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Autore: La_Sakura    04/02/2015    8 recensioni
Una notte, una madre, una figlia, un album di foto che ripercorre i ricordi vissuti fino a quel momento, pagine bianche da riempire coi ricordi che verranno. L'amore materno, l'amore fraterno, l'amore che fiorisce e quello che non trova pace. Ali spiegate verso il grande cielo, fiori di ciliegio che riempiono l'aria.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natsuko Ohzora/Maggie Atton, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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Parlare con mamma sta scoperchiando il vaso di Pandora, ma ormai abbiamo iniziato e non posso tirarmi indietro. Gli ultimi eventi mi hanno condizionato particolarmente, e nonostante faccia fatica a riconoscermi, ho iniziato a percorrere una strada che non posso abbandonare.
«La partenza di Roberto è stata una benedizione per te.» dice all’improvviso, e mi sento in colpa. In effetti, sì, fui molto felice quando Roberto decise di andare in Brasile senza mio fratello, non lo nascondo, ma non smisi di odiarlo, anzi. Forse quell’episodio ha rafforzato la pessima opinione che una bambina di dieci anni aveva maturato sull’uomo che voleva portarle via il suo mondo. Ma nonostante avesse deciso di andarsene da solo, non potevo voler bene a colui che aveva infranto i sogni di mio fratello.
«L’ho sempre considerato un personaggio ambiguo. Ha preso una decisione, per poi revocarla senza avere il coraggio di prendersi le proprie responsabilità e dirlo in faccia.»
«Non credo che per lui sia stato facile, Sacchan. Devi anche considerare che lui voleva molto bene a Tsubasa, e gliene vuole tuttora.»
 
Arrivo all’aeroporto e scendo dal taxi al volo: mamma mi chiama ma io corro all’interno dell’edificio per cercare mio fratello. La calca è impressionante, picchio contro alle persone mentre mi guardo intorno. Sbuffo, sperando che, sì, sperando che Roberto non sia partito davvero.
«Dannazione!» esclamo. Mamma mi ha appena raggiunta e mi accarezza la testa.
Poi mi volto, e lo vedo. A testa bassa, incurante di ciò che lo circonda, Tsubasa cammina verso di noi, anzi, verso l’uscita dell’aeroporto. Quando arriva a pochi passi da me noto gocce salate che gli solcano il viso e la consapevolezza che Hongo non ha mantenuto la sua promessa si fa strada dentro di me. Sento gli occhi pizzicare, le gambe si muovono da sole e corro ad abbracciarlo.
Lui si accorge della mia presenza dopo pochi istanti, come se si risvegliasse in quel momento dal suo stato catatonico.
«Sacchan… lui se… se n’è andato…»
«Mi dispiace fratellone… mi dispiace…»
E mentre lui scoppia a piangere per la delusione, io lo faccio perché posso percepire il suo dolore, il dolore per una promessa infranta. Tsubasa ha messo tutto sé stesso in questo progetto, ha votato la sua vita a questo sogno, e Roberto se n’è andato fregandosene di tutto ciò.
Mamma sorveglia la scena e ci attira a sé, al suo petto, come faceva quando eravamo piccoli e ci ammalavamo. Ma ora, l’unico ad essere ammalato, l’unico ad avere una ferita da risanare è Tsubasa.
 
«E poi sia Misaki che Wakabayashi se ne sono andati, e questo credo che sia stato un altro duro colpo per lui.»
Annuisco, mamma ha ragione. Ma la partenza di Misaki è stata un duro colpo anche per me, perché non feci nemmeno in tempo a confessargli la mia cotta… sono riuscita giusto a mettere il mio kanji su quel pallone che Tsubasa gli ha calciato senza riuscire a dargli la lettera che gli avevo scritto per svelargli i miei sentimenti. Che sciocca, se ci ripenso… ridacchio pure mentre mi viene in mente che quella lettera è ancora in qualche cassetto in camera mia. Devo farla sparire.
«Sì, è stato un peccato vederli partire, anche perché la Nankatsu era davvero forte con loro due.»
«Ma hanno vinto altri due campionati di fila anche senza di loro.» mi fa notare lei.
«Per poi perdere senza Tsu-chan…»
E si torna lì, gira che ti rigira il Brasile esce dalla porta ed entra dalla finestra.
Volto lo sguardo verso la parete dove mamma tiene la vetrinetta con le foto e i trofei di mio fratello: là al centro campeggia la foto di quando è partito. Ce la fece nostro padre, prima che accompagnassi Tsubasa alla fermata dell’autobus. Lui non voleva ma io avevo puntato i piedi, facendo pure leva sul suo senso di colpa, come una vigliacca bambina capricciosa quale ero. Ma avevo fatto bene.
                     
