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Autore: Rebecca_lily    05/02/2015    10 recensioni
“Puoi stare a casa mia per tutto il tempo di cui hai bisogno, se desideri”- disse Abel guardandola negli occhi...
La mia storia ha inizio quando Georgie incontra di nuovo Abel, dopo aver lasciato Lowell da Elise, e vuole esplorare il rapporto tra i due 'fratelli' nel periodo in cui cercano di salvare Arthur dalle grinfie del Duca Dangering. In particolare questa storia intende approfondire sia la lenta presa di coscienza di Georgie del suo amore per il suo ex-fratello sia il carattere di Abel come viene reso per buona parte del testo originale, ovvero del manga. Nella mia storia, Abel non vive dal sig. Allen e i due non affrontano immediatamente la questione del ritorno in Australia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Georgie Gerald
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cari lettori,
vi ringrazio davvero tanto per la dedizione con cui seguite la mia storia. Proprio non immaginavo che - dopo tutto questo tempo - un capitolo così poco ‘catchy’ come quello precedente ricevesse un tale numero di visualizzazioni. Grazie infinite quindi a tutti voi per il vostro continuo apprezzamento e per il vostro affetto!
Veniamo ora al nuovo capitolo: siamo finalmente giunti al salvataggio del povero Arthur, un momento duro e difficile in cui tutti i nostri protagonisti rischiano in prima persona per trarre in salvo il malcapitato dalle grinfie della famiglia Dangering. Come vedrete leggendolo, mi sono ispirata sia all’anime sia al manga. Vi avverto già da ora che non sarà un capitolo ‘leggero’.
Buona lettura e, se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate : )
Un grande abbraccio,
Rebecca
 
Era una notte fredda e umida e una fitta coltre di nebbia avvolgeva tutto il paesaggio. Dick aveva lasciato il carro fuori dalle mura del castello del Duca Dangering e ora si trovava assieme ad Abel, Georgie e al Conte Gerard nei pressi del vecchio pozzo che – seguendo le indicazioni di Maria – doveva costituire il passaggio segreto che dal parco conduceva direttamente alla prigione.
Sei sicura che Maria verrà a mezzanotte?” – chiese Abel a Georgie. La ragazza annuì. “Speriamo di poterci fidare di lei” – pensò ad alta voce un dubbioso Abel, che non nutriva molta fiducia nei membri della famiglia Dangering e che, tuttavia, era ora costretto a fidarsi. “E’ mezzanotte” – disse il Conte Gerard guardando il suo orologio da taschino. Un silenzio di ghiaccio calò su tutti loro: era arrivato finalmente il momento di agire.
Abel si mosse per primo lanciando la scala dentro al pozzo poi, rivolgendosi al Conte, disse: “Mi passi la lampada, faccio strada io”. Georgie, in preda alla tensione, si avvicinò ad Abel che stava per saltare nel pozzo e lo fermò appoggiandogli una mano sul braccio: “Abel, fai attenzione” – gli disse con la voce colma di emozione. “Non ti preoccupare” – le rispose Abel sorridendole dolcemente, poi cominciò a scendere nel pozzo, seguito dal Conte Gerard. Georgie, in ansia per Abel e per suo padre, si strinse a Dick.
Il pozzo e la caverna che conducevano alla prigione erano buie e molto umide. Il Conte Gerard e Abel procedettero molto lentamente per non scivolare fino a quando non si trovarono di fronte ad un vicolo cieco. “Conte Gerard, c’è una scala” – disse Abel. “Allora la cella deve essere sopra quella pietra”- rispose il Conte.
Abel spostò la pesante pietra che ostacolava il loro cammino e si affacciò per primo in quell’orrida e fredda segreta. Il cuore gli si strinse nello scorgere suo fratello disteso su un duro giaciglio, vestito di abiti leggeri e malmessi. Corse subito da lui. “Com’è debole” – pensò mentre lo tirava a sé. “Il polso è debole” – disse il Conte Gerard – “e il suo corpo è devastato: temo che non abbia mangiato per giorni… hanno solo continuato a drogarlo. E’ davvero un miracolo che respiri ancora”. “Maledetti!” – pensò Abel mentre un nodo di rabbia mista a pena gli stringeva la gola alla vista di suo fratello così magro, emaciato e febbricitante.
