-Capitolo 7-
« Avremo fatto bene a lasciare Reiko da sola? » domandò
Kagome mentre entravano nel villaggio.
« Non ti preoccupare. Quella ragazza è talmente coriacea …
» rispose Inuyasha accompagnando le parole con un ampio gesto delle braccia,
indicando che non c’era da preoccuparsi e che quella ragazzina, per quanto
facesse cose stupide, sapeva badare a se stessa per qualche ora.
« Inoltre, divina Kagome, non sarebbe stato sicuro portarla
con noi se qui c’è davvero la persona che vuole farle del male. »
Kagome annuì alla constatazione corretta di Miroku, eppure
non poteva frenare quella strana ansia che la pervadeva; era certa che sarebbe
accaduto qualcosa, qualcosa di molto brutto e non potevano fare niente per
frenare quella tempesta.
Il villaggio non era poi diverso dagli altri che avevano
incontrato finora, anche lì c’erano campi da coltivare e piccole case, eccetto,
ovviamente, quella del capo villaggio che era piuttosto grande e lì si erano
diretti per avere maggiori informazioni.
Il capo villaggio li accolse con enorme entusiasmo,
invitandoli nella sua dimora e accogliendogli con tutti gli onori possibili e
la massima cortesia.
« Le chiediamo scusa, capo villaggio, ma siamo giunti qui
per avere informazioni riguardo una faccenda alquanto preoccupante … » disse
Miroku, interrompendo l’uomo e cercando di arrivare quanto prima al punto.
Normalmente non si sarebbe azzardato, soprattutto per poter
trarre il massimo vantaggio dalla situazione, ma in questo caso non avevano
molto tempo a disposizione e credeva che la preoccupazione di Kagome per Reiko
fosse più che giustificata; anche lui aveva uno strano presentimento a
riguardo.
« Dite pure, onorato monaco. »
« Recentemente sono stati avvistati parecchi briganti che
portavano con loro delle sfere scure con sopra inciso il marchio di un drago.»
« Oh sì … » Il capo villaggio si andò ad accomodare sulla
veranda, sorridente come prima e continuando il discorso da dove era stato
interrotto. « Quelle sono le sfere che il nostro monaco, il venerabile Akashi,
concede ai viandanti per proteggersi dai demoni durante le loro peregrinazioni.
Sono tempi difficili, sapete, ma non credo che il venerabile Akashi abbia
consegnato quelle sfere anche a dei volgari briganti. »
Scosse più volte come per cacciare quel pensiero,
impensabile, dal suo punto vista, ma in contrasto con quanto sapevano loro tre.
Inuyasha si limitò a fare una smorfia, nascosta solamente
da una gomitata ben assestata di Kagome, lasciando che fosse ancora Miroku, il
più diplomatico dei tre, a parlare al capo villaggio.
« Sono d’accordo. Tuttavia, date alcune spiacevoli
circostanze, ci troviamo costretti a chiedere qualcosa al venerabile Akashi.
Sapete dirci dove risiede? » domandò con la massima cortesia.
L’uomo annuì, chiaramente entusiasta all’idea di poter
aiutare altre persone, come il monaco faceva con loro ogni giorno e indicò loro
la strada che conduceva fuori dal villaggio verso una piccola collinetta.
« Lì si trova un piccolo tempio. Niente di eccezionale,
chiaro, è solo una vecchia costruzione abbandonata ma il monaco vi ha preso
dimora ugualmente. Parola mia, è l’uomo più umile che abbia mai conosciuto. »
« La ringraziamo per la cortesia. »
Un piccolo inchino e
lasciarono quella casa ancora più pensierosi di prima.
Tutti e tre si erano accorti che in quel luogo c’era
qualcosa di sbagliato, qualcosa di anomalo e non sapevano bene come spiegare
quella sensazione dal momento che non si percepiva nessuna aura demoniaca o
negativa. Era tutto fin troppo tranquillo e quieto, come sul monte Hakurei.
