Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Amor31    04/02/2015    0 recensioni
Germania, 1997.
Il piccolo Eren Jaeger riceve una graditissima sorpresa dal padre e decide di divertirsi con Mikasa, sua sorella acquisita, e Armin Arlert, suo unico amico.
Il pomeriggio sarebbe passato in allegria, se solo non fosse stata pronunciata quella parola.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Carla Jaeger, Eren Jaeger, Grisha Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lì dove regnano gli incubi

 

Erano quasi le cinque di uno splendido martedì pomeriggio e la cittadina di Shingashina era avvolta negli ancora caldi raggi del sole settembrino. Il bambino poteva chiaramente osservare il via vai di gente che affollava i marciapiedi del Distretto e per un attimo pensò a quanto sarebbe stato bello poter uscire fuori e andare a divertirsi al parco giochi insieme ai suoi coetanei.
Seduto scompostamente al tavolo della cucina, il piccolo Eren Jaeger stava finendo gli odiosi compiti di matematica; sebbene la scuola fosse iniziata solo da due settimane, la maestra aveva deciso di tartassare i propri alunni con una lunga serie di esercizi che, secondo il modesto parere del bambino, non sarebbero serviti a un bel niente, visto che aveva imparato a contare fino a trenta da un bel pezzo. Spiò ancora per qualche minuto dalla finestra e poi tornò a numerare le mele radunate in tanti, piccoli insiemi disegnati sulla fotocopia che gli era stata fornita dall’insegnante.
Eren e sua sorella Mikasa erano tornati a casa intorno all’una; come ogni giorno erano scesi dall’autobus che li accompagnava a Trost – la scuola elementare di Shingashina aveva chiuso i battenti da ormai parecchi anni, complice la bassa qualità del corpo docente – e avevano suonato al campanello per farsi aprire dalla madre, casalinga a tempo pieno. Subito dopo aver pranzato, avevano accompagnato la donna a fare spesa presso un minimarket aperto ventiquatt’ore su ventiquattro, non molto distante da casa loro, ed erano rientrati completamente zuppi di sudore. Eren era stato il primo a chiudersi in bagno per una doccia, ma solo per non ascoltare un minuto di più i rimproveri di sua madre; ora, solo nella cucina, aspettava con ansia il ritorno del padre, che da due giorni era fuori di casa per lavoro. Eren pensò che l’ambulatorio doveva proprio dargli un gran da fare, se non gli consentiva nemmeno di tornare dalla famiglia.
Scrisse con difficoltà il numero otto sotto un insieme di mele – ma quanto era difficile scrivere quel numero? Forse gli sarebbe convenuto disegnare due cerchietti sovrapposti, la prossima volta – e passò al disegno successivo. Uno, due, tre, quattro
La serratura del portoncino d’ingresso scattò due volte e il meccanismo cedette. Il bambino drizzò le orecchie e sentì tintinnare un portachiavi, al cui rumore seguì quello di suole di scarpe che strusciano contro il tappeto posto all’entrata di casa.
-Eren, sono tornato! Guarda cosa ti ha portato papà!-.
Con un sorriso a diciannove denti – aveva recentemente perso uno degli incisivi laterali superiori – il piccolo corse alla porta di casa, lì dove il genitore se ne stava tranquillamente in piedi con un sorrisone sul volto. Teneva le mani dietro la schiena e osservava il figlio con uno strano scintillio negli occhi.

