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Autore: Dario_aragorn 94    05/02/2015    2 recensioni
E' la prima volta che scrivo una FF. La mia storia è ambientata 20 anni dopo (più qualche riferimento al '98 o flashback) la Seconda Guerra Magica. Harry è un Auror affermato e deve fronteggiare numerosi pericoli o presunti tali. Durante le vacanze natalizie, sarà costretto ad affrontare un ventiduenne che vuole sconfiggerlo per passare alla storia e ottenere potere, oltre a ridare prestigio alla sua famiglia e al nome dei Dragon, caduto in malora dopo la sconfitta del Signore Oscuro. Oltre ai personaggi creati dalla Rowling, ve ne sono alcuni di mia invenzione che interagiscono con loro.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Era ormai passato un anno da quando il Signore Oscuro era caduto, sconfitto fra i resti di Hogwarts da un ragazzo con una cicatrice a forma di saetta sulla fronte.
Quella notte era stata accolta come un miracolo dal mondo magico, che vedeva in Harry Potter il suo eroe.
Non tutti però erano felici: c’era chi la malediceva, chi aveva sfruttato il pericolo Oscuro per speculare, spaventare e minacciare tutti coloro che temevano per la loro vita.
Vladimir Dragon era uno di questi: un uomo molto alto, magro e robusto di spalle, con capelli lunghi e brizzolati e la barba incolta. Aveva appreso le arti magiche nella scuola di Durmstrang.
Per lui il nome del “ragazzo sopravvissuto” era portatore di malasorte, come sangue e veleno fra le labbra mentre veniva pronunciato.                                                                                                                                      Quando c’era Lord Voldemort, aveva accumulato ricchezze come informatore per quegli uomini che, sul polso sinistro, avevano il Marchio Nero.
Ma nulla dura per sempre e la ruota gira: da ricco e temuto si era trasformato in un reietto della società, schivato e detestato da tutti, ma mai compatito, poiché aveva appoggiato le persone sbagliate, le quali per anni si erano divertite a rovinare e spezzare le vite di numerosissimi innocenti.
Non aveva nulla di buono da offrire né al mondo magico, né a sua moglie e suo figlio.
Lo si poteva trovare in giro per le vie più sporche e dimenticate di Hogsmeade, in cerca di una bettola dove consumare dell’alcool fino a quando il suo corpo non avesse raggiunto il limite: quando ciò accadeva, se ne tornava a casa per sfogare la sua viltà e la sua rabbia su una moglie indifesa, dai lineamenti sciupati, che oramai non potevano raccontare granché su una passata bellezza.
Quel 23 Novembre era una notte buia e fredda da far gelare il sangue e le ossa. Era tardi e per le strade si aggirava solo Vladimir con addosso un logoro e consunto mantello, che lo copriva dalla testa ai piedi. Mentre imprecava silenzioso al pensiero del ragazzo con la cicatrice sulla fronte, la sua faccia zozza venne illuminata dall’opaca luce del solito bar, nel quale oramai era solito entrare da un anno per soffocare i ricordi con alcool, urla e risse. Senza grandi saluti o cerimoniali, si sedette su una sedia scricchiolante, mise le mani coperte da guanti rattoppati sul tavolo e aspettò l’arrivo del barista, che non si fece attendere.                     Avendolo scorto, quest’ultimo si sforzò di essere gentile, pensando che fosse comunque un cliente e fece:
 - Salve signor Vladimir. Cosa posso portarle da bere? –
 - Il solito. –
rispose grugnendo.                                                                                                                                                               Dopo 10 minuti il barista, un uomo calvo, un po’ gobbo e dal naso grosso, aveva posato sulla tavola un grosso boccale colmo di una sostanza verdastra e dall’odore nauseabondo, lasciando il cliente alla sua solitudine.                                                                                                                                                                                               Mentre Vladimir beveva lentamente, echeggiarono nella stanza delle parole chiarissime, un brindisi: “A Harry Potter e alla sua salute”.
Era ormai divenuta abitudine celebrare il Prescelto in ogni dove, prima di compiere attività di svago, vista e considerata la sua impresa contro uno dei maghi più temuti e potenti degli ultimi anni: il suo nome voleva dire salvezza e per qualunque mago era doveroso augurargli una vita lunga e fortunata.
Pensiero nobile ma non condiviso dal mago trasandato, il quale, una volta recepito il messaggio, non esitò a sbottare, urlando a squarciagola e gettando il bicchiere a terra, rompendolo in mille pezzi.