« Inuyasha … »
« Sì, me ne sono accorto: qui c’è qualcosa che non va. »
Restare in quel luogo era inutile, inoltre, anche volendo,
era meglio non portare Reiko fino al mausoleo del monaco: se era vero che la
cercava, non era il caso di servirla su un piatto d’argento e visto che non
conoscevano davvero la natura di quelle sfere era meglio non sfidare la sorte.
La collina indicata dal capo villaggio non era poi molto
distante e con il loro passo non ci avrebbero messo più di un’ora per arrivare,
Inuyasha controllava il villaggio che lasciavano alle spalle con la coda
dell’occhio e incapace di togliersi dalla mente quella sensazione di fastidio.
Quando furono lontani abbastanza gli abitanti del villaggio
si fermarono, i loro movimenti erano completamente bloccati e in pochi istanti
crollarono a terra come le statue di creta che erano in realtà. Nessuno era
davvero vivo in quel luogo, niente era davvero reale.
Nel vuoto del villaggio emersero delle ombre, due figure e
sembravano possedere un aspetto quasi umano.
« Mi chiedo … »
« … Mi chiedo … Se il gruppetto abbia capito qualcosa? »
Le voci che parlavano erano innaturali e sebbene dalle
ombre si poteva dedurre che fossero, almeno in parte, umane, esse non si
rivelarono mai alla luce e guardavano la scena da una posizione riparata e
distante.
« Se non l’avessero capito sarebbe un problema. la Bestia non terrebbe nemmeno in
considerazione degli stupidi. » constatò una delle voci, infantile e poco
naturale come la compagna.
« E se ci metteranno i bastoni tra le ruote … »
« … Sarà nostro compito uccidere tutti coloro che hanno di
più caro a questo mondo. »
Nel frattempo Inuyasha, Kagome e Miroku erano giunti al
piccolo tempio sulla collina. Era una costruzione fatiscente, il legno marcio e
le travi cadenti erano coperte da un sottile strato di edera e muschio.
Una persona poteva davvero vivere in quel luogo? Era
difficile da crederlo, ancora più difficile accettare che fosse vero.
« E’ tutto molto fastidioso! » sbottò Inuyasha mentre
portava la mano sull’impugnatura di Tessaiga, gli occhi che scattavano in ogni
direzione e le orecchie tese per captare il minimo rumore. « Qui attorno non si
avverte niente! Niente di niente! Nemmeno la presenza di un essere umano! »
La situazione innervosiva anche Miroku e Kagome,
quest’ultima, infatti, aveva già l’arco in mano e si sentiva pronta a scoccare
una freccia dopo tanto tempo. Si era allenata molto in quegli ultimi anni, ma
l’assenza della sfera aveva diminuito gli attacchi al villaggio al minimo sindacale
e quindi, alla fine, non c’era quasi più bisogno che prendesse parte a qualche
battaglia.
Non dissero altro e velocemente entrarono nel tempio
decadente.
Inuyasha sguainò Tessaiga ma in quel momento si accorse di
essere solo, i suoi compagni, una volta entrati nel tempio, erano completamente
spariti dalla sua vista.
L’interno non sembrava nemmeno quello di un tempio.
La struttura sembrava più grande, più robusta e
maggiormente resistente rispetto all’esterno decadente e ora avvertiva più
chiaramente una presenza.
Davanti a lui comparve una figura, un ombra vera e propria,
a sua immagine e somiglianza con tanto di copia di Tessaiga. Un ghigno
divertito allungò gli angoli delle labbra del mezzo demone mentre la lama della
sua spada cambiava ricoprendosi di tanti piccoli diamanti.
« Un trucco patetico, ma vedi di non annoiarmi! »
E senza pensarci troppo lanciò un primo fendente con la sua
Tessaiga.
Nel frattempo Miroku e Kagome, separati da Inuyasha, si
trovavano in uno spazio comune ma non diverso dall’altro.
