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Autore: elisbpl    02/02/2015    3 recensioni
New Jersey, Gennaio 2016.
L'idea sembrava morta, ma non lo è. L'idea è folle. L'idea è viva, sembra più viva che mai.
Ma come ha potuto un'idea così potente scorrere, andare via, trasportata dalla corrente? Semplice: non l'ha mai fatto. L'idea sa nuotare. E' stata brava a nascondersi in attesa di una nuova era. L'idea sopravvive.
E loro torneranno.
Sembri viva, idea.
Che ne dici?
___
[dalla storia:
"-Non scappare via. Non farlo più.
-Non lo farò. Giuro su ciò che vuoi che domani sarò ancora qui.
-Mi fido.
-L’hai sempre fatto.
-Lo so."
___
Sospirò e deglutì prima di parlare, questa volta a bassa voce, il tono tra il triste e il rassegnato: - Quindi, cosa vuoi fare, Gee?
Il cantante accennò un sorriso e parlò sicuro, le mani ancora sulle sue guance, guardandolo sempre fisso negli occhi: - Voglio rimettere insieme i My Chemical Romance.
Gerard si rese conto che in quella situazione e in quella posizione, le opzioni riguardo ciò che Frank avrebbe potuto fare dopo la sua affermazione erano due: o annullava la distanza e lo baciava, o annullava la distanza e gli dava una testata in bocca.
Più probabile la testata.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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~Capitolo 7.
“So darken your clothes
or strike a violent pose,
Maybe they’ll leave you alone,
but not me”.


 

- Cazzo, sì! Sì, oh, porca puttana, ragazzi,! E c’era bisogno di fare tanti giri di parole? Ovvio che ci sto, cazzo! Che sono quelle facce da funerale? Credevate davvero che potessi mandarvi via insultandovi e magari prendendovi anche a calci in culo? Quanto siete stupidi, mamma mia.
- Anche noi ti vogliamo bene, Ray, eh.
Risero tutti e tre e si ritrovarono stretti nell’ennesimo abbraccio del capellone, pur stando tutti seduti su una poltrona diversa.
- Oh, quanto mi siete mancati… Ma perché abbiamo fatto quella cazzata? - Ray sospirò e allungò le braccia a scompigliare i capelli a entrambi.
- Perché Gee doveva farsi biondo pancake e farsi picchiare con dei pancake, e se ai tempi fosse stato ancora lo stesso tizio che si masturbava su un palco sarebbe stato poco credibile nella parte di adoratore e amante di una cosa così pura e dolce come un pancake - se ne uscì Frank ridendo, poi si girò verso di lui e aggiunse serio: - A proposito, questi capelli biondi fanno veramente schifo. Necessiti di una tinta.
- Grazie Frankie, sei sempre così gentile. Vuol dire che dopo andrò a comprare una tinta nero pece e poi me la farò da solo in onore dei vecchi tempi, e poi già che ci sono mi infilo il completo da parata e vado a farmi un giro nel cimitero più vicino - Gerard sbuffò una risata e accavallò le gambe, mettendosi seduto più comodo sulla poltrona che si trovava nello studio di Ray - E comunque, quello era un fottuto programma televisivo, ed era l’anno scorso! Come cazzo fai a ricordartene?
- Non si dimentica una cosa sulla quale hai riso istericamente per una settimana intera. Per tutta la settimana, Gerard. Tutta. La. Settimana.
- Per “ridere istericamente” intendi che ti facevi le seghe pensando a me che mangiavo pancake o…?
- Decisamente non siete cambiati per niente - Ray decise, saggiamente, di interrompere sul nascere la discussione sui pancake prima che degenerasse - Ed è alquanto strano, visto che di solito le persone fanno una cosa strana che si chiama “maturare”, con gli anni, mh.
- Ci conosci, Ray - Frank rise e gli batté una pacca sulla spalla dopo essersi alzato dalla poltrona sulla quale era stato seduto per tutto il tempo in cui avevano parlato - Non cambieremo mai.
