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Autore: emotjon    05/02/2015    4 recensioni
QUESTA STORIA E' IL SEGUITO DI "HIGHER.".
SE NON AVETE LETTO LA PRIMA, NON CAPIRETE QUESTA.
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"Una volta mi hanno chiesto come facessi ad amarli entrambi.
All'inizio non capivo. Amare entrambi nello stesso momento.
Era folle. Totalmente fuori di testa.
Poi ho capito.
Io amavo ognuno di loro in modo che non mi mancasse l'altro.
Ed era folle. Ma era il meglio che potessi chiedere..."
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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è già molto se aggiorno, rido*





Capitolo 5. // Unconditionally.




 
Incondizionatamente. Amare senza condizioni. Amare nonostante tutto, che quel tutto sia dalla parte del bene o del male. Amare nonostante i litigi, le urla, le lacrime, i tradimenti, le prese in giro, i sorrisi falsi e quelli di convenienza. Amare nonostante le diversità tra le persone.
Da occhi chiari ad occhi scuri. Da pelli pallide come l’alabastro ad altre più olivastre, color cioccolato, ebano puro. Da capelli accecanti come puri raggi di sole ad altri, castani, color rame, neri come il petrolio. Da labbra tinte di rosso a labbra rosa; da labbra morbide e da mordere a labbra rovinate dai morsi. Da mani con lunghe dita affusolate smaltate di nero ad altre, con le unghie mangiucchiate e diversi anelli a coprire i segni di un passato che non vuole essere dimenticato davvero.
Da sorrisi che fanno rumore a sorrisi che si perdono nel silenzio. Da nasi arricciati dal divertimento di qualcosa che non ricorderanno, a mani che si cercano nel buio, a due risate che si uniscono come fossero nate apposta per quello. Fronti aggrottate per la confusione, o dita che tremano o pelle d’oca su braccia e gambe…
Da ali bianche come batuffoli di cotone ad ali nere come il buio più profondo.
Non importa quanto due persone possano essere diverse; non importa quanto esse possano essere “sbagliate” le une per le altre; non importa quanto il bianco e il nero si annullino toccandosi, e non importa nemmeno che iridi tanto diverse siano nate per guardarsi.
Non importa niente. Perché?
Perché per quanto la pelle di Cassiel e quella di Louis si respingano, per quanto i loro occhi cozzino nel più assurdo dei miscugli, per quanto i loro sorrisi si annullino l’uno nell’altro e per quanto le loro ali – così diverse – dimostrino di essere gli opposti in qualsiasi cosa essi possano essere, loro due si amano e si ameranno sempre. Non importa, perché il cuore di Louis ha sempre battuto incondizionatamente per quello di Cassiel. E non importa, perché il sorriso della mora è sempre comparso su quelle labbra per merito del demone dagli occhi azzurri come il mare d’estate.
Perché per quanto gli occhi di Kismet e quelli di Celestine si somiglino, loro non si vedranno mai come fratello e sorella. Per quanto i brividi possano comparire lungo le loro spine dorsali quando si toccano, loro non smetteranno di toccarsi. E per quanto le loro ali tremino allo sfiorarsi, non smetteranno di farlo solo perché lo dice il cielo. E non importa, perché i loro cuori battono al ritmo della stessa canzone da quando erano solo due angeli nell’immenso giardino dell’Eden.
E non importa, perché il biondo accecante e decisamente innaturale dei capelli di Niall avrà sempre un suo senso, messo accanto ai capelli castani e un po’ ramati di Eveline; perché i loro occhi celesti brilleranno sempre e comunque gli uni per gli altri; o perché per quanto facciano finta di ignorarsi a giorni alterni, Niall ama davvero Eveline, incondizionatamente. E perché la castana si farebbe asportare il cuore, per quel sorriso e quegli occhi e quella risata terribilmente contagiosa.
Perché nonostante Storm fosse stato innamorato di Lynn, nulla avrebbe potuto cambiare il sentimento incondizionato che provava per Soraya. Nulla avrebbe potuto cambiare quel che i suoi occhi grigi provavano per le iridi color nocciola della ragazza dai capelli corti; nulla avrebbe cambiato quel che sentiva quando lei lo guardava, quando si sfioravano, quando si prendevano a parolacce. Nulla avrebbe cambiato quanto lui stesse male a vederla piangere per colpa sua. E per quanto Soraya non avesse mai voluto ammetterlo davvero, lei provava esattamente la stessa cosa.
