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Autore: Francine Marie Soleil    02/02/2015    0 recensioni
E se l'ossessione, invece di essere un concetto, fosse un'entità? L'Ossessione può essere a sua volta ossessionata da qualcosa?
"Nella vita, non si fa altro che rincorrere una fine perfetta. Un modo unico, il migliore, per terminare qualcosa. Come se potesse davvero esistere. Non è così? La fine sembra meno logorante, quando è quella “giusta”. Ci illudiamo. Tutto ciò che appartiene all'uomo è imperfezione e, se così non fosse, la fine non esisterebbe. L'unica perfezione umana è un’imperfezione senza pretese. Ma può una fine esserlo? Potremmo davvero essere capaci di finire... bene? C'è sempre qualcosa di sbagliato, alla fine.
In fondo cos'è, questa benedetta fine, se non il termine di un’imperfezione?
La fine è l'apice massimo dell'imperfezione.
Eppure io, la mia, l’ho trovata perfetta, da morire."
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Bondage
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5:30 am. Dovrei portare a riparare la sveglia, o perlomeno sostituirla. Sono già passate tre settimane da quando si è rotta. Sarà che non ne ho affatto bisogno, ultimamente. In fondo, gli uccellini non si rompono mai, anche se in verità non ho bisogno neanche di loro.
Cosa ci faccio in piedi un’ora prima? Datemi uno specchio, per cortesia. Dio, che occhiaie.
Inizia a fare freddo, dovrei accendere i termosifoni prima di fare la doccia. Ma cosa importa, non ho tempo da perdere. Questo pigiama è lurido, sono due settimane che non lo cambio. Che schifo. Ma perché diavolo mi sono già svestita? Ora me ne devo stare qui, nuda, a ghiacciarmi le ossa finché non si riscalda l’acqua. Dove ho la testa.
Il bagno di casa mia sembra il bagno di un ospedale. È tutto bianco, completamente. In realtà non credo che tutti gli ospedali abbiano i bagni bianchi. Stupidi luoghi comuni.

Dopo qualche istante mi accingo a sfiorare il getto per verificarne la temperatura. L’acqua è così calda… Che tepore gradevole. Riscalda l’anima, se ancora ne ho una. Non è come l’acqua piovana, quella ti scava dentro; quella la cerca, l’anima,  e a volte non la trova. Ma no, non questa volta. Questa è pioggia artificiale, ogni goccia ti accarezza dolcemente ed allora, solo allora ti senti davvero protetto. Nel momento in cui scivolando assorbe le tue lacrime e le porta via, lontano. Sono così triste di questi tempi.
Che freddo qui fuori, avrei proprio dovuto accendere i termosifoni. È troppo presto per mangiare, mi prenderò qualcosa più tardi. Magari un caffè. Il suo caffè.
Impiego sempre un’eternità ad asciugare questi capelli, sono già due mesi che voglio andare a tagliarli, e continuo a rimandare. Forse mi conviene fare una lista delle cose che non faccio, magari in questo modo me ne farò una ragione.
Ho ancora mezz’ora prima di uscire di casa. Questa bestia non smette un attimo di cinguettare, mi da un nervoso.
Sarà meglio rimettere le pile agli orologi. Ma da quando ne ho così tanti? Tic-tac-tic-tac. Tutti scoordinati, poi. Sono assordanti! La notte è impossibile dormire senza fermarli. Dormire. Ma da quant’è che non dormo uno di quei sonni profondi e riposanti? Sarà quasi una settimana, oramai. Ogni notte dormo sempre meno, e mi sveglio presto. Il cinguettio degli uccelli non mi aveva mai disturbata prima d’ora, penso che mi farò prescrivere qualcosa. Questa sera potrei provare con una camomilla, per cominciare. Magari è solo stress accumulato. Che potrei fare nell’attesa? Non mi va di arrivare prima, di nuovo.

Nessun messaggio ricevuto.
Già, che bello. Perché ho ancora il suo numero salvato? Chissà che sta facendo. Probabilmente dorme. Chissà come se la passa. Mi manca.