- E non avete la minima idea di quanto questo mi faccia piacere - il chitarrista li guardò entrambi con uno dei suoi vecchi sorrisi, quelli che a Gerard erano sempre piaciuti perché erano talmente sinceri, e soprattutto sentiti, da far male al cuore.
Il cantante non poté fare a meno di lasciarsi contagiare dal suo sorriso, anche perché lo sguardo poi gli cadde su Frank, e si era reso conto di non riuscire mai a non sorridere, o a non essere felice, se si trattava di lui, qualsiasi cosa riguardasse lui.
Fu l’ingresso nella stanza di Christa che chiedeva loro se restassero a cena che fece rendere conto a Gerard di quanto fosse terribilmente tardi.
- Oh, no, grazie mille, Christa, ma è davvero tardi, e io devo fare delle commissioni… La prossima volta però non ce lo facciamo ripetere due volte, non è vero, Frank?
- Già, specialmente perché ricordo molto bene le tagliatelle che ho mangiato l’ultima volta che ho cenato qui, e non mi dispiacerebbe replicare - lui sorrise e tese al cantante la mano per aiutarlo ad alzarsi dalla poltrona nella quale ormai era sprofondato, e lo tirò su.
- Andate via? Be’, ma allora come restiamo? Nel senso, okay, riformiamo i My Chem, e poi? - non appena la moglie uscì dalla stanza, anche Ray si alzò e cominciò a fare domande che riempirono Gerard di ansia: c’era così tanto da fare…
- Siamo venuti solo a chiederti se ci stavi, Ray. Per ora non abbiamo ancora niente di concreto in mano, dovremmo lavorarci, come, del resto, abbiamo già fatto una volta… Domani, appena torno a L.A., chiedo anche a Mikey, anche se dubito che siano problemi, poi chiamo James, poi ci cerchiamo un batterista e poi contattiamo di nuovo la casa discografica. Ci serve solo un po’ di tempo per fare le cose con calma, ma andrà tutto bene. Me lo sento. Lo so - il cantante sorrise brillante, a dissimulare l’agitazione che in realtà stava cominciando a provare, e si infilò la giacca - Tu ti fidi di me, Ray Toro?
Ray lo guardo con un’espressione che faceva tanto “che cazzo di domande sono queste se non la finisci ti piglio a calci in culo”: - Certo, che mi fido di te, Gerard Way.
Porca merda.

- Che commissioni devi fare?
- Eh?
- Prima, da Ray, hai detto che dovevi fare delle commissioni.
- Ah, sì. Mh, devo andare a comprare la tintura perché mi hai davvero convinto a cambiare tinta, e poi andare all’albergo dove avrei dovuto soggiornare per far sapere loro che sono ancora vivo, credo. Quindi magari se mi lasci alla stazione… - Gerard si strinse nelle spalle nel rispondergli e portò le mani alla bocchetta del riscaldamento, per provare a scongelarle dopo che il gelo le aveva assalite nel breve tratto tra casa di Ray e l’auto di Frank.
- Col cazzo che ti faccio prendere il treno, ti accompagno io. Dov’è l’albergo?
- Frank, è a New York. Ero lì per lavoro, me l’hanno prenotato lì. E sono venuto qui col treno comunque, quindi direi che posso tornare lì allo stesso modo.
- Ragiona con calma, Gee. È tardi, non metterò te, Gerard Way, su un treno per New York a quest’ora. Finirebbero per rapirti, o stuprarti, o qualcosa del genere.
- Oh, ti prego…
- Facciamo che stanotte dormi qui, e domani decidiamo se prendi il treno o ti ci accompagno io in aeroporto, okay?
- Frank, le mie cose sono tutte nella mia valigia, che è in albergo. Non posso restare ancora qui.
- Oh ti prego lo dico io. Come se fosse mai stato un problema. Ti presto io qualcosa, poi il divano in realtà è un divano-letto, quindi non devi neanche stare scomodo. Ta dan, perché devi farti tanti problemi?
- Facciamo che resto solo se dormi con me.