Non importa quanto possa essere o sembrare sbagliato se un demone dalla pelle color ebano si sia innamorato di una ragazza. Skylar la guardava da lontano da secoli. L'aveva avuta una volta, l'aveva amata davvero come mai aveva fatto, con nessun altro. Skylar amava incondizionatamente i capelli castani con le punte schiarite dal sole; amava le labbra un po' carnose; amava i suoi occhi profondi; amava il leggero color cappuccino della sua pelle. Amava il sorriso, le lacrime; amava le incazzature e i momenti in cui si mostrava debole e indifesa.
Amava Madeleine, Skylar. L'avrebbe amata sempre. Contro tutto e tutti.
Non importano le differenze, verranno come annullate dalla stessa aria che si respira, o dimenticate nel momento in cui determinati occhi finiscono nei nostri, o quando determinate labbra ci sussurrano quel qualcosa che avremmo voluto sentire, quell'unica cosa che avremmo voluto sentire sin dall'inizio.
Non importano le differenze o le ostilità, perché per quanto possa sembrare assurdo, angeli e demoni continueranno ad essere incondizionatamente legati a Dio. Nonostante la caduta, nonostante la peggiore delle punizioni divine. Nonostante il sangue perso e le lacrime versate; nonostante le preghiere mormorate in fin di vita, apparentemente inutili e senza risposta. Continueranno a considerare Dio come punto fermo, tutti loro. Sì, anche i demoni.
Perché? Non c'è un vero perché.
Qualche clausola infinitesimale in qualche assurda legge divina, forse.
Remember avrebbe sempre amato Cherubiel, e lo stesso avrebbe fatto Liam. I loro due cuori tanto diversi e opposti forse battevano in modo diverso, ma per lo stesso motivo. Per gli stessi occhi di ghiaccio e gli stessi identici capelli color oro; per le stesse labbra rosa e la stessa risata spensierata che avrebbero ascoltato entrambi all'infinito, tanto da diventare sordi; per le stesse ali bianche e che se spiegate la rendevano estremamente bella - più di quanto già Cherubiel non fosse.
E dal canto proprio la bionda sentiva il cuore come diviso in due. Come se, mentre cadeva dal Paradiso e si schiantava al suolo, fosse intervenuta qualche forza a lei sconosciuta che le aveva segato il cuore in due parti esattamente identiche. Metà per Liam e metà per Remember.
I suoi occhi azzurri erano metà per un angelo e metà per un demone. Metà per un uomo e metà per una donna. Metà per capelli e occhi castani, metà per occhi azzurri quasi quanto i propri e capelli del colore di una notte senza nemmeno una stella ad illuminare il cielo. Le sue labbra avevano sentito il sapore di uno e dell'altro, e la sua pelle era stata sfiorata da entrambi, e la sua mente era stata in balia di tutti e due.
Avrebbe dovuto scegliere, prima o poi.
O forse, dentro di sé Cherubiel aveva già scelto. Non restava che schiudere le labbra e farlo sapere al mondo; o almeno ai due interessati. Prima o poi l'avrebbe fatto, poco ma sicuro. Serviva il momento giusto, la giusta dose di coraggio... e il dolore e l'amore sarebbero semplicemente scivolati via, portati finalmente ed incondizionatamente ad una soluzione che agognavano da secoli.
Non importa che un angelo e un demone amino la stessa donna da centinaia di anni, perché l’amore è sempre più forte di tutto il resto. Amore ha i capelli ricci e gli occhi verdi e le candide ali di un angelo, ma ha anche i capelli scuri e gli occhi color del buio e le ali di tenebra di un demone. Amore è incondizionato. Amore odora di tabacco e di raggi di sole e di pioggia. Amore è un sorriso abbandonato su un volto dalle labbra rosa e che torna alla mente dei due innamorati nello stesso istante e con pari intensità.
Amore è Madeleine. Sia per Harry che per Zayn.