Camminiamo l’uno di fianco all’altra, senza parlare. Mi tiene la mano come quando ero più piccola, e quando arriviamo alla fermata del bus, la stringe con forza senza voltarsi verso di me. Le lacrime ricominciano a scorrere copiose e appena appoggia la sua valigia a terra mi getto sul suo petto e comincio a piangere disperata.
«Tsu-chan…»
«Non piangere Sacchan… andrà tutto bene…»
«Mi mancherai… tanto… come farò… da sola…»
«Non sei sola… hai la mamma… e tutti i ragazzi della Nankatsu… e poi è rientrato anche Taro.»
Mi blocco di colpo e sento le gote avvampare, mentre lo vedo chinare lo sguardo su di me e le sue labbra si curvano in un ghigno sarcastico. Perché lui sa che Misaki è stato l’oggetto della mia prima cotta. Mi allontano leggermente da lui mi asciugo le lacrime col dorso della mano, poi estraggo un fazzoletto dalla tasca e mi soffio il naso. Sento dei passi che si avvicinano: mi volto e mi trovo davanti Sanae. Anche Tsubasa sembra sorpreso: so che l’ha chiamata per dirle che sarebbe partito e che non voleva nessuno, eppure lei è lì.
Perché so che lo ama? Perché nei suoi occhi leggo lo stesso sguardo di mamma quando saluta papà prima di un viaggio... e all’improvviso mi sento di troppo.
Osservo la scena, cercando di farmi da parte per lasciare che si salutino, poi l’autobus arriva, e le mie lacrime ricominciano a scendere copiose.
«Abbi cura di te, Sacchan…» mi dice, accarezzandomi una guancia. Annuisco decisa, cercando di sorridergli. E mentre lo vedo salire, sento Sanae urlargli ciò che vorrei dirgli anche io.
«Realizza il tuo sogno, fratellone…» mormoro, e appena scompare dalla mia vista, sento le braccia di Sanae che mi circondano le spalle e entrambe ci lasciamo andare ad un pianto ininterrotto.
 
«Sono poche le occasioni in cui hai puntato i piedi facendo i capricci, sai? Direi che si possano contare sulle dita di una mano. Fammi pensare…» e si picchietta un indice sulle labbra sottili alzando gli occhi al cielo come per riflettere.
«Quando ti hanno regalato la prima bambola. - dice convinta - Non la volevi perché non potevi giocarci con Tsubasa.»
«Quando mi è stata data la divisa diversa dalla sua, a scuola…» mormoro, sapendo che mi sto tirando la zappa sui piedi da sola.
«Ah sì, hai ragione. Anche quando ci siamo trasferiti a Nankatsu non eri molto entusiasta.»
«Non mi andava l’idea di cambiare scuola, ma non ho fatto capricci…»
Improvvisamente lo sguardo di mia madre si illumina e si sporge sul tavolo verso di me, prendendomi le mani tra le sue.
«Sai quando ti sei comportata veramente da ragazzina viziata, facendomi dubitare delle mie qualità di genitore?» ma sorride mentre lo dice.
«Kamisama mamma… non dirlo…»
«Oh sì, invece… il Torneo di Parigi!» esclama con enfasi.
Avvampo per la vergogna e appoggio la fronte sul bordo del tavolo: in quell’occasione ho dato proprio il peggio di me, ha ragione lei…
 
