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Autore: Lux in Tenebra    03/02/2015    2 recensioni
[-Creepypasta-]
(Volevo raccontare la storia di uno Slenderman diverso dal solito, ispirata da alcune fan art e racconti che si trovano sul web (e non intendo le solite ficcy xD). Se siete fan della versione crudele dello Slender vi consiglierei comunque di leggere questa fic perché offre una visione differente sul personaggio. Tutta la storia è incentrata dal punto di vista del nostro protagonista maschile.)
La vita era una lunga routine, piena di mal di testa, rose invadenti, vestiti alla moda e pois multicolore che apparivano misteriosamente sulle sue cravatte.
Slender voleva fuggire via da quel caos, ma non poteva lasciare i suoi fratelli senza una guida.
Probabilmente si sarebbero autodistrutti.
Nel profondo c'era qualcosa che gli diceva che doveva restare e che, forse, prima o poi ci sarebbe stato un cambiamento, uno spacco in quel circolo vizioso:
Una tempesta si approccia impetuosa, scaraventando via tutte le barriere che proteggono il cuore e l'anima di quella creatura chiamata mostro.
Solo una cosa è certa, niente sarà più come prima.
Genere: Comico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Offenderman, Slenderman, Splendorman, Trendorman
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le disavventure degli Slenders'
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0.3 The last bottle of Martini




La notte prima dei fatti correnti…




“E quindi, che lavoro fai?” mi chiese Rei, trangugiando il resto del contenuto del bicchiere.
“Diciamo che coltivo rose” risposi piattamente, fissando diffidente il mio.
“Sei un giardiniere allora?” disse, facendo segno al barista di versargli un altro po’ di alcool.
“Più o meno” dichiarai, decidendomi ad assaggiare quello strano liquido.

Pffftt!!

“Ahahah, qualcuno non ha mai assaggiato un Martini in vita sua a quanto pare!” sogghignò Rei, nascondendo la faccia nella sciarpa, cercando inutilmente di trattenere le sue risa.
“Bleah! Che diavolo è questa robaccia?! Stai cercando di avvelenarmi?!?” esclamai schifato.
“Eheh, no, tranne se tu non mi dia un motivo per farlo e poi non è mica così male!” disse con estrema leggerezza.
“Come può non essere così male?! Fa schifo e non è neanche lontanamente dolce!” esclamai cercando di togliermi dalla bocca quel sapore orrendo.
“Bene… barista, mi dia tutta la bottiglia! E per il mio amico qui un latte al cioccolato per favore!” disse lui con enfasi.
“Non è un po’ tardi per un latte al cioccolato?” disse l’uomo, rimettendo a posto i bicchieri che aveva appena finito di asciugare.
“Andiamo, non manca molto all’alba! Sia gentile con lui, non vede la sua espressione da cane abbandonato in mezzo alla strada, tutto solo al freddo a pianger miseria per la sua vita rovinata!” esclamò, distendendosi da un lato del balcone con le guance leggermente arrossate.
“Primo, non ho l’aspetto di un disgraziato, secondo, sono alquanto sexy, terzo, sei ubriaco” dichiarai.
“Non è vero, non sono ubriaco! Parlo ancora in un modo completamente normale!”
“Se lo dici tu… ma non aspettarti che io ti riporti a casa, te la dovrai cavare da solo”
“Nessun problema, dormirò qui allora! È piuttosto comodo…” disse mettendo la testa sulle braccia conserte.
“Ecco a te, non mi aspetto di ricevere lamentele se il cioccolato non si è sciolto del tutto data l’ora!” esclamò il barista con stizza, indicando l’orologio e poggiando la tazza davanti a me.
“Non mi crea problemi, l’importante è che sia dolce” proclamai prendendo le bustine dello zucchero e mettendocene sei all’interno. Rei mi osservò per tutto il processo, fissando lo zucchero che cadeva fino a formare una montagnola, sbadigliando sonoramente ogni tanto.
“Sicuro di non volerne mettere un’altra? Il diabete sta chiamando e sarebbe un peccato non aprire” proclamò scherzosamente, grattandosi l’orecchio.
“Ma che diabete e diabete, non vedi come sono in forma?” chiesi con un ghigno stampato in faccia “Sono così in forma che probabilmente anche tu vorresti fare due cosine con me” conclusi prendendolo chiaramente in giro.
Lui mi fissò con un’espressione vuota, aprì la bottiglia senza mai staccare lo sguardo da me, ne versò il contenuto nel bicchiere e se lo portò alle labbra, girandosi di scatto dall’altra parte.
“Mi dispiace, mi piacciono le donne” dichiarò piattamente “e comunque sei grasso”
“Grasso io?! La tua è solo invidia per la mia sfolgorante bellezza!” esclamai soddisfatto.
“Ha parlato il tizio la cui testa assomiglia ad un uovo con i denti… che narcisista” disse riducendo gli occhi a due fessure.
“Parli proprio tu che hai degli occhi spaventosi! Ti sei mai guardato allo specchio?! Sembrano gli occhi di un morto!” sostenni arrabbiato, alzandomi in piedi di scatto.
Lui mi imitò, finendo per ritrovarci fronte a fronte, con il desiderio di darcele di santa ragione.
“Ehi voi due, niente risse nel bar. Risolvete le vostre faccende altrove!” ci rimproverò il barista.
Rei si riaccomodò rassegnato al bancone, mettendo la testa tra le braccia e facendo finta di niente. Mi sedetti e bevvi il contenuto della tazza, ritrovandomi di nuovo con i miei pensieri.
Avevo la testa completamente vuota in quel momento e non riuscivo a pensare a niente. Era come se qualcosa avesse risucchiato via tutto il caos che c’era all’interno.
Fissai la tazza con sguardo vuoto.