Un rumore improvviso distolse la loro attenzione: si trattava del guardiano che, pesantemente addormentato a causa del sonnifero somministratogli da Maria, era caduto a terra. Tuttavia, quel rumore fu come una sveglia per i due. “Presto, andiamo via” – disse il Conte Gerard. “D’accordo”- disse Abel, issando il fratello sulle proprie spalle. “Arthur, ti prego, resta vivo…” – pensò mentre percorreva a ritroso quella buia e umida galleria.
Nello stesso momento, Georgie – che attendeva con impazienza il ritorno dei due – sentì un friuscìo alle sue spalle. Spaventata, si girò di soprassalto solo per scoprire una titubante Maria. La ragazza aveva con sé una valigia. “Maria?” – chiese Georgie stupita. “Portatemi con voi, vi prego”- chiese accorata la giovane Duchessa. Maria era intenzionata ad abbandonare la sua famiglia per amore di Cain e forse anche perché non era più in grado – essendo un’anima così sensibile - di vivere con una famiglia che l’aveva ingannata da sempre, una famiglia che avrebbe sicuramente ucciso Cain e che chissà cos’altro le stava nascondendo. “Vi prego…” – ripetè la ragazza sempre più accorata.
Georgie capì la disperazione della ragazza perché l’aveva vissuta sulla propria pelle e non se la sentì di respingerla, fece anzi un passo decisivo per metterla a suo agio: si levò il cappello e le parlò, rivelandole la sua identità e raccontandole molto brevemente la sua storia. La giovane ascoltò con attenzione il racconto di Georgie e, mentre scopriva con orrore tutto il dolore che suo padre aveva causato a Cain e alla famiglia Gerard, si convinse sempre di più che la difficile (e fino a pochi giorni prima per lei impensabile) scelta di abbandonare la sua casa natìa fosse l’unica soluzione possibile.
Un rumore interruppe quella conversazione: il Conte Gerard era uscito dal pozzo e stava aiutando Abel a far uscire Arthur. “Cain…” – disse Maria piangente alla vista dello stato pietoso in cui si trovava il suo amato. “Che ci fa lei qui?” – domandò severo Abel puntando il suo sguardo su Maria, non appena ebbe messo entrambi i piedi a terra. La ragazza, intimidita dal tono usato dal ragazzo, si strinse a Georgie. “Quello deve essere il fratello di Cain… – pensò la giovane Duchessa Dangering - … gli somiglia tanto, ma i suoi occhi sono così diversi da quelli del mio dolce Cain”.
Georgie, che sapeva bene cosa volesse dire sentirsi crollare il mondo addosso e che sapeva anche bene quanto duro e assertivo potesse essere Abel quando ci si metteva, gli tenne testa: “Maria vuole venire con noi, Abel. Ama Arthur e vuole stare con lui, non possiamo lasciarla qui. Sai che cosa succederà quando scopriranno che lo ha aiutato a fuggire? E poi lei ora sa che cosa hanno fatto suo padre e suo fratello”.
Abel guardò Georgie in silenzio poi, sospirando, portò lo sguardo verso il Conte Gerard per capire quale fosse la sua opinione in merito. Il Conte fece un cenno di assenso. “Va bene, andiamo” – disse Abel, pensando che gli uomini di Dangering sarebbero stati alle loro calcagna con ancora più ferocia una volta scoperto che la preziosa figlia del Duca era fuggita. Scuotendo la testa, Abel continuò a pregare in silenzio che tutti riuscissero a raggiungere il porto per imbarcarsi per l’Australia. Come in una lenta processione, si avviarono tutti verso il carro.
Nel frattempo, il giovane Duca Irwin, mentre si aggirava nella sua stanza per scacciare i foschi pensieri che affollavano la sua insonne notte, si avvicinò alla finestra: “Che cosa starai facendo ora Cain, lì in quella prigione?” - pensò, quando la sua attenzione fu catturata da una flebile luce in lontananza. “Che cosa è quella luce? C’è forse qualcuno al vecchio pozzo?” - si chiese decisamente allarmato.
Una volta raggiunto il carro, Dick lo lanciò a folle velocità per cercare di raggiungere al più presto casa del sig. Allen, dove avrebbero atteso l’ora per imbarcarsi per l’Australia. Il Conte Gerard sedeva accanto a lui, mentre dietro c’erano Abel e Georgie, che teneva Arthur stretto a sè, pregando con tutta se stessa che non morisse.
