lungo la schiena, centinaia di corde a stringerlo.

I polmoni pieni d'acqua.

No, non si può respirare.

 

*

 

“Alle volte sono davvero senza ritegno, giuro,” esclama scandalizzata Charlotte con le mani al caldo nel pellicciotto. Il vestito chiaro spunta da sotto il cappotto.

Harry si gira verso di lei, alzando un sopracciglio, non comprendendo, “A chi vi riferite, scusate?”

La ragazza lo guarda quasi divertita, come se fosse un bambino che fa una domanda ingenua, “Gli operai, Harry. E' quello di cui vi ho parlato finora...”

Oggi l'acqua è particolarmente fredda, non credi, Luna?

“Oh, certo, scusate. Mi ero distratto un attimo,” farfuglia, passandosi una mano sul viso, per cercare di riprendere in mano la situazione. Ha come l'impressione che tutto stia scivolando via, non riesce a trattenerlo con le proprie dita, “Come mai sarebbero senza ritegno?”

Louis, dall'altra parte della carrozza, si irrigidisce appena, lo sguardo fisso sulla strada che scorre veloce fuori dal vetro. Il grigio del cielo mette in risalto il colore dei suoi occhi. Harry scosta subito lo sguardo.

“Oh, beh, mi ha raccontato vostro padre,” Harry cerca di non essere infastidito alla menzione, “che l'altro giorno li ha beccati di nuovo nel pieno di una riunione segreta, qualcosa tipo quelle di quei pazzi luddisti, avete presente? Incredibile, davvero. Come si può ribellarsi a coloro che offrono l'unica possibilità a questo mondo di sopravvivere? Sono così irriconoscenti e presuntuosi.”

Harry corruga la fronte, infastidito. Non pensava che Charlotte la pensasse come suo padre, che fosse così bigotta, “Mh,” inizia, schiarendosi la voce, “Non credo che siano irriconoscenti, Charlotte. Mio padre dà loro delle possibilità, sì, ma alcune condizioni sono davvero disumane, dovrete ammetterlo.”

Una scarica di paura gelata gli percorre la schiena.

Hai detto la tua, per una volta, sono così orgogliosa. Non essere spaventato, sono qui con te, Harry.

Tappa immediatamente la bocca, spalancando gli occhi. Charlotte fa lo stesso. Apre appena la bocca, esterrefatta. Louis lo sta guardando con le sopracciglia sollevate, sorpreso. Le labbra si dipingono in una perfetta o.

“Cosa state dicend-”

Una frenata improvvisa fa destabilizzare la carrozza, facendo perdere a tutti e tre l'equilibrio. Harry cade in avanti, poggiando le mani sulle ginocchia di Louis per non battere con il viso. Le urla del cocchiere sono colme di ira.

“Vattene, brutta puttana,” sbraita l'uomo, accompagnandosi con il rumore del frustino dei cavalli, “Togliti dalla mia strada o ti faccio rinchiudere in gattabuia!”

La mano di Charlotte cerca la sua, preoccupata, ma Harry la scansa, scendendo dalla carrozza in un battito di ciglia. Louis gli è dietro.

Mi sta travolgendo. Aiutami, amica mia. Ti prego.

Una donna è sulla strada, sdraiata sulla terra sporca, le lacrime pulite che colano sulle guance fuligginose, “Vi prego, datemi del denaro. Ho due figli, non ho soldi per nutrirli, stanno morendo,” urla, porgendo le mani al cielo in aiuto. Il cielo non l'aiuterà, pensa Harry, non lo fa mai.

Il ragazzo si avvicina, ignorando i richiami di Charlotte e del cocchiere, “Non avvicinatevi, Mister. Questa puttana potrebbe attaccarvi chissà quale malattia solo guardandovi.” Harry lo fulmina, furioso, e si piega di fronte a lei, porgendole il fazzoletto di lino che ha in tasca. Louis lo sta fissando, i suoi occhi blu sono come punte di coltello sulla sua schiena.