- Ah.
- Già.
- Gee, non posso…
- Oh, andiamo, Frank, perché ti fai tanti problemi?
Il chitarrista fece per ribattere, ma probabilmente si rese conto che il cantante aveva appena usato le sue stesse parole contro di lui per vincere. Tipico.
Gerard sorrise e gli mimò con le labbra un “fregato” mentre Frank premeva il piede sull’acceleratore e contemporaneamente gli mostrava il medio.

Frank aveva chiamato Jamia per dirle che non sarebbe tornato a casa neanche quella sera con un sospiro rassegnato, un’alzata di spalle e un “tanto so già come finirà questa storia”. Gerard non gli aveva chiesto come credeva che sarebbe andata a finire, e per adesso non voleva pensarci neanche lui.
Erano tornati al piccolo prefabbricato dove aveva ormai capito che il chitarrista dormiva abbastanza spesso: a un’occhiata più attenta, si era accorto di quanto effettivamente fosse vissuto quel piccolo spazio. L’armadio era pieno di vestiti, il frigorifero e i mobili della cucina pieni di cibo e cose varie, c’erano parecchi ricambi di lenzuola pulite e il tappeto decisamente non aveva su la polvere che ci sarebbe stata se quel posto fosse stato semi-abbandonato.
Appena arrivati si erano fatti entrambi una doccia e avevano indossato dei vestiti puliti e ora, mentre Frank sistemava il divano-letto per la notte, Gerard stava preparando l’ennesimo caffè della giornata.
- Ma riesci a dormire con tutta questa caffeina in corpo? - il chitarrista aveva alzato lo sguardo dalle coperte che stava sistemando e lo aveva posato su di lui che era intento a versarsi il caffè in una tazza.
- Il mio corpo è abituato. Anzi, senza, ormai, mi è difficile fare qualsiasi cosa, è come una droga. E, insomma, meglio questa droga che altre - Gerard si portò la tazza fumante alle labbra e ci soffiò sopra per non scottarsi - E comunque non ho mai dormito tanto, lo sai.
- Credevo che almeno il vizio di dormire l’avessi preso - Frank sorrise e andò a spegnere la stufetta che avevano tenuto accesa da quando erano tornati: l’ambiente ora era accoglientemente caldo, a differenza del gelo che si poteva percepire dando uno sguardo fuori dalla finestra, e le coperte che il chitarrista aveva sistemato sul letto sembravano belle pesanti, quindi della stufa sicuramente non c’era più bisogno.
- Nah, non fa per me - il cantante fece una smorfia e poi bevve il suo caffè con calma, sorridendo.
- Mi sa di no - Frank sorrise a sua volta e si lasciò cadere sul letto con un sospiro - La mia vita è cambiata radicalmente nel giro di ventiquattr’ore. Ancora una volta.
- La tua vita è cambiata radicalmente nel giro di ventiquattr’ore già una volta? - Gerard posò la tazza vuota nel lavandino, andò a spegnere la luce e poi a buttarsi accanto a lui sul letto.
- Mmh - il chitarrista annuì e si mise a pancia in giù, puntando i gomiti nel materasso e guardandolo così dall’alto, nonostante la quasi totale assenza di luce - La mia vita è cambiata radicalmente in meno di ventiquattr’ore quando, un bel giorno del 2001, sono rimasto fottutamente incantato dal cantante dello stupido gruppo che apriva un concerto di quello che ai tempi era il mio, di gruppo.
- Ah, davvero? - Gerard sorrise a quell’affermazione e decise di stare al gioco - Incantato, addirittura? Doveva essere proprio un bel tipo. Molto figo. Affascinante. Sicuramente.
- A dir la verità, no. Era un cazzo di sfigato di merda, e aveva una faccia di cazzo assurda, non hai proprio idea.
- Ma…
- Però aveva una voce che… Boh. Poi stava sul palco che sembrava un idiota, e io…
- Insomma, in pratica era lo scarto dell’umanità, ma ti ha incantato.
