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Autore: Meghan    02/02/2015    1 recensioni
«Buonasera, Granger» le disse qualcuno. Sgranò gli occhi e si voltò lentamente verso il proprietario della voce bassa e strascicata che aveva udito. Solo lui pronunciava il suo nome in quel modo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Contesto generale/vago
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Dream of Rain
Dream of rain;

Piove sui nostri volti silvani,
piove su le nostre mani ignude,
sui nostri vestimenti leggeri,
sui freschi pensieri che l’anima che l’anima schiude novella,
su la favola bella che ieri t’illuse,
che oggi m’illude, o Ermione.

Gabriele D’Annunzio, La pioggia nel pineto




Pioveva, quella sera. Pioveva a dirotto. E lei non riusciva a trovare uno stramaledettissimo taxi libero. Poteva smaterializzarsi, certo, ma non era per nulla una cosa sicura: c'era un sacco di gente per strada, e lei si sentiva troppo osservata per osare svanire nel nulla in pubblico. Aveva sempre avuto una particolare attenzione per la segretezza e conosceva a memoria tutte le norme e i decreti del Ministero della Magia a riguardo. Proprio non poteva. Perciò se ne stava sul marciapiede, ormai fradicia, a tentare di attirare l'attenzione di ogni taxista che passava Nemmeno un posto vuoto. Era un incubo, un incubo freddo. Provò distrattamente a farsi notare dall'ennesimo taxi nero, senza molta speranza, osservando l'insegna del negozio che aveva di fronte. Fu estremamente stupita quando il taxi si fermò di fianco a lei, bagnandola ulteriormente, ed aprì la portiera entrando finalmente all'asciutto, con un sospiro di sollievo. Sollievo che, però, durò solo pochi istanti. Non era un taxi, notò, ma una limousine. Nera e lucente sotto la pioggia. Fece per uscire, ma qualcosa la bloccò.

«Buonasera, Granger» le disse qualcuno. Sgranò gli occhi e si voltò lentamente verso il proprietario della voce bassa e strascicata che aveva udito. Solo lui pronunciava il suo nome in quel modo. Non era possibile! Tra tutta la gente di Londra lei doveva andare a beccare la macchina occupata dal più schifoso serpente che avesse mai incontrato in tutta la sua vita! Non era proprio la sua serata.
«Malfoy» replicò, sprezzante. Il biondo ghignò.
«Ma come siamo gentili, vero? E sì che io avevo deciso di condividere l'auto con te, visto che mi sembravi piuttosto in difficoltà. Vuol dire che mi sono sbagliato...» suppose Malfoy, sogghignando tra sé. La riccia alzò gli occhi al cielo ma si rese conto che la sua voglia di tornare fuori era assolutamente inesistente, e perciò si costrinse ad un piccolo sorriso.
«Ero semplicemente sorpresa di trovarmi nella tua auto, e lo sono ancora di più sapendo che hai deciso di aiutarmi. Come mai questo slancio di cavalleria, furetto?» lo punzecchiò.
«Granger, Granger, Granger... Dovresti saperlo che noi Malfoy siamo dei galantuomini. Nonostante tu sia una Sanguesporco, sei sempre una donna. È un mio preciso dovere quello di aiutarti, se ne sono in grado. E, in questo caso, ne sono chiaramente in grado. Allora, dove ti devo far lasciare?» chiese, senza che il ghigno sparisse dal suo viso. Lei lo guardò per un attimo negli occhi e poi gli diede l'indirizzo, che egli comunicò all'autista. L'auto partì nella notte, con la sua eleganza lievemente inquietante, ed al suo interno calò il silenzio.

