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Autore: LenK    03/02/2015    1 recensioni
Dopo How to disappear completely, ecco il seguito delle avventure di Wendy Wink. Grazie all'amico - o qualcosa di più? - Seth Fitzwilliam, Wendy pensava di aver trovato un posto a cui sentiva di appartenere. L'inaspettato e improvviso ritorno della vecchia amica/rivale di sempre, Marigold, le scombinerà le carte in tavola. E stavolta, Fiordoropoli non è abbastanza grande per tutte e due.
~
Mi costava ammetterlo, ma se ero venuta a Johto perché volevo diventare migliore di Marigold avevo decisamente sbagliato strategia. Ovviamente ero partita con le migliori intenzioni del mondo ma, come al solito quando si parlava di me, tra il dire e il fare c’erano state di mezzo le Cascate Tohjo.
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vanishing'
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Il nostro gruppo era partito un po' in ritardo sulla tabella di marcia.
Cassiopea, stranamente affascinante nella sua tuta da ginnastica di un blu psichedelico, continuava a sostenere che era tutta colpa di Garrett che aveva trattenuto Seth all'ora di pranzo: a quanto pareva i due avevano consumato il pasto assieme a casa del fotografo. L'idea mi aveva spaventata: appena qualche ora prima avevo deciso di fidarmi di Garrett e aprirmi un po' a lui, e adesso mi stavo dando mentalmente della stupida per averlo fatto. Io ero solo una ragazzina depressa che aveva incontrato la sera prima, e Seth il suo idolo da sempre: anche uno Slowpoke avrebbe capito con chi dei due avrebbe vuotato il sacco.
Ma Cass non mi aveva dato tempo per rimuginarci troppo su: ci aveva preannunciato che avremmo sostenuto una marcia a ritmo veloce attraverso un percorso dissestato e arduo, conducendoci subito attraverso il primo passaggio roccioso della scarpinata, a ovest della città.
Il grottino che Cass aveva chiamato Ingresso Falesia era piccolo e la luce del sole pomeridiano penetrava dalle fessure delle pietre irregolari, rendendo agevole il percorso ciottolato. Tuttavia, presto questo si trasformò in una ripida salita, con dei gradini approssimati che qualcuno aveva rozzamente ricavato dalla roccia.
Dopo qualche minuto di percorso scosceso sbucammo all'esterno, ritrovandoci davanti un paesaggio mozzafiato. La salita era davvero valsa la pena, dal momento che ci trovavamo molto in alto e di fronte a noi si ergeva un percorso di saliscendi rocciosi a picco sul mare. Il Percorso 47 era praticamente scavato nelle scogliere a ovest di Fiorlisopoli. Anche il clima era favorevole: la brezza che mi soffiava tra i capelli era frizzantina senza essere pungente.
Continuando verso ovest ci trovammo a una diramazione del sentiero: sulla destra si trovava l'ingresso della Grotta Falesia mentre, continuando dritto, un ponte di corda dall'aria pericolante oscillava dirimpetto a una fragorosa cascata.
Improvvisamente una presenza mi oltrepassò sfiorandomi appena la spalla: riconobbi Garrett, un fulmine di vestiti smessi e capelli castani, che era schizzato in avanti attraverso il ponte, brandendo la macchina fotografica con entrambe le mani. Seth lo seguiva a ruota, animato da quell'euforia di bambino che avevo imparato ad associare a lui sin dai primi tempi in cui eravamo colleghi al Parco Nazionale.
«Avanti, venite!». I due ci incitavano a seguirli sul ponte, ma solo Marigold, incuriosita dal pericolo, accettò l'invito. I suoi scarponcini neri saggiarono la resistenza delle corde per un attimo e poi anche lei si lanciò sotto la cascata, a bearsi della piacevolezza degli schizzi d'acqua.
«Oltre il ponte c'è poco da vedere» li rimbeccò esperta Cassiopea, che nel frattempo si era avvicinata alla scogliera per studiare il posto in cui ci trovavamo. «La strada giusta è quella attraverso la grotta».
Rapiti dalla bellezza del posto, i tre non la ascoltavano. Io serrai la presa sugli spallacci dello zainetto, sospirando rumorosamente.
