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Autore: Ale21    02/02/2015    0 recensioni
[...] questa pallavolo dove la squadra conta cento volte più del singolo, dove i propri sogni individuali non possono che essere realizzati attraverso la squadra, dove sei chiamato a rimettere in gioco sempre ed inevitabilmente quello che hai fatto, diciamocelo chiaramente, è uno sport da sovversivi!
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho scritto questo testo ispirandomi deliberatamente al testo pubblicato sul volume 'Sogni di gloria. Genitori, figli e tutti gli sport del momento' (della collana 'Save the parents' di Scuola Holden edito da Feltrinelli) da Mauro Berruto, Commissario Tecnico della nazionale maschile di pallavolo.


 
 
Questa non è una storia con una trama vera e propria, come si suol dire. Potrebbe essere considerata una storia d'amore, ma forse non è neanche una vera e propria storia. Direte voi: Ma allora cos'è?

E' lo sfogo, il pensiero di una ragazza come tante altre che trova stabilità e sicurezza per esprimersi davanti ad un pc. Si siede alla sua scrivania, nella sua camera, sulla sua sedia, con il suo portatile d'avanti a sé e tutto nella sua testa prende improvvisamente forma, esce dalle sue dita, che scorrono mediamente veloci sui tasti bianchi ed immacolati. Il tutto si riunisce sullo schermo acceso di fronte ai suoi occhi in un testo. Un testo, perché non è una storia e lei lo sa. Sa anche che quel testo finirà poi pubblicato su un sito di storie, ma non le interessa. Magari non verrà neanche letto da nessuno, pensa.

Quella ragazza, avvolta dal suo pigiama caldo, nella sua stanza calda, sono io. Chi avrebbe mai immaginato che mi venisse un'idea del genere? Oh, santissimi numi, di certo non me la sono cercata io, questa sfida. Ma nessuno mi ha detto di scrivere questo testo inutile alla comunità almeno quanto è utile per me. O almeno nessuno l'ha fatto direttamente.

Sembro una pazza che parla da sola, ma non mi interessa poi così tanto. Ho scoperto di essere pazza tempo fa, quando iniziai ad allenarmi in quel palazzetto nuovo, inconsapevole che sarebbe poi diventato nel giro di pochi mesi una sorta di seconda casa, per me. 

Se solo qualcuno mi avesse messo al corrente del rischio che stavo correndo mi sarei fermata in tempo. Quando l'ho scoperto era già troppo tardi. Come avrà già sicuramente detto qualcuno "Una volta iniziato, non si torna indietro." E, bhe, se nessuno l'ha già fatto, prendetela come una mia citazione.

Iniziai a giocare a pallavolo più o meno cinque anni fa. Avevo solamente undici anni e, come già detto, completamente all'oscuro del grande, enorme rischio che correvo. Sì, un enorme rischio è quello portato dalla pallavolo. Per anni si è creduto che la pallavolo fosse uno degli sport più sicuri, in quanto non ci sia contatto fisico tra le due quadre che, anzi, sono costantemente separate da una rete, a partire dal riscaldamento pre-partita fino al saluto finale. Noi tutti abbiamo creduto a questa storia. Ci credevo anch'io. 
In realtà non so neanche quando ho smesso di crederci, ma qualche giorno fa ho scoperto di non essere più sotto questa specie di strano incantesimo creato dalle parole di allenatori, genitori, sportivi e tifosi. Tutti prima o poi ne veniamo fuori, chi prima, chi dopo. E direi che Mauro Berruto, il grandissimo Mauro, ha dato una mano a migliaia di persone ancora abbindolate da certe scemenze. 

Penso di sapere (anzi: sicuramente so) ciò che ogni pallavolista, di ogni età, maschio o femmina che sia, prova quanto entra in campo, o addirittura prima, nello spogliatoio insieme ai suoi compagni di squadra, o a casa mentre riempie la sua borsa con ginocchiere e scarpe utilizzate esclusivamente in quel rettangolo di mondo, che poi è l'unico spazio sulla superficie terrestre ad essere ritenuto, da me e molti altri, in qualche modo degno di esistere: eccitazione, felicità, determinazione e concentrazione. Questo perché la pallavolo è uno sport facile da amare, che da gioie immense ogni tre per due se solo ci si impegna minimamente. E se poi ci si impegna pienamente, allora è una costante gioia e soddisfazione. La pallavolo è fatta così. Si ama o si odia. Non esiste il 'mi piace'. E, se devo proprio essere sincera, la si ama con una tale facilità che ogni tanto sembra di odiarla. 