-Cosa nascondi, papà?-, gli domandò il bambino, avvicinandosi e provando a spiare dietro le spalle dell'uomo.
-Una sorpresa per te e Mikasa. A proposito, dov'è...?-.
-Mamma la sta aiutando a regolare l'acqua per farsi una doccia-, rispose prontamente Eren. -Sai, siamo andati a fare la spesa insieme, ma fuori fa così caldo che abbiamo sudato un sacco. Allora? Posso vedere il regalo?-.
-Aspettiamola, dai. Ci rimarrà male se aprirai il pacchetto senza di lei-.
Grisha Jaeger fece l'occhiolino al figlio e lo accompagnò in salotto. Poggiò sul tavolo il parallelepipedo incartato e sedette, mentre Eren non smetteva di osservare la sorpresa.
-Si mangia?-, domandò dopo poco più di un minuto di silenzio.
-No-.
-Ci possiamo giocare?-.
-Tecnicamente no. Però vi farà divertire un mondo, ne sono certo-.
-Su, papà, mi dici che cos'è?-.
-Porta un po' di pazienza. Oh, ecco tua madre-.
Carla Jaeger entrò in salotto, il viso arrossato dal vapore della doccia e la fronte madida di sudore. Mosse qualche passo verso il marito e si abbassò per baciarlo, mentre Eren, attento osservatore, si voltava dalla parte opposta sbuffando un infastidito "Bleah, che schifo!".
-Arriverà un giorno in cui non vorrai mai smettere di stare con la donna che ami-, gli disse il padre, sorridendo nella sua direzione e lanciando uno sguardo complice alla moglie.
-È un po' presto per parlare di certe cose, non credi?-, lo rimproverò Carla. -Il nostro ometto ha solo sei anni, ci vorrà ancora parecchio tempo prima che sviluppi certi interessi-.
-Mamma!-, il bambino si voltò di scatto, le orecchie a fuoco e le guance vagamente colorite.
-Cosa abbiamo qui?-, continuò la donna, accorgendosi solo in quel momento del pacchetto lasciato in bella vista sul tavolo. Lo prese con delicatezza e lo esaminò da vicino, scuotendolo leggermente per carpire che sorta di rumore producesse il contenuto.
-Carla, non troppo forte-, le suggerì il marito, prendendole dalle mani la confezione. -Si potrebbe rompere qualche componente interno-.
-Che cos'è, che cos'è?-, Eren riprese ad assillare il padre, saltellandogli davanti agli occhi come un forsennato. -Voglio aprirlo, per favore!-.
-Non appena Mikasa avrà fatto la doccia...-.
-Vado a vedere se ha finito-, intervenne Carla, uscendo dalla stanza e preparandosi a rituffarsi nella nuvola di vapore che l'aspettava in bagno.
Grisha rimase in silenzio. Spostò un paio di volte lo sguardo dal regalo al figlio e poi, inspirando ed espirando come se fosse sul punto di prendere una decisione molto importante, si rivolse al bambino: -Eren, devi promettermi una cosa-.
Il piccolo annuì, gli occhi improvvisamente seri.
-Quando avrai aperto il pacchetto, non dovrai dare in escandescenze come tuo solito-.
-Papà...-.
-Altrimenti sarò costretto ad usare questa-.
Estrasse dal colletto della camicia che indossava la catenina a cui teneva appesa una piccola chiave di ottone e la fece oscillare davanti agli occhi del figlio.
-La chiave della cantina?-, domandò stupito Eren, senza capire che cosa intendesse dire suo padre.
-Esattamente. C'è un motivo se non ti ho mai permesso di entrarci e l'ultima cosa che voglio è farti scoprire il perché proprio oggi-.
-Papà, mi stai spaventando...-.
-Tu promettimi che ti comporterai bene e ti giuro che non succederà niente di male. Hai capito?-.
Il piccolo annuì di nuovo, stavolta con occhi colmi di paura.
-Mikasa, c'è una sorpresa per te e Eren. Vieni qui in salotto-.
Sentirono la voce di Carla risuonare all'esterno della stanza e finalmente Mikasa apparve sulla soglia. Aveva i capelli leggermente arruffati e gonfiati a causa del phon, ma non per questo era meno carina del solito.
-Sembri uno di quegli spaventapasseri che abbiamo visto alla casa in campagna del nonno di Armin-, le disse Eren, soffocando una risata. La piccola lo guardò con sguardo impassibile e avanzò verso di lui, evitando di mollargli uno schiaffo dietro alla nuca.
-Allora-, Grisha Jaeger si strofinò le mani, -ora potete scartare il pacchetto. Mi raccomando, non litigate-.
Troppo tardi. I due bambini strattonarono ora da una parte ora dall'altra l'innocente regalo, al centro dell'ennesima disputa che avrebbe decretato chi dei due era più forte. Alla fine, come sempre accadeva, fu Mikasa ad avere la meglio e dunque si arrogò il diritto di strappare via la carta.
-Non è giusto, però!-, si lamentò Eren. -Sei sleale. Io non posso mostrare tutta la mia forza ad una femmina come te-.
La piccola scosse la testa e prese a staccare lo scotch che teneva assicurata la carta. Lo fece con una lentezza esasperante, al solo scopo di far arrabbiare ulteriormente Eren.