«Rimaniamo qui, tanto dopo dovranno tornare indietro» scrollò le spalle Cass, rivolta a me, e io mi girai verso di lei. Dovevo avere un'espressione inequivocabile, perché lei, dimostrando una perspicacia non indifferente, parve leggermi nel pensiero. «Va tutto bene?» mi chiese sospettosa.
La domanda mi colse di sorpresa e risposi con una sincerità che mai mi sarei sognata di adoperare in condizioni normali. «Ehm, scusa se te lo dico, ma noi non ci conosciamo».
«Hai tutta l'aria di una che non sa che cosa ci stia a fare qui» continuò lei spietata.
Rimasi in silenzio di fronte a quell'affermazione.
«Devo dirtelo. Quella Marigold non è capace di tenersi dentro le parole. Mentre eravamo alla palestra, dopo la sua sfida con Furio-sensei, ci ha spiattellato che era in viaggio per riempire il nuovo Pokédex. Quello che non ho capito è perché sei qui tu, visto che non sembri andare d'amore e d'accordo con i tuoi compagni di viaggio e non hai uno scopo ben preciso».
Non ero irritata con Marigold per essersi vantata della sua missione per conto del Professor Oak: ne aveva tutto il diritto, visto che aveva le carte in regola per meritarselo. Tuttavia, Cassiopea nel suo discorso non aveva menzionato Seth e decisi di farglielo notare.
«Nemmeno Seth è qui per uno scopo ben preciso».
La bruna socchiude gli occhi e mi guardò in modo strano. «Io credo che ce l'abbia» sentenziò misteriosa.
Non ebbi il coraggio di cavare un'altra parola di bocca a quella ragazzona lapidaria prima che Seth, Garrett e Marigold, finalmente appagati, smettessero di giocherellare con la cascata e ci raggiungessero dalla parte giusta del ponte.
 
 
L'ingresso della grotta era così basso che persino io, che non potevo vantare un'altezza vertiginosa, fui costretta ad accucciarmi per entrare.
«Ahi!» si lamentò la voce di Garrett, a cui avevo inavvertitamente pestato un piede.
«È buio qui dentro» brontolò Marigold, che era stata l'ultima a entrare dopo di me ed era andata a sbattere contro il mio zaino senza vedermi.
«Adesso faccio luce» avvertii il gruppo, mentre facevo uscire Abra dalla sua Pokéball e lui andava a posarsi sulla mia spalla. «Abra, ho bisogno di te! Usa Flash per illuminare i dintorni» lo pregai.
«Aiutalo anche tu, Chansey!» mi imitò Marigold, liberando il proprio Pokémon.
Con la combinazione dei due, finalmente la grotta si rischiarò abbastanza da permetterci di vedere bene. La Grotta Falesia era più simile a un cunicolo che a una vera e propria caverna, con passaggi stretti e sassosi. Il soffitto non era molto alto e mi soffocava un po'. Davanti a noi c'erano due strade tra cui scegliere: una in salita e una in discesa.
«Dove andiamo?» domandò impaziente Marigold.
«Scendiamo» propose Garrett, e siccome nessuno trovò nulla da ridire decidemmo di imboccare la strada che scendeva verso il basso.
«All'interno della grotta la regola è una ed è semplice: cercate di non fare troppo rumore. La Grotta Falesia si erge sul mare e non ha fondamenta stabili, perciò è soggetta a frane come quelle della scorsa settimana» ci avvertì Cassiopea, dimostrando un'ampia conoscenza della geografia delle sue zone.
La discesa non era molto ripida, per cui mi ritrovai quasi a divertirmi: era un ambiente nuovo per me. Passavo le dita sulle pareti umide disegnando strisce lucide di condensa sulla roccia, e alla luce emanata dai nostri Pokémon giocavo a cercare tracce di gusci di fossili marittimi tra i sassi.
A un certo punto intravedemmo un fascio di luce naturale che preannunciava un'uscita.
«Ci siamo sbagliati» annunciò Cass con disappunto. «È troppo presto per il Percorso 48».
«Usciamo almeno a vedere cosa c'è» suggerì Garrett tutto eccitato, per nulla in colpa per averci fatto sbagliare strada. Sembrava quasi, anzi, che quella deviazione l'avesse tutto ringalluzzito, avendo la prospettiva di vedere altri posti nuovi.
Acconsentimmo alla sua idea e ci ritrovammo in una caletta nascosta. Da quell'insenatura, il mare si estendeva a perdita d'occhio, senza terre in vista a limitare la libertà delle onde. Iniziammo a muovere qualche passo sulla sabbia scura lambita dalla risacca.