«Ancora non riesco a crederci: sei riuscita a convincere Katagiri a lasciarti venire a Parigi! Ma come hai fatto, Sacchan?»
Sinceramente, sono stupita anch'io. Non mi aspettavo che lui e Mikami mi dessero il benestare, ma non posso raccontare a Tsubasa ciò che ho detto loro. Sono scoppiata a piangere davanti a entrambi, dicendo che sarebbe stata una delle ultime occasioni in cui avrei potuto passare del tempo con mio fratello, e loro... beh, mi hanno accordato il permesso di seguire la Nazionale fino a Parigi, per il Torneo.
Siamo arrivati da poco tempo, ma già questa città mi piace tantissimo. Siamo usciti da soli, io e Tsubasa, per fare una corsetta, accompagnati dal suo immancabile amico pallone. Il sole sta tramontando sulla capitale francese, e il cuore scoppia di gioia, non riesco a credere di essere davvero qui, ora. Il ritmo di corsa che sta tenendo Tsubasa è leggero, sa bene che non sono allenata quanto lui, e che faticherei a stargli dietro. È davvero premuroso, sarà dura abituarsi alla sua assenza una volta che se ne andrà in Brasile. Scaccio quel pensiero, non voglio rattristarmi ora, così scuoto la testa e fisso l’orizzonte, quando il mio cuore perde un battito. Non può essere… Tu-tum…
Non mi accorgo neanche di essermi fermata, noto appena Tsubasa che prosegue la sua corsa.
«Sei fuori forma, Sacchan! Quando torniamo a casa studieremo un programma di allenamento apposta per te!»
Se ne dev’essere accorto anche lui, perché i due si superano e si fermano, immobili. La palla rotola via, anzi, entrambi i palloni lo fanno. Si voltano, e si riconoscono: Taro e Tsubasa si sono appena rincontrati sotto la Tour Eiffel. E il mio cuore si è fermato. 

«Se non sbaglio è stato poi lì che hai conosciuto il nipote di Madame Deville, dico bene?»
Prendo l’album azzurro e lo sfoglio, facendole vedere le foto che ho scattato proprio in occasione di quel torneo.
«Sì, è stato lì. Ma abbiamo interagito poco, io più che altro dovevo stare vicino a Katagiri e non disturbare.»
«Mi sembra giusto.» annuisce lei.
«Io volevo solo… - mormoro, tornando a fissare la foto della partenza, e sento un nodo che mi si forma in gola – Volevo solo stare con Tsubasa il più a lungo possibile… se ne sarebbe andato…»
«Mi spiace, tesoro, so quanto hai sofferto… avevi una paura folle che tuo fratello si dimenticasse di te.»
«Era una paura irrazionale, la stessa che mi prendeva da piccola quando papà partiva per i viaggi. Gli uomini Ozora sono tutti girovaghi, speriamo che non sia lo stesso per Daichi.»
La vedo ridere sotto i baffi e penso a quanto sia bella, nonostante gli anni. Penso a quanto ha sofferto quando Tsubasa è partito, e a quanto sono stata egoista nelle mie scelte, anche se lei me le ha sempre appoggiate.
«Non siamo stati dei figli facili per te, eh mammina?»
«Siete degli Ozora, anche nelle tue vene scorre sangue girovago, che ti credi? - mi dice, prendendomi in giro - Ma sei più impulsiva, più “testa calda” diciamo. E pensare che da piccola quasi non parlavi.»
«In effetti il cambiamento c’è stato quando sono rimasta qui da sola: senza la supervisione di Tsubasa sono diventata… Anego
Scoppiamo a ridere entrambe, e d’istinto ci voltiamo verso le scale per sentire se per caso abbiamo svegliato gli altri occupanti della casa; non sentendo rumori, ci torniamo a voltare verso l’album e guardiamo altre foto.
«Quando sei diventata manager della Nankatsu ho capito subito che dovevi avere qualche motivazione particolare, oltre al fatto che l’ultimo anno delle medie per te è stato tremendo, data la lontananza di tuo fratello.»
«Memore delle vicende tra lui e Sanae?» e mentre lo dico, arrossisco vistosamente, perché anche mia mamma sa alla perfezione per chi palpitava il mio cuore quando decisi di affiancare Sanae e Yukari come manager.
«Ad ogni modo è stato un bene, mi sono avvicinata molto a lei.» e con lei intendo proprio Sanae.
Non ci siamo mai parlate tanto, prima del “fatidico giorno”: io ero solo la sorellina di Tsubasa, per tutti, quindi passavo inosservata, cosa che non mi dispiaceva. Dopo la partenza invece, quell’appellativo ha iniziato a pesarmi, un po’ come pesava a Sanae essere “la fidanzata di”, quindi se lei ha, a tratti, riesumato aspetti della vecchia Anego, io li ho assimilati e mi sono trasformata.
Così, una volta giunta alle scuole superiori, mi sono iscritta al club, sia per stare accanto alle mie nuove amiche, sia per Taro. Sorrido mentre mamma mi indica la foto che scattò a me e lui durante una festa.
«Si vede dai tuoi occhi, che eri innamorata di lui…»
«Bella fregatura…» mormoro, distogliendo lo sguardo.
«Sakura… non abbatterti. Ma soprattutto, non arrenderti: se è vero amore, trionferà.»
«E se non lo fosse?»
«In quel caso, beh, soffrirai… ma ne uscirai fortificata. Sei ancora giovane, hai tutta la vita davanti…»
Distolgo lo sguardo da lei e torno a osservare la fotografia…
 
