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Autore: lauramelzi    05/02/2015    8 recensioni
"I-io non penso sia una buona idea.." lei sussurrò piano.
La dolcezza del suo smarrimento era quasi tangibile. Stefano le sorrise, bastardo.
L'alito del fascista le accarezzava le labbra, e Gaia sentiva il suo cuore batterle come impazzito nelle orecchie.
Annegò nei suoi occhi, oltre che nella vergogna, e come ogni volta in cui i loro sguardi si incatenavano, si creò un'elettricità che pregava di essere liberata.
Perché non voleva ascoltarla ora? Perché la stava ... perché si comportava così?
Confusamente Gaia si rese conto dell'inevitabile fine che le sue labbra avrebbero fatto di lì a poco.
Doveva fermarlo, pensò sconcertata.
... faceva così con tutte, era un montato, inafferrabile e irresponsabile.
lui, lui..
Lui la guardò.
La guardò e vide sotto la fievole luce della bajour quegli occhi nocciola, così sinceri, e con essi tutte le difese che la ragazza avrebbe voluto erigere contro di lui se avesse potuto, e le fece capire immediatamente che le avrebbe annientate se mai ci fossero state, che le avrebbe fatto ciò che era inevitabile, ciò che spingeva entrambi a stuzzicarsi ogni giorno, a essere così suscettibili, vulnerabili e ... duri.
"Non è mai una buona idea a fare la differenza."
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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Si era distratto come aveva potuto. 
 
Scorrendo la home di Facebook, poi quella di Instagram, ma la mente correva sempre alla ragazza mora dallo sguardo fiero e gli occhi color nocciola. Cazzo, si era appena scopato una ragazza. 
 
No.
 
Non "una" ragazza.
 
Ma proprio quella che, dannazione, si era imposto di non toccare. E ora la parola "scopare" non gli sembrava neanche lontanamente equiparabile a ciò che aveva provato. Era ...  stato folle. Inadeguato.
 
Fuori luogo.
 
Non che le scappatelle non lo divertissero più, ma maledizione Gaia non era quel tipo. Non era da una ... da ... una "botta" e via, malgrado il suo istinto gli gridasse proprio di fuggire a gambe levate nella direzione opposta. E per di più lo sapeva, eccome se lo sapeva che tipo di ragazza fosse. Ogni sano maschio aveva quel genere di radar. Se una ci sta, ci sta, se è 'na sora, la lasci stare.
 
Imprecando per un attimo parve indeciso se lanciare il cellulare in un angolo del letto o chiamare Liuk. Ma quel coglione cos'altro gli avrebbe detto se non "era quello che volevi no?" o cazzate come "ora come stai?" "come ti senti?" 
 
Come si sentiva?
 
Frustrato.
 
Non era abbastanza. Per quanto la sua mente gli urlasse l'errore appena commesso, qualcosa dentro di lui lo scongiurava, lo pregava, lo spingeva inesorabilmente a ripeterlo, ancora e ancora. Aveva voglia di sfondare quella porta e ammirarla in tutta la sua bellezza, deliziarsi del sapore della sua pelle con provocanti baci sul collo, assaggiarla, dappertutto, distruggere la sua innocenza; poi l'avrebbe modellata con le mani, come una creazione d'argilla che meritava degna attenzione, degne speranze. Avrebbe goduto dei suoi gemiti, l'avrebbe vista sciogliersi come creta tra le sue mani, reagire al tocco delle sue dita...
 
Il secco suono della serratura del bagno interruppe i suoi pensieri.
 
La vide sul ciglio della camera, i capelli raccolti in un'alta crocchia disordinata,  le guance e la pelle del collo arrossate dall'acqua troppo calda, le labbra rosse e gli occhi appuntati nei suoi. i suoi istinti raggiunsero picche d'acuto e doloroso desiderio. Stefano decise che da lì a tre secondi l'avrebbe presa di nuovo, volente o nolente che lei fosse. La necessità così viva che aveva di lei, sconosciuta e dilaniante, lo stava facendo impazzire, lo stava facendo sragionare. E non gli importava minimamente che quella cosa non fosse da lui, doveva finire in quel momento, terminare. 
 