«È bellissimo» osservai rapita.
«E minaccioso» fece notare Cass. «Sta arrivando una tempesta».
Effettivamente all'orizzonte il cielo stava diventando scuro; nuvole sinistre foriere di temporale si avvicinavano nella nostra direzione sospinte dal vento forte, che si era intensificato durante la nostra permanenza nella grotta.
Lanciai un'occhiata al Pokégear: erano le cinque del pomeriggio e stava iniziando a imbrunire. Solo qualche giorno prima il sole era tramontato alle sei.
«Arriveremo prima che sia notte, giusto?» chiesi preoccupata rivolta a Cass, che aveva indubbiamente assunto il ruolo di capo della spedizione.
«Me lo auguro. Questo errore di percorso ci ha fatto perdere un sacco di tempo. Adesso dovremo tornare indietro».
Quella salita era estenuante. Mi ritrovai presto a corto di fiato, ma fui soddisfatta nel constatare che anche Marigold era piuttosto affaticata e Garrett praticamente stravolto. Sbuffava come un Koffing e iniziava ad averne anche l'odore. Quella che sembrava meno stanca era senza dubbio l'allenatissima Cassiopea, ma anche Seth se la stava cavando egregiamente. La cosa positiva era che stavamo facendo così tanta confusione, tra lamentele, soffi e urti vari, che nessun Pokémon selvatico aveva avuto il coraggio di avvicinarsi.
Finalmente tornammo al punto da cui eravamo entrati e questa volta imboccammo la strada che andava verso l'alto, ma ben presto cominciammo a risentire seriamente della fatica.
«Io sono stanco» ansimò Garrett.
«Io ho fame» mugugnò Marigold contrariata.
Il nostro gruppo era stato molto provato dalla sfacchinata, tanto che persino Cassiopea non trovò niente da ridire di fronte alle lamentele. Anche Abra e Chansey si erano stancati di emettere luce, per cui lentamente i loro Flash diventarono sempre più fiochi, finché ci ritrovammo quasi al buio. Continuavamo a procedere un po' a tentoni quando improvvisamente un bagliore illuminò la grotta per un secondo.
«Cos'era?» chiesi allarmata.
«Un lampo. Deve aver iniziato a piovere fuori» mi rispose Seth. «E la luce significa che siamo vicini all'uscita!» aggiunse trionfante.
Qualche secondo dopo, un rumore assordante rimbombò nella pareti della grotta. «E questo è il tuono» gli fece eco Marigold con allegria ironica.
Sebbene di solito non avessi paura dei temporali, ne ero decisamente terrorizzata ora che mi trovavo in una grotta pericolante in un territorio dove appena una settimana prima c'era stata una serie di frane. E Cass la pensava come me. La guardai, e lei ricambiò la mia occhiata con espressione preoccupata.
«Affrettiamoci verso l'uscita!» ordinò, prima di mettersi in testa al gruppetto e guidarci tutti verso lo spiraglio di luce.
 
Fuori, come aveva predetto Cassiopea, infuriava la tempesta: il vento ululava e i lampi striavano il nero del cielo in scie sinistre, seguiti da tuoni roboanti che sembrava potessero squarciare la terra. L'uscita del Percorso 47 era costellata di ponticelli di corda sbattuti qua e là dal vento e infradiciati dall'acqua schizzata dalle cascate roboanti. Normalmente sarebbe parso uno spettacolo paradisiaco, ma in mezzo a quella bufera sembrava solo un inferno d'acqua.
«È una vera e propria tromba d'aria!» commentò Marigold ad alta voce per farsi udire, cercando di tenersi stretta al petto la borsa che minacciava di volare via.
«Torniamo dentro! » gridò Seth. « È inutile provare a farsi strada con questo tempo. Sarà meglio accamparci nella caverna per la notte».
Ci riparammo nella caverna come suggerito. Garrett sembrava straordinariamente eccitato dal maltempo.
«Proprio come la scorsa settimana!» ripeteva infervorato. La macchina fotografica gli sbatteva sul collo come impazzita. «Te l'avevo raccontato, no, Cass? Di come sono partito sulla barchetta in mezzo all'uragano per fotografare i mulinelli alle Isole Vorticose?».
