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Autore: cheesecake94    30/11/2008    3 recensioni
La battaglia contro l'esercito di Victoria lascia dietro di sè una vittima. Dopo la sua morte, sembra impossibile che la vita riprenda come se nulla fosse accaduto. Eppure una nuova, stupefacente storia d'amore irrompe nella vita del superstite e di tutta la famiglia Cullen.
Sarà davvero così semplice ricominciare?
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante l’incipit drammatico, questa vuol essere una tenera storia d’amore. Ho piani ben precisi sul suo svolgimento, perciò credo che sarà piuttosto lunga. Nonostante vi sia una protagonista ben definita, sarà dato ampio spazio a tutti i personaggi. In particolare, oltre allo svolgimento della trama, ho intenzione di narrare, per quanto le mie scarse abilità consentiranno, la vita quotidiana della famiglia Cullen, i rapporti che intercorrono tra i suoi membri, e tutto ciò che, a mio parere, nel libro è stato trascurato.

Spero che vi piacerà. Un abbraccio!

 

 

 

 

 

Straziante.

Straziata.

Ogni cosa intorno a me era confusa ed indistinta, suoni, colori ed odori giungevano da lontano, come se la mia mente fosse stata stretta in una morsa di cotone soffice, come se le scariche elettriche che i miei neuroni emettevano ne fossero assorbite e nessuna comunicazione potesse giungere da una parte all’altra del mio cervello né indurre una parte qualsiasi del mio corpo a fare qualcosa, qualsiasi cosa.

Percepivo vagamente il gelo delle mie stesse mani strette a croce sul mio corpo, il gelo che dal suolo risaliva il mio corpo fino a permearlo completamente. Se fossi in piedi, inginocchiata o stesa al suolo non avrei saputo dirlo con certezza. Tutto ciò che sapevo era che mi trovavo accanto a lui. E che lui era morto.

Dicono che i vampiri non possano provare sensazioni fisiche. Eppure, io sentivo freddo, così freddo da non riuscire a staccare le mie mani dal corpo.

Dicono anche che non abbiamo un cuore. Eppure, io sentivo il mio lacerarsi dolorosamente, come se il sangue che non circolava più in me da secoli si stesse spandendo in ondate insopportabili di pena attraverso il mio petto, soffocando ogni altra sensazione.

Lui giaceva immobile davanti a me. Il suo viso, nella serenità della morte, era quanto di più bello i miei occhi avessero mai scorto, le labbra ancora separate, congelate nell’emissione delle sue ultime parole.

“Se esiste un paradiso, e se mi faranno mai entrare, da là veglierò sempre su di te. Ma se la morte fosse la fine, e non dovessimo mai più incontrarci, allora devi promettermi che continuerai a vivere. Che cercherai un altro amore. Non posso andarmene pensando di condannarti al dolore eterno.”

“Io… non posso prometterti questo. Non posso… Non lasciarmi, ti prego…” singhiozzai.

I suoi occhi liquidi, nei quali era così facile perdersi, si fissarono nei miei.

“Se davvero mi ami, fa che la mia morte non sia vana. Dì loro che li ho amati infinitamente, che sono stati

la migliore famiglia che avrei mai desiderato. Proteggili come io avrei fatto… e vivi. Non permettere che la creatura più preziosa di questa terra vaghi nel limbo in eterno.”

Sentii che la vita- se ciò che ci tiene in piedi può, dopotutto, essere chiamato vita- lo stava abbandonando.

Mi chinai e appoggiai le mie labbra sulle sue. Strinsi le sue mani come mai prima d’ora- la disperazione fece sì che riuscissi, in quel gesto, a trasmettere ogni più piccola emozione fino a lui, che il mio essere ed il suo si fondessero in un unico, fluido respiro.

Eros e Tanatos, Amore e Morte, il più vecchio mito del mondo.

Quando percepii le sue mani abbandonarmi, compresi che entrambi erano svaniti dal mio mondo.

Per sempre.

 

Dalla battaglia poteva essere trascorsa un’ora, come un secolo. Avevo del tutto perduto la nozione del tempo. A tratti, quando tornavo alla realtà, sentivo Bella singhiozzare in lontananza, o almeno così mi pareva che fosse. I lupi erano spariti, probabilmente tornati alla riserva. Tutti gli altri dovevano essere schierati in formazione compatta dietro di me. Nonostante non stessi strillando o singhiozzando, nonostante fossi perfettamente immobile e silenziosa, se si esclude il tremore compulsivo e devastante che pervadeva ogni fibra del mio corpo, nessuno sembrava avere il coraggio di avvicinarsi.

Sapevo che, nell’osservare il mio dolore, ognuno stava silenziosamente ringraziando Dio, o chi per esso, di aver permesso al proprio compagno di sopravvivere alla battaglia.

Non potevo biasimarli, comunque. Io avrei fatto lo stesso.

Dopo quella che parve una vita intera, sentii qualcuno che si avvicinava con cautela e mi sfiorava la schiena. Non reagii.

Non che non volessi, ma non era in grado di farlo.

Le stesse braccia, poco dopo, si strinsero attorno a me. Non abbi la forza di alzare lo sguardo, e mi limitai a nascondere il viso tra i suoi capelli ed a lasciarmi sollevare da terra.

Sapevo che tutti stavano soffrendo la stessa perdita, che il mio dolore era anche il loro, ma non avevo la forza di affrontare i loro sguardi.

Percepii chiaramente Bella tentare di avvicinarsi, e vidi, al di sotto dei capelli che ricadevano sulla mia fronte, Edward trattenerla.

Non potei soffocare un moto di compassione nei suo riguardi. Già ci amava come se fossimo la sua famiglia, e il senso di colpa doveva incombere su di lei come un macigno. In fondo, era morto per salvarla.

Poco dopo mi ritrovai a casa, stesa sul nostro letto, nella nostra stanza, circondata da milioni di forme, odori e colori che erano stati suoi, che erano stati nostri.

Solo allora, come uno schiaffo in pieno viso, la verità mi colse come un tradimento. Era accaduto di nuovo, l’alba ed il nuovo sole si erano alzati con il solo scopo di distruggermi.

Ancora una volta, ero sola.

I singhiozzi improvvisamente devastarono il mio corpo già allo stremo delle forze. Piansi per ore, piansi come non credevo fosse possibile farlo. L’immensità della mia sofferenza si alzò in alto, al di sopra delle strade di Forks, fino alla riserva. Nella notte, sentii gli ululati dei lupi unirsi a me in un canto funebre che non fece che rendere tutto ancora più vero.

Morte.

Buio.

 

Dolore.

I miei compagni di sempre erano tornati.

Mi calmai, forzatamente, quando compresi che non avrei avuto la forza di piangere nemmeno per un altro minuto. Il mio sguardo a tratti si oscurava, la stanza girava attorno a me. Non sapevo che i vampiri potessero svenire, eppure era quello che stava per accadere.

Con l’ultimo sguardo colsi le espressioni sui volti di chi mi circondava. Erano tutti lì, nella stanza, accanto a me. I loro visi, normalmente impassibili come maschere, erano contratti in smorfie di sofferenza inaudita, per lui, per me.

Prima che l’oscurità mi facesse sua, decisi che avrei onorato almeno una parte della mia promessa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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