-Tieni-, gli disse ad un certo punto, dopo aver semplicemente dato un'occhiata all'interno. -Finisci tu di togliere la carta-.
Il bambino non se lo fece ripetere una seconda volta: le strappò di mano il pacchetto e artigliò l'involucro, scoprendo finalmente il contenuto.
-È una cassetta!-, gridò trionfante, alzandola sulla testa come un trofeo. 
-Non una qualsiasi-, gli fece notare il padre, rivolgendogli un altro occhiolino.
-È il cartono animato di "Hercules"! Il più forte di tutti!-.
Eren era in preda ad una gioia selvaggia. Coccolò amorevolmente la cassetta e ammirò il mitico eroe che sorrideva sulla copertina, sorreggendo l’ovale che racchiudeva il titolo mentre al suo fianco lo guardava adorante quella che il bimbo dedusse essere la sua fidanzata. O forse era semplicemente una sua ammiratrice. Ecco, quella era l'opzione più probabile. D'altra parte, anche lui gli avrebbe rivolto quello sguardo, se avesse avuto la possibilità di incontrarlo nella realtà.
-Posso vederlo subito?-, domandò Eren, continuando a saltellare di qua e di là sotto gli occhi addolciti dei genitori e l'espressione invariata di Mikasa. -No, aspetta... Posso invitare Armin qui a casa? Neanche lui ha  ancora visto "Hercules" e sono sicuro che gli piacerebbe da matti-.
-Come preferisci-, gli rispose sua madre. -Allora sarà meglio chiamare suo nonno per sapere se...-.
Il trillo del campanello di casa interruppe il loro discorso. Grisha Jaeger andò ad aprire alla porta e si ritrovò davanti un frugoletto biondo dai grandi occhi azzurri.
-Buon pomeriggio, signor Jaeger-, lo salutò cortesemente Armin Arlert, l'unico bambino con cui suo figlio era riuscito a stringere amicizia.
-Ciao, Armin. Vieni, entra pure. Stavamo parlando proprio di te-.
Il piccolo si lasciò accompagnare in salotto. Vi trovò Mikasa, che stava trafficando con il videoregistratore, e un Eren ancora saltellante per la contentezza.
-Armin!-, gli corse incontro, nascondendo dietro alla schiena la cassetta come poco prima aveva fatto suo padre. -Indovina cosa mi ha riportato papà?-.
L'amico non rispose, in attesa di sapere tutto.
-Guarda qui!-.
Gli mostrò il regalo e glielo porse. Armin non espresse a parole il suo entusiasmo, ma gli occhi parlarono al posto della bocca.
-"Hercules"... Quando vuoi...?-.
-Vediamolo adesso!-, esclamò Eren, trascinando il compagno verso il divano e facendolo accomodare proprio di fronte al televisore. -Stavo dicendo a mamma che mi avrebbe fatto piacere guardarlo insieme a te, ma per fortuna sei arrivato subito e così adesso ce lo vediamo tutti insieme-.
-Ma mio nonno...-.
-Mamma, puoi telefonare al nonno di Armin e dirgli che rimane qui un po' di più per guardare il cartone animato con me e Mikasa?-, chiese Eren, mettendosi in ginocchio sulla seduta del divano e affacciandosi da dietro lo schienale.
Non recepì la risposta di sua madre, ma immaginò che sarebbe comunque andata ad informare l'anziano signor Arlert.
-Eren, passami la cassetta-, ordinò Mikasa, che aveva appena finito di collegare i cavi alla presa della corrente.
-Tieni-, le rispose lui, tendendole il supporto ed esaminando la copertina con sguardo devoto.
-Vorrei essere forte come Hercules-, disse Armin con tono timido. -Almeno me la caverei contro quei bulli che stanno a scuola-.
-Non preoccuparti-, replicò Eren, battendogli una mano sulla spalla, -ti proteggerò io. Diventerò tanto forte da mostrare i muscoli, proprio come fa lui-, disse, indicando la copertina.
-Secondo me, il padre di Mikasa era proprio Hercules-, Armin abbassò la voce, ma la bambina riuscì comunque a sentirlo, senza però commentare.
-Ehi, io sono più forte di Mikasa. Solo che non lo posso far vedere, visto che lei è femmina. I maschi non possono fare le risse con le femmine, no? Altrimenti sarei un vigliacco-.
-Ma...-.
-Guarda! C'è anche quel muso lungo di Jean Kirschtein sulla copertina!-, rise Eren, puntando il dito verso un cavallo alato che si vedeva sullo sfondo. -Prima non ci avevo fatto caso!-.
-Un po' si somigliano, è vero-, concordò Armin, pensando per un secondo al loro compagno di scuola e unendosi subito dopo alle risate dell'amico.
-Smettetela, voi due. Sta iniziando-, disse Mikasa con fare sbrigativo, mettendo fine alle chiacchiere dei due bambini. Si allontanò dal televisore e andò a sedersi alla destra di Eren senza aggiungere una parola.
Nella stanza cadde un religioso silenzio. Gli occhi dei tre spettatori si riempirono di entusiasmo non appena comparve il logo della Disney, poi lo schermo si oscurò un'ultima volta e il film ebbe inizio.