- Forse. Non so cosa avesse di particolare, ma era così… Oh, davvero, non lo so. Sta di fatto che ricordo che, nel momento in cui lo vidi, pensai che prima o poi saremmo finiti a letto insieme.
- Oh, davvero? - Gerard scoppiò a ridere - E, dimmi, è successo?
- Qualche volta - Frank si lasciò contagiare dalla risata e gli passò una mano tra i capelli per scostarglieli dal viso - Sai com’è, lasciai la mia band per unirmi alla sua solo per arrivare a quello.
- Davvero? - ripetè, e ora però lo guardò allarmato, preoccupato che quello che gli stava dicendo potesse essere vero.
- No, Gerard, no - il chitarrista rise e gli diede un bacio sul naso - I Pencey Prep si sciolsero. E poi, non sono il tipo di persona che lascia un gruppo ed entra in un altro solo per inseguire delle folli fantasie sessuali su uno strano ragazzo emo.
- Ma per seguire uno strano ragazzo emo e basta, sì - Gerard si tirò sui gomiti, avvicinò il viso al suo e parlò, il tono più basso di prima, a pochi centimetri dalle sue labbra.
- Già - Frank sorrise rispondendo in un sospiro, e annullò la distanza.
Quello fu un bacio diverso da tutti gli innumerevoli baci che si erano scambiati nel corso di una vita: erano sempre stati violenti, dati come se avessero sempre avuto paura che ognuno fosse l’ultimo. Ora, invece, erano entrambi calmi, gli ultimi avvenimenti li avevano portati a quel momento che sembrava fuori dal mondo, perfetto, e quel bacio fu dolcissimo. Frank portò la mano alla guancia di Gerard e si strinse a lui mentre le loro labbra si accarezzavano delicate, e Gerard sorrise, beato. Quando quel bacio finì ne arrivarono subito altri simili, quale più lungo, quale più intenso, ma tutti dolci alla stessa maniera. Poi Gerard si tirò su e, senza smettere di baciarlo, invertì le posizioni, andando a stendersi su di lui. Posò le mani sui suoi fianchi e li strinse piano, Frank circondò i suoi con le gambe e andò a infilare entrambe le mani tra i suoi capelli. Gerard invece infilò le mani sotto la sua maglietta e gli scappò un sorrisetto soddisfatto quando lo sentì rabbrividire al suo tocco.
I baci andarono a intensificarsi sempre più, senza però perdere la dolcezza che li stava caratterizzando dall’inizio. Una cosa che entrambi stavano perdendo, però, era la calma: Gerard sfilò la maglietta a Frank e cominciò a riempirgli il collo di morsi alternati ad altri piccoli baci, poi prese a scendere, continuando con lo stesso trattamento sul petto e poi sul ventre, andando a stuzzicare in particolare i punti in cui i tatuaggi gli marchiavano la pelle. Lo sentì inarcare la schiena sotto di lui e trattenere il respiro, e sorrise ancora. Quando Frank cominciò a tirargli i capelli, impaziente di baciarlo ancora, si tirò su di nuovo e lasciò che gli sfilasse la maglietta, per poi andare a poggiare il petto nudo contro il suo. Avevano entrambi già il fiatone, e le mani cominciavano a vagare sempre più freneticamente per i loro corpi. Frank strinse ancora le gambe attorno alla vita di Gerard, e lui ne approfittò per premersi su di lui, provocando un gemito d’eccitazione a entrambi, che soffocarono l’uno nella bocca dell’altro. I pantaloni si fecero di troppo e finirono quasi per strapparseli di dosso a vicenda, assieme ai boxer. Ormai da ogni contatto scaturivano gemiti mal controllati, e Gerard per un momento pensò che, se Frank non avesse smesso di emettere quei suoni così dannatamente eccitanti, sarebbe venuto prima ancora di cominciare. Prese a mordergli il collo e portò una mano al suo viso. Lui gli avvolse l’indice e il medio con la bocca e prese a succhiarli, continuando a farsi sfuggire versi veramente poco casti, e quando le dita di Gerard furono liberate dalla presa, ormai le erezioni di entrambi erano talmente dure e sensibili che anche il cantante non riusciva più a trattenere i gemiti. Frank allargò le gambe e Gerard portò le dita bagnate alla sua entrata. Tornò a baciarlo quando infilò il primo dito e lo sentì irrigidirsi terribilmente sotto di lui, i talloni puntati nel letto e la schiena inarcata.