Kagome si guardava attorno, preoccupata per l’assenza del
marito, da un lato, ma fiduciosa nella sua forza e certa che presto si
sarebbero ritrovati.
Davanti a loro c’era solo un dipinto. Un lungo rotolo sul
quale erano ritratte alcune figure che giocavano ad “acchiappa demone”, o
“Kagome Kagome”, nella stanza non c’era nient’altro.
« L’aura maligna sembra provenire da questo dipinto.»
constatò Miroku mentre si avvicinavano e Kagome annuì, avvertendo lei stessa
quella presenza malvagia provenire proprio da quel dipinto.
Uno strano impulso s’impadronì di lei e con le dita sfiorò
la carta del dipinto, una leggera scarica elettrica attraverso il suo corpo,
obbligata a ritirare la mano con gli occhi nocciola fissi sui disegni in
questione ora più vivi che mai.
Nella mente sentiva ancora le parole di quella filastrocca,
quella usata dai bambini per prenderla in giro e dalla quale, in parte,
derivava il suo nome:
L’ultima strofa rimbalzò nella sua mente e subito si voltò,
seguita da Miroku e davanti a loro vi era un uomo con indosso gli abiti di un
monaco accanto a lui, sopra un piccolo
altare e circondata da una corda sacra, c’era Reiko.
« Reiko! »
Kagome si mosse istintivamente per cercare di raggiungere
la ragazza, ma Miroku la fermò. Una mano si strinse attorno al suo polso
trattenendola, con sguardo serio portò la sua attenzione verso il monaco che
sembrava non aver fatto alcun movimento e nemmeno risposto da quando erano lì.
« Siete voi il venerabile Akashi, dico bene? »
Quest’ultimo, alla fine, si mosse.
Erano movimenti artificiali e meccanici, il corpo si
piegava in modo innaturale in quello che doveva essere un inchino e quando alzò
il volto, alla fine, inorridirono entrambi. Era umano, non c’era niente da
dire, ma il suo sorriso era innaturale ed era come se fosse bloccato in quella
posizione per sempre; una paresi inquietante.
In mano reggeva un bastone molto simile a quello di Miroku,
ma invece che un cerchio con dentro degli anelli al suo posto vi era una
piccola sfera. Era scura, come altre che avevano visto, ma al suo interno
Kagome riusciva a vedere un fuoco che bruciava.
« Mi chiedo … Mi chiedo … » la voce del monaco era bassa e
calma, deturpata da quel sorriso innaturale mentre il corpo si muoveva,
teatralmente, quasi fosse una marionetta nelle mani di qualcun altro.
« Perché volete questa ragazza? Essa appartiene alla Bestia, come il suo potere. » il capo
s’inclinò pericolosamente di lato facendo trasalire Kagome e inorridire Miroku.
« Mi chiedo … Mi chiedo … Quanto impiegherete a morire come
il vostro mezzo demone? »
Non fece nemmeno in tempo a dire altro che una freccia
aveva sfiorato quel volto perennemente sorridente, cogliendo di sorpresa i suoi
burattinai e lo stesso Miroku che non si aspettava di vedere una tale reazione
da parte di Kagome.
« Se volete saperlo allora fatevi vedere in volto, dannati
codardi! »
Le figure che manovravano il corpo del monaco erano
appostate all’esterno, nascoste nell’ombra e decisamente soddisfatte della
reazione della sacerdotessa davanti alla provocazione riguardante il marito.
Miroku non attese altro.
Scattò in avanti, pronto a colpire quell’uomo, o quello che
restava di lui, con il suo bastone ma questi lo scansò con un balzo laterale.
Il momento era propizio.
Miroku era posizionato davanti a Reiko, proteggendola e
permettendo a Kagome di raggiungerla per liberarla dalle corde sacre che la
imprigionavano. Al tocco delle sue mani queste si dissolsero e la ragazza cadde
tra le sue braccia, la sorresse appena in tempo ma, anche così, continuò a
riposare come se niente fosse accaduto e sembrava non potersi svegliare.