Incondizionatamente. Odiare senza condizioni. Odiare nonostante tutto, che quel tutto sia dalla parte del bene o del male. Odiare i litigi, le urla, le lacrime, i tradimenti, le prese in giro, i sorrisi falsi e quelli di convenienza. Odiare proprio le diversità tra le persone. Odiare allo stesso modo ali nere e ali bianche. Odiare le leggi divine. Odiare Dio. Odiare il cielo, la terra, l’aria. Odiare le maledizioni e le anime guardiane e le anime che continuavano a tornare per quanto venissero uccise. Odiare l’amore incondizionato e le sue dannate conseguenze.
Odiare essere diventati il nulla. Figli degli angeli e dei demoni. Figli di un amore impuro e sbagliato, ai Nephilim non rimaneva altro se non odiare, odiare e ancora odiare. Odiare se stessi e odiare tutto il resto, almeno finché tutto non fosse finito, in un modo o nell’altro. E di loro, che ne sarebbe rimasto? Probabilmente nulla, se non il ricordo di un odio millenario e lo spettro di un dolore che forse non sarebbe mai scomparso.
E anche se decisamente non poteva definirsi amore – ma nemmeno odio – c’era un legame incondizionato anche tra Skylar e Zayn. Ci doveva essere, o il ragazzo di colore non avrebbe guidato su quella moto da Los Angeles a Seattle; non si sarebbe preoccupato al vedere comparire il suo nome, lampeggiante sullo schermo del cellulare; né avrebbe accettato di macerare chilometri su chilometri se non avesse sentito quanto era importante  quel che gli stava chiedendo il moro.
Ma forse era solo il suo legame con Madeleine.
Fatto sta che aveva preso poche cose – e a caso – prima di convincere Remember a smettere di piangersi addosso, fare il pieno di benzina e partire. Nascondendosi su quella moto nera come lui, coi jeans strappati e una vecchia giacca di pelle che non ricordava più di chi fosse, addosso.
Ci aveva messa poco a farsi contagiare dalla risata finalmente allegra della ragazza accomodata dietro di lui, con gli occhi celesti tenuti socchiusi per il vento e il vento stesso che le scompigliava i boccoli neri. Nemmeno l’ombra di un pensiero a gravarle addosso. Non mentre fingeva di aggrapparsi a Skylar per non cadere, né mentre gli rideva nell’orecchio facendolo ridere di rimando.
E ci avevano messo più del previsto, ad arrivare in quella città un po’ grigia nel nord degli Stati Uniti, ma non importava. A nessuno dei due. Non a Skylar, mentre parcheggiava di fronte a quell’edificio spento che non aveva avuto il piacere di rivedere da parecchi anni; né a Remember, che sistemandosi i pantaloncini di jeans e slacciando la giacca di similpelle nera, cercava di non pensare al pugnale d’argento che le avevano conficcato nella schiena solo qualche giorno prima. Spensierata, dopotutto.
C’era voluto meno di un battito di ciglia, però, perché una volta nell’edificio spalancassero le ali, apposta per vedere qualche vecchia lampadina dimenticata, accendersi al loro passaggio. C’era voluto poco perché prendessero l’ascensore con lo specchio crepato e arrivassero di sotto, nel parcheggio abbandonato che una volta era stato casa, per entrambi. E c’era voluto meno di zero perché sia il demone dalla pelle scura che la ragazza dagli occhi celesti si aprissero in due sorrisi sollevati, al sentire la risata di Madeleine risuonare spensierata tra le pareti in cemento del parcheggio, cristallina e felice come non la sentivano ridere da tanto tempo.
Skylar provò in tutti i modi di farlo vedere, il sorriso che gli spuntò sulle labbra al sentirla ridere, ma Remember se ne accorse ugualmente. Come si accorse subito dopo della consapevolezza che oscurò il volto dell’amico al rendersi conto che la ragazza non stesse ridendo per merito suo ma per via di altre mani, altri occhi, altra pelle premuta contro la sua. Come si accorse della mascella contratta per non farle notare che gli si era appena fermato il cuore.