- Sta’ calmo… - gli morse dolcemente il lobo e andò a sussurrargli all’orecchio con la voce roca dovuta all’eccitazione, poi gli baciò la fronte aggrottata e gli occhi serrati mentre cominciava a muovere piano il dito dentro di lui, la mano libera che gli accarezzava delicatamente ogni punto possibile, tutto per provare a rilassarlo. Frank annuì e dischiuse leggermente la bocca che, per la tensione, senza rendersene conto, aveva ridotto a una fessura, e cacciò un gemito molto poco virile che fu subito soffocato dalle labbra di Gerard.
Quando si fu abituato al primo dito, Gerard infilò anche il secondo, e dovettero ricominciare daccapo con la procedura di rilassamento. Dopotutto, erano quasi dieci anni che non lo facevano, e non era biasimabile che Frank non fosse più abituato, perciò Gerard era armato di tanta, tanta pazienza mentre lo preparava e cercava di trattenere i propri gemiti di eccitazione. E poi, questa volta voleva davvero farlo con Frank. Voleva farlo davvero, sì, sentiva quanto fosse importante, e sapeva che non era solo sesso, che non era solo una scopata qualsiasi, una come le tante che avevano avuto anni prima. Ora era consapevole di ciò che provava, e voleva unirsi a lui anche in quel modo come fosse la prima volta. Sentiva davvero di amarlo.
Quando finalmente lo sentì abbastanza calmo e rilassato, sfilò le dita e si posizionò su di lui, tra le sue gambe.
- Ehi… Sei pronto? - gli chiese con il tono più dolce che avrebbe potuto uscirgli, nonostante il respiro affannato.
Frank annuì e gli prese il viso tra le mani per baciarlo. Lo baciò come a volergli trasmettere quanta fiducia avesse in lui, e Gerard in quel momento si sentì così pieno di amore da poter scoppiare.
- Ti amo - glielo disse sulle labbra, sussurrandolo, come un segreto.
- Anche io ti amo, Gee. L’ho sempre fatto - vide la tensione di Frank sciogliersi assieme a quelle parole, sussurrate allo stesso modo in cui le aveva  sussurrate lui. Ah, quanto lo amava.
Con quella meravigliosa consapevolezza presente nelle teste, nei cuori e nei corpi di entrambi, entrò in lui, e si mosse piano finché i gemiti del chitarrista non passarono da quelli di dolore a quelli di piacere. Fecero l’amore, e fu bellissimo. Fu come fosse stata la prima volta. I loro corpi si fondevano, si univano e si plasmavano perfettamente a vicenda, come se fossero nati per stare insieme. E forse, al di là di qualsiasi convinzione, al di là di qualsiasi logica, era così.
Le urla e i gemiti di entrambi si trasformarono in rantoli e spasmi quando raggiunsero il culmine del piacere quasi contemporaneamente, stretti in un abbraccio che sciolsero solo dopo, per infilarsi sotto le coperte, sporchi, sudati e felici.
Si erano amati davvero per la prima volta, senza cazzate da ragazzini, si erano amati dell’amore che solo due adulti possono provare davvero, e quella che stavano provando in quel momento era la sensazione più bella del mondo.
Gerard si sentiva finalmente al posto giusto nel mondo, e sperava non sarebbe finita mai. Anzi, in quel momento, stretto a Frank tra le coperte di un divano-letto, a sentire il suo respiro che lentamente tornava regolare e il petto che si alzava e si abbassava contro il suo, Gerard Way decise che, nella sua vita, non avrebbe mai più lasciato andare Frank Iero. Mai più.

  
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