«Sì, l'hai raccontato a tutta Fiorlisopoli. E a me sei volte» ribatté acidamente lei.
Avvertii in Garrett un forte bisogno di approvazione da parte della sua amica. Era un atteggiamento in cui io mi rispecchiai incredibilmente, perché mi capitava spesso di assumerlo nei confronti delle persone che ritenevo migliori di me; così decisi di dargli una mano.
«Garrett è proprio coraggioso» osservai timidamente, rivolta a Cassiopea.
«Garrett è proprio stupido» mi corresse lei. «La verità è che non riconoscerebbe il pericolo neanche se fosse segnalato con luci al neon».
Di fronte a quella schiettezza alzai le spalle e tornai a srotolare l'asciugamano di spugna che quella sera avrebbe costituito il mio giaciglio. Avevo sempre pensato di non essere tagliata per l'avventura, ma con mia grande sorpresa avevo notato quanto in quella situazione la mia incapacità di lamentarmi delle cose che non mi andavano a genio si stesse rivelando fondamentale. Mi faceva sembrare agli occhi degli altri stoica e piena di spirito d'adattamento.
I nostri stomaci brontolavano ormai per la fame. Ci sedemmo a terra, formando un cerchio così stretto che le nostre spalle si toccavano, nel tentativo di scaldarci mentre ognuno tirava fuori dallo zaino il proprio pasto al sacco. Consumammo una cena veloce, chiacchierando del più e del meno.
«Dobbiamo proprio dormire dentro questa grotta?» si lamentava Garrett.
«Garrett è claustrofobico» ci informò secca Cassiopea. Aggrottai le sopracciglia, ma subito cercai di mascherare la mia disapprovazione nei confronti della spietatezza della ragazza.
E per fortuna che è la sua migliore amica, pensai con biasimo. Ma poi mi ricordai che io, acida e invidiosa di Marigold, non fornivo esattamente un buon esempio di migliore amicizia e mi rimangiai la critica.
Garrett emise un risolino timido. «No, dai... Non è esattamente vero...» si schermì, ma la mano tesa di Cassiopea si schiantò con violenza non troppo affettuosa contro la sua nuca. «Vorresti forse dormire in mezzo alla tormenta?».
Il fotografo si affrettò a negare e stese a terra il proprio sacco a pelo.
Lui e Seth erano gli unici ad averne portato uno. Non me ne ero mai accorta, perché era la prima notte da quando eravamo partiti che ci capitava di dormire all'addiaccio. Quando fu ora di coricarci, io e Marigold ringraziammo i nostri Pokémon che avevano illuminato la grotta per noi con il loro Flash e li facemmo rientrare nelle sfere; eravamo soli, infreddoliti, nell'oscurità attraversata solo da qualche sporadico lampo, visibile poiché ci eravamo accampati vicino all'imboccatura della grotta.
Cass, che aveva disteso il suo asciugamano vicino al mio, si appisolò in pochi minuti: non avevo dubbi sul fatto che lei fosse così temprata da non necessitare alcuna fonte di calore per dormire come un angioletto anche nel freddo umido di quella caverna.
Io purtroppo non lo ero. Anche sotto la coperta di pile, i miei piedi, coperti solo da calzini di cotone, erano gelati e le mie dita intirizzite. La spugna dell'asciugamano aderiva al terreno così tanto che potevo avvertire la superficie dura della roccia e il profilo aguzzo di alcuni maledetti sassolini. Mi agitai, cercando una posizione in cui le protuberanze mi avrebbero dato meno fastidio, ma invano. Quando mi girai a sinistra, c'erano degli occhi puntati su di me. Riconobbi la zazzera bionda e arruffata di Seth, che era ancora sveglio e osservava i miei inutili tentativi di stare comoda e scaldarmi.
Dopo un veloce scambio di sguardi, abbassò la chiusura lampo del proprio sacco a pelo. Sollevò una mano e la sventolò nella mia direzione, proponendomi di raggiungerlo dentro.
Corrugai la fronte e scossi la testa.
Le sue labbra si mossero a sillabare delle parole silenziose. «È caldo qui» lessi. Ero combattuta: sapevo benissimo che lì vicino a Seth, stretta contro il suo corpo caldo nello stesso sacco a pelo, doveva esserci proprio un bel calduccio, ma perché avrei dovuto raggomitolarmi contro di lui quando in teoria ero ancora arrabbiata? Ma la sua proposta era così invitante, e io sentivo così freddo...