“Come vi chiamate?” le domanda, osservando le sue iridi marroni allibite che passano dal fazzoletto al suo viso. Si stringe a se stessa, come se temesse di essere picchiata. E' una donna bellissima, ma ha tanto nero addosso, i suoi tratti si confondono con la cenere.

“Marguerite, messere. M-Marguerite, credo...”

Il ragazzo trattiene il respiro e prova a sorriderle, ma tutto fa male: non ricorda nemmeno il proprio nome, “Prendete il mio fazzoletto,” dice con dolcezza, “Non piangete, ve ne prego. Dovete essere forte, mh?”

La donna lo guarda piena di sgomento e tira su con il naso, maleducatamente. Prende il fazzoletto, toccandolo come se avesse paura di romperlo con le proprie dita sporche. Annuisce appena, asciugandosi le guance con il tessuto. Lunghe strisce di nero sfumano il rosa della pelle.

Harry respira, cercando di mantenere il sorriso sul volto ed estrae tutto il contante che ha, “Tenete. Fatene saggio uso, mi raccomando,” le mormora, offrendole i soldi. Marguerite apre la bocca e scoppia a piangere, ridendo.

“M-messere, io – io. Grazie, non-”

Harry le sorride ed ella capisce che non c'è bisogno di parlare. Sono sulla stessa barca. A piani diversi, ma sulla stessa identica barca.

Le porge la mano, l'aiuta a rialzarsi e solo in quel momento si rende conto della piccola folla che dai marciapiedi commenta ed osserva la scena, stupita.

“Ma quello non è Mister Styles? Il figlio dello stesso Styles che ha la fabbrica in fondo alla strada?”

“Cosa ci fa con quella puttana? Pensavo che questi uomini ricchi stessero più attenti alle loro perversioni sessuali.”

“Ah, guarda, come minimo le avrà dato il suo indirizzo per andarlo a trovare stanotte.”

“Ho saputo che si sposerà con quella ragazza, mh, Tomlinson mi sembra? Charlotte Tomlinson? La figlia di un Lord, se non sbaglio.”

Harry respira forte dal naso ed ignora la rabbia che gli scorre nelle vene. Non si arrabbierà per le solite malelingue. Deve mostrarsi forte. Sorride un'ultima volta a Marguerite, aiutandola ad alzarsi e i versi di sgomento quando le porge la mano come sostegno sono incredibili. Deve ingoiare tutta la bile che gli è salita in gola per riuscire a respirare di nuovo.

Però anche lui ha sbagliato, in fondo. Un nobiluomo non può toccare la mano di una donna di strada, forse una prostituta. Non è decoroso. Non importa se la donna stesse piangendo sdraiata sulla merda di cavallo e chissà cos'altro. Rimane una puttana di periferia e lui rimarrà un borghese di alto bordo.

“Vieni, Harry, non fare caso a quello che dicono. E' meglio se rientri nella carrozza e non crei ulteriore scalpore,” gli sussurra Louis, improvvisamente troppo vicino e troppo lontano da Harry. Ha bisogno di spazio, di aria, ma allo stesso tempo sente il bisogno di stringerlo a sé. Di baciarlo sulle labbra. Un bacio dolce, un leggero accarezzarsi. La pelle pizzica piacevolmente solo al pensiero. Allontanando i pensieri dalla testa, annuisce e dopo che la donna se n'è andata ritorna sulla carrozza, con lo sguardo immediatamente indirizzato al cielo, fuori dal finestrino. L'atmosfera è tesa.

“Perché l'avete aiutata, Harry?” domanda Charlotte poco dopo che la carrozza ha ripreso la propria andatura, “E' una donna dei bassi fondi, avete idea di quello che avete fatto alla vostra immagine? Per fortuna che non c'era nessuno di importante in questo quartiere maleodorante. Non oso pensare a ciò che avrebbe potuto arrecare alla vostra fama e considerazione nella società un gesto del genere.”

