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Autore: Lost on Mars    04/02/2015    6 recensioni
Amelia Hogan aveva un solo obiettivo nella vita: essere qualcuno. Avrebbe fatto di tutto pur di non rimanere nell’ombra a condurre una vita qualunque. Era ambiziosa, forse troppo, ma aveva deciso che avrebbero smesso di dipingerla con l’indaco. Né viola né blu, un colore a metà, una via di mezzo. Ad Amelia le vie di mezzo non piacevano, ma era proprio di una di queste che aveva paura: Ashton Irwin, un ragazzo a metà, una via di mezzo. Diviso tra due mondi, proprio come lo era l’indaco tra due colori.
Dalla storia:
« Tu vuoi bene a qualcuno, Ashton? »
Lui esitò per un momento, abbassò lo sguardo a terra e per un breve istante mi sembrò innocuo e indifeso. Quando rialzò il capo, l’ombra di quel sorrisetto divertito che gli avevo visto prima era sparita del tutto, e il suo volto adesso era di nuovo una pagina bianca, senza emozioni disegnate sopra. Nemmeno un velo di tristezza, nostalgia o ricordo. Niente di niente.
Ma dopotutto, cosa mi aspettavo? Che Ashton Irwin avesse dei sentimenti?
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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27 –PIANO B
 