I suoi occhi si impressero sul suo corpo, marchiandola a fuoco. I piedini scalzi, le caviglie sottili, l'accappatoio. In quell'istante, pensò di non aver mai odiato un lembo inutile di stoffa a tal punto. 
 
Poi i suoi occhi captarono anche qualcos'altro, un leggero movimento.
 
Anche dopo una doccia calda, tremava.
 
Gaia percepì appena il suo sguardo da falco calare sul suo corpo in una veloce verifica. Si sentiva scombussolata, e i muscoli delle cosce le facevano davvero male. Ma non solo quelli. A ogni passo sentiva formicolii interni, come stiramenti di muscoli che non sapeva di possedere.
 
Fece alcuni passi verso di lui, ma una smorfia di dolore contrasse il suo volto e si fermò incerta, aspettando che la fitta improvvisa calasse di intensità. Stefano sgranò impercettibilmente gli occhi, e capendo il motivo di quella sofferenza si mosse lui verso di lei, interrogandola con lo sguardo.
 
Gaia arrossì, ma alzò il mento come a sfidarlo di chiederle ad alta voce quella domanda implicita. Vide le sue labbra allungarsi in un pigro sorriso ammaliante.
 
"Forse non sei così elastica" 
 
La sua voce calda e suadente inondò la stanza. Una voce cupa, buia come la più oscura delle notti, densa. Quel tipo di voce che scuoteva ogni minimo nervo, destandoli, stuzzicandoli con la sua tenebrosa e magnetica profondità. 
 
Il tipo di voce, che il tuo corpo prima di te, sa già che non scorderai. Gaia si strinse le mani al petto.
 
"Forse non sei così bravo" ribatté scontrosa lei.
 
"Quello che le tue cosce sentono, deriva dal fatto che eri vergine" le rispose dolce
 
Gaia lo guardò un poco male, cercando di decifrare il suo sguardo intenso. Era colpa sua dunque?
 
"Un problema quindi" sussurrò tremolante
 
Dannazione, era una tentazione bella e buona, così buona e mansueta lì davanti a lui. Un senso di vertigine lo colse all'improvviso. Doveva allontanarla da se. Stefano non ci pensò due secondi a rispondere con un sorriso disilluso e rassegnato, forzatamente divertito. 
 
"Molti lo definirebbero tale" 
 
Frenò l'istinto di ritirare le parole appena pronunciate, pur sapendo di ferirla.  Ma al contrario di come sperava, Gaia non gli tirò un ceffone, ne si vestì o uscì da casa sua, ne sparì con appresso i problemi che ne sarebbero derivati. Continuava a fissarlo, apparentemente più calma di lui. D'un tratto furioso le si avvicinò, finchè Gaia non sentì il suo respiro sul naso. 
 
Il cuore le batteva a mille nel petto. I suoi occhi, neri come il manto di un lupo, la inchiodarono sul posto mentre un fremito l'attraversava tutta. Avvertiva la sua presenza incombere come una lapide sul suo corpo, quelle spalle forti e larghe che la sovrastavano, il volto in ombra piegato su di lei.
 
L'averla a pochi centimetri lo destabilizzò, l'odore della sua pelle fresca e profumata che gli si insinuava sotto la pelle. Perché diavolo non fuggiva? Dannazione, perché? Pur avendo visto il suo lato peggiore, dopo aver assaggiato le sue cattiverie. Le mani gli prudevano, da tanto desiderio provasse nel non poterla sfiorare. Era davvero un angelo, il suo angelo. Ma non lo sarebbe riuscita a cambiarlo, nessuno poteva. Si rese conto di essere affamato di lei, per usare un leggero eufemismo, e come ritornato se stesso decise semplicemente di ottenere ciò che desiderava in quel momento.
 