È leggermente troppo dolce, strano.

“Ehi…” disse poi Rei senza mai tirare fuori la testa “mi dispiace”
“E per cosa?” dichiarai piattamente, facendo finta di non essere interessato nelle sue parole.
“Per averti detto che la tua testa assomiglia ad un uovo”
“Ah, quello, non è niente.”
Il silenzio ricadde per qualche secondo, ma nessuna sensazione spiacevole albergava dentro di me.
“Questo non dovrebbe essere il momento in cui ti scusi per aver detto che ho gli occhi di un cadavere?” chiese Rei alzando la testa.
“Assolutamente no!”
“Ma come?! Io ti ho chiesto scusa!!” esclamò lui, guardandomi di traverso.
“E che vuol dire? Tu hai per davvero gli occhi da morto”
“Bene, allora pagi tu il conto!” dichiarò imbronciato, alzandosi dalla sedia.
“Err… no, aspetta, aspetta, guarda che io non ho un soldo!”
“Non sono miei problemi!”
“Fermo! Va bene, s…c…u… argh! È troppo difficile!!”
“Ciao!” disse essendo sul punto di andarsene.
“Scusami” dissi pianissimo.
“Cosa?” chiese lui mettendo la mano sull’orecchio.
“Scusami” ripetei a bassa voce.
“Non ho capito, credo d’essere diventato sordo!”
“Ho detto scusami!! Sei contento adesso?!” gridai perdendo la pazienza.
“Certamente!” esclamò con un sorriso sornione stampato sulla faccia, risiedendosi.
“Imbecille” dissi tra i denti.
Dopo un po’ di tempo, frugò nella tasca della giacca senza tirarne fuori niente, si guardò intorno e si alzò lentamente causando in me una grande curiosità.
“Devi andare in bagno per caso? Perché io non ti ci accompagno di sicuro” dichiarai, osservando il suo improvviso cambio di umore.
“C’è una finestra abbastanza larga da cui io possa passarci?” mi chiese con circospezione, muovendo lo sguardo dal bancone alla porta, misurandone presumibilmente la distanza.
“Perché diavolo vorresti passare da una finestra?”
“Ti ricordi quando ti ho detto che avrei pagato il conto?”
“Si e allora?”
“Ho perso il portafoglio…”
Mi bloccai all’improvviso, alzandomi lentamente e aspettando che il barista fosse distratto.
“Al mio via ci fiondiamo fuori e corriamo a gambe levate… tre… due… uno… via!”