Cercavo di lottare contro l'ascendente che il suo fascino esercitava inesorabilmente su di me, ma ero attratta da lui come un Magnemite dalle pareti di una centrale elettrica.
Strisciai verso di lui e diedi le spalle al suo corpo infagottato. Lui fece lo stesso, e un'ondata di calore misto al profumo di Seth mi avvolse beatamente. Tutto sommato era un buon compromesso, valutai, con la mente intorpidita dal tepore improvviso e dal sonno. Schiena contro schiena, ci addormentammo.
 
Fui svegliata molto prima di quanto pensassi, e non dai raggi timidi del sole sorto dopo la tempesta. C'era qualcuno che mi stava scuotendo violentemente, e quando dischiusi le palpebre capii subito che il sole non era nemmeno sorto. «Wendy. Wendy» bisbigliava la voce di Seth.
«Che cos..?» mugugnai insonnolita.
Mi strofinai gli occhi e misi a fuoco i dintorni: Marigold, alla luce di un debole Flash di Chansey, si stava allacciando le scarpe, mentre Cassiopea aveva la testa tra le mani e sembrava fuori di sé.
«Garrett è scomparso. Stiamo uscendo a cercarlo».
 
 
«Garrett! Garrett!».
Urlavamo il suo nome ormai da un quarto d'ora, ma fino a quel momento le ricerche non avevano dato i loro frutti.
«È inutile...». Cassiopea digrignò i denti e si sedette, più rabbiosa che sconsolata, su una roccia fradicia. Eravamo tutti fradici, a dire la verità. Correvamo sotto la pioggia battente, frustati dalle raffiche di vento e spaventati a morte dai tuoni che, avremmo potuto giurarlo, si facevano sempre più vicini e probabilmente impedivano alle nostre urla di giungere alle orecchie del nostro compagno, ovunque egli fosse in quel momento.
«Non dire così» tentò di confortarla Seth, posandole una mano sulla spalla.
«Quel maledetto idiota... Appena lo prendo, io-» iniziò a ringhiare Cassiopea, ma le parole finali della sua minaccia vennero coperte dall'urlo di Marigold.
«Aaah! Che schifo! Viscida bestiaccia...».
«Cos'è?» si allarmò Seth.
«Non lo so, ho provato ad appoggiarmi a questa pianta e c'era un Pokémon che deve avermi sputato e...». Invece di finire la frase, la mia amica sollevò la mano: era coperta di pittura verde.
«Ferma!» saltò su Cassiopea. «Non è un Pokémon selvatico, è Smeargle!».
Un lampo fortunato rischiarò la pianta di cui parlava Marigold e ci permise di vedere che era effettivamente il Pokémon di Garrett, con il pelo zuppo d'acqua e le orecchie cadenti sul muso. Sembrava davvero malconcio, ma quando ci riconobbe la sua espressione si illuminò. Corse ai piedi di Cassiopea e iniziò a tirarle l'orlo della tuta da ginnastica.
«Smeargle, dov'è Garrett?» domandò frenetica l'atleta, scattando in piedi. «Puoi portarci da lui?».
All'improvviso, un urlo risuonò chiaro nella vallata. Nonostante mi fosse familiare solo da un giorno, non faticai a riconoscere il timbro del giovane Reflex.
Vidi le orecchie di Smeargle drizzarsi e il suo piccolo corpo tremare, come se sapesse bene in quali guai doveva trovarsi il suo Allenatore.
«Guidaci da lui!» lo incitò Cass, e Smeargle schizzò via. Lo seguimmo più veloci che potemmo, inciampando nel fango per la foga. Il Pokémon Pittore stava tornando verso la Grotta Falesia, ma accerchiandola da un altro lato. Svoltato un angolo, ci ritrovammo in un cunicolo roccioso che non avevamo mai esplorato.
Di fronte a noi, un Pokémon alto almeno nove metri si ergeva imponente vicino a un ingresso laterale della grotta. Non dissimile da un lungo serpente grigio, sembrava un Onix, ma la forma del capo era diversa e anche al buio si capiva che non era fatto di semplice roccia: il suo corpo era metallico e costellato di punte, e la sua enorme testa schiacciata era rivolta verso di noi.
«Steelix» mormorò intimorito Seth. In risposta, il bestione emise un ringhio sommesso.