"No." le disse piano "non lo è". Per un momento le poche sillabe "non per me" aleggiarono nell'aria, seppur non pronunciate. Gaia all'improvviso avvertì una mano grande sul suo diaframma, al di sotto dell'accappatoio. Come reazione si immobilizzò, rigida. La mano si mosse, scendendo inesorabilmente in una carezza leggera sulla pelle d'oca della ragazza "L'idea che qualcun'altro ti avesse sfiorata qui ... " le dita raggiunsero il ciuffo morbido di peli e delicatamente li separarono" e qui.." Gaia emise un singulto eccitato mentre avvertiva quelle dita entrare in lei e i muscoli del ventre contrarsi "mi stava facendo impazzire." 
 
"No, ti prego. Stefano ..." sussurrò sfinita. Non ancora, basta, non ce la poteva fare. Lo vide appena incurvare le labbra da un lato. Stefano l'accarezzò con un lentezza erotica, devastante, così diversa da quella velocità appagante del parcheggio.  La lasciò inappagata, in preda a un agonia eccitata, la torturò finché la reazione dei suoi fianchi non fu evidente. 
 
"Lascia che io ... ecco si, brava... apriti, così.. Oh angelo, sei così bagnata, già pronta  ..." Gaia sentiva la testa girarle vorticosamente, il suo corpo reagire in maniera così innaturale da devastarla. Cercò di portare la fronte sulla spalla del ragazzo, ma Stefano non glielo permise. Voleva farla venire e sentire il suo gemito sulle labbra, i loro respiri fondersi. La vide chiudere gli occhi, e cogliendo quel segnale corporeo si mosse con esperta rapidità. Le strofinò il punto più sensibile con un veloce guizzo dell'indice che la mandò in mille pezzi, disintegrandola.
 
Proprio come lui aveva previsto, Gaia non seppe trattenere un vagito innocente.
 
Era sfinita, tremante, rossa e dolente in punti estremamente intimi. E per di più Gaia avvertì la vergogna delle sue mani ancora in lei. Si allontanò velocemente, provocandosi un dolore intimo che derivava dall'indolenzimento di muscoli invisibili, eppure presenti. Scombussolata, si sentì stringere l'asciugamano al corpo, e un baciare castamente sui capelli. 
 
Avvertiva quelle labbra dalla linea così sensuale piegate in un sorriso perverso. Ma al momento non le importava. Sentiva le palpebre pesanti, le ginocchia di burro. 
 
Come un automa si diresse verso il divano. La sua mente le urlava di svegliarsi, vestirsi e correre a casa, il più lontano possibile da lui. Eppure era così stanca.. così rilassata eppure così dolorante che gli occhi le si chiudevano piano. "Devo.. andare alla festa" 
 
Uno sguardo ironico si posò su di lei, come una calda coperta.
 
"Angelo mio, non ti reggi in piedi" Stefano pareva rilassato e parecchio a suo agio, mentre con destrezza si versava una birra nel bicchiere. Gaia lo osservò con le palpebre socchiuse, il tono di ovvietà che aveva usato la fece sorridere. Era così disperatamente disastrata la sua condizione?
 
A fatica si mise in piedi, traballante. Inspirò a pieni polmoni e si guardò in giro. Possibile non avesse portato con se la sua giacca? Sbuffò mentre lottava per scacciare la stanchezza. Stefano le si avvicinò da dietro e le cinse i fianchi dolcemente "Ti riaccompagno, muoviti." 
 
"Hai da fare?" chiese lei girandosi verso il suo volto. I loro occhi si incatenarono in una muta conversazione. Gaia si accorse che Stefano avrebbe voluto dirle qualcosa, ma che si stava trattenendo. La ragazza fece scorrere le dita delicate sull'arco elegante delle sopracciglia scure, e lo sentì rilassarsi un poco sotto il suo tocco. Cosa non le diceva? Gaia non poté non immaginarsi mille problemi, un infinità di crudeltà, incubi futuri di cui probabilmente lei avrebbe fatto parte. Stefano leggendole nello sguardo, lentamente appoggiò la fronte contro quella della ragazza.
 
I loro nasi quasi si toccavano
 
"Si" le sussurrò a fior di labbra. 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Elle entrò nella sala con Liuk al suo fianco. Il braccio del ragazzo era posato protettivo sulle sue spalle delicate, senza però pesarle addosso.
 