«Ti manca molto, vero?»
«Uh?» sollevo la testa dalle divise che sto piegando e vedo Misaki che mi osserva, appoggiato allo stipite della porta della lavanderia, le braccia incrociate, il sorriso sulle labbra.
«Tsubasa.»
Inevitabilmente le mie labbra si piegano in un sorriso carico d’affetto, come ogni volta che si parla di lui. Finisco di piegare l’ultima divisa e la posiziono insieme alle altre dentro l’armadio.
«È strano non averlo intorno, soprattutto qui sul campo da calcio.»
«Quando arrivi qui, prima degli allenamenti, ti soffermi ad ammirare il campo da calcio; la sera, prima di andare a casa, sistemi le divise, e inevitabilmente ti soffermi di più sul suo numero…»
«Quando Sanae me lo permette!» scherzo, cercando di allentare la tensione. Lui ride e si scosta dalla porta per farmi passare.
«Alla fine penso che sia più facile per me che per lei… - continuo, mentre ci avviamo verso l’uscita del complesso sportivo - E credo che lei stia peggio di quanto dia a vedere.»
«Come sta Daichi?»
Mi volto verso di lui e sorrido apertamente:
«Sta bene! È tremendo! Mamma dice che ha preso il peggio da me e Tsubasa! È molto vivace.»
«Tsubasa l’ha visto?»
«Oh sì, gli mando sempre delle foto. Poi penso che per le vacanze di primavera andremo a San Paolo.»
«Ti andrebbe… - mormora appena, una volta giunti al bivio tra casa mia e casa sua - Ti andrebbe di… andare a prendere un gelato insieme?»
Arrossisco di colpo, sento proprio le guance avvampare mentre quasi la cartella mi scivola via dalle dita: faccio forza sul manico e cerco di balbettare una risposta perché lui è lì che la aspetta.
«Si… si può fare…» mormoro. Lui si gratta la nuca imbarazzato e si fissa la punta delle scarpe.
«Allora se… se vuoi sabato possiamo andare in centro.»
Gli sorrido, devo avere una colorazione del viso tendente al rosso vivo, tipo ustione da spiaggia. Lui sorride a sua volta e si incammina verso casa, anzi, corre proprio, come se non avesse neanche appena finito di fare allenamento. Sospiro portandomi una mano sul cuore e sento che batte all’impazzata: mi ha chiesto di uscire…



Eccoci di nuovo! 
E qui abbiamo ben due eventi particolari nella storia di Sacchan: la partenza di Tsubasa *sigh* e... il primo appuntamento con Misaki xD
L'impostazione della storia non mi permette di entrare molto nei dettagli ma... non temete, c'è un tempo per tutto ^^ non rimarrete a bocca asciutta!
Ringrazio di cuore chi si è soffermato a leggere, chi ha recensito e chi esprime sempre così tanto affetto.
Vi voglio bene
Sakura 
   
 
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