La ragazza si passò una mano tra i boccoli scuri mordendosi il labbro, prima di incastrare le dita della mano libera con quelle del ragazzo che le camminava ad un metro scarso di distanza. Le strinse, attirando l’attenzione di due occhi che sarebbero volentieri scoppiati a piangere senza dover dire nient’altro. Le strinse, rivolgendogli il fantasma di un sorriso che in qualche modo riuscì a farlo tornare a respirare, anche se era solo Remember, solo la sua migliore amica.
«L’importante è che lei sia viva, no?».
E Skylar riuscì solo ad annuire, anche se avrebbe voluto dire tante – troppe – cose. Avrebbe voluto dire che la voleva per sé, che la amava da morire, che se fosse servito l’avrebbe presa per mano e portata via con sé. Che le avrebbe potuto far dimenticare Zayn, e Harry. Che avrebbe potuto amarla meglio lui di quanto non avessero mai fatto loro. Ma forse la ragazza che ancora gli stringeva la mano aveva ragione. Bastava che Madeleine fosse viva.
Così continuarono a camminare per il parcheggio, finché svoltando l’angolo non furono costretti a fermarsi sulla “soglia” per non scoppiare a ridere, almeno Remember. L’altro demone stava stringendo la mano della mora fino quasi a farle male, ma a lei importava solo che non crollasse, in fin dei conti – che le stritolasse le dita era solo un effetto collaterale del volergli bene.
Svoltato l’angolo, trovarono Madeleine.
Sdraiata, mezza nuda e coi capelli scuri sparsi sul cuscino e la sua risata che continuava a risuonare, un po’ attutita dal corpo del demone che le stava sopra. Attutita dalle sue ali nere, spalancate sopra di lei mentre il ragazzo le faceva il solletico. Rideva per così poco, Madeleine, che a Skylar si fermò di nuovo il cuore. Rideva per così poco, e faceva ridere anche Zayn con lei, ché mentre il demone dalla pelle scura respirava a fondo per non crollare, Remember scoppiò semplicemente a ridere.
Skylar provò a seguirla in quella risata, o magari solo a sorridere, ma quando Zayn ritrasse la ali e Madeleine finalmente si accorse di loro smettendo di ridere e illuminandosi con uno dei sorrisi più belli che le avesse mai visto addosso, non riuscì a guardarla. Non riuscì a dire nulla. Niente di niente, se non un sussurro quasi inudibile nel quale diceva che sarebbe andato a fumarsi una sigaretta, con la mascella serrata abbastanza da farsi male.
Vederla dopo averla creduta morta era troppo. Vedere i suoi capelli, i suoi spettacolari occhi castani, le sue labbra, era troppo. Vederla sorridere e sentirla ridere come se niente fosse, era troppo. Immaginare di toccarla, di essere sopra di lei e farla ridere. Respirarla. Vederla con Zayn. Era tutto troppo da sopportare. Scappare era l’unico modo che aveva per continuare a respirare.
Così tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans stretti e tornò sui propri passi, riprendendo l’ascensore per tornare all’aria aperta prima che chiunque potesse dire qualsiasi cosa. Si accorse appena dello sguardo confuso della ragazza che gli faceva così male, ma il sorriso dispiaciuto – dispiaciuto? – di Zayn lo vide perfettamente, anche se con la coda dell’occhio; come si accorse della propria migliore amica che provava a fermarlo, ma fece semplicemente finta che non esistesse. Non aveva voglia di litigare con lei, né di continuare a stare male per una ragazza che non avrebbe avuto mai.
Ma se Zayn si aspettava la reazione dell’amico, se si aspettava che sarebbe scappato al vedere Madeleine ancora viva o se si aspettava che avrebbe serrato la mascella al vederla mezza nuda sotto di sé, di certo non si sarebbe mai potuto aspettare la reazione di Madeleine. Non credeva avrebbe potuto essere baciato con tanta dolcezza, né credeva che lei avrebbe potuto seguirlo.
La ragazza al contrario lo fece senza pensarci due volte, perché con Skylar aveva qualcosa che ancora non capiva, aveva quel qualcosa che avrebbe voluto ricordare con tutta se stessa ma che ancora non tornava a galla. Si mise addosso una felpa col cappuccio presa a caso dall’armadio di fortuna e un paio di pantaloncini, prima di superare Remember con l’ombra di un sorriso sulle labbra e chiamare l’ascensore con lo spettro di un sospiro del demone di cui era innamorata nelle orecchie.