Harry si gira subito verso di lei che ha la faccia contrita, realmente offesa e quasi schifata. Louis sta fissando la sorella a denti stretti, i pugni chiusi sulle gambe, “Spero stiate scherzando, Charlotte,” risponde Harry con tutta la calma possibile, “Quella donna si è buttata in mezzo alla strada, rischiando di essere travolta, per chiedere i soldi per i figli che stanno morendo. Li ha chiesti a noi che ne abbiamo a bizzeffe e possiamo permetterci di comprare abiti di alta sartoria quasi ogni settimana. Non vi sembra disumano aver pensato anche solo un secondo a far ripartire subito la carrozza o a non scendere affatto, a lasciarla sulla terra mentre il cocchiere la infamava? Credo che avrebbe fatto molto peggio per la mia coscienza non aiutare quella donna di quanto possa aver fatto farmi vedere insieme a lei per la mia notorietà. Quindi sì, ci ho pensato e ne ho tratto le mie conclusioni, grazie infinite.”

La ragazza copre la bocca con mano tremante, gli occhi sull'orlo di essere lucidi, ma decisamente scottati e feriti. Il tono pungente di Harry non deve esserle sfuggito. Charlotte si gira dalla parte opposta, dando le spalle al ragazzo ed ingobbendo appena la schiena. Harry non riesce a sentirsi in colpa.

Con la coda dell'occhio vede Louis con il solito luccichio incomprensibile nelle iridi blu, ma stavolta ha qualcosa di diverso. Sembra orgoglioso.

Per qualche motivo, Harry sorride a sua volta, sentendo il cuore farsi un po’ più grande.

 

*

 

“Questa è la sala principale dove lavora la maggior parte degli operai e poi c'è lo stabile qua accanto, non so se ci avete fatto caso, che invece contiene il resto della gente,” spiega il ragazzo tenendo il cappello in mano dopo essersi inchinato davanti a Charlotte e a gli altri due. La ragazza si guarda intorno con aria preoccupata, forse tendente allo schifato.

“Cos'è questo tanfo orribile, mio Dio,” si lamenta portando due dita delicate a tappare il nasino. Nell'angolo sinistro della stanza due bambini stanno fissando Harry con chiaro timore.

Il supervisore della fabbrica (dovrebbe chiamarsi Liam, se Harry non ricorda male), sembra realmente mortificato dall'odore sgradevole, come se fosse colpa sua, “Oh, beh, signorina, ecco. Le latrine sono piuttosto vicine quindi probabilmente è – quello.”

Charlotte storce il naso, facendo una smorfia, “Ma che facciano i propri bisogni a casa loro, cielo! Quest'aria è irrespirabile!”

Harry la guarda ad occhi sgranati: non può essere così. Non così.

“Lottie,” la chiama Louis con tono arrabbiato ed allibito, “Lavorano dalle dodici alle sedici ore al giorno. Secondo te riescono a tenerla per così tanto tempo?”

Il rossore sulle guance di Charlotte è palese. Harry lo trova bello, bellissimo addirittura, ma la sua constatazione gli fa venire voglia di andarsene.

Così bella, come una bambola.

Così vuota, come me.

“Beh, allora,” ribatte insicura, “Allora dovrebbero aprire le finestre o-”

“Vedi delle finestre?” incalza Louis ora decisamente irritato, “Queste persone sono costrette ad orari disumani senza nessuna eccezione di genere: uomini, donne e bambini. Hanno qualcosa come un minuto per poter svuotare la vescica e mettere sotto i denti un pezzo di pane raffermo. Non c'è né aria né illuminazione perché le lampade a olio costano troppo. Ora, ti sembra ancora il caso di lamentarti?”

Harry si morde un labbro, sentendo qualcosa bollire all'interno dello stomaco; Charlotte è color vermiglio, “Lou, mi stai mettendo in imbarazzo,” sussurra impacciata. Il fratello non risponde, scostandosi da lei con fare sgarbato.

“Ecco,” riprende prontamente il supervisore: grosse strisce di sporco gli disegnano il viso. Chissà quand'è stata l'ultima volta che ha potuto farsi un bagno. Chissà se ha mai avuto la possibilità di farne uno in vita sua, “Laggiù ci sono i-”

Un urlo acuto interrompe l'uomo che fa scattare l'attenzione nella direzione del rumore. Una piccola folla sta accorrendo in quel punto, “Fermatevi! Ognuno rimanga alla propria postazione,” sbraita l'altro supervisore che non ha aperto bocca finora, ha la pelle più scura del normale. Gli operai sembrano ignorare i suoi ordini e in gran numero si ammassano intorno ad un corpo che geme di dolore.