Qualche ora dopo la mossa della rossa…




Fissai il volto preoccupato di mio fratello, aveva sentito tutto ciò che era accaduto e, anche se non aveva potuto vedere con i suoi occhi, aveva capito tutta la situazione.
“Offendy, secondo te la zia le farà tanto male?” chiese con gli occhi lacrimosi.
“Conoscendo l’umana, probabilmente se la caverà… insomma, riesce a resistere al profumo delle mie rose e alla mia irresistibile bellezza, qualcosa deve pur significare!” esclamai, cercando di rassicurarlo.

Molto probabilmente la farà a pezzi…

“Offendy” iniziò Splendor mentre due occhioni dolci apparvero sul suo viso “potresti farmi un favore?”

Oh, no… gli occhioni da Bambi no!

“Che tipo di favore, stecchino?” chiesi, già ben sapendo che la cosa mi avrebbe portato un sacco di guai e probabilmente nuove ferite.
“Potresti salvare la mia amica dalla zia?”
I suoi occhi si ingrandirono e si addolcirono in un modo terrificante.

Non li guardare o è la fine!

“Non ho la minima intenzione di rischiare di nuovo la pelle per quella bigotta monachella da quattro soldi!” esclamai convinto.
“T-ti prego, Offendy, fallo per il tuo fratellino stecchino!” disse mentre dai suoi occhi iniziarono a fuoriuscire dei lacrimoni.

È la fine…

“E va bene…” dissi rassegnato.
“Ti voglio tanto bene Offendy!” esclamò abbracciandomi.
“Aiut… non… respir… S…p…len…dor!!”
Lui, rendendosi conto del fatto che stavo rischiando di soffocare, mi lasciò andare.
“Come accidenti fai ad avere tutta quella forza anche quando sei malato?!” dichiarai toccandomi il collo esterrefatto.
“E’ il potere degli abbracci!” proclamò alzando le mani al cielo che ricascarono pesantemente sulle coperte poco dopo.
“Si, come no, e io sono un orso coccoloso!” dissi ironico.





Attualmente…




L’odore di sangue riempiva l’area, appestando l’aria e confondendomi i sensi mentre la neve che cadeva dal cielo non faceva altro che peggiorare la situazione. Mi nascosi dietro ad un grande albero, sperando che la zia avesse perso le nostre tracce.
Ero riuscito a trovarla ma lo stato in cui era ridotta era davvero pietoso: il suo corpo era completamente ricoperto di cicatrici che sanguinavano copiosamente e aveva molti ematomi sparsi ovunque, era un miracolo che fosse ancora viva.
“Offenderr, fai il bravo… dammi la tua puttana e ti risparmierò la vita!” sibilò la zia in lontananza con una voce che faceva venire i brividi.
Presi la donna in braccio e me la filai nella direzione opposta. Dovevo cercare di guadagnare tempo fino al ritorno di mio fratello maggiore, intelligente com’era avrebbe di sicuro trovato un modo per tirarci tutti fuori da questa brutta situazione.
Ci avvicinammo ad un laghetto ghiacciato, la neve stava cadendo fitta dal cielo, coprendo tutto ciò che toccava e, fortunatamente, stava cancellando le nostre tracce. Stavo per attraversarlo quando la vecchiaccia si teletrasportò davanti a me, costringendomi a saltare all’indietro per evitare il suo viticcio che spaccò il suolo.
In quel momento non riuscii a fare a meno di pensare a quanto quella situazione fosse ironica:

Sto davvero rischiando la vita per una che nemmeno me la vuole dare… stupidi occhioni da daino!
 
°°°°
   
 
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