Maria stava seduta in disparte con gli occhi bassi: si sentiva in colpa per tutto il male che la sua famiglia aveva fatto a Cain e anche a tutte queste altre persone. Un’interminabile serie di domande occupava la sua testa: “Come aveva fatto a non rendersi conto di quanto era successo in questi lunghi mesi sotto i suoi occhi? Che cosa avrebbe pensato Cain di lei? Aveva fatto bene a lasciare la sua casa, la sua famiglia per questo suo amore? Cain l’avrebbe mai ricambiata, oppure l’avrebbe per sempre associata ai ricordi più brutti della sua vita?”. La notte e il silenzio degli altri sul carro accompagnavano la sua girandola di pensieri.
Non visto, Abel osservò per un po’ Maria, chiedendosi se il fatto di avere accanto a sé la giovane Dangering non avrebbe potuto essere una cosa positiva per suo fratello: in fin dei conti questa fanciulla amava Arthur a tal punto da lasciarsi alle spalle la sua famiglia e la sua intera vita per lui. E la sua presenza doveva aver sicuramente rappresentato per suo fratello l’unico barlume di luce nei suoi lunghi mesi di prigionia. “Dick, rallenta un po’ per diminuire gli scossoni” – disse ad un tratto il Conte Gerard, preoccupato che questi potessero nuocere al giovane Buttman che già versava in condizioni disperate. “D’accordo” – rispose Dick. Il silenzio tornò a regnare tra loro, interrotto solo dai rumori delle ruote sulla strada.
Quando ormai già stavano costeggiando il Tamigi ed erano quindi in prossimità della casa del sig. Allen, il carro arrestò bruscamente la sua corsa. “Scusate, sono andato a finire nel canale di scolo” – disse Dick allarmato. Il Conte Gerard e Abel scesero dal carro per aiutare Dick. Lo scossone però aveva risvegliato Arthur. Georgie se ne accorse e si rivolse sorridente al fratello, chiamandolo per nome: “Arthur”. Ma Arthur la guardava come se non la riconoscesse, il suo era uno sguardo allucinato e spaventato. Georgie continuò: “Arthur, sono io… Georgie, ora sei salvo stai tranquillo”. Arthur iniziò a urlare, come impazzito e cadde dal carro. Gli altri gli si fecero incontro. “State lontani da me, non mi toccate” – urlò il ragazzo. Ciò che Arthur vedeva erano dei mostri, degli enormi, abnormi mostri che cercavano di afferrarlo. La testa gli scoppiava dal dolore. “Arthur” – provò a chiamarlo suo fratello. “Non vi avvicinare” – urlò ancora più forte Arthur – “non mi toccate”. “Sta avendo un’allucinazione” – disse il Conte Gerard. “Che facciamo, lo teniamo fermo?”- chiese Dick, ma non fecero in tempo a fare niente che Arthur scavalcò il parapetto: meglio morire che lasciarsi divorare da quei mostri che lo attorniavano!
“Nooooo!”- gridò Abel e si gettò immediatamente nel fiume dietro al fratello.
L’acqua del Tamigi era gelida e Abel si sentì come bucare la pelle da centinaia di spilli ma, senza pensarci su, cominciò subito a nuotare. Era un nuotatore esperto per cui impiegò poche bracciate per raggiungere Arthur e, quando lo afferrò, si accorse che era in stato d’incoscienza. Con molta fatica, poiché la forte corrente del fiume li spingeva verso il porto, Abel riuscì ad arrivare alla banchina, dove trovò Georgie e suo padre ad aspettarli. Il Conte Gerard e Abel portarono Arthur fino al carro, una volta lì Maria e Georgie avvolsero Arthur con l’unica coperta presente.
Arthur continuava a tremare, così Abel disse a Georgie di mettergli addosso anche il suo mantello. “Ma Abel”- disse Georgie – “sei completamente bagnato e fa molto freddo”. “Non preoccuparti per me” – disse lui un po’ bruscamente. Tirava un vento gelido quella notte e anche Abel era scosso da brividi di freddo, ma pensò che Arthur avesse molto più bisogno di cure di lui in quel momento. Aspettando che Dick e il Conte Gerard finissero di sistemare la ruota, Abel si appoggiò con la schiena al retro del carro per riprendere fiato, le braccia conserte per non disperdere il poco calore che aveva in corpo. Georgie gli si fece subito vicino nel tentativo di dargi un po’ di conforto. “Ce l’abbiamo fatta!” – disse euforico Dick, dopo aver rimesso la ruota in carreggiata.