Vi fu un attimo di silenzio, in cui sguardi sconvolti si posarono sulle loro due figure, strette in un modo così inequivocabile. Liuk avvertì un leggero tremito nel corpo di Elle, e la sentì stringersi a lui in cerca di una posizione meno appariscente, meno esposta. Eppure, pensò con un moto di orgoglio, quella sera era la ragazza più bella lì dentro.
 
Gli occhi verdi scintillavano come smeraldi lucidati, le lunghe ciglia erano state ricoperte da un mascara nero, che ne enfatizzava l'effetto già di per se incantevole.
 
Una maschera bianca, di perle, le sfiorava il viso, mentre i capelli le ricadevano morbidi sulle spalle in una cascata leggera di boccoli castani. Indossava un vestito bianco, lungo.
 
Assomigliava a un cigno aggraziato, e la cosa lo faceva impazzire perché -grazie a ciò- quella sera tutti i bifolchi esistenti si erano accorti della sua ragazza. 
 
L'idea di venire gli parve d'un tratto essere stata orribile, sbagliata sotto ogni punto di vista. Elle non voleva venire e in quel momento anche il suo umore non era dei migliori.
 
Scorse Giorgio al tavolo da biliardo, che proprio in quel momento alzò lo sguardo a incrociare il suo. Squadrando la sua compagna, si dipinse un sorrisetto spavaldo in viso, lo stesso di sempre. Liuk ebbe l'istintiva tentazione di dargli un bel cazzotto, ma qualcuno lo distraé. Elle lo tirò per una manica della camicia, indicandogli con il mento Anita.
 
"Vai pure" le sorrise calmandosi.
 
Liuk andò al bancone, e dopo aver preso due godmother si diresse verso il biondo.
 
"Ei bello" lo salutò Giorgio appoggiandosi sul tavolo da biliardo interrompendo la partita solitaria.
 
"Cazzo fai tutto solo?" chiese Liuk ammirando il trucco nero e bianco che aveva in faccia l'amico. Il gioco di luce e ombra era incredibile, e delineava perfettamente le ossa levigate del viso duro di uno scheletro.
 
Giorgio gli sorrise velocemente, gli occhi che vagavano sulla stanza.  "Aspetto" Incurante delle occhiate lussuriose di alcune morette, rivolse l'attenzione all'amico. Stirò le labbra in un sorriso furbo, accentuando una fossetta sulla guancia. 
 
"Quello è mio?" rise indicando il cocktail
 
"Tutto tuo. Hai visto Stefano?" 
 
"No, non si è fatto vedere" rispose ondeggiando in una maniera che molte ragazze avrebbero definito sexy.
 
"Sei già sbronzo" rise Liuk, porgendogli un braccio per sostenerlo.
 
"Cosa ci fanno queste donne eh?" sussurrò il biondo con un sorriso sghembo "Tu sembri abbastanza preso" osservò sbirciando nella direzione dell'amico.
 
Liuk per l'appunto non lo stava ascoltando, intento come era a scandagliare la sala alla ricerca di Elle. Giorgio sbuffando gli afferrò il bicchiere quasi pieno, e se lo sgolò d'un sorso.
 
Liuk provò a ribattere ma il biondo scosse la testa, le labbra allungate in un sorriso ma gli occhi imperscrutabili. "è all'uscita, sta aspettando" infine gli disse.
 
Il moro capì al volo che era Elle il soggetto della frase e dopo una pacca al braccio dell'amico si volatilizzò borbottando di non poter sopportare la festa. Giorgio posò il bicchiere, mentre il sorriso gli spariva dal volto velocemente come vi era apparso. Stancamente si chiese perchè ne era valsa la pena, di venire fin li. Colei che stava inconsciamente aspettando, non si sarebbe presentata. 
 
Fece un ultimo tiro, ma la stecca lisciò la palla bianca di alcuni centimetri. Chiudendo le palpebre, espirò per un momento. Poi sentì una pacca leggera sul sedere, e voltò giusto il viso di poco. Con la coda dell'occhio scorse una ragazza con i capelli biondo miele niente male, poco dietro di lui. Indossava una maschera con delle piume bianche.
 