Nuovo messaggio: Esistono delle costanti nella vita dell’essere umano, di ogni singolo essere umano. Sempre le stesse. Ce ne stanno alcune che, davvero, è difficile trovare chi non ci abbia mai avuto a che fare. Come il cambio dei gusti, ad esempio: siamo tutti convinti, nel mentre, che ciò che ci piace in quel momento lo farà per sempre o, viceversa, che è anche più vero, ciò che non ci piace in quel momento ci risulterà sempre peggiore. A chi non è successo? Eppure, nonostante ci siano passati milioni, miliardi di noi, è una di quelle cose sempre nuove per tutti. Ci provano, quelli che sanno, a dirci che niente resta mai com’è, ma noi nulla. È una di quelle esperienze intramandabili. Tutto questo per dir cosa? Non me lo ricordo più onestamente. Però rileggendo posso immaginare che la mia idea iniziale fosse di dire che non avrei mai immaginato di ritrovarmi a scriverti un messaggio del genere, ed invece eccomi qui.

Ma che sto facendo? Non ha senso tutto questo. Meglio che esca.


Messaggio salvato in “bozze”.

Fa che non mi veda, fa che non mi veda. Eccola, già lì in piedi e sorridente pronta a salutarmi. Mi ha vista.

«Buongiorno!»

«Buongiorno signora Gloria.»
Buongiorno ascensore rotto, buongiorno scale, buongiorno portoncino, buongiorno cane che piscia sempre sul tappetino, buongiorno nuvoloni minacciosi, buongiorno desolazione. Che c’è di buono in questo giorno, poi, me lo deve spiegare. Che si sveglierà a fare quella così presto? Lei che potrebbe dormire.
Brum brum! Oh, diamine. Accenditi inutile ammasso di ferraglia. Accenditi!
Dieci minuti in macchina, mezz’ora a piedi. Ecco risolto il problema dell’arrivare in anticipo. Ho anche il lettore mp3 scarico, che giornata di merda. Ho sonno. Cammina, cammina, cammina, cammina.
Dio, che freddo. È tutto grigio a quest’ora, sembra un vecchio film in bianco e nero, magari uno di quelli muti. Non mi stupirei se le persone iniziassero a boccheggiare e a muoversi con una strana melodia di sottofondo, e ai loro piedi comparissero delle frasi. A quest’ora, non se ne accorgerebbe nessuno. Si penserebbe di stare ancora dormendo, e anche io lo penserei, se non fossi consapevole di non riuscire quasi a chiudere occhio.
È così triste svegliarsi presto. Come farò quando il mio turno non sarà più di mattina? Continuerò a svegliarmi all’alba a vuoto? Spero proprio di no, che diavolo.
Sta per diluviare, sento l'odore della pioggia perforarmi ovunque, c'è solo un graffio di sole che sbuca dal grigio. L'estate sta finendo.
Che silenzio per strada, il tempo pare passare più velocemente, sono quasi arrivata. Ancora qualche passo… Ed eccoci qui.

Chiuso per lutto.

Il lutto per la morte dei mezzi di comunicazione, immagino. Ma che assurdità! Ho bisogno di interagire con un altro essere vivente sano di mente al più presto, prima di trasformarmi in un ordigno esplosivo. Meglio tornare subito a casa.

 

È già mezzogiorno, ma come diamine l’ho trascorsa questa mattinata? Ho dormito? Ultimamente mi sento proprio assente.
C’è un nuovo messaggio in segreteria.
«Ciao, sono Caterina. Ti va di uscire oggi? È da un po’ che non ti fai viva, non ti fa bene stare così tanto chiusa in casa, lo sai. Devi uscire, anche se inizia a fare freddo! Ti aspetto al Caffè del Centro alle 17:30. Baci!» Biiip.
Forse ha ragione. Sto diventando uno zombie mangiacervelli. Sarà meglio che mangi qualcosa per davvero, prima che mi disabitui a farlo.
Questo frigo è semivuoto. Mi sto alimentando malissimo, cosa diamine mi succede: non ho per niente fame e sto diventando una reclusa depressa. Molto male.
Potrei fare questo uovo sodo, ma sarà vecchio ormai. Potrei farci una frittata. Sì, vada per la frittata. La farò come la faceva mia nonna, metterò un po’ di latte nell’uovo prima di friggerlo, così verrà più morbida. Sto pensando come la conduttrice di un programma di cucina per idioti.
Ci sono anche due pomodori, sembrano essere ancora commestibili. Questo formaggio invece ormai è andato, via, da buttare.
La busta dell’umido è qui da non so quanto tempo, produco così poca spazzatura alimentare? Basta, devo smetterla.

