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Autore: tylica_tmr    05/02/2015    1 recensioni
“Non mi ricordo più, ma sono sicuro di aver amato una ragazza indimenticabile”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11

Over and over

"Un mese. Non posso stare fermo per un mese!"
Calum cominciò ad urlare appena mise piede in camera sua, di fronte ad Ashton, che l'aveva accompagnato in ospedale poco prima.
Il gesso gli fasciava completamente il braccio sinistro.
"Ti devo ricordare io che poteva andarti molto, ma molto peggio?"
"Non c'è solo questo in ballo. C'è di più. Ora avevamo cominciato"
"Faremo una pausa, magari tutti. Giusto il tempo che tu ti rimetta"
"Non capisci Ash, non capisci. Non posso lasciarla adesso"
"Non stai parlando solo della chitarra, non è così?"
Calum si accasciò sul letto, scuotendo la testa per confermare l'ipotesi dell'amico.
"È per lei. Ancora e ancora" disse sconsolato "non so cosa devo fare"
Ashton mise su un'espressione imbronciata, come soleva fare quando pensava intensamente a qualcosa, o come quando era contrariato.
"Guardati intorno. Tu pensi veramente che sia lei quella che necessita di protezione? Lei? La ragazza che fino a ieri era dalla parte dei carnefici? Forse non te ne sei accorto ma hanno pestato a sangue te, mentre a lei non ha torto un capello! Ti sembra coerente preoccuparti per lei?" Ashton era furioso, ora, mentre Calum lo fissava e basta, visibilmente scosso.
"Che cosa stai dicendo?" Ripetè, ma nella sua voce oltre all'incredulità, si celava il timore che le parole dell'amico fossero vere.
"È anche colpa sua se ti è successo questo, lo sai benissimo"
"Lei non l'avrebbe mai voluto" sussurrò Calum.
"Oh sì, era così preoccupata, ieri. Io non so se hai una vaga idea di quale fosse il tuo stato quando io e Luke ti abbiamo visto a terra, svenuto. Ti assicuro che abbiamo avuto molta paura. Lei invece era praticamente impassibile"
"In che senso?" 
No, Calum non voleva saperlo, ma raramente riusciamo a tenerci lontano dalla verità.
"Nel senso che ti devi svegliare Calum. Guarda come ti hanno ridotto!  Tutto questo per lei. Quindi mi sento in dovere di chiederti, ne vale veramente la pena?"
"Sì"
"Uhm, incluso non suonare Stella per un mese" constatò Ashton, come se aspettasse una smentita da parte di Calum.
Stella, nel caso ve lo stiate chiedendo, era il nome della sua chitarra, perché, da che mondo è mondo, ogni strumento ha un nome.
Quello, in particolare, era per via della canzone omonima degli All Time Low.
"Oh avanti Ash, le cose sono andate così. Non possiamo più farci niente, mettiamoci una pietra sopra e andiamo avanti"
"Okay, ma stammi bene a sentire. Non succederà mai più quello che è successo ieri. Mai più. Per nessuna ragazza. Tu lo prometti a me e io lo prometto a te, però sul serio" non c'era traccia di ironia nei suoi occhi.
"Promesso"
"Non lo dire a nessuno, ma ci tengo a te, deficiente" lo rassicurò poi, e Calum annuì come per confermargli che ne era già al corrente.
Si sentiva abbastanza egoista ma riusciva a concentrarsi solo sull'improvviso dolore che si era impadronito della sua fronte.
Doveva essere la ferita, medicata ma ancora fresca.
"E ricorda: le ragazze vanno e vengono, appaiono luminose e spariscono nascoste dal buio, ma quelli che restano siamo noi. Siamo noi che raccogliamo i tuoi pezzi e che curiamo le tue ferite quando il buio diventa troppo scuro per essere sopportato da solo. È allora che noi ci saremo. Sempre"

● 

Durante il pomeriggio di quella stessa giornata, Calum sentì il suo cellulare suonare e la scritta Ashley apparire sul display.
Nonostante il dolore alle articolazioni e ai muscoli delle gambe, si precipitò fuori dal letto in cui stava trascorrendo la sua presunta convalescenza per severo ordine di sua madre, ed afferrò il telefono altrettanto rapidamente.
"Ciao Calum" 
Voce mediamente distaccata, giusto con una punta di preoccupazione.
"Ehi, come va?" 
"Beh, forse dovrei essere io a chiedere a te come ti senti"
"Oh, non c'è bisogno grazie. Sto alla grande!"
Troppo entusiasmo, decisamente troppo. Amen, mica poteva farne a meno.
"In tal caso ti va di prenderci qualcosa all'Island?"
Okay, calmiamoci. Ti ha invitato ad uscire. Respira, ancora.
"Certo! Ci vediamo là alle cinque?"
"Perfetto"
"Bene allora a tra poco"
"Sei sicuro che non sia un problema?"
"No, figurati, perché dovrebbe"
Però, in fondo in fondo, Calum avvertiva il desiderio di Ashley di continuare a parlare con lui anche se ormai non c'era più niente da dire.
E ragazzi, nell'intero universo non esisteva una sensazione migliore.
"Perché sei appena uscito da un ospedale. A proposito com'è andata?"
"Bene!"
Trovare il nesso tra le parole era un'impresa molto difficile per Calum in quel momento.
"Non hai niente di grave?"
Niente di grave? Eh? Cosa? Di cosa stava parlando? Insomma avevano un appuntamento!
"Ah sì, il gesso. Per un mese. Al braccio"
"Scherzi?! Cavolo mi dispiace così tanto!"
"Ma non preoccuparti, non è niente"
"Calum sei sicuro di stare bene?"
"Io? Naturalmente"
"Sei strano, sembri come ubriaco"
Ops.
"Non ho bevuto niente, te lo giuro. È solo che, sai com'è, la tua voce è costantemente nella mia testa. Più o meno ventiquattr'ore su ventiquattro, quindi è una bella sensazione, uhm, sentirla davvero"
Ecco, se voleva farle capire che non era ubriaco, quello non era proprio il discorso giusto.
"Oh, okay. Sai, è proprio una cosa carina da dire ad una ragazza"
Poteva sentire il sorriso nella sua voce. 
Chi? Magari entrambi.
"Grazie, insomma, te lo meriti"
Ancora.  
Non avevano niente più da dire ma si rifiutavano di terminare la conversazione.
Chi l'aveva deciso che una telefonata era fatta solo di parole?
Quindi Calum ascoltava il respiro lento e regolare di lei attraverso la cornetta mentre desiderava rimanere ancora un po' immerso in quel silenzio, in cui c'erano tanto imbarazzo e tanta perplessità, certo, ma anche qualcos'altro.
Qualcosa di dolce e fragile e sottile, quasi impercettibile, come il sapore del nettare di quei fiori che lui amava tanto assaporare quando era bambino.
Soltanto una piccola goccia di amore immersa in un mare di silenzi.
"Calum?"
"Sì"
"Hai voglia di aspettare fino alle cinque?"
"Uhm, no. Se facessimo tra mezz'ora?"
"Era proprio ciò che intendevo"