 

Tempo fa, in una lontana terra dell’antica Grecia, ci fu un’epoca d’oro di Dei potenti e di eroi straordinari. E il più grande e il più forte di tutti questi eroi era il possente Ercole.

 

Eren annuiva ad ogni parola pronunciata dal narratore. Si trattenne dal battere le mani, anche perché non voleva perdersi nemmeno una singola battuta dei vari personaggi.
-La dea grassa deve mangiare più di Sasha...-, si azzardò a dire Mikasa, provando a fare una battuta. Ma il suo tentativo di far ridere gli altri due fu vanificato da Eren, che la zittì con un deciso "Shhh!".

 

La nostra storia in effetti comincia molto prima di Ercole, milioni di anni fa…

Fu tanto tempo fa, per il pianeta erano guai, e imperversava bruta dei Titani la follia.

 

Fu un secondo.
Eren scattò in piedi, urlando e battendo i piedi per terra. Le sue pupille erano dilatate, gli occhi iniettati di sangue, un rivolo di bava gli colava a lato della bocca. Si lasciò cadere sul pavimento e cominciò a rotolare sul tappeto, battendo i pugni e scalciando in un impeto di pazzia.
-Che cosa sta succedendo?-, gridò allarmata Carla Jaeger, entrando di corsa nella stanza e osservando il figlio comportarsi come un indemoniato.
-N-noi stavamo semplicemente guardando il film e poi...-, provò a spiegare Armin, balbettando a causa della paura. -N-non so cosa gli è preso, stava bene...-.
-Carla, cos'è capitato?-, anche Grisha Jaeger s'introdusse nel salotto, correndo dal figlio e inginocchiandosi per controllare le sue condizioni.
-Ha avuto uno dei suoi attacchi-, esalò debolmente la moglie, sollevando la testa del bambino, ancora tremante e scosso da convulsioni.
-Lo sapevo. Eppure mi ero raccomandato...-.
Grisha scosse la testa, prese tra le braccia il bambino e guardò la donna, che gli chiese: -E adesso? Cosa facciamo?-.
-Quello che lo psicologo mi ha detto di non fare-, replicò lui di rimando, mentre Mikasa e Armin non riuscivano a capire cosa stessero blaterando i due adulti. -Devo portarlo in cantina-.
-No, ti prego!-, Carla gli si aggrappò a un braccio. -Non lì sotto!-.
-Devo. Starà meglio, vedrai-.
-Ma lo psicologo...-.
-So cosa ha detto quello strizzacervelli, ma se continuiamo a dargli retta Eren non riuscirà mai a superare le sue crisi. È l'unico modo che abbiamo per farlo sentire meglio. La cantina lo aiuterà-.
Grisha uscì dal salotto sorreggendo il figlio. Carla lo vide aprire una porticina e scendere nel sottoscala, lì dove avrebbe spalancato un'altra porta che lo avrebbe condotto direttamente allo scantinato.
-Armin, torna a casa-, gli consigliò la donna, rivolgendogli uno sguardo preoccupato.
-Signora, ma Eren...-.
-Domani non potrà venire a scuola. Tra un paio di giorni starà bene-.
-Però...-. 
-Mikasa, accompagna il tuo amico, per favore-.
La bambina obbedì in silenzio, scortando Armin fuori di casa. Non proferì parola finché il compagno non insistette per sapere cosa fosse preso a Eren.
-Non lo so-, rispose lei. -Non capisco quale sia il suo problema-.
-Ma il dottor Jaeger ha parlato di attacchi-, insistette il piccolo, -quindi gli capita spesso di...-.
-Armin, non ne so niente. Davvero-.