 
Il pomeriggio si era susseguito senza mai un momento di tregua: non avevo ancora capito cosa avesse fatto Michael a Luke, né perché avesse una siringa a portata di mano, o cosa gli avesse iniettato nel corpo, ma capii che ci sarebbe stato tempo per le domande e per le relative risposte. Il momento doveva ancora arrivare.
Ora come ora, la nostra era una corsa contro il tempo.
Salii le scale in pochissimi secondi, quasi mi buttai contro la porta della mia stanza, l’aprii in tutta fretta e la chiusi violentemente alle mie spalle. Mi legai i capelli e feci un respiro profondo. Non cercai di calmarmi perché non c’era tempo per essere calmi, andava fatto tutto e subito, il massimo a cui potevo aspirare era un po’ di lucidità, perché senza quella non sarei riuscita nemmeno a tirare fuori dall’armadio tutti i borsoni e gli zaini di cui io e Valerie disponevamo.
Michael era stato chiaro e conciso: prendere quanti più vestiti possibili, ogni oggetto di valore oppure particolarmente importante, tutti i soldi che avevamo: ce ne andavamo da Sydney. Non sapevo dove saremmo andati esattamente, né come, o per quanto saremmo stati lontano dalla città, le uniche cose che mi mandavano avanti erano la fiducia assoluta che riponevo in Michael, Ashton che lo assecondava, e l’istinto di sopravvivenza che continuava a suggerirmi che, se al risveglio di Luke noi fossimo stati ancora nei paraggi, saremmo morti con il novantanove percento delle probabilità. Vivere era l'opzione migliore, sapere le modalità erano un lusso che non potevamo permetterci.
Aprii ogni cassetto e tirai fuori maglie, pantaloni, tutto ciò che trovavo. Infilavo i vestiti nei due borsoni che ero riuscita a trovare, negli zaini avrei messo altri oggetti di valore come il mio computer, la macchina fotografica e le altre cose di Valerie.
Piansi due volte, ma ero da sola e potevo permettermi di farmi scivolare qualche lacrima, mentre cercavo di bloccarle, convincendomi di essere forte, di potercela fare, che si sarebbe trattato solamente di un periodo, sarebbe stata questione di qualche giorno, una settimana al massimo. Poi saremmo stati al sicuro.
Pensai a come fosse riuscito Luke ad ingannare tutti noi per tutto il tempo. Ci era sempre stato accanto, era il migliore amico di Valerie, si conoscevano da sempre. Era sempre stato disponibile con me... e la storia dell’assistente del professor Turner? E Freya, la ragazza con cui si frequentava? Sua madre a Canberra? Gli esami, le relazioni, gli articoli... era tutto finto? Forse, era tutta una messa in scena per coprire i suoi veri impegni, che evidentemente prevedevano sparare ordini ai suoi sicari e uccidere persone.
No, no! Era umanamente impossibile riuscire a sopportare un tale fardello. Così impossibile che per un momento dubitai che Luke fosse capace di provare dei sentimenti, delle sensazioni.
Michael ci aveva dato un massimo di tre ore, che si riducevano drasticamente a due ore e mezza, calcolando che non appena si fosse svegliato, noi avremmo dovuto essere già lontani e per raggiungere la stazione ci voleva circa mezz’ora. Impiegai un quarto d’ora per svuotare quasi tutta la nostra camera, mancavano solo i soldi. Dopo averli presi, trascinai tutti i bagagli al piano inferiore, sotto lo sguardo di un paio di studentesse. Ashton stava uscendo dalla stanza: non vedevo più Luke steso sul pavimento, quindi pensai che l’avesse sistemato da qualche altra parte.
Lui non disse niente, semplicemente si offrì di portare uno dei borsoni dato che aveva meno bagagli di me da portare. Ci incamminammo verso il cancello del campus, non passammo in segreteria a comunicare la nostra improvvisa partenza, e quando provai ad accennare ad una cosa simile, Ashton mi rispose prontamente che avremmo avvertito telefonicamente quando saremmo stati lontani da Sydney e da Luke. Annuii e continuai a camminare imperterrita, senza dire più niente.
Fu allora che cominciai a farmi prendere dall’ansia. Stavo abbandonando Sydney, la mia università e il mio futuro in preda ad un decisione presa in troppo poco tempo. Stavo abbandonando la mia vita, ma allo stesso tempo la stavo salvando da un pericolo mortale.
Quando raggiungemmo i cancelli, Michael era lì, appoggiato al cofano di una macchina grigia metallizzata che non avevo mai visto prima, probabilmente l’aveva rubata. Aiutò me ed Ashton a caricare le borse nel portabagagli, mentre nell’aria continuava ad aleggiare un silenzio strano e preoccupante. Eravamo tutti nervosi, l’unica cosa che mi disse Michael fu quella di aspettare in macchina finché non fosse arrivata Valerie, gli chiesi dove fosse andata, lui mi rispose che sul treno ci avrebbero spiegato tutto. Allora annuii mi misi sui sedili posteriori.
Ogni minuto era un’agonia, Michael entrava ed usciva dalla macchina, vidi Ashton fumare due sigarette di seguito per la prima volta in vita mia. Da quel che sapevo, aveva smesso mesi fa. Circa un’ora dopo Valerie arrivò. Era uscita dal campus, non sapevo dove fosse andata, avrei tanto voluto che me lo spiegassero. Ero stanca di non sapere. Entrò in macchina e si mise seduta accanto a me. La guardai per un lunghissimo istante.
« Mi dispiace » sussurrai, non sapendo cos’altro dire.
Lei mi strinse forte la mano, guardandomi con gli occhi verdi che minacciavano di piangere da un momento all’altro, poi passò a scuotere la testa. « Non è colpa di nessuno. Non scusarti » mi disse alla fine, quando sia Ashton che Michael entrarono e si misero seduti.
Anche il viaggio fu silenzioso. L’unica volta in cui parlammo fu quella in cui io chiesi: « Dove stiamo andando? ».
« Alla stazione » rispose ovvio, Ashton, guardando fuori dal finestrino.
« Intendo dopo, dove andremo? ».
« Perth, » rispose Michael. « Il treno ci porterà a Perth, prenderemo un pullman per Nedlands, oppure noleggeremo un’auto... non lo so, ma andiamo a Nedlands ».
« A casa mia? » domandai.
« È una cittadina piccola, a Luke non verrebbe mai in mente di cercarci lì » disse ancora Michael, senza distogliere gli occhi dalla strada.
« E come facciamo a saperlo? E se fosse il primo posto in cui verrà a cercarci? » chiesi ancora.
« Non succederà, » constatò Valerie, con voce ferma e chiara. Vidi Michael sorridere dallo specchietto retrovisore. « Te lo prometto, Amelia, saremo al sicuro ».