● 

Gonna di pelle nera. 
Canottiera candida aderente, scrupolosamente arricciata all'altezza delle spalle. 
Trench nero inadatto per qualsiasi stagione eccezion fatta per la temperatura mite di quel pomeriggio.
Calze fumè. 
Scarpe con tacchi vertiginosi rosso scuro, per staccare, gli spiegherà lei, più tardi. 
Bracciali dello stesso colore. 
Occhiali da sole firmati, anche se il sole era talmente pallido da confondersi con il cielo.
Capelli minuziosamente pettinati. 
Un velo di ombretto e una pennellata di fard.
In mezz'ora Calum si era giusto allacciato le scarpe.
Ah no, le aveva fatte allacciare a sua madre per via dell'ingessatura.
"Buongiorno" aveva esordito Calum, andandole incontro e baciandola su entrambe le guance.
"Tecnicamente sarebbe già sera, dato che sono passate le tre del pomeriggio" rispose Ashley, sorridendo, cercando di non pensare ai sensi di colpa che la vista della fasciatura sulla fronte di Calum e del gesso sul suo braccio aveva risvegliato in lei. 
"Oh, mi scusi signorina, posso offrirle qualcosa per farmi perdonare?"
"Un drink non si rifiuta mai, messer" 
"Un bacio, invece, si può rifiutare?"
"Quasi sempre"
Ma poi lo baciò lo stesso, con molta attenzione per evitare di fargli male al labbro inferiore, che era ancora parecchio gonfio.
Si avviarono così, nella luce stanca di una giornata pigra e capricciosa, la mano dell'uno incastrata perfettamente tra le dita dell'altro.
E cosa importava, in fondo, se erano così diversi quando combaciavano come due metà recise di uno stesso oggetto?
Come due pezzi di un gioco per bambini, avevano entrambi scanalature, parti mancanti ed angoli smussati, ma una volta accostati, collimavano l'uno con l'altra in ogni minimo dettaglio.
Ma loro ancora non lo sapevano.

● 

"Cosa vuol dire concupiscente?" Chiese Calum.
"In preda alle passioni. È una persona che non sa dominare i propri istinti, come il desiderio, l'avidità, la sete di guadagno"
"E la rabbia"
"Esatto. Non pensavo che tu l'avessi sentito"
"Ero curioso"
"È uno dei tre tipi di anima secondo Platone. Gli altri due sono l'anima razionale e l'anima irascibile. La prima è predisposta verso la sapienza mentre la seconda ha la capacità di sdegnarsi di fronte alle ingiustizie"
"Di che anima sono fatto io Ashley?"
"Tu? Ma di nessuna delle tre, ovviamente"
"E com'è possibile?"
"Perché questo è il pensiero di Platone. Non corrisponde sempre alla realtà. Secondo me esistono almeno altri mille tipi di anime. Una teoria incompleta è errata per definizione"
"Se tu dovessi scegliere tra tutte le anime, quale sarei io?"
"Quella dell'altruismo"
Oh.
"Ma vedi Calum, non è così facile. Le anime sono complesse. Non siamo fatti di una cosa sola"
"Tu saresti quella razionale, senza dubbio"
"Forse. In definitiva tu sei un'anima altruista con una buona percentuale di anima dalle labbra magnifiche"
Oh, doppio oh.
"Anche quando sono spaccate e gonfie?"
"Assolutamente"
Bacio.
E Calum sussurrava "ancora"
Altro bacio.
"Ancora"
Di nuovo.
"Ancora"
Arrivava allora l'ennesimo.
E andavano avanti così, perdendo il conto delle parole sprecate e di quelle mai pronunciate, delle lacrime mai versate e di quelle ormai asciugate dal tempo, delle paure affrontate e superate e dei baci in bilico, sospesi tra le loro anime.
Erano in balia delle loro passioni, o forse erano solo innamorati dei loro sentimenti.







Note
Buongiorno! 
Sto aggiornando alle tre del pomeriggio, quale miracolo.
Scusate se sono in ritardo ma la scuola occupa praticamente tutto il mio tempo.
Non ho nient'altro da dire, come sempre, fatemi sapere tutto ciò che volete.
A presto
Veronica
   
 
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