In quel preciso momento risuonò nella notte il rumore di zoccoli al galoppo: Irwin Dangering stava correndo verso di loro a grande velocità. Il terrore si affacciò agli occhi di Georgie che si strinse ad Abel, ma non potè fare nient’altro perché, in pochi secondi, Irwin li raggiunse. Una volta nei pressi del carro, il giovane Dangering, con un agile e rapido movimento, scese dal cavallo, poi puntò la pistola dritta in faccia ad Abel, gridando: “Non crederai mica di sfuggirmi così facilmente, Cain!”.
Abel sostenne impassibile il suo sguardo e Irwin si rese presto conto che il ragazzo davanti a lui non era Cain, anche se gli somigliava parecchio. Si fermò quindi per un attimo a osservare la scena e vide che più in là c’erano il Conte Gerard assieme ad un altro uomo, sua sorella Maria sul carro accanto a Cain e, di fianco a questo misterioso ragazzo, Georgie - la figlia del Conte Gerard.
Un lampo balenò nella sua mente: lui doveva essere il fratello di Georgie e, quindi, anche lo stesso Cain (che aveva un leggero accento australiano) probabilmente lo era. “Abel” – disse preoccupata Georgie rendendo così certezza le elucubrazioni di Irwin. Dunque, era lui il ragazzo di cui le aveva parlato sua cugina Elise, quello che l’aveva mandata più volte su tutte le furie per il suo comportamento altero e sprezzante delle regole. Adesso avrebbe pensato lui a metterlo in riga! Senza contare che questo Abel gli aveva portato via il suo adorato Cain, anche se – si disse Irwin fra sé e sé quasi compiaciuto – sarebbe stato meglio avere entrambi a disposizione: come suo fratello, infatti, anche il giovane davanti a lui era molto bello. Inoltre, aveva uno sguardo blu davvero magnetico.
“Abel” – ripeté Georgie, con la stessa aria angosciata, interrompendo i pensieri di Irwin che si girò a guardarla con sufficienza, poi le parlò con tono sarcastico: “Sei preoccupata per il tuo bel fratello, contessina?”. “Lasciala stare” – disse Abel con voce greve. “Perché dovrei?- rispose Irwin, spostando la mira della pistola da Abel a Georgie – adesso posso in un solo colpo vendicarmi di chi ha fatto soffrire mia cugina Elise portandole via il suo adorato Lowell e liberare mio padre da un fardello”.
Irwin sorrise malignamente poi si rivolse a sua sorella Maria, dicendole duramente: “Con te faremo i conti dopo” - dopodiche, come a sancire una promessa, Irwin, che non aveva alcuna voglia di perdere tempo con i componenti della famiglia Gerard, ma voleva solo riavere con sé Cain e Maria, caricò la pistola e premette il dito sul grilletto: uno sparo echeggiò nella notte.
Georgie credette di essere in procinto di morire quando si trovò a terra con addosso il corpo di Abel, che si era gettato su di lei per proteggerla. La pallottola li aveva schivati entrambi, ferendo solo di striscio Abel ad un braccio. Il ragazzo si alzò allora di scatto e, prima che Irwin potesse fare un’altra mossa, lo affrontò in un feroce corpo a corpo che li condusse lontano dal carro. Abel in quel momento si augurò che Irwing fosse venuto da solo, in tal modo – pensò - avrebbe forse potuto fermarlo e salvare così Georgie e gli altri.
Anche Georgie si alzò subito in piedi e sarebbe istintivamente corsa dietro ad Abel e Irwin se suo padre non l’avesse fermata. “Dobbiamo andare subito via da qui Georgie”- disse il Conte Gerard a sua figlia. “No, non voglio” – protestò la ragazza guardando in direzione di dove si erano allontanati i due. “E’ troppo pericoloso restare qua. Sono certo che anche Abel preferirebbe così”. “No, non voglio andarmene. Non voglio lasciare Abel!” – si ostinò Georgie piangendo. Molto faticosamente suo padre riuscì a convincerla a salire sul carro. “Georgie, non siamo tanto distanti da casa del sig. Allen, Abel può raggiungerci a piedi facilmente” - disse Dick, cercando di consolare la ragazza. Poi fece partire il carro. Georgie, con la paura che le attanagliava il cuore, osservò con sguardo allucinato la strada iniziare a scorrere sotto i suoi occhi. Anche il Conte era molto preoccupato per Abel, ma non poteva rischiare la vita di tutti. Tra l’altro era quello che aveva promesso al suo futuro genero: mettere in salvo Arthur e Georgie. Sarebbe tornato lui a cercarlo una volta lasciati gli altri a casa dell’ingegner Allen.