"Scusami, non l'ho fatto apposta" Se, cor cazzo.
 
Si girò, mentre un sorriso pigro gli si dipingeva in volto. 
 
"Non mi ricordo il tuo nome" 
 
"Farò in modo che ti ricorderai il mio numero" la sentì ribattere civettuosamente. Il sorriso si accentuò.  
 
"C'è altro che dovrò ricordare?" le chiese girandosi ad ammirarla. Aveva un bel davanzale, eppure stasera doveva esserci la luna storta. E pensare che adorava le tettone.
 
Difronte a quel tono cosi sfacciato e disilluso, non la vide arrossire.
 
"Dipende". Doveva essere brava a letto, rifletté in pochi istanti. 
 
Ottimo. 
 
Prese un pennarello fluo appoggiato su un tavolo vicino, e afferrò il braccio della ragazza. velocemente scrisse delle lettere in fila, poi le ammiccò e si dileguò tra la folla.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
"Ma dove diavolo eri finita?" sbraitò Anita quando la vide arrivare.
 
"Scusa, ci ho messo un po' in effetti" si scusò dispiaciuta Gaia quando notò l'ora.
 
Insieme salirono i gradini della scalinata d'entrata. Anita la tirava per un braccio, inconsapevole di quanta fatica facesse l'amica a muoversi.
 
"Dai su, almeno sei una meraviglia! staserai rimorchierai un sacco!" le disse ridendo. Il trucco di Gaia era felino, un misto tra natura pericolosa e un'indiana navajo. Due linee nere di eyeliner delineavano gli occhi fino alla tempia, donandole un'aria selvaggia ed elegante allo stesso tempo. Le labbra erano state scurite con un rossetto rosa carne scuro. Era di una bellezza mozzafiato, e non sembrava neanche rendersene conto.
 
"No, per carità!" ribatté prontamente la mora. "Silvia è già andata?"
 
Anita annuì, lo sguardo velato dall'ansia e dalla preoccupazione.
 
Gaia le prese una mano tra le sue, sorridendole con affetto. Poi estrasse dalla borsetta una maschera piumata, bianca. 
 
"Sei sicura?" le chiese fissandola negli occhi.
 
Anita annuì energeticamente, un sorrisetto sfrontato che faceva capolino sul volto delicato.
 
"E' l'idea migliore che io abbia mai concepito. Quel che succederà, non avrà niente a che fare con me, ne qualcuno si dovrà sentire in dovere di fare niente."
 
Gaia rise, ammirandola in tutta la sua spavalderia e freschezza.
 
Ma dove se ne trovavano di ragazze così? L'aiutò a fare con i lacci della maschera un fiocco tra i capelli boccolosi e morbidi, poi la fece girare e annuì soddisfatta. 
 
"Ok, attieniti al piano. Non parlare più del dovuto, non dire cose che potrebbero rovinare tutto, bada a non esagerare, e soprattutto ... non toglierti per nessun motivo quella maschera."
 
"Augurami in bocca al lupo"
 
"E che lupo" sospirò Gaia, incerta se lasciarle fare quella pazzia. Con lei o senza, l'avrebbe fatta comunque. "In bocca al lupo"
 
"Crepi." ribattè la bionda, con un sorrisetto nervoso.
 
Le due non parlarono più, in un tacito accordo. come due ombre furtive, camminarono una affianco all'altra fino ad arrivare alla via dell'indirizzo.
 
"Ma sei sicura che è questa?" bisbigliò Gaia
 
"Era difficile leggere una scrittura troglodita da un braccio che non era il mio!" si difese quella
 
Gaia sbuffò, non sapendo se ridere o piangere. Poi si ricordo che Stefano le aveva già parlato della casa dell'amico e con lo sguardo illuminato iniziò a squadrare uno per uno gli ingressi.
 
"E' quella" sussurrò indicando una casa dalla facciata bianca. Anita la guardò storto "E di grazia, come fai a saperlo per certo?" "Tu fidati e basta" le assicurò la mora 
 
"E se mi apre un vecchietto? Non voglio mica causargli un infarto!" 
 