Poi c'è l'aspetto pratico, non così facile. Perciò, cari pallavolisti, non preoccupatevi del vostro livello o dell'esito di allenamenti e partite: siete campioni già per il semplice fatto di averci provato. Perché la pallavolo, oltre ad essere uno sport estremamente pericoloso, è anche difficile, molto difficile. La pallavolo è intercettare la traiettoria di un oggetto in volo e far cambiare la direzione di esso con un solo tocco. Complicato, quasi impossibile.

Il mio scopo tuttavia non è quello di spiegare quanto sia complicato questo sport, ma quanto esso sia pericoloso. Citando direttamente M.Berruto 

"La pallavolo, come sport di squadra, è uno sport sovversivo, pericoloso... Potrebbe far nascere coesistenza, affiatamento e unione... in un mondo dove l'individuo deve essere al centro del proprio mondo... E' uno sport alieno!" 


Leggendo il suo testo, ho appreso appieno il valore della pallavolo. Berruto si rivolge agli adulti, ai genitori con parole chiare e precise: pochi giri di parole e idee fondate su esempi affatto criticabili. 
Io voglio invece rivolgermi agli stessi pallavolisti, per far si che amino questo sport più di quanto lo facciano già, ed ai ragazzi che non conoscono ancora a fondo questo sport, per far si che se ne innamorino.

Il pericolo, nella pallavolo si trova non molto nella possibilità di infortuni, ma nel contrasto con il mondo esterno.

Il passaggio obbligatorio è la prima delle problematiche. In un mondo che insegna ai ragazzi che il campione è colui che riesce a risolvere la partita contando sulle proprie abilità, la pallavolo si oppone obbligando i giocatori a passare la palla ad un altro componente della propria squadra per risolvere la partita.
"Non c'è nessuno che può schiacciare se non c'è un altro che alza, nessuno che può alzare se non c'è un altro che ha ricevuto la battuta avversaria. Una fastidiosa interdipendenza che tanto è fondamentale per lo sviluppo del gioco che rappresenta una perfetta antitesi del concetto con cui siamo cresciuti e che si fondava sulle legge: 'La palla è mia e qui non gioca più nessuno'."

C'è poi il problema dello spazio ristretto. 81 metri quadrati divisi per sei persone in un mondo dove ci si assicura sempre di stare alla giusta 'distanza di sicurezza' dagli altri. E, come se non bastasse, siamo tutti obbligati a muoverci costantemente sincronizzati mentre il mondo insegna a muoverci per noi stessi e per il nostro benessere.

Per finire, l'azzeramento del punteggio ad ogni set. In un mondo dove ognuno lotta l'intera vita per crearsi il suo spazio di benessere e relax dal quale non vorremmo mai uscire una volta entrati, la pallavolo si oppone ancora costringendo i giocatori a ricominciare tutto da capo anche dopo un set giocato perfettamente e vinto senza difficoltà. Non puoi mai abbandonarti felice dopo aver vinto il set, perché devi subito ricominciare da capo e tutto lo sforzo che hai fatto fino ad allora non serve più a niente, puff sparito nel nulla e nessuno se ne importa. Se fai male nel secondo set, di certo l'arbitro non ti darà il punto perché nel primo hai fatto tutto alla perfezione.

La pallavolo è pericolosa quindi perché spinge i ragazzi a credere "nella forza e nella bellezza della squadra, del collettivo, della comunità" mentre tutto il resto del mondo è fondato sull'individualismo e sul benessere esclusivamente proprio.

La pallavolo insegna a vedere il mondo con occhi diversi, migliori. Insegna a voler essere amici e compagni di tutti, per andare avanti. Insegna a non aver paura di sentirsi troppo vicini a qualcuno, fisicamente o moralmente. Insegna a ricominciare sempre da capo dopo ogni sconfitta e a lottare sempre per ottenere il massimo e non accontentarsi di ciò che si ha già. 
La pallavolo insegna a vivere nel migliore dei modi: non è un semplice sport, è uno stile di vita.
   
 
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