È così triste mangiare da soli. Sono certa che fino ad un mese fa mi piacesse, mi dava tranquillità, eppure ora è deprimente. Potrei accendere la televisione per tenermi compagnia. Forse sto invecchiando. Come si fa a pensare di star invecchiando a soli 24 anni? Nemmeno ho finito di studiare e già devo prenotare una camera in una casa di riposo. Studiare poi, non sto proprio studiando. Non finirò mai di farlo, se continuo così. Finirà che ci invecchierò davvero, sui libri.
Sto pensando troppo, ed il pranzo si è freddato. Quest’uovo fa schifo, e i pomodori non sono da meno. Mangerò questa sera.

13:37. Potrei leggere la posta. Che noia. Non c’è mai nulla di interessante: pubblicità, inviti ad iscriversi ad altri inutili social network e oh, bene: Una mail dal mio Bar:
Avvisiamo tutto il personale che l’indomani il locale resterà chiuso per lutto.

Cordiali saluti, la Direzione.

23:02

 

Ottimo. Io, ovviamente, avrei dovuto leggere la posta ieri alle 23:02. Mi pare logico.
Forse è meglio che mi metta un po’ a riposare, prima che mi venga un attacco isterico. La sveglia sul cellulare: 16:30. Così vado a fare anche un po’ di spesa prima di uscire. Buonanotte.

 

Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip.

Basta! Sono sveglia. Sono sveglia.

A quest’ora è molto più semplice dormire, chissà perché. Chissà perché in un giorno di vacanza in più non ho nulla di meglio da fare che dormire. Un tempo avevo degli hobby, molti hobby. Ora non ho nemmeno più il tempo, e quando ce l’ho non ho più gli hobby. Mi sento ancora più stanca di prima. Sarà meglio prepararsi.

Da quant’è che non faccio una passeggiata? Ma sono forse andata in coma e non me ne sono accorta? Non sto bene con gli altri, non sto bene con me stessa, che vita è mai questa. Le uniche persone con cui ancora parlo sono i clienti!

Cosa metto? Ma che mi importa, tanto devo solo vedermi con Caterina ad un bar. Il jeans ed una maglietta qualsiasi andranno benissimo. Oh, beh, se l’avessi ancora una maglietta pulita. Domani devo stirare i panni. Meglio mettere a lavare ora questa roba, sennò non lo farò mai.

Dunque, questa camicia è pulita. Andrà benissimo.

Non mi va di legarmi i capelli. Non mi va di truccarmi. Una sciacquata di faccia basterà.

Sono pronta. Forse ho 10 minuti per la spesa.

«Salve signora Gloria.»

«Salve!», beata lei che è tanto contenta.

Sono proprio fortunata ad avere un supermercato a due passi da casa, non so come farei altrimenti. Penso che mi lascerei morire di fame.

Entro col fare di un rapinatore, o almeno credo, perché tutti si girano a guardarmi. Non devo avere un aspetto normale. Il carrello è troppo capiente, il cestino andrà benissimo; e poi non ho nemmeno un euro spiccio da metterci dentro.

Cosa prendo? Il pane non lo mangio mai, la carne non mi va, la pasta ce l’ho ancora… Del formaggio, perché no. E dell’insalata. Melanzane. Carote. Un po’ di mele verdi. Uova. Qualche surgelato, non si sa mai. Ed in fine l’acqua. Bene! Può andare. Mi dirigo mogiamente alla cassa. Questo commesso è rivoltante. Ha degli occhi minuscoli ed un naso enorme. Il volto è talmente ricoperto dai brufoli che faccio fatica a guardarlo senza dare a vedere il mio disgusto. È talmente rosso che mi ricorda uno di quei ragazzi tedeschi dopo essere stati al mare per un giorno intero. E quello cos’è: un mono sopracciglio? I capelli poi… sembra che li abbia lavati con l’olio. Ammesso che li abbia mai lavati in vita sua. Che puzza. E non sorridermi come un imbecille, hai dei denti che sono messi peggio del formaggio che ho comprato (e il formaggio non ha molta scelta a riguardo). Ma come fanno ad assumere certa gente? Prenditi i soldi, prima che mi rifiuti di pagare per inquinamento visivo, e via le mani dalla mia roba, imbusto da sola.

«Arrivederci e grazie!»

Non ho nemmeno voglia di risponderti, che schifo. Fammi uscire alla svelta da qui, prima che vomiti.

17:15. Devo darmi una mossa. Per fortuna anche il bar è vicino casa.