“Che succede?” domanda preoccupata Charlotte.

“Non lo so, devo andare a vedere,” risponde Liam, affrettando il passo e facendosi strada fra i corpi. Harry e Louis lo seguono senza fiatare.

Deve essere sempre così? Deve sempre soffrire qualcuno?

“Oh mio dio, aiuto! Aiuto,” piange una donna che tiene in braccio un bambino in lacrime. Le piccole mani sono strette al petto, grondanti di sangue.

Liam si avvicina ai due, in una frazione di secondo, “Cos'è successo?” domanda spaventato, cominciando ad esaminare le mani del bimbo. Lo stomaco di Harry si contrae alla vista: i palmi sono privi di pelle, si intravedono i tendini, i fasci muscolari. Molti sono dilaniati.

Devi sapere che se ci si abitua a soffrire è difficile smettere.

“N-non lo so, era al telaio e – e ha urlato e – sono corsa qui e gli ho visto le mani e sta sanguinando e-” singhiozza la donna. Probabilmente è la madre.

“Calma, devi stare calma, Paula,” cerca di tranquillizzarla Liam. Le dita non si muovono minimamente ed il bambino piange sempre più forte, “Mi f-fanno male, mamma,” geme disperato, “Non 'e riesco a m'overe.”

La donna lo stringe al proprio petto singhiozzando insieme a lui e mormorandogli qualcosa di rassicurante. Le persone tutte intorno stanno cercando di trovare il modo di fare qualcosa, di aiutare.

“Andate a chiamare un medico, ora,” ordina l'altro supervisore, accorrendo con delle garze sporche, forse le uniche che ha trovato. Louis si avvicina ad Harry e per la prima volta il riccio vede i suoi occhi vacillare. Non più sicuri.

“Cosa – non so che devo fare, Harry,” mormora, tremante, “Voglio aiutarli, voglio-” Harry annuisce perché sa come Louis si sta sentendo. Annuisce e gli prende la mano, intrecciando le dita. L’altro ragazzo si irrigidisce un istante prima di stringere a sua volta. Le voci intorno a loro sono esagitate. Charlotte nel frattempo si nasconde dietro la schiena di Harry, inorridita.

“Ma cosa gli è successo?” chiede infantilmente, guardando sconvolta la scena. Dalla voragine sui palmi del bambino continua ad uscire una quantità disumana di sangue. Harry nota solo in quel momento i tagli profondi all'altezza del polso da dove rivoli amaranto colano inosservati.

“I polsi,” esclama, lasciando di scatto la mano di Louis e correndo ad inginocchiarsi accanto alla coppia e a Liam. Preme le dita più forte che può sulla ferita, cercando di fermare la discesa inevitabile di rosso carminio. Sente il calore del sangue sporcargli la camicia, la pelle, le falangi. Il bambino grida di dolore, bianco come un lenzuolo.

“Sta perdendo troppo sangue, dobbiamo cercare di fermarlo,” dice Harry a Liam. L'uomo sta cercando di dargli una mano, ma il sangue continua a sgorgare.

Non sgorgherà ancora per molto.

“Sono andati a chiamare un dottore,” annuncia l'altro supervisore, un cipiglio triste in viso, “Non so quanto ci metteranno.”

Lo so.

“Merda,” esclama Liam, sbarrando gli occhi subito dopo e fissando preoccupato Harry. La donna accarezza i capelli al figlio, cantando fra i singhiozzi qualcosa, sembra una ninnananna, “Scusatemi, Mister. Non volevo usare tale linguaggio, ma-”

“Ma merda,” ripete Harry, annuendo, “Ti capisco eccome. Però non è questo il momento di pensare alle formalità.” Liam lo guarda qualche secondo, stupito finché Paula non emette un lamento più forte. Straziante.