Nel frattempo, Abel e Irwin continuavano a lottare accanitamente. La lotta durò per diversi minuti fino a quando Abel non riuscì a sfilare la pistola dalle mani dell’uomo e a gettarla nel fiume. Il ragazzo abbassò per un attimo la guardia per rivolgere il suo sguardo verso il Tamigi perché voleva sincerarsi che la pistola fosse effettivamente caduta nel fiume e che, quindi, tutti gli altri fossero davvero fuori pericolo. Non fece però in tempo a tirare un sospiro di sollievo che sentì una fitta lacerante all’addome: Irwin aveva sfoderato il suo pugnale d’argento e, con esso, lo aveva trafitto.
Abel rimase per alcuni secondi come sospeso, con il respiro rotto dal dolore lancinante. La sua momentanea immobilità favorì Irwin, che strinse il ragazzo a sé con l’intento di affondare tutta la lunga e spessa lama nella sua carne. “Questo è per aver osato portarmi via il mio adorato Cain…” – sibilò il giovane Dangering una volta che il pugnale ebbe terminato la sua inesorabile corsa. Annebbiato dal dolore, Abel appoggiò la testa sulla spalla del suo assalitore quasi abbandonandosi a quell’abbraccio che voleva essere mortale. Irwin sogghignò impietoso poi, senza dare ad Abel respiro alcuno, rigirò con forza l’arma nella sua ferita: “… e questo è per avermi impedito di uccidere la Contessina Gerard”. Quando il pugnale lacerò nel profondo il suo corpo, Abel emise un urlo straziante, che fu però presto smorzato dall’intenso sapore metallico che gli invase la bocca. Irwin sorrise compiaciuto nel sentire Abel gridare e, subito dopo, tossire come soffocato dal suo stesso sangue.
Sempre tenendo il ragazzo stretto a sé, Irwin estrasse violentemente il pugnale dal suo addome poi, sentendo il sangue iniziare a sgorgare generoso, con voce suadente gli disse: “Bene, ora che ho sistemato te, posso tornare a occuparmi dei tuoi fratelli”. Il giovane Duca stava per sciogliere il ragazzo dall’abbraccio quando il suo sguardo si fermò sulle belle labbra insanguinate di un ansimante Abel. Irwin ebbe un attimo di esitazione.
La minaccia nei confronti di Arthur e Georgie diede ad Abel la forza di riscuotersi e di sollevare la testa giusto in tempo per accorgersi che Irwin stava avvicinandosi a lui con fare ambiguo e mellifluo, come se volesse baciarlo. Pur stremato, Abel approfittò lucidamente di quel momento di distrazione del suo aggressore per provare a liberarsi e, concentrando tutte le energie che gli erano rimaste in quell’unico gesto, allontanò Irwin da sé. La spinta di Abel fu molto intensa e Irwin, colto di sorpresa, indietreggiò e – trovandosi al limitare del marciapiede – cadde all’indietro, battendo violentemente la testa e perdendo conoscenza.
Finalmente libero, Abel si portò le mani al ventre e, barcollando, si avvicinò al muretto che costeggiava il fiume per accompagnare i suoi passi nel tentativo di raggiungere gli altri. Rivolse allora il suo sguardo verso il luogo dove avrebbe dovuto trovarsi il carro, ma non vide nessuno. Chiuse gli occhi sospirando, ma allo stesso tempo ringraziò il padre di Georgie per aver mantenuto la sua promessa e sperò che gli altri si trovassero ormai al sicuro, lontano da lì. Poi, anche se era rimasto da solo, Abel provò comunque ad allontanarsi da quel luogo: facendosi forza, si incamminò molto lentamente in direzione della casa del sig. Allen. Dopo diversi faticosissimi passi però le gambe gli cedettero e cadde a terra in ginocchio. Esausto, si appoggiò al vicino muretto con le mani strette sull’addome nel tentativo di contenere la copiosa fuoriuscita di sangue. Il dolore intenso gli annebbiava la vista e il suo corpo era scosso da brividi di freddo. Con il fiato spezzato, Abel mormorò: “Arthur, ti affido Georgie, guarisci presto e vivi assieme a lei in Australia sotto i raggi del sole. Tornate a far vivere i nostri giorni felici”. Poi il ragazzo, sfinito, chinò il capo mentre una lacrima solitaria - nascosta tra le gelide gocce d’acqua che cadevano dai suoi capelli - prese a solcargli la guancia sporca di sangue.
  
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