Non capivo come facesse la mia amica ad essere così tranquilla e sicura delle sue parole. Guardai l’orologio, riuscendo a pensare solo alla folle corsa contro il tempo che stavamo intraprendendo: tra un’ora Luke si sarebbe svegliato, sarebbe andato su tutte le furie e ci avrebbe cercato per tutto il Paese. Michael sembrava rilassato, forse guidare lo aiutava, Ashton invece era nervoso: probabilmente aveva i miei stessi dubbi e il mio stesso pessimismo nel pensare che quel piano non avrebbe affatto funzionato. A me veniva da vomitare, ma dal momento che non avevo mai sofferto di mal d’auto, pensai che fosse dovuto tutto all’agitazione.
Quando arrivammo alla stazione, infatti, la prima cosa che feci fu chiedere a Valerie di accompagnarmi in bagno, lì rimisi nel water sporco tutto il mio pranzo. Non era decisamente un bello spettacolo.
Il nostro treno partiva alle sei, saremmo arrivati a Perth all’alba di dopodomani. Tre giorni in treno erano tanti, forse troppi, ma non potevamo permetterci altrimenti. In aereo vi erano troppi controlli, Luke avrebbe potuto entrare nel sistema di qualsiasi compagnia aerea e scoprire che avevamo preso un volo per Perth in meno di dieci minuti. Sarebbe stato decisamente pericoloso.
Ashton mi chiese se volessi qualcosa da mangiare prima di partire, gli dissi che avevo vomitato e che mangiare non avrebbe migliorato le mie condizioni. Alle sei meno un quarto Michael ci diede i nostri biglietti e noi salimmo, depositammo le borse con i vestiti sul vagone apposito e tenemmo con noi quelle con tutti gli oggetti di valore.
Dopo un’ora di viaggio, Michael e Valerie mi spiegarono esattamente tutto quello che era successo da quando avevamo addormentato Luke.
« Tengo sempre una dose di sonnifero in camera, per sicurezza, sapete? Quando fai questo tipo di cose, le precauzioni non sono mai abbastanza. Valerie è corsa in commissariato: è l’unica di noi a non avere... problemi con la legge, diciamo. Avresti potuto farlo anche tu, » mi disse. « Ma non ho potuto spiegartelo con calma, Valerie invece sapeva già cosa fare. La polizia a quest’ora l’avrà già trovato steso sul pavimento, l’avranno portato in centrale. È per questo siamo sicuri: finché Luke è in prigione non può farci del male. Quello che non sappiamo è quanto ci rimarrà. Se siamo fortunati, forse passeranno anni, e a quel punto possiamo sperare solo che si sia dimenticato di noi ».
« Come hai fatto ad incastrarlo? » domandai, rivolta a Valerie.
« Ho registrato la conversazione. Ai poliziotti è bastato sentirlo mentre confessava l’omicidio di Rockwood. Ha diverse accuse per cui trascorrere un po’ di tempo al fresco » mi rispose lei.
« Nedlands è una sicurezza in più. Non sappiamo ancora dove staremo io e Valerie, ma abbiamo un po’ di soldi per prendere in affitto una casa e... » continuò Michael.
« Tu e Valerie? » lo interruppi.
« Ho pensato che tu saresti tornata a casa tua, e che... Ashton sarebbe venuto con te » mi spiegò.
Spostai lo sguardo sul mio ragazzo, aveva impercettibilmente sorriso. Diventai improvvisamente ansiosa a pensare di doverlo presentare ai miei genitori, che avevano sempre sognato Calum per me, ma i giochi erano fatti, non potevo tirarmi indietro. D’altra parte, negli ultimi tempi avevo affrontato cose ben peggiori di una cena fidanzato-famiglia.
« Ho capito, » sospirai. « Mi dispiace solo... avete dovuto lasciare le vostre vite per... »
« Per salvarle, Amelia, » mi bloccò Ashton. Io lo guardai, carica di tristezza. « In un momento del genere ogni sogno o ambizione svanisce del tutto, è la sopravvivenza a guidarci. Se fossimo rimasti, saremmo morti ».
« Lo so » dissi ancora, con la voce che tremava.
« E allora non dispiacerti. Non è colpa tua, è solo... siamo stati colti di sorpresa. Se il Capo fosse stato qualcun altro non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di lasciare Sydney, ma Luke sa troppe cose su di noi perché potessimo rimanere lì  » continuò, intrecciando la mano alla mia.
Non replicai, annuii solamente.
« Tra poco serviranno la cena, » annunciò Michael, per spezzare l’atmosfera tesa. « Dopotutto, tre giorni qui dentro non sono mica pochi ».
Da allora non parlammo più di quello che sarebbe successo a Luke, di quello che avremmo fatto una volta arrivati a Perth. Mi preparai a quel viaggio in treno che mi sarebbe sembrato interminabile quella stessa notte, mentre avrei probabilmente tentato di non impazzire, cercando Ashton al mio fianco e sperando di trovarlo a stringermi la mano quando ne avevo bisogno.
Tornare a Nedlands significava tornare a casa, rivedere tutti i miei conoscenti dopo aver mollato Calum e l’università, dopo essere tornata insieme a tre sconosciuti, probabilmente le prime tre persone della storia a scegliere di vivere lì senza esserci nati davvero. Mi sentivo terribilmente male al pensiero di intrappolarli in quella monotona città dimenticata da Dio: loro non la conoscevano, non sapevano quanto potesse essere soffocante e opprimente, non avevano mai parlato con nessuno degli abitanti, tempo due giorni e sarebbe scappati dalla disperazione. O almeno, avrebbero rimpianto di non scelto un altro posto. Nella nostra situazione non potevamo permetterci posti in cui saremmo stati facilmente rintracciabili.
E mentre una parte di me si costringeva ad incolpare me stessa per aver condannato i miei amici e la persona che amavo ad una vita simile, l’altra parte, la più ottimista, anche se debole e malconcia, mi diceva che almeno avremmo vissuto in pace.


 

 
 

Marianne's corner
Eccomi, stranamente puntuale!
Allora, sarò breve perché ora che è iniziato il secondo quadrimestre, devo mettermi a studiare sul serio, anche perché venerdì ho uan verifica di Filosofia, quindi devo correre a studiare. Questo è stato il penultimo capitolo (ODDEI, AIUTO), mercoledì prossimo posterò l'ultimo e ZAN, ZAN, vi rivelerò finalmente questa sorpresa che non vedete l'ora di sapere uwu
So perfettamente che come cosa, quello che è successo è un po' inverosimile, ma ehi, passatemela xD
Oh, e non credete che lascerò in pace questi poveracci nel prossimo capitolo, eheheh, succederà qualcosa che non vi aspetterete.
Bene, adesso sparisco e ringrazio Letizia25, Hazel, McPaola e S_V_A_G per aver recensito lo scorso capitolo. 
Fatemi sapere cosa ne pensate! :)
Baci,
Marianne

 
   
 
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