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Autore: stay here    02/02/2015    1 recensioni
« Visto? Quando te l’avevo fatto provare ti stava una favola. Al posto di dire quella minchiata avrebbe potuto farti un complimento, e invece? Ha preferito trovare il difetto, che difetto non era. Perché non apri gli occhi? ».
***
Avevo sì la pancia che brontolava, ma era il mio cuore quello più affamato… di amicizie sincere.
***
Onestamente non so cosa scriverò, non so se qualcuno noterà questa storia. So solo che dovevo sfogarmi e quindi ho scritto una pagina di diario cambiando i nomi. Vi dico solo che, se continuerò, parlerò della mia vita. Ho messo drammatico perché sono un po' depressa in questo periodo, ma chissà potrei anche avere qualche rivincita in questa vita, o potrebbe accadermi qualcosa di felice! xD
Un bacione, stay here
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Amara verità

Mancavano giusto cinque minuti alla conclusione della lezione, ma io ero troppo assorta e intenta ad ascoltare il professore per badare all’ora. Quando la campanella avrebbe segnato la fine della lezione avrei dovuto correre per prendere il treno dell’una e nove in tempo.
Così la mia compagna di banco e amica storica, Cristina,  - otto anni che eravamo amiche –,  mi riscosse informandomi del fatto che fosse mezzogiorno e cinquantasei. Non me lo feci ripetere due volte e infilai alla bell’e meglio quaderno e libro nello zaino. Nel frattempo lei non aveva mosso un dito, se ne stava lì seduta con le spalle al muro. La osservai cercando di capire perché non si stesse preparando. Solitamente eravamo pronte con lo zaino in spalla e la mano sulla maniglia in attesa del rintocco stridulo della campanella.
« Io prendo il treno a ***, quello dell’una e ventuno perché passo in centro a comprare la cover¹ con Daniela », disse per spiegarmi il motivo della sua “agiatezza”.
Rimasi in silenzio, non capendo. O semplicemente fu una stoccata dritta al cuore. Non mi aveva chiesto se fossi voluta andare con lei. In fondo conoscevo bene Daniela e stare anche con lei non mi avrebbe destato alcun fastidio.
Dato che il professore stava scrivendo frettolosamente i compiti sulla lavagna, la guardai e le chiesi di passarmeli una volta giunta a casa, ignorando quella sensazione che si era fatta spazio nel mio cuore.
Quando la campanella trillò mi avviai per il corridoio ormai sgombro. Gli studenti delle altre classi si erano già tuffati nell’atrio con un minuto di anticipo. Mi bastò fare una corsetta e fui ben presto al di fuori dell’edificio.  
Nel contempo rimiravo quella frase nella mia testa come fosse stata un oggetto sconosciuto. Non riuscivo a non pensarci. Mi strinsi nelle spalle e continuai ad avanzare.
Riuscii per un pelo a non perdere il treno.
Nel tragitto mi ero imbattuta in una mia vecchia compagna di scuola, Sofia, la quale gli anni precedenti era sempre stata una che si dava un sacco di arie, cosa che me la fece diventare nemica ai tempi delle medie.
In quell’occasione però la accolsi con calore, così come fece anche lei. Non era mai successa una cosa del genere prima d’ora, l’unica cosa che ci scambiavamo era un saluto frettoloso e un come stai? rapido e disinteressato. Non seppi intuire perché ciò si verificò, sapevo solo che entrambe iniziammo a parlare del più e del meno come se ci fossimo viste giusto il giorno prima.
Quando scese alla sua fermata, io mi preoccupai di arrivare all’ultimo vagone. Lo facevo perché, visto che il passaggio a livello si apriva dopo la partenza del treno, c’era la possibilità di farmi investire da qualche automobile. L’ultimo vagone invece si fermava a un metro dall’uscita e mi assicurava un passaggio tranquillo in quanto la barra rimaneva ferma un minuto finché il treno non partiva.
Quando le porte automatiche si spalancarono alla mia fermata (differivamo, io e Cristina, di due fermate solamente) imboccai la mia strada, che era sempre dritta, e nel percorso non potei che ripensarci.
Perché si comporta così? Eppure la risposta non arrivava. Era sempre così quando si trattava di lei. Lei era indecifrabile con i suoi gesti, le sue parole, i suoi silenzi. Forse un sudoku l’avrei trovato molto più semplice.
A casa trovai mia sorella, più grande di me di sei anni, Teresa; era tornata da lavoro da una manciata di minuti. Probabilmente, nonostante avessimo preso lo stesso treno, lei aveva camminato più rapidamente col risultato di non esserci incontrate.
Le raccontai cosa fosse successo e lei mi disse quello che mi ripeteva ormai da otto anni.