Un sospiro quasi arreso, quello di Zayn, arreso al fatto che nonostante tutto l’amore che Madeleine avrebbe provato per lui – ne era sicuro come l’aria che respirava, sicuro che lo amasse almeno la metà di quanto la amava lui – Skylar sarebbe sempre stato una parte di lei impossibile da eliminare. Arreso al fatto che in qualche modo la castana avrebbe sempre voluto tenere il demone dalla pelle scura al proprio fianco, anche “solo” come amico. Arreso al fatto che si completassero, anche se “solo” in minima parte. Arreso al pensiero intravisto nelle iridi castane della donna che amava; arreso al fatto che lei volesse ricordare Skylar, quasi disperatamente.
E un sorriso terribilmente consapevole, quello del demone dagli occhi celesti, mentre ancora se ne stava in piedi con in un orecchio il sospiro di Zayn e nell’altro il cigolio dell’ascensore che non troppo lontano da loro ripartiva. Un sorriso consapevole di tutto, dal dolore di Skylar al senso di colpa apparentemente immotivato negli occhi di Madeleine alla gelosia di Zayn. Un sorriso consapevole però che in qualche modo si sarebbe sistemato tutto, anche se Skylar non avrebbe smesso di soffrire da un momento all’altro o se Madeleine avrebbe continuato a sentirsi in colpa per qualcosa che ancora non capiva o se Zayn sarebbe stato inevitabilmente geloso della donna che amava.
«Perché hai chiamato Sky?», gli chiese finalmente la ragazza facendo qualche passo fino a sedersi sul bordo del letto e aspettando che lui la imitasse sedendole accanto, cosa che fece dopo qualche momento e senza trattenere un sospiro stanco – forse trattenuto da giorni interi. Gli posò una mano su un ginocchio, stringendo quanto sarebbe bastato ad attirare la sua attenzione e incitarlo a rispondere. «Zay, che c’è che non va?».
«Le mancavate, Rem… e Skylar è praticamente…».
«Innamorato di lei», gli fece notare la mora passandosi la mano libera tra i capelli e ricevendo in cambio un’occhiata divertita e l’accenno di una risata, segno che Zayn ne fosse già consapevole e che paradossalmente non riuscisse nemmeno a prendersela. «Ma è ovvio che tu lo sapessi già, giusto?», ironizzò la ragazza spingendolo leggermente ad una spalla, cosa che lo fece ridere anche più forte. Perché Remember era pur sempre Remember, e quando mai si era mostrata disponibile e gentile nei confronti di Madeleine?
«Avrei detto che è praticamente il suo migliore amico, se mi avessi fatto finire», le disse onesto, azzardandosi a guardarla in quelle iridi color del cielo che erano quasi un affronto, un inganno, sapendo da che parte stesse – non c’era assolutamente nulla di celestiale in lei, escludendo Cherubiel. Lei inarcò un sopracciglio, non soddisfatta da quella risposta, incitandolo con un solo sguardo a dirle la verità, anche perché sarebbe stata capace di insistere finché non avesse ottenuto una risposta degna di chiamarsi tale. «Mi serve che qualcuno la protegga un paio di giorni al posto mio», ammise allora il moro, senza distogliere lo sguardo dall’altra.
«Hai intenzione di andare da Harry…».
«Perspicace».
«Perché? Lui… te l’ha praticamente lasciata».
No, Remember non capiva. Harry non si sarebbe mai nemmeno sognato di lasciargliela, non senza lottare, non arrendendosi volontariamente. Harry gli stava solo chiedendo di prendersi cura di lei, con la promessa implicita che prima o poi sarebbe tornato a riprenderla. Harry si stava fidando, contando sul fatto che se avesse aperto le braccia e le ali, Madeleine sarebbe corsa da lui senza nemmeno pensarci. Forse però in fin dei conti era l’unico ad essere sicuro di cosa avrebbe fatto Madeleine.