Non individuai immediatamente Garrett, ma quando lo feci fui scossa da un brivido: il ragazzo era stretto tra le fauci dello Steelix, ma si agitava, segno che non era stato ferito gravemente. Accanto a me, Cassiopea trattenne il respiro angosciata, e capii che anche lei l'aveva visto.
«Sta andando verso il burrone!» osservò Marigold.
Era vero: il Pokémon, con Garrett in bocca, si stava avviando verso un crepaccio. Precedentemente la zona in cui ci trovavamo doveva essere stata collegata da un ponticello alla zona erbosa al di là dell'apertura nel terreno, ma ora c'erano soltanto dei resti sparsi di legno e corda e tra l'uno e l'altro lato si apriva uno strapiombo.
Marigold, Cass, perfino Seth erano paralizzati di fronte all'enorme Pokémon di tipo Acciaio e Garrett rischiava di essere scagliato giù dal burrone. Non sapevo cosa stesse succedendo ai miei compagni, ma all'improvviso la voglia di darmela a gambe fu sostituita da qualcosa di completamente nuovo.
«Politoed, scelgo te!». Le parole erano uscite dalla mia bocca spontaneamente e la mia mano si era mossa senza intenzionalità, come scollegata dal mio cervello. «Colpisci Steelix con Bollaraggio!» gli ordinai.
Appena era stato chiamato fuori dalla sfera, il Pokémon Rana sembrava aver scandagliato l'ambiente circostante ed essersi accorto che quella era un situazione seria; perciò, invece di farmi le feste come avrebbe fatto normalmente, saltò verso lo Steelix e lo investì con un fiotto potente di bolle e schiuma. Il mostruoso avversario spalancò le fauci per ruggire di dolore e fece cadere il corpo semisvenuto di Garrett, che rotolò fino al ciglio del burrone.
Lì dove avrebbe dovuto originariamente cominciare il ponticello, le assi di legno erano state scardinate e le funi scosse dal vento si agitavano nel vuoto.
«Garrett!». Urlando il suo nome, Cassiopea si lanciò in avanti per afferrarlo, pronta, se necessario, a fargli da scudo dallo Steelix con il suo stesso corpo. Vidi la rilucente coda d'acciaio del Pokémon selvatico scattare verso di loro, ma una certezza si fece strada determinata nella mia mente: non li avrebbe colpiti.
«No! Politoed, Idropompa!» gridai.
Il mio Pokémon si frappose tra la massiccia coda e Cassiopea, che nel frattempo aveva raggiunto Garrett e stava stringendo tra le sue braccia il corpo del ragazzo tramortito. Dalla bocca di Politoed si sprigionò un getto d'acqua dalla la potenza di un cannone, amplificata ulteriormente dal fatto che intorno a noi la pioggia continuava a cadere in goccioloni grossi come sassi. Lo Steelix fu colpito in pieno e crollò riverso a terra, trascinando con sé degli arbusti nella rovinosa caduta: era stato messo al tappeto.
Per un attimo nessuno osò fiatare. Poi Marigold mi si avvicinò, mi batté solidale una mano sulla spalla e ruppe il silenzio. «Beh... Qualcuno vuole catturarlo?» scherzò.
Io e Seth scoppiammo a ridere, ma Cassiopea non parlava: le sue braccia erano ancora serrate intorno alle spalle di Garrett e lo stritolavano così forte da fargli male, tanto che il ragazzo si riprese.
«Ahi!» gemette. Lo vidi guardarsi intorno, sobbalzare alla vista dello Steelix fuori combattimento e arrossire violentemente quando si rese conto che la sua amica d'infanzia lo stava abbracciando. Poi sul suo volto si dipinse un misto di sollievo e imbarazzo.
 «Cassiopea... Ehm, io... scusa» sussurrò.
Cass lasciò la presa. Per un momento parve che stesse per scoppiare a piangere, ma subito dopo appioppò a Garrett lo schiaffo più sonoro che avessi mai visto rifilare a qualcuno e si alzò in piedi indignata.
«Cretino!» lo apostrofò, per poi rivolgersi a noi in tono di comando. «Torniamo all'accampamento».