"Taci e muoviti, che io devo tornare alla festa" le rispose Gaia.
 
Anita le lanciò un'occhiataccia, e titubante si mosse verso quella direzione. 
 
Gaia aspettò che fosse giunta sul soppalco dell'entrata per andarsene.
 
Anita esitò un secondo, il cuore che batteva a mille.
 
Un vento gelido le procurò dei brividi lungo la schiena mentre le assi del pavimento scricchiolavano in maniera sinistra.
 
Senza ulteriore indugio, bussò contro il legno pesante.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Giorgio aprì la porta e nel mezzo del buio riconobbe dei capelli biondi leggermente mossi.
 
Una figura minuta giaceva in piedi, stretta in se stessa, con indosso una maschera bianca e piumata sul volto.
 
Anita notò subito l'alito che sapeva di fumo misto a alcool . Mentre una sensazione di caldo l'assaliva, restarono pochi istanti in silenzio, mentre il biondo la scrutava con una strana luce negli occhi.
 
Un sorriso freddo e cinico aleggiava sul suo volto, in balia dell'ombra.
 
Sarebbe stato perfetto, eppure le gambe iniziarono a tremarle violentemente, mentre con grazia dischiudeva lentamente le labbra rosse e posava una mano su quel petto. Lo guardò civettuosamente negli occhi, sbattendo le ciglia attraverso quella maschera. 
 
L'immagine della morte, le stava a pochi centimetri dal corpo, e lei stava chiaramente giocando con un infarto bello e buono. Altroché signori anziani.
 
Lui le sorrise sghembo, poi senza fretta si lasciò spingere dentro casa.
 
Anita cacciò giù un sapore amaro al pensiero che Giorgio pensava di avere difronte non lei, bensì un'altra biondina.
 
Ma continuò il piano, entrando lentamente nella dimora cupa con il cuore che le batteva forte nel petto.
 
Una volta dentro, al buio si scordò improvvisamente che fare.
 
La porta era ancora aperta dietro di loro. Tuttavia Giorgio, forse intuendo i suoi pensieri, si sporse verso di lei, strusciandosi contro quel piccolo corpo e sorridendo nel vederlo fremere, per poi chiudere con un movimento secco la porta. E negarle così l'ultima e unica eventuale via di fuga.
 
La stanza calò nel buio, se non per la poca luce che entrava dalle finestre. Le ci volle qualche minuto per abituarsi, ma alla fine poté scorgere le ombre severe del viso di lui.
 
Giorgio era fermo, appoggiato al retro di un divano, che la scrutava senza muovere un muscolo. 
 
Quegli occhi sembravano poterla attraversare da lato a parte opposta. Anita deglutì faticosamente sotto la maschera. Era sempre così imbarazzante? Erano sempre le ragazze a iniziare? Fece un picolo passo avanti, verso di lui.
 
Giorgio restò immobile, continuando a fissarla intensamente. Non le voleva proprio facilitare l'impresa, vero?
 
Il biondo la scrutò avvicinarsi ulteriormente, mascherando la potente eccitazione che lo stava investendo e imponendosi di non alzare un dito.
 
Poi Anita si sporse, e lo baciò leggera come un primaverile soffio di vento, accarezzandogli quella linea dura delle labbra. Ma ancora, il ragazzo parve non reagire minimamente, e un senso di sconforto l'assalì.
 
Forse... forse non era abituato a queste perdite di tempo.
 
Boccheggiò non sapendo che fare.
 
Giorgio la vide arrossire persino nel buio della stanza e si chiese divertito cosa avrebbe fatto ora. Poi la vide riavvicinarsi, con uno sguardo battagliero.
 
Anita lo vide irrigidire impercettibilmente la mandibola. Era l'unica emozione che gli destava? Si sporse sulle punte, appoggiandogli i piccoli palmi delle mani poco sotto le spalle. Sentì tutti i muscoli contratti ma non tentennò.
 
Giorgio sentì quelle labbra calde e morbide sulle sue e cercò in tutti i modi di non contraccambiare, davvero, ma fu tutto inutile.
 