Dopo essersi assicurato che Reiko fosse al sicuro ripartì
all’attacco, affrontando il monaco davanti a se che respingeva i suoi attacchi
con quello strano bastone.
« Sei bravo, ma non basta ancora … »
Non fece in tempo a finire la frase poiché Kagome,
approfittando di quel momento di distrazione, aveva lanciato un’altra freccia
che sfiorò il volto del monaco, ritrattosi solamente all’ultimo istante e
conficcandosi, lasciando dietro una scia luminosa, contro la parete opposta.
All’esterno, tuttavia, i misteriosi burattinai osservavano
la scena al sicuro e ancora si sorpreso dalla forza spirituale di quella
sacerdotessa.
« Lei … »
« … E’ davvero potente. Potrebbe … »
« … Rivelarsi problematico. »
L’attacco, per quel breve momento, sembrava essersi
interrotto ma Miroku e Kagome sembravano non voler rinunciare alle loro
posizioni difensive.
La situazione era ferma, quando una risata bassa, lugubre e
maligna uscì dalle labbra del monaco Akashi che con quel suo sguardo vuoto e il
perenne sorriso riusciva a inquietare i suoi avversari.
« Ehi, che ti prende? »
Miroku stava per attaccare nuovamente quando qualcosa
fendette l’aria cogliendolo di sorpresa, bloccatosi poté vedere il coltello di
Reiko, quello con cui li aveva minacciati anche al loro primo incontro,
infrangere al suo passaggio la strana sfera luminosa che si trovava in cima al
bastone del monaco e conficcarsi nella parete antistante.
Kagome la guardava, sorpresa da quella sua improvvisa reazione
e sconcertata da quello che stava guardando.
Reiko aveva una pessima cera, respirava affannosamente e
sembrava stesse soffrendo molto, ma quello che attirava più l’attenzione non
erano questi aspetti quanto il suo occhio. L’occhio sinistro, quello su cui si
trovava il marchio, ora era completamente dorato. Una patina scura copriva
l’area che solitamente era bianca e l’iride, invece, era ora dorata con una
fessura a forma di pupilla. Era lo sguardo di un demone.
« Reiko! » la voce di Kagome e Miroku giunse in coro quando
la videro darsi qualche schiaffo in faccia, forti abbastanza da lasciare un
segno rosso sulle guance e poi, senza che potessero fermarla, tentò di alzarsi.
Il monaco, con la distruzione della sfera, era caduto a
terra con un’espressione di puro terrore dipinta sul volto. Infrangendola, alla
fine, avevano liberato il suo corpo ormai privo di vita dal controllo dei loro
veri avversari.
« … Fate silenzio … Fate silenzio! Uscite dalla mia testa! »
gridò Reiko continuando a prendersi a schiaffi.
Cadde a terra, rannicchiandosi su se stessa e tenendo le
mani sopra la nuca mentre si sentiva come spaccare in due.
Miroku e Kagome si guardarono preoccupati, consapevoli, a
quel punto, che la ragazza non si stava rivolgendo a loro e che non aveva la
minima idea di quello che stava accadendo.
« Inu … Yasha … Dov’è Inuyasha? » domandò Reiko, la voce a
malapena celava il dolore che sentiva nel corpo e il fuoco che le bruciava
dentro.
« Ci hanno divisi una volta entrati … » spiegò Miroku,
Kagome nel frattempo si era avvicinata a Reiko e l’aiutava a rimettersi seduta.
« Siamo intrappolati. » Aggiunse lei ma Reiko scosse il
capo, negando con forza quell’ultima affermazione.
« No ... Inuyasha … Ci serve la sua lama che infrange le
barriere. »
« Reiko, ma tu come … »
Kagome non poté finire la frase poiché la ragazza aveva
cominciato a chiamare il nome del mezzo demone, urlando con quanto più fiato
avesse in corpo nella speranza vana di essere in grado di raggiungerlo.
Reiko si sentiva confusa, la testa che vorticava era ricolma
d’informazioni e non sapeva come gestirle dal momento che passavano nella sua
mente a grande velocità e senza nessun controllo.