Perché queste dannate chiavi mi devono sempre dare tanti problemi? Devo farne fare un altro paio, queste ormai sono troppo storte, ancora un po’ e finirò per spezzarle.

Ora il frigo è semipieno. Che frigo ottimista.

Mi scappa la pipì e sono in ritardo. Pessime coincidenze! Su, veloce. Dimentico nulla? Pare di no. Ciao ciao, casa.

«Salve signora Gloria.»

«Salve! Ma dove va così di corsa?»

«Ah, incontro un’amica.»

«Oh! Era da un po’ che non usciva, non è vero? Ma questa mattina cos’è successo? Non l’avranno mica licenziata?»
«No, no, solo un lutto nella famiglia del proprietario.»

«Un lutto? E chi è morto? Non l’hanno avvisata ieri?»

«No, cioè sì, ma era tardi, quindi non ho fatto in tempo a saperlo, hanno mandato una mail, ecco. L’hanno mandata tardi. Dormivo. Cioè ero sotto le coperte… mi scusi signora, ma devo proprio andare!», sorridi.

«Oh, non fa nulla, arrivederci!»
«Arrivederci.»

Per quale arcana ragione le persone si fermano sempre a chiacchierare quando vai di fretta, ma soprattutto quando si sono accorte che vai di fretta! La fretta e le probabilità di essere rallentati sono in qualche modo direttamente proporzionali.

17:40.

«Scusa il ritardo!»

«Ehi! Non importa, siediti. Ma guardati, quanto sei dimagrita! Io ho già ordinato», un classico tè delle cinque e quaranta, sta ancora mescolando lo zucchero, non è arrivata da molto, «vuoi qualcosa?» Mi sorride garbatamente.
«No, no, grazie. Come stai?» Incespico, ricambiando goffamente il sorriso.

So già che sta bene, è il ritratto della felicità col suo nuovo compagno, la sua nuova carriera, la sua nuova casa. Com’è agghindata. Sembra che debba fare qualcosa di importante. È andata dal parrucchiere, ancora non mi spiego perché si ostini a tingere i capelli, era così bella bruna.

«Io sto bene. Tu, piuttosto.»

«Me la cavo.»

Caterina viveva con me fino a qualche mese fa, ma improvvisamente mi sembra quasi un’estranea. Sono settimane che non ci vediamo, giorni che non ci sentiamo, ma se non parlo nemmeno con lei finirò per diventare asociale, o matta.

«Cosa stai facendo ultimamente, che ti impegna così tanto?»

«Nulla... Davvero nulla. Sto sempre chiusa in casa, o a lavoro.»

«Studi?»

«No.»
«Scrivi il tuo romanzo?»
Il mio romanzo. Già. L’avevo completamente dimenticato. Come se avessi troppo da fare, non ho proprio un bel niente da fare.
«No, non mi vengono idee», e questa è proprio la sincera verità.

Che espressione perplessa che ha, sono troppo enigmatica e schiva, spero di non offenderla.

«Sicura che vada tutto bene?»

«No, non molto... Prima sono andata a fare la spesa, c’era un commesso, beh, dall’aspetto discutibile, e l’ho sbranato con gli occhi. Ho fatto pensieri davvero poco carini. Sono sempre nervosa...»

«Oh, tesoro, come mai? Lo sapevo che non stavi bene. Troppo lavoro? Non riesci a rimanere al passo con gli studi? Dovresti lasciarlo quel lavoro, non ti pagano abbastanza. Hai la faccia smagrita, mangi a sufficienza?»

«Sì, nonna», sorrido, facciamo calare un po’ la tensione. «In realtà non molto ultimamente, ma il lavoro non c’entra. Non sto studiando, è vero, ma perché non ho la testa per farlo. Mi sento una schifezza.»

«Cosa fai quando non lavori?»

«Non lo so, non ci faccio nemmeno caso, certe volte sono proprio apatica, altre isterica. A volte dormo, dato che la notte ho molta difficoltà a farlo.»

«Senti, scusami per l’invadenza, ma ti ho prenotato un appuntamento da una persona che potrebbe aiutarti. Qualcosa mi diceva che non stavi bene, e così l’ho prenotato senza pensarci troppo. Aspetta, non fare quella faccia, so che non sei d’accordo, ma può aiutarti, davvero. Non puoi vivere in questo modo.»

«Sono solo esseri umani! Come possono aiutarmi, non hanno mica poteri magici.»