 

***

 

Quando tornò a casa, trovò Grisha in salotto. L'uomo aveva fatto sputare al videoregistratore la cassetta incriminata e adesso la stava riponendo nella custodia di plastica.
-È stata quella parola, vero?-, domandò Mikasa. 
Il dottore non rispose.
-Cosa faremo con quella?-, chiese di nuovo, riferendosi al cartone animato.
-La faremo sparire-, dichiarò Grisha. -Come se non l'avessi mai portata a casa. Se solo avessi saputo della presenza di quelle creature in questo film...-.
-Nessuno lo sapeva-.
-Pensavo che sarebbe stato contento di vedere "Hercules"-, continuò l'uomo. -Ne parlava da settimane, ormai... E oggi, quando sono passato al negozio di elettronica, ho visto la cassetta. Prima che scartasse il regalo, mi sono anche raccomandato di non dare in escandescenze...-.
-Adesso come sta?-.
-Si è calmato. La cantina ha funzionato di nuovo-.
-È in camera sua?-.
-Sì, Carla è con lui. Si risveglierà domani mattina e non ricorderà niente. Meglio così-.
Mikasa annuì con un debole cenno della testa. Uscì dal salotto e si diresse verso le scale, salendo lentamente al piano superiore. Spiò dalla porta della stanza di Eren e vide la madre seduta al suo capezzale; incerta sul da farsi, alla fine la bambina decise di entrare.
-Hai accompagnato Armin come ti avevo chiesto?-, le domandò Carla.
-Sì. Voleva sapere cosa è successo a Eren-.
-E tu cosa gli hai detto?-.
-Niente. Ho risposto che non so nulla-.
Carla le tese la mano e le fece segno di avvicinarsi. Mikasa si pose al suo fianco e sentì le dita della donna sfiorarle la lunga frangia che le copriva parzialmente lo sguardo.
-Sei una brava bambina, Mikasa. Eren avrà bisogno di te. Mi prometti che gli starai sempre accanto?-.
La piccola asserì in silenzio.
-Quegli incubi finiranno mai?-, domandò, volgendo lo sguardo al coetaneo disteso privo di sensi sul letto.
-Nessuno può dirlo-, ammise Carla con un sospiro. -Lo psicologo dice che i suoi sogni lo hanno traumatizzato; pare proprio che di notte il suo inconscio viva un'altra vita. Una vita in cui a trionfare sono solo morte e disperazione-.
-E quelle creature-, aggiunse Mikasa.
-Esatto-, concordò la donna. -Quelle creature-.
Il silenzio che seguì divenne insostenibile. Fu spezzato solo quando Grisha entrò di soppiatto nella stanza.
-La cassetta è distrutta-, annunciò, mentre Carla tirava un sospiro di sollievo. -D'ora in poi saremo costretti a tenere sotto stretta sorveglianza perfino i cartoni animati che vede in TV. La situazione si fa sempre più difficile-.
-Parlerai con lo psicologo di questo nuovo attacco?-, gli chiese la moglie.
-Sarò costretto a farlo. Di certo non sarà felice di sentirmi dire che ho utilizzato un sedativo per calmarlo, ma gli spiegherò che era l'unico modo per farlo stare meglio. Se Armin non fosse stato in casa, probabilmente avrei agito diversamente. Mikasa-, si rivolse alla piccola, -gli hai confidato il problema di Eren?-.
-No. So che non devo farlo-.
-Saggia decisione. Nessuno deve sapere-.
Grisha sedette sul letto, accanto al figlio, e osservò il suo viso, adesso rasserenato.
-Finché useremo i farmaci che ho ideato in laboratorio, Eren dormirà sonni tranquilli. Il punto cruciale sarà non esporlo a stimoli che potrebbero risvegliare i ricordi che ha dei suoi incubi-.
-Ma se i ricordi non riaffiorano, non potrà mai liberarsene del tutto-, obiettò Carla, bianca come un lenzuolo. -Così facendo, Eren sarà costretto ad assumere costantemente i farmaci che nascondi giù in cantina. E quando noi saremo morti cosa succederà? Comincerà a confondere la realtà con il luogo in cui regnano gli incubi, impazzirà e verrà rinchiuso in una clinica per malati psichiatrici, ecco cosa accadrà!-.
-Ci sarà Mikasa con lui-, continuò Grisha. -Si assicurerà che Eren prenda i medicinali. E se si presentasse una crisi come quella di oggi, allora ricorrerà al sedativo. Lo farai, Mikasa? Sei pronta ad occuparti di lui?-.
La bambina annuì per l'ennesima volta, consapevole di quanto fosse grave la situazione e di quanto fosse importante il compito a cui avrebbe dovuto sacrificare l'intera vita.
-Dirò allo psicologo che smetteremo di consultarlo-, annunciò Grisha. -Gli dirò che metteremo un freno agli incubi di Eren-. Accarezzò la fronte sudata del bambino e sussurrò: -Mio figlio non dovrà più temere un attacco dei Titani-.