«Perché dobbiamo chiarire una cosa», riuscì a dire il moro, poco più di un fil di voce ad arrivare alle orecchie di Remember, la quale però oltre a scuotere appena la testa non riuscì a fare molto altro. Ma non voleva mettersi in mezzo, così annuì tra sé e gli rivolse un mezzo sorriso che Zayn ricambiò, prima di posarle un bacio tra i capelli e stringerla in un abbraccio, rilasciando poi l’ennesimo sospiro, prima di mettere i primi vestiti a caso in un vecchio zaino e andare verso l’ascensore.
«Zayn?», lo richiamò la mora mordendosi forte un labbro, facendolo voltare dopo solo pochi passi, pochi respiri, ma pur sempre troppi pensieri per la mente. «Le mancherai, lo sai?», gli chiese, raccogliendo poi le ginocchia al petto, come per difendersi da quel dolore che nemmeno era suo ma che sentiva avrebbe percepito fluire dalle parole del moro o dalle iridi della castana. Per non parlare di Skylar, ne avrebbe sentito il dolore solo sfiorandolo.
Lo vide deglutire, Remember, mentre cercava le parole.
«Prenditi cura di lei, okay?».
E guardandolo voltarsi e ricominciare a camminare, la ragazza riuscì solo a mormorare un “certo”, sperando che mentre la lasciava sola almeno l’avesse sentita soffiare quella promessa, perché nonostante la facciata da stronza, Remember si sarebbe impegnata a mantenerla con tutta se stessa.
Ed era tutto un gioco di promesse. Mantenute, non mantenute, da mantenere. Era tutto un gioco in cui Remember prometteva di proteggere, Zayn prometteva con gli occhi di tornare, Skylar provava a promettersi che non avrebbe sofferto più e Madeleine… lei era a pochi passi da un demone con le ali nere aperte e vibranti, coi muscoli della schiena tesi, una mano chiusa a pugno e le dita dell’altra mano chiuse su una sigaretta consumatasi più per inerzia che per altro. Lei, con un sopracciglio inarcato di fronte a quella reazione inaspettata, si era appena ripromessa di ricordare tutto quanto il prima possibile – in qualsiasi modo possibile.
Si fece scappare un sospiro che di rimando fece irrigidire il demone, con le ali di tenebra che gli tremavano sempre più forte e le palpebre serrate per non vedere né sentire nulla. Chiusi, i suoi occhi neri, pur di non avere la tentazione di voltarsi e guardarla e perdersi completamente col desiderio di non ritrovarsi più. Perso tra i propri pensieri – autodistruttivi – però, non si accorse del paio di passi o di più che la castana mosse verso di lui, a quel punto abbastanza vicina da sfiorargli il pugno chiuso con la punta delle dita.
«Ciao…».
«Ciao, piccola».
Ancora con le palpebre abbassate e il pugno chiuso, il demone non riuscì a resistere alla tentazione di chiamarla con quel nomignolo piuttosto ridicolo per poterlo affibbiare ad una ragazza che aveva potuto avere… per quanto? Forse non abbastanza perché avesse davvero importanza e sicuramente non abbastanza perché Madeleine ricordasse la prima – o qualsiasi altra – volta in cui l’aveva chiamata così solo per sentirla ridere.
«Come stai, Sky?», gli chiese lei, continuando a sfiorargli le dita fino a fargli schiudere il pugno, intrecciarne le dita e farlo sospirare. Fino a far smettere quel paio d’ali di tremare e fino a fargli riaprire gli occhi e fargli posare di nuovo lo sguardo sulla grigia Seattle, sul pallido sole che la illuminava o su qualsiasi altra cosa non avesse quella pelle color caffelatte, quei capelli scuri o quegli occhi che altro non sembravano se non gemme preziose. «Non so perché, ma odio vederti così…».
Non so perché.
Odio vederti così.
«Sto bene, tranquilla…», provò a dire, ma ne uscì solo un sussurro, mentre provava a ricambiare la stretta della sua mano. Prese un paio di respiri profondi, prima di azzardarsi a passarle un braccio attorno alle spalle e stringersela contro facendola ridacchiare sul proprio petto. «E’ stato solo un attimo… mi hai fatto preoccupare, sai?», aggiunse a voce appena più alta ma praticamente dicendoglielo nell’orecchio, come fosse un segreto solo loro.