«Sì, tutto quello che vuoi, ma questo è il biglietto da visita, prendilo, per favore, sopra c’è l’indirizzo, ti prego, fallo per me. Ti aspetta martedì prossimo alle 17:00.»

«Non ti assicuro niente. Anzi, non ci sperare.»

«Va bene, come vuoi.»

Come si permette. Ci conosciamo da tanti anni, ma nessuno le da il permesso di prendermi appuntamenti in giro! Non concedo questo lusso nemmeno a mia madre ed ora dovrei anche mostrarmi gentile.

Un sorriso basterà.

«So che mi hai chiesto di non parlarne più, ma come va con quella storia? Per Roberto? L’hai più sentito? È per quello che stai male, non è vero?»

«No, forse un po’, non lo so. Non l’ho più sentito da quella volta, no. L’ho lasciato, è finita.»

«L’hai lasciato davvero andare? Non sembra essere finita, per te.»

«Se lo è lo so io.»

«Va bene, scusami! Il mio è solo il parere da amica, ed io non ti vedo affatto come una che si è liberata di un peso.»

«Scusami tu se ho risposto in quel modo... lo so che ti preoccupi per me. Ma non ha senso, io l’ho lasciato. Io non lo amo più. Io dovrei stare bene. Io, non lui.»

«Lui sta bene?», sembra perplessa.

«Non lo so, spero proprio di no. Ma la verità è che non mi interessa affatto.»

«Lo spero per te. Non ti intossicare il fegato. Devi cercare di non pensare a lui.»

«Io non ci penso, Cate, non ci penso mai.» Invece ci penso sempre.

«Forse lo fai inconsciamente.» No, davvero, lo faccio sempre.

«Questo non lo so. Però non riesco a dimenticare quello che ha detto, “Te ne pentirai”. Aveva la faccia di una vecchia strega mentre lancia una maledizione. Credevo che mi avrebbe tormentata: chiamate, visite sgradite e inaspettate, e-mail, qualcosa! Invece è da allora che non so più che fine abbia fatto. Forse se n’è semplicemente fatto una ragione ed è molto più maturo di quel che pensassi. Io non posso di certo ricontattarlo, non voglio procurargli ulteriori dispiaceri, ma quelle parole mi hanno davvero turbata.»

«Sono solo chiacchiere. Era disperato, cosa poteva dire. Dovevate sposarvi, dopo quattro anni di fidanzamento, e tu lo lasci.»

«Lo so, ma quando mi ha chiesto di sposarlo ho capito che non era con lui che volevo stare... Ma poi ho solo 24 anni! Quattro anni di fidanzamento non sono poi tanti. Forse avrei dovuto dire no subito, invece di sentirmi costretta a dire sì, per poi lasciarlo. Forse sarebbe stato meno brutto. Insomma, non voglio sposarmi così giovane, ho provato a dirglielo».

«Sì, tranquilla, non ti sto rinfacciando nulla. Non devi sentirti in colpa, è chiaro? Non so quante volte te l’ho ripetuto. Probabilmente anche lui starà passando un periodaccio. Lo supererete. Lo supererai.»

«Hai ragione... Andrà tutto bene. È normale stare giù di morale dopo una relazione così lunga, tutte le abitudini e l’affetto non sono ancora stati cancellati. Devo solo attendere. Ormai non sono più innamorata di lui.» Credo. «In realtà non riesco nemmeno a capire cosa ci trovassi in lui, né cosa mi manca di lui, davvero, non lo capisco. Eravamo troppo diversi.»

«Così mi piaci. Ora devo andare, mi ha fatto piacere vederti, non eclissarti di nuovo! Prenditi qualcosa per dormire, e mangia!»

«Già te ne vai? Ma non mi hai raccontato nulla di te!»

«Ci risentiremo presto, basta che tu lo voglia! Ciao tesoro, ti voglio bene. Non dimenticarlo.»

«Sì, anche io, ciao.»

Come farei senza di lei. Eppure il mio continua ad essere finto entusiasmo.
Resto seduta a quel tavolino per dei minuti interminabili. Roberto, Roberto, ormai è passato un mese, un lungo mese che mi ha portata alla degradazione più totale. L’unica cosa che continuo a fare normalmente è lavorare. Mi chiedo quando finalmente mi lascerai in pace. Forse ho davvero bisogno di aiuto, per qualche motivo. Dovresti essere tu quello con i problemi, non io. Forse i miei sono solo sensi di colpa.
Forse potrei andarci, a quell’appuntamento.

  
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