Era stata una decisione improvvisa, quella di Draco. L'aveva vista sul marciapiede e, dopo il divertimento iniziale, aveva ordinato all'autista di fermarsi. L'aveva sempre vista forte e, osservandola lì sul marciapiede, che tentava di coprirsi il più possibile con l'impermeabile, gli era sembrata quasi indifesa. E si era incuriosito. Era chiaro che lei non avesse capito dove si trovava esattamente, perché quando aveva notato di non trovarsi in un taxi aveva tentato di uscirne, e lui aveva capito di desiderare che lei rimanesse, anche solo per qualche istante. Come al solito, lasciò spazio ad i propri capricci e così la convinse a rimanere. Non sapeva dove abitasse, si rese conto. Ed era curioso. Non sapeva bene il perché, ma era sicuro che qualcosa di interessante sarebbe successo, quella notte. Non sapeva cosa, né come, ma ne era certo.
Ed anche lei sentiva che qualcosa stava succedendo: da quando accettava così l'aiuto di qualcuno? Di una Serpe in particolare? Ma era davvero stanca, quella sera. In ufficio aveva dovuto svolgere un sacco di lavoro e non aveva proprio voglia di andare a casa a piedi. Era lontana. Per quello si era lasciata convincere ed aveva accettato il passaggio, e fortunatamente il traffico era piuttosto scorrevole. In poco tempo sarebbero giunti a casa ed avrebbe potuto cambiarsi e bere una bella tazza di thé caldo. Sorrise al pensiero confortante, e Malfoy lo notò.
«La mia compagnia ti mette di buon umore, Granger?» chiese, e lei sussultò: si era quasi dimenticata della sua presenza, lì con lei. Era stato immobile da quando erano partiti.
«Più che altro la tua macchina, Malfoy. Si sta bene qui dentro: fa decisamente più caldo rispetto a fuori» rispose, sincera.
Draco annuì tra sé e replicò: «Quando vuoi, Granger. Quando vuoi». E tornò a starsene zitto ed immobile, osservandola attentamente. Lei fece finta di nulla, ma sentiva che il suo sguardo era posato su di lei. Come se volesse catturare ogni minimo particolare. Prestava attenzione ad ogni curva di ogni singolo ricciolo bagnato che le si posava in viso.
«Che hai da guardare, Malfoy?» chiese dopo un po', innervosita.
Per un attimo vi fu silenzio, ma poi il biondo rispose: «Ti osservo, Granger, per sapere se sei cambiata. O invecchiata, non so. Invece devo ammettere che sei rimasta pressapoco uguale all'ultima volta in cui ti ho vista. Complimenti.».
Lei lo guardò senza capire: «Complimenti?» chiese. Lui ghignò di nuovo, come se quella fosse l'unica espressione che il suo viso fosse in grado di assumere.
«Sì, complimenti. Sei una bella donna, Granger. Peccato per i tuoi genitori» aggiunse, quasi noncurante. A quelle parole gli occhi di lei si riempirono di lacrime. I suoi genitori... Li aveva persi, per sempre. Non era riuscita a spezzare l'incantesimo che aveva fatto su di loro prima di partire alla ricerca degli Horcrux. Era stata troppo decisa nel formularlo. Era irreversibile. Non aveveno idea di chi lei fosse, ed era dovuta sparire per sempre dalle loro vite. Draco notò la reazione di lei alle sue parole e ne rimase stupito: non aveva detto quella frase con cattiveria, e lei si era sentita dire di molto peggio. Cosa era successo? Si rese conto che gli dispiaceva davvero averla fatta piangere, perciò la chiamò: «Granger?» disse, ma ella non rispose. Rimase immobile come lui aveva fatto poco prima. «Granger?» ripeté. Niente. Sospirò e storse la bocca in una smorfia, poi allungò una mano e sfiorò il mento di Hermione, facendola girare in modo che lo guardasse negli occhi, e riprese: «Non volevo farti piangere, Granger. Non pensavo ci saresti rimasta male, non ero nemmeno così serio. Stai tranquilla, okay?».
Non le aveva chiesto scusa, ma ella vide nei suoi occhi che era sincero. Perché era così maledettamente bravo a fingere? si chiese. Ma annuì semplicemente e si asciugò le lacrime, scostando il viso dalla sua mano, lievemente controvoglia: lui era caldo, e lei aveva ancora così freddo...