“N-no, ti – ti prego, no,” geme, accarezzando nervosamente il viso del bambino, sempre più bianco, sempre più molle ed assopito.

Harry si morde un labbro e chiude gli occhi, pregando per la prima volta in vita sua.

Non ancora. Non un altro.

Non sente quasi più il calore del sangue. Ha solo un gran freddo, in tutte le ossa. In ogni respiro.

Le urla della donna gli fanno capire che è inutile tenere ancora il polso del bambino. L'acqua è silenziosa. Solo strazianti pianti.

 

*

 

Non era sua intenzione. Non si era alzato dal letto con questo proposito. Non lo avrebbe mai fatto. Però è stata la luna a dirglielo. Continuava a guardarlo e lo invitava ad alzarsi. Gli ha detto di uscire dalla propria stanza e di vagare senza meta e lui l'ha fatto. Si fida della luna, l'ha sempre fatto.

La stanza di Louis era aperta e lui vi è entrato. Non ci ha pensato nemmeno troppo su, è semplicemente successo.

Tu lo sapevi, Luna, eh?

Il letto però è vuoto; Louis non c'è ed Harry sente qualcosa di fastidioso al petto, come un coltello affilato. Le coperte sono sfatte, il disordine così inusuale. E' stato in questa stanza più volte durante la notte. Hanno passate ore a dirsi tutto e niente, a guardare la luna e la strada, a stare da soli in compagnia. In silenzio.

Sa che questo caos non è normale, qualcosa deve essere successo. Qualcosa di sconvolgente.

Qualcosa come un secchio di acqua gelida che toglie il fiato dai polmoni.

Il libricino nero è sulla scrivania, opaco. E' aperto su una pagina sporca di inchiostro, il calamaio lì accanto. Il bianco della carta è deturpato da strisce di cancellazione, sbaffi, rabbia. Le parole si allungano disorganicamente, frettolose.

Harry si avvicina anche se sa che è sbagliato. Anche se quel poco buonsenso che gli è rimasto gli dici di stare fermo.

Dà un'occhiata veloce, non riuscendo a decifrare bene le parole. E' scritto tutto con furia, minimi spazi separano un vocabolo dall'altro. Poi ad un tratto, riesce a leggere tutto. E forse avrebbe preferito non farlo.

Porta le dita a toccare il nero inchiostro, mordendosi un labbro.

 

Il bambino che piangeva non poteva essere sentito,
I genitori che piangevano, piangevano invano:
Gli tolsero la sua piccola camiciola,
E lo legarono con una catena di ferro,

E lo bruciarono in un posto santo
Dove tanti sono stati bruciati prima;
I genitori che piangevano, piangevano invano.
Vengono fatte certe cose nella riva di Albione?

 

“Non dovresti essere qui.”

“Lo so,” mormora Harry non girandosi, la voce di Louis è spezzata, “E tu dovresti essere a letto.”

“Lo so.”

Harry si allontana dalla scrivania, sedendosi nella sua solita seggiola accanto alla finestra, “L'hai scritta ora?” domanda fissando fuori: ci sono due cani che si stanno azzuffando per qualcosa.

“Sì.” E c'è il rumore della poltrona che sprofonda.

“E' molto bella,” commenta piano. Il vento arriva dagli spifferi del legno. Louis fissa fuori a sua volta, bianco alla luce della luna.

Dio solo sa per cosa stiamo combattendo.

“Domani partirò.”

Harry si gira a fissarlo, ma la penombra ne impedisce la visuale completa. Si vede solo un tratto del volto e le punte dei piedi scoperti che pendono dal bordo della poltrona. Il cuore gli batte forte, scandendo i secondi come un orologio.

“Dove andrai?” domanda con lo stomaco che si chiude dolorosamente.

“Non lo so ancora, ma penso che passerò un po' di tempo nelle campagne. Ho bisogno di solitudine,” dice flebilmente. Niente sa di quel Louis che Harry ha conosciuto appena arrivato. Niente sa di arroganza o sicurezza. Vacilla tutto.