« Te l’ho sempre detto che era fatta così. Ma tu, come sempre, non mi ascolti ». La guardai con un misto di confusione.
Non mi ero ancora rassegnata, pensavo di trovarci una buona amica in lei. A volte però, avevo quei momenti in cui trovavo solo aspetti negativi in lei, ma poi cambiavo velocemente idea.
« Sì, però non capisco perché si comporti in questo modo. Cosa le ho fatto? », le domandai esasperata. Era l’ennesima volta in otto anni che capitava.
« Niente. Probabilmente è invidiosa », mi rispose con un sorriso rassegnato.
« Ma è impossibile! Cosa dovrebbe invidiarmi? Non sono bella come le altre mie compagne di classe né tantomeno sono un genio! », ribattei infuriata con me stessa, perché quelle parole sapevano di verità; e la verità a volta fa male, tanto da portare alla collera.
Tamara in risposta sbuffò in modo poco elegante e mi guardò seria. « Oh, smettila prima di tutto! Ad ogni modo l’invidia nasce e basta, non bisogna per forza invidiare il meglio del meglio. Lei trova in te qualcosa che vorrebbe lei sola. Senza contare che ti manipola per bene, eh », disse preparando la tavola.
Io sgranai gli occhi. Non era la prima volta che la accusava di una cosa del genere, solo che sentirglielo dire mi provocava sempre una reazione simile. « Quando lo farebbe, scusami? ».
« Sempre. Cerca di farti fare quello che vuole lei, facendoti sentire in colpa o calpestandoti l’autostima », concluse.
Un piccolo ricordo della stessa mattina fece breccia nella mia memoria. « In effetti oggi mi sono messa il tuo maglioncino bianco-azzurro che non hai mai messo, no? E lei mi ha fissato a lungo. Poi ha tirato un po’ la stoffa, come se la disgustasse, e mi ha detto che non ci sarebbe riuscita ad indossarlo. Essendo che lo stile era caratterizzato dai buchi, mi aveva spiegato. Come vedi, però – le mostrai, avvicinandomi – non ci sono questi buchi, o meglio, sì ci sono ma sono molto piccoli, ma l’aria non riesce a passare e quindi mantiene caldo. Lei invece ha ribattuto dicendo che avrebbe avuto freddo vestita com’ero ». Quando realizzai ciò che avevo appena detto, ci rimasi male.
« Visto? Quando te l’avevo fatto provare ti stava una favola. Al posto di dire quella minchiata avrebbe potuto farti un complimento, e invece? Ha preferito trovare il difetto, che difetto non era. Perché non apri gli occhi? » borbottò.
« Non ricordo nemmeno una volta in cui mi abbia fatto un complimento. Io gliene faccio un sacco durante la settimana da anni. Le amiche lo fanno, giusto? ».
« Esatto, ad esempio Nadia mi riempie sempre di complimenti e non solo. Quando vado a lavoro con un nuovo acquisto le mie colleghe mi dicono che sto davvero bene! », rispose per poi girare la pasta che aveva appena buttato in pentola. « Lei non è una vera amica. Ora che ne hai preso la consapevolezza che hai intenzione di fare? Non dico che devi allontanarti da lei o cambiare il tuo atteggiamento. Devi ignorare la cosa, con la consapevolezza però che non puoi considerarla una tua vera amica. Quando avevo la tua età io non avevo capito che ignorare era la soluzione più adatta. Che ne dici di fare amicizia con Benedetta? Lei è davvero una persona carina e potresti trovare una buona amica su cui contare », mi consigliò.
Non replicai.
Lo sapevo che Benedetta sarebbe stata un’ottima amica, però la vedevo così bella e perfetta, che forse non meritavo di trascorrere del tempo in sua compagnia. Benedetta assomigliava molto ad Angelina Jolie, insomma, troppa bellezza per i miei gusti mi avrebbe fatto arrivare l’autostima sotto ai piedi ogni volta che l’avrei dovuta guardare.
Inoltre sapevo che buon cuore avesse e non volevo in alcun modo provare dell’invidia nei suoi riguardi, era un sentimento malevolo che, ripeto, non avevo intenzione di provare.  Per dirla tutta avevo anche la sensazione di non brillare neanche un po’ in sua presenza, perché la sua luce era abbagliante tanto da offuscare la mia. Ed ero così stanca di vedere negli altri qualcosa di migliore.
« Ah, Ale, a breve andremo tutti a Milano. Viene anche Benedetta; pensa che mi ha detto “Tamara, fai venire Alessia?” Che tenera che è! », soggiunse con un risolino benevolo.
Io le elargii in risposta un sorriso e presi posto a tavola. Avevo sì la pancia che brontolava, ma era il mio cuore quello più affamato… di amicizie sincere.


Angolo autrice:
Sera :) Vi dico solo che questa è la mia vita e se volete lasciare un commento, o boh, un MP mi piacerebbe.
   
 
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