«Siamo arrivati, Signore» disse la voce dell'autista dal posto di guida. L'auto si fermò esattamente di fronte al vialetto di casa sua e, prima che Hermione potesse ringraziare, Malfoy scese dalla macchina, sotto la pioggia battente, e ne fece il giro, andando ad aprirle la portiera. Ella scese, sempre più sorpresa, e si mise sotto un albero, dove la pioggia arrivava meno. Lui chiuse la portiera e la raggiunse: «È la casa giusta?» domandò.
Ella annuì e rimase pensierosa per un istante: «Ti va di salire a prendere un thé? Ti sei bagnato tutto, per aprire la portiera a me. Sarà il mio modo per ringraziarti, se per te va bene».
Malfoy la osservò per un momento e poi annuì, dicendo: «Fammi strada».
Hermione sorrise e si mise improvvisamente a correre, giungendo al viale di casa sua ed aprendo la porta il più velocemente possibile. Nell'atrio, quasi spoglio, ella lasciò le scarpe e si diresse in camera sua, dicendo ad alta voce: «Mi cambio ed arrivo, la cucina è sulla destra».
Draco rimase fermo per un attimo e poi si asciugò i vestiti con un colpo di bacchetta, andando poi a sedersi in cucina, guardandosi in giro. Era una stanza semplice, arredata con buon gusto. Vi era un quadro appeso alla parete che rappresentava un elfo domestico con una banana legata ad una catena a mò di collana, una giacca elegante verde bottiglia, che gli arrivava fino alle ginocchia ossute, e calzini spaiati ai piedi. Si domandò cosa c'entrasse con il resto della stanza e poi notò la firma dell'autrice: Luna Lovegood. Solo quella pazza poteva disegnare una cosa del genere. Eppure quell'elfo era convinto di averlo già visto da qualche parte.
«Ti piace il quadro?» chiese la voce di Hermione, entrata nella stanza senza essere sentita a causa della mancanza di scarpe.
Draco alzò gli occhi verso di lei e rispose: «Non direi, no. Ma il resto della stanza è arredato bene. Mi chiedevo appunto cosa c'entrasse questo quadro.»
Ella sorrise e disse: «Luna ha fatto molti quadri di questo genere, perché ama ricordare Dobby, l'elfo che ci ha portati via da casa tua quando tua zia mi ha torturata. Non lo riconosci?».
In quel momento al biondo tornarono in mente le lunghe giornate trascorse con lui, che era l'unica sua compagnia nell'immensa casa di famiglia. Era con lui che parlava o giocava da bambino. E gli era davvero dispiaciuto quando suo padre aveva detto che era stato liberato. A causa di Potter. Come al solito.
«Sì che lo riconosco. Dove è ora?» chiese, curioso e forse un po' speranzoso.
Hermione lo guardò stupita e replicò: «È morto quello stesso giorno. Mentre si smaterializzava tua zia ha lanciato un pugnale, e lui è stato colpito. Harry gli ha scavato una tomba a Villa Conchiglia, la casa del fratello di Ron e di sua moglie».
«Oh..» disse semplicemente Draco, un po' stranito.
Hermione sorrise leggermente e poi disse: «Preparo il thé».
Quando fu pronto, Hermione pose due tazze colme di thé sul tavolo e prese un cucchiaio per mettervi lo zucchero, chiedendo: «Quanto ne vuoi tu?».
Draco scosse la testa e disse: «Io non metto zucchero nel thé: va bene così, grazie».
Ella alzò le spalle e gli porse la tazza, mettendo due interi cucchiai di zucchero nel suo ed aggiungendoci ancora un po' di latte, sotto lo sguardo quasi schifato di lui.
«Che c'è?» chiese.
«Come fai a bere quella cosa? Fa venire il diabete solo a sentirne l'odore!» rispose Draco.
«Io sono una persona dolce, non come te, furetto» lo punzecchiò lei.
«Sì, ricordo quanto sei stata dolce quando mi hai tirato un pugno!» ridacchiò lui.
Ella arrossì: improvvisamente si sentiva in colpa.
«Beh te l'eri meritato! Eri stato proprio uno stronzo in quell'occasione» si difese.
Draco alzò le mani in segno di resa e replicò: «Okay lo ammetto, ma continuo a pensare che tu non sia una persona poi così dolce». Lei rise e disse: «Come ti pare, Malfoy. Ti sono ancora troppo grata per avermi portata a casa per mettermi a litigare».
Lui sogghignò e rispose enigmatico: «Ah davvero? Allora sarà meglio io ne approfitti...».
Hermione smise di ridere e lo guardò seria: «Non sono abituata a non capire, furetto. Cosa intendi dire?»
Draco ghignò ancora e poi rispose: «Mi devi un favore, giusto?».
Lentamente, tentando di capire cosa passasse per la testa della Serpe, Hermione annuì.
«Allora chiudi gli occhi per dieci secondi, Granger. Solo dieci secondi, ed avrai saldato il tuo debito».
Hermione alzò gli occhi al cielo dicendo: «Tu sei matto, Malfoy», ma lo accontentò e chiuse gli occhi. Erano solo dieci secondi, che cosa poteva mai farle?
Iniziò a contare mentalmente. Uno, due, tre, nulla: era chiaro che Malfoy fosse matto.
Quattro, cinque: metà del tempo era trascorso.
Sei, sette...
E poi qualcosa successe: un piccolo movimento, veloce e silenzioso. Percepì le labbra di Draco sulle proprie e si sorprese nel constatare che erano morbide e calde. Come le sue mani.
Otto, nove...
Un piccolo brivido, un sussurro all'orecchio:
«Buonanotte, Granger. Fammi sapere quando ti serve un passaggio».
Dieci.

Aprì gli occhi, ed egli era sparito. Si ritrovò nel suo letto, a fissare il soffitto buio. Fuori pioveva, pioveva a dirotto. Era tardo pomeriggio, e doveva passare in ufficio per finire alcuni lavori. Si smaterializzò dopo essersi preparata e seppe di essersi dimenticata l'ombrello. Ma, ne era certa, qualcuno quella sera sarebbe giunto ad aiutarla.

   
 
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