“Per quello che è successo oggi?”

Louis scuote appena il capo, il movimento non visibile con chiarezza, “Per tante cose.”

Il ragazzo annuisce e stringe le gambe al petto, poggiando i piedi sul legno della sedia, “Mio padre ne sarà contento, purtroppo.”

Louis ride, sincero, facendo sfuggire un sorriso anche ad Harry, “Oh, sì. Ne sarà entusiasta,” esclama divertito. Harry chiude gli occhi, ascoltando il silenzio. L'aria fredda arriva sotto il suo pigiama facendolo rabbrividire, ma non è sicuro sia colpa proprio di quello.

“Sai,” mormora con le labbra rivolte appena verso l'alto, amare, “Una volta ho letto da qualche parte che noi uomini, in realtà, saremmo tutti uguali. Però quello che ci frega è che siamo diversi perché abbiamo diverse opportunità. Guarda noi due, Louis, per esempio. Io, figlio di un ricco borghese, tu di un Lord. Cosa ci è mai mancato di concreto? Nulla. Abbiamo avuto tutte le possibilità disponibili. Ed invece il bambino di oggi? Lui aveva solo una possibilità: la vita. E l'ha persa miseramente perché è stato costretto a lavorare in una fabbrica anziché andare fuori a giocare o ad imparare.”

C'è un intacco nel respiro di Louis, un lieve, malinconico sospiro. La sua voce è fragile come un cristallo quando apre bocca, “Come si può stare in queste acque senza colare a picco, Harry? Io sento di affogare ogni giorno di più.”

Harry sorride un po' di più, amaro, ma improvvisamente al caldo. E’ come se Louis lo avesse accarezzato. Come se fosse seduto gamba contro gamba accanto a lui.

“Vorrei salvare il mondo, Louis,” mormora lasciando la testa molle, “Vorrei poter salvare tutti quei bambini, quelle donne, quegli uomini. Vorrei essere in grado di poter fare materialmente qualcosa, ma guardami: non ne sono in grado. Non ne ho il coraggio, non ho la spina dorsale per farlo. Come posso pretendere di salvare vite altrui quando sto già facendo affondare miseramente la mia? E' un navigare, la vita. Siamo a pelo d'acqua, il minimo soffio di vento, una pioggia più forte, tutto può farci perdere la stabilità. Non so come non si coli a picco, non me lo hanno mai insegnato. Non so nemmeno come aiutarli, Louis. Diventerò io il padrone di quella fabbrica, sarò io quello che li farà morire. Sarò io il codardo che non sarà stato in grado di salvarli e che invece li manderà alla forca. Quindi, ecco, ciò che ti posso dire, quello che ti posso consigliare per non colare a picco è quello che sto facendo da quando sono nato: cerchi semplicemente di respirare. ”

Louis sta in silenzio per un po'. L'unico rumore è il mescolarsi dei loro respiri sconnessi.

“Non li manderai alla forca, Haz. Tu – tu non sarai il loro boia, non potresti mai esserlo,” dice insicuro in un soffio di fiato.

“Lo sarò, invece, Louis. Lo sarò eccome perché è così che va, così che tutto si muove. Così che un mostro come me merita di vivere il resto della vita, consapevole di chi uccide ogni giorno con le proprie mani,” risponde graffiante. Gli occhi si inumidiscono e sente il bisogno di abbracciarsi, di mentire a se stesso, di dirsi che tutto andrà bene.

Perché mi lasci morire, amica mia?

Louis si alza dalla poltrona, piano e si avvicina a lui. I suoi occhi come carboni ardenti di ghiaccio.

Il fiato gli esce del tutto dai polmoni quando sente le sue braccia stringerlo. Potrebbe scoppiare a piangere. Potrebbe urlare e strapparsi i capelli. Graffiarsi la pelle, togliersi questo prurito, questa sporcizia, ma Louis lo sta tenendo con i piedi a terra. Lo mantiene integro, evita che si sgretoli con un soffio di vento.

“Tu non ucciderai nessuno,” ripete Louis con la voce persa fra i ricci di Harry, “Non te lo permetterò. Verrai via con me, domani. Ce ne andremo. Troveremo il modo di aiutare, di lottare per loro.”