La ragazza annuì e basta, ricambiando l’abbraccio e alzandosi in punta di piedi per posargli un bacio sulla mascella ancora contratta. Non poté far altro che provare a credergli; non poteva immaginare come stesse davvero Skylar, né tutto il dolore che si portava dietro da anni, né tutta quella gelosia nei suoi confronti, nascosta bene, anche se a stento. Non immaginava quanto sforzo costassero al demone quel mezzo sorriso o quell’abbraccio, né poteva capire quanto più in fretta stesse battendo il suo cuore mentre la teneva più stretta possibile, respirandola come se non fosse mai stato costretto a lasciarla.
«Ci saremmo rivisti comunque, Sky», mormorò lei di rimando, ancora con le labbra a contatto con la pelle del suo viso. E con una punta di malinconia nella voce che per quanto ci provasse non riuscì a nascondere, non in quel momento e soprattutto non a lui. Skylar sarebbe riuscito a leggerla anche se le pagine si fossero attaccate le une alle altre per l’umidità; sarebbe riuscito a capirla solo guardandola con la coda dell’occhio o solo sfiorandola in punta di dita. «Ti voglio bene».
Un colpo al cuore. «Anch’io, Mad…». La bugia più grande di tutta un’esistenza.
Ma riuscì a fingere un sorriso quando al contrario dentro di sé stava crollando, Skylar. Riuscì a continuare a respirare, mentre gettava il mozzicone della sigaretta ormai spenta a terra e tendeva una mano a Madeleine per riportarla dentro. Riuscì a non sprofondare, mentre lanciava un’occhiata puramente masochistica alla propria mano intrecciata a quella più piccola di quell’anima che amava fin troppo. E riuscì a non rovinare ogni cosa, a stare a distanza, a non amarla come avrebbe voluto davvero.
E mentre Skylar riusciva a fingere di sopravvivere, Madeleine lo guardava fingendo di credere che stesse davvero bene come le aveva detto di stare. In realtà non era tanto stupida da crederci, se gli occhi che la guardavano non brillavano come le braci dell’inferno da cui provenivano o se mormorava di stare bene senza nemmeno provare a crederci lui stesso. Mentre Skylar provava a convincersi di non sentire niente tenendola per mano, Madeleine si bloccò all’improvviso col labbro incastrato tra i denti alla vista di Remember – solo Remember – seduta sul bordo del letto con le ginocchia al petto mentre canticchiava una melodia che lei non fece fatica a riconoscere ma che non riuscì a ricordare dove e quando l’avesse sentita.
La castana inarcò un sopracciglio, incrociando lo sguardo dell’altra ragazza.
«Zayn?».
«Credo che non lo vedremo per un paio di giorni», le rispose schietta la mora, con un velo di dispiacere che però lei non riuscì a cogliere. Osservò Madeleine schiudere le labbra ma non riuscire a dire nulla, mentre la confusione le si dipingeva addosso come pittura su una tela vuota. La osservò lanciare un’occhiata a Skylar, che però scosse la testa, lasciandole la mano e borbottando qualcosa tra sé che somigliava terribilmente all’accenno di una risata amara e arresa.
«Credi?», riuscì a ribattere la ragazza, cercando di non impazzire.
«Già, credo… e non ti piacerà dov’è andato…». Le ginocchia sempre più schiacciate contro il petto come uno scudo al dolore che poteva vedere formarsi nelle iridi dell’altra a mano a mano che i secondi scorrevano inesorabili. Vide la consapevolezza farsi spazio, col dolore e la preoccupazione e un familiare senso di mancanza – già visto di vita in vita negli occhi di Zayn e nei suoi gesti e nel tono di voce, ogni volta che le perdeva o che non poteva averla. «E’ da Harry», disse piano, tanto piano che Madeleine fece fatica a sentirla, anche se lo sapeva già. Quando però il demone si aspettava di vederla crollare, lei si limitò a lasciar andare uno sbuffo e a sederlesi accanto posandole la testa sulla spalla.
In cerca di conforto, e come se fosse il gesto più naturale di sempre.


 




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