Solo alcune parole, alcune immagini, sembravano catturare
la sua attenzione in quel vorticare e se ne avesse avuto modo probabilmente
avrebbe rimesso tutto quello che aveva mangiato in quei giorni.
« Reiko … Reiko … »
La voce di Kagome giungeva in quel labirinto come un raggio
di luce, guidandola all’uscita e aiutandola a concentrarsi. Reiko riusciva a
sentire il suo calore, così dolce e delicato che quasi riusciva a capire come
Inuyasha, Miroku e Sango le fossero così tanto affezionati.
Lei aveva uno strano potere anche su di lei. Voleva
restarle vicino, parlarle di tutto quello che la preoccupava ed era certa che
in qualche modo, forse, lei l’avrebbe sempre accolta a braccia aperte e con un
grande sorriso.
Reiko aveva perso i sensi dopo qualche minuto accasciandosi
a terra, ma prima che vi ci arrivasse Miroku e Kagome la sorressero, guidandola
sulle travi del pavimento e aspettando pazienti che si riprendesse.
Li riaprì dopo alcuni minuti. Il suo occhio era rimasto
tale e quale a prima.
« Kagome … Devi dire a Inuyasha di smettere di combattere e
fare a pezzi … » deglutì con fatica prima di riprendere a parlare. « Deve fare
a pezzi il dipinto. Non importa come, basta che lo distrugga e poi si deve
guardare … alle spalle. Altrimenti … Altrimenti loro … »
« Loro, chi? Reiko? » la voce di Miroku era gentile, ma non
celava una certa preoccupazione e ansia.
« Lo uccideranno … »
Gli occhi di Reiko si chiusero lentamente e la nuca andò a
poggiarsi contro il petto di Kagome che la sorresse, la guardavano entrambi
preoccupati da quello strano scorrere degli eventi e poi, come colpiti da un
fulmine, entrambi guardarono il dipinto che era appeso in quel tempio
decadente. I soggetti ritratti stavano giocando a “acchiappa demone”, o “Kagome
Kagome”, lo scopo finale di quel girotondo era indovinare la persona che si
metteva dietro alle tue spalle.
« Miroku, occupati di Reiko per favore. »
Con delicatezza si scambiarono le posizioni e ora toccava a Miroku sostenere il
corpo di Reiko, scosso da leggeri brividi e con la fronte madida, ancora seduto
a terra la strinse appena per cercare di placare almeno la sua sensazione di
freddo.
« Cosa volete fare, divina Kagome? » domandò il monaco, ma
senza ottenere una vera risposta.
Lei non rispose, non subito almeno, aveva avuto una sorta d’illuminazione
quando Reiko aveva parlato del dipinto e su come fare per contattare Inuyasha.
“Divinità, vi prego … Fate che funzioni”.
La sua era una preghiera. Era una supplica.
Poggiò lentamente il palmo della mano contro il rotolo
dipinto e chiuse gli occhi.
“Inuyasha … “
Salve a tutti!
Eccoci qui con la seconda parte. Nel prossimo capitolo, l’ultimo di
questa trilogia, scopriremo qualcosa in più sul reale motivo della
presenza di Reiko nell’epoca Sengoku.
Immaginavo ora abbiate le vostre idee su chi lei possa essere in realtà,
vero? Non pensate troppo in grande, mi raccomando, io sono una persona semplice
e a volte le cose più semplici sono le più ovvie ♫
Dai prossimi capitoli tornerà in scena anche
Kohaku e vedremo anche altri personaggi che abbiamo imparato tantissimo ad
amare nel corso della serie, per quanto mi concerne spero che questa storia vi
stia piacendo. A me molto, scrivere così è molto rilassante e mi auguro di
riuscire ad arrivare sino in fondo senza deludere nessuno. Non sono bravissima,
ma spero di poter migliorare ancora.
Al prossimo capitolo.
Scheherazade ~