Anità sentì due braccia forti circondarle i fianchi, per poi spingerla ancor più su di lui.
 
Giorgio la baciò con urgenza, mordendole subito il labbro superiore, per farlo dischiudere da quello inferiore. Non fece fatica visto che la ragazza tra le sue mani, non oppose resistenza. Iniziò a giocare con la sua lingua, in un'esigente famelica perlustrazione. Avvertendo che era a corto di fiato, si distaccò per lasciarla respirare. Scese a baciarle frettolosamente il collo, mentre le sue mani salivano e scendevano in carezze provocanti e erotiche. Cercò di toglierle la maschera, che era solo d'intralcio, ma sentì le dita fini di lei scostargli le sue con gentilezza.
 
Anita sobbalzò quando si sentì afferrare per le natiche e buttare sul divano. Sussultò spaventata ma la bocca del biondo si chiuse sulla sua, soffocandole il gemito terrorizzato. 
 
"shh ... buona, buona ... " le sussurrò mentre le lasciava impronte di fuoco dovunque. Anita, tremante d'eccitazione, si chiese con le lacrime agli occhi se parlasse con tutte quelle che si portava a letto. "metti le gambe intorno ai miei fianchi ... ecco brava, e ora lascia che .. oddio, non ti muovere piccola." mugolò eccitato " Lascia che io mi prenda cura di te..."
 
Ad Anita parve che che il sangue le si incendiasse nelle vene, mentre un'emozione fortissima prendeva vita dentro di lei.
 
Le mani di Giorgio la frugarono, la stordirono. Quando i polpastrelli giocarono con i suoi capezzoli rosei mandandole scariche in tutto il corpo, emise un gemito spezzato.
 
Sentiva il cuore batterle furioso nei timpani, l'alito di lui sulla pelle. Le stava lasciando marchi nascosti del suo passaggio, come stesse marcando un territorio o ponendo dei paletti per un recinto. Quando posò le labbra sull'areola arrossata di un seno, Anita credette di impazzire. Lo senti aspirare l'aria, e con se anche la pelle, come se la stesse reclamando interamente a se. Poi avvertì il tocco delicato della lingua, che titillò con piccoli e intensi guizzi le punte scure del suo piccolo petto. Fuoco ghiacciato e ghiaccio infuocato. Facendo sprofondare le dita tra i suoi ciuffi lunghi, ansimò in cerca d'ossigeno.
 
"Vieni ora, Anita..." si sentì dire il biondo con voce roca "Non farmi andare oltre, perché potrei non fermarmi." 
 
La sentì tremare flebilmente tra le sue braccia, poi irrigidirsi un poco. Ringraziò mentalmente il cielo, guardando ancora il suo corpo seminudo nel buio e baciandole la pelle arrossata del petto affannato.
 
La ragazza si paralizzò, il viso paonazzo dalla vergogna. Quella voce calda e seducente, e quegli occhi ammalianti allacciati ai suoi, tutto ciò che era successo ...
 
Lui sapeva. L'aveva saputo fin dall'inzio.
 
 
 
 
Scusate il ritardo, mi dispiace immensamente :( alla fine non avevo mai tempo per terminarlo e così la cosa è andata per le lunghe... >.<
Sono una lumaca professionale ahahah mamma mia, che disastro.
RINGRAZIO DI CUORE tutti coloro che continuano a donarmi di splendidi commenti, grazie, grazie a tutti anche a chi legge. il solo fatto che qualcuno legga quello che ho scritto mi rende piena di gioia ^.^
Mi scuso per eventuali errori grammaticali, ma pubblico ora in modo da non ritardare ulteriormente *.*
Insomma, che ne pensate ? bhe ... di cosettine ne sono successe eh @.@ ahahah 
Ah, una cosa, per quanto riguarda Elle e Liuk ho trovato giusto che avendo loro dedicato così tanto tempo prima, ora dovessi andare avanti con le altre coppie ... eppure non voglio neanche piazzarli là da parte, il prossimo capitolo è loro. ^-^
Un bacione e grazie ancora<3



 
  
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