Seth e Marigold erano accorsi per aiutarlo ad alzarsi in piedi. «Puoi camminare?» gli domandò il biondo, ricevendo in risposta un debole cenno d'assenso da parte dell'altro ragazzo. Smeargle, tranquillizzato, corse ad abbracciare gli stinchi del suo Allenatore, che lo accarezzò dolcemente sulla testa e lo fece ritornare al sicuro nella sua sfera.
«Grazie per avermi salvato, ragazzi» esclamò Garrett, riconoscente. «Non so cosa mi era preso, mi sono svegliato durante la notte ed era così buio e soffocante, sono uscito con Smeargle a fare due passi e poi...» spiegò.
«Ringrazia Wendy» sorrise Seth. «È stata lei a mettere K.O. lo Steelix».
Mi morsi il labbro inferiore, imbarazzata. «È stato Politoed» lo corressi. Il Pokémon Rana, che stava saltellando fiero intorno a noi, quando udì il suo nome si mise a fare un chiasso così assordante che dovetti richiamarlo nella Pokéball, per timore che ci attirasse contro tutti i Pokémon selvatici del Percorso.
Stava smettendo di piovere. Le gocce si erano fatte più fine e le nuvole, sospinte dal vento, stavano iniziando a migrare altrove, lasciandoci liberi di intravedere le stelle.
«Abbiamo ancora qualche ora di sonno prima dell'alba» valutò Cassiopea. «Sbrighiamoci».
Si incamminò verso la caverna dove avevamo lasciato le nostre cose, seguita da Garrett che, a quanto pareva del tutto ripreso dall'accaduto, era tornato a blaterare con Seth. «Ma è stato davvero tutto così emozionante, peccato non aver portato con me la macchina fotografica, conosco persone che mi pagherebbero un sacco per un primo piano così ravvicinato di uno Steelix e...».
Smisi di ascoltarlo e mi posizionai in coda al gruppo, lanciando un ultimo sguardo mesto al povero Steelix incosciente. Fui raggiunta da Marigold, che si scrollò i capelli gocciolanti dal viso e mi fece i complimenti. «Sei stata grande, Wendy! Voglio dire, avrei potuto sconfiggerlo anche io, ma... Ero completamente terrorizzata, mentre tu hai reagito per prima. Ottimo lavoro» ammise sorridente.
«Grazie» risposi sincera. Ero io stessa la prima a essere sorpresa dalla prontezza con cui avevo reagito, schierando Politoed, dandogli ordini per la battaglia come una vera professionista.
«Guarda che non scherzavo del tutto prima. Non lo vuoi catturare? È un peccato, sai» mi fece notare Marigold, che si era probabilmente accorta dell'occhiata triste che avevo rivolto al Pokémon Ferroserpe.
Ci pensai su, indecisa. Era un Pokémon indubbiamente molto forte, ma avrebbe ascoltato una come me, senza neanche una Medaglia della Lega?
«Se non lo catturi tu, me lo prenderò io» mi incalzò impazientemente Marigold, che evidentemente non conosceva il concetto base del lasciar riflettere le persone cinque minuti.
«Puoi prestarmi una sfera?» cedetti.
Marigold si sfilò lo zainetto di spalla ed estrasse da una tasca laterale una Ultra Ball, riconoscibile dalla parte superiore gialla e nera. Me la porse sul palmo aperto, forse un po' delusa dal fatto che non avessi voluto lasciarle avere la preda.
Aspettai che Seth, Cass e Garrett avessero girato l'angolo, poi la lanciai; l'Ultra Ball cozzò contro il corpo metallico dello Steelix inerme, che venne inglobato in un fascio di luce rossa. Si agitò solo due volte prima di smettere di brillare, sparendo tra l'erba scura e bagnata.


 


Ed ecco il nuovo capitolo dopo mesi. Sono ostinata? Sì, sono ostinata. Sono impegnata, senza ispirazione, svogliata e procrastinatrice ma molto decisa a finirla.
Anche se probabilmente avrò perso tutti i lettori.
Bene, per chi ancora la sta seguendo, spero che il capitolo vi sia piaciuto! La prima parte è molto descrittiva e poco d'azione, ma era necessaria e spero di essermi ripresa nel finale, con... ta-daaan! Una nuova cattura.
Per i nuovi lettori, se la storia vi interessa leggete anche la prima della serie per capire meglio cosa sta succendendo :)
Al prossimo appuntamento nel 2016. No, scherzavo. Prima.

Lenny
 
  
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