Grosse lacrime cominciano a colargli lungo le guance e bruciano, grattano via tutto, feroci. Le spalle sono scosse da singhiozzi nervosi, le mani tremano senza ritegno.

“Perché è così, Louis? Perché devo sentire che tutto mi sta divorando? Dov'è il buon Dio di cui tutti parlano? Dov'è quando muoiono quei bambini, quando le donne vendono il loro corpo per mangiare? Perché – perché vivere è così?”

Louis non gli risponde. Probabilmente non sa la risposta, nessuno la sa. Disegna solo larghi cerchi sulla schiena, continuando a stringerlo forte, togliendogli l'aria dai polmoni, ma non fa male. Lo fa piangere solo più forte.

Quando si allontana appena, Harry quasi non se ne accorge. Chiude gli occhi, silenziosamente, e mentre le labbra di Louis sfiorano le sue, delicate, nel petto gli si apre una voragine. Un pozzo caldo di quello che sembra metallo fuso. Bollente e terribile, avvolgente e sensazionale.

E’ così dolce, questo sfioramento di labbra. Innocente come quello di due bambini. Forse Louis e Harry sono due bambini, ora. Insicuri ed impauriti. L’uno la forza dell’altro.

Un nido sicuro, come quello dei pettirossi. Una tomba dorata per un'anima persa.

“Ti ricordi quando ti ho parlato del colore della mia aura, Haz?” mormora ad un tratto, pianissimo. I suoi occhi sono bagnati, lucidi di paura, di fragilità e forse di un pizzico di felicità. Harry annuisce, tirando su con il naso e cercando di controllare il tremolio della voce. Ogni fibra del suo corpo è rilassata, molle come un lenzuolo steso al sole, “Sì, mi ricordo. Eri indeciso tra un'ampia gamma di colori.”

E' così semplice abbassare le palpebre e tappare le orecchie. Sarebbe così semplice farlo per sempre.

“Però ora l'ho trovato. Ho capito qual è,” ribatte, senza la minima punta di scherno nel tono. Harry vorrebbe disegnare mille volte, incidere nella propria mente il colore di questi occhi e di quest’anima, “E' il nero.”

Harry stringe di più le mani che sono ora incastrate fra i loro corpi, nascondendo il viso nella piega del suo collo, “Hai trovato il tuo cognome, quindi?”

Louis passa una mano fra i suoi capelli, dolcemente, e l'accenno del suo sorriso triste è percepibile anche ad Harry. E’ così strano sentirsi al sicuro nel pieno di una tempesta. Solo un paio di braccia e un sorriso. Mi è bastato solo quello.

 “Sì,” risponde poggiando la sua guancia a contatto con quella del riccio, “Blake.”

Harry sorride con le guance sporche di pianto e il naso bagnato. Porta le mani sui suoi zigomi, guardandolo negli occhi. La luna è riflessa nelle sue iridi e lo fissa teneramente. Come a dirgli addio.

“Sono Harry Edward Styles,” dice con un sospiro mentre chiude gli occhi e lo stringe di più, un accenno di sorriso. Con silenziosa felicità, siedi e saluta la vita che ti scorre davanti. Un giorno sarà di nuovo tua, “Piacere di conoscervi, Louis William Blake.”

Le labbra che si posano sulle sue sono come un secchio di acqua gelida che toglie l’acqua dai polmoni. Eppure riesce a respirare come mai in vita sua.

 

*

 

Non cercare mai di dire il tuo amore,

L'amore che mai può essere detto;

Per il vento gentile che si muove davvero

Silenziosamente, senza farsi vedere.

 

Dissi il mio amore, dissi il mio amore,

Le dissi tutto il mio cuore,

Tremando, freddo, in mezzo a paure spaventose.

Ah! Lei se ne andò!

 

Subito dopo che se ne era andata da me,

venne un viaggiatore,

Silenziosamente, senza farsi vedere:

La portò via con un sospiro.

 

**


 

 


 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: ponfo