 

Note dell’Autrice

Per la prima volta da quando pubblico fiction sento il dovere di spiegare cosa è successo nella storia.
Inizio dicendo che la OS è nata come una commedia, perché sarebbe dovuta finire con Eren in preda ai suoi attacchi causati dall’ossessione per i Titani. Ma come spiegare la reazione del bambino, visto che questa è una AU ambientata nel 1997?
Ed ecco che le cose mi sono sfuggite di mano e l’atmosfera si è fatta inquietante.
La spiegazione è una sola: prendendo spunto dai primi minuti del primo episodio di SNK, ho immaginato che Eren avesse degli incubi in cui vive una vita alternativa, quella che abbiamo visto e vediamo nell’anime/manga. Al risveglio, il trauma è così forte che i genitori, non riconoscendolo più, si vedono costretti a consultare uno psicologo, che trae informazioni dai ricordi sfocati che il piccolo ha dei propri incubi. Il problema è che quando sente parole o vive episodi che gli riportano alla mente le vicende vissute nel sonno, inizia a dare di matto, proprio come accade nella OS che avete appena letto. Il padre, medico ricercatore, riesce a elaborare dei farmaci che aiutano il figlio a calmarsi, ma gli causano ogni volta la perdita della memoria relativa solo agli incubi. I sogni dunque non vengono cancellati, come obietta anche Carla Jaeger al termine della OS, ma sono solo nascosti per effetto dei medicinali. Ogni volta che la loro azione termina o quando, appunto, Eren è esposto a stimoli rischiosi, riaffiorano i ricordi che gli provocano un’autentica crisi di nervi.
Insomma, mi sono lasciata ispirare dal fatto che, tra le tante, possibili conclusioni ipotizzate per SNK, ci sia anche quella secondo cui la vicenda non è altro che un incubo di Eren, proprio come si vede all’inizio del primo episodio della serie.
Perdonate se sono stata poco chiara e se la OS vi è parsa priva di senso; considerate però di aver brevemente assistito al delirio di un soggetto con disturbi psichiatrici.
Grazie a chiunque si sia spinto a leggere fin quaggiù e a chiunque sia tanto matto da lasciare un commento, positivo o negativo. 

Amor31

   
 
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