- Bob!! Stupido barista!! Come osi permettere a questi cani di entrare e consumare qua dentro? Ritengo un disonore e un’offesa anche solo guardare questa feccia! –
Immediata fu la reazione dei 3 maghi che avevano proposto questo augurio. Il più grosso di loro, dai lineamenti più pronunciati e dalla pelle scura, non fece attendere risposta e in tono stizzito fece:
 - Prego?! –
così da ottenere una secca delucidazione da Vladimir:
- Elogiate uno sciocco, uno troppo fortunato. E’ per colpa sua se la gente come me vive nella miseria! Prima, la feccia come voi, non osava esporsi così in pubblico. Avevate tutti paura, vi giravate le spalle a vicenda, sordi ai problemi altrui. –
Erano parole forti e strane a sentirle: il mago che gli aveva chiesto spiegazioni aggrottò le sopracciglia, quello vicino a lui rimase sgomento e il terzo si alzò, rosso di rabbia e parlò. Era molto basso ma la sua voce era chiara:
- Dobbiamo vergognarci si, ma di perdere tempo con gentaglia come te. So chi sei. Vladimir Dragon!! La tua faccia è difficile da dimenticare. –
Vladimir rimase interdetto, ma non ebbe tempo di fare domande, perché quel piccolo mago continuò:
- Tu servivi come un leccapiedi i Mangiamorte. Due anni fa accusasti mia moglie di cospirazione, senza uno straccio di prova, condannandola a morte. La stessa notte fu preda di un’imboscata e venne uccisa. E ti ho dato anche un motivo per il quale rendo omaggio al grande Harry Potter: lui ci ha liberato dall’affanno di guardarci le spalle da carogne come te. –
Vladimir rise e cercò di sfoderare la bacchetta, ma i suoi tre avversari furono più veloci e urlando in coro:
 – Stupeficium. –  
Lo colpirono in pieno petto, facendolo cadere pesantemente per terra.
Veloce fu la reazione del barista:
 - Vi prego, non qui! –
fece in tono mellifluo.
- Vi prego di scusarci. –
fece il mago più anziano, con la sua barbetta bianca, che, fino a quel momento, non aveva preso parte alla discussione
- Non volevamo apparire come dei maleducati. Non lo siamo. E poi sono sicuro che il mio amico sa che non vale la pena di spendere tempo con persone del genere, perché equivarrebbe a perderne. –
Detto ciò, posò dei galeoni sul tavolo, salutò il barista con un inchino e fece cenno agli altri due di seguirlo.
Ma, mentre i tre stavano abbandonando la bettola, Vladimir aveva avuto il tempo di rialzarsi, asciugarsi il sangue che gli colava dal naso e afferrare la sua bacchetta.
- Avada… -
non ne ebbe il tempo.
 – Expelliarmus. –
 dal buio del locale emergeva un’altra figura, che fino a quel momento si era limitata ad osservare l’evolversi della vicenda.                                                                      
Nuove urla arrivarono puntualmente dalla bocca di Vladimir:
 - COME OSI?! CHI CREDI DI ESSERE?! –
 ma la sua rabbia gli si strozzò in gola alla vista del viso di colui che lo aveva disarmato
 - Oh, sei tu Red. -               
Ora c’era un silenzio assoluto.                                                                                                                                        
Red era un uomo alto e muscoloso, dal viso ben rasato e i capelli e gli occhi castani. Dai vestiti che indossava si poteva capire che i soldi non gli mancavano.                                                                                             
- Eh si, sono io. E se non te lo sei scordato sono anche un Auror. –
gli si avvicinò per essere faccia a faccia con quella carogna e continuò
 - Al posto tuo mi sciacquerei la bocca prima di usare un oggetto importante come una bacchetta. Sai, quella cosa che hai in mano? Non è un giocattolo! -                                                                   
Vladimir sorrise ironicamente e abbaiò:
 - Oooohhh ecco qua un nuovo eroe. Ora mi porterai ad Azkaban? -                                                                                                                                                                                 
Red non si fece intimidire: rimase lì, senza arretrare e lo studiò con occhi calcolatori e penetranti, prima di parlare un’altra volta:
 - Oggi sei più spiritoso del solito, da sobrio sei più divertente (in questo momento la mascella di Vladimir soffocò una imprecazione). Siccome sei così brillante, parliamoci chiaro. Tu non mi piaci. I corrotti come te non piacciono a nessuno. No, non ti porterò ad Azkaban: di feccia come te ne sono pieni zeppi. Inoltre, se non ci sei ancora finito, devo dedurre che i tuoi servizi passati siano serviti a qualcosa. Ma non mi interessa sapere chi ti protegge o chi non lo fa. Sappi solo che ti sei fatto molti nemici che darebbero qualunque cosa per vederti morto. Se succedesse, io potrei, diciamo, far finta di niente. Nessuno indagherebbe per te, sei spazzatura, quindi levati quel sorriso da ebete dalla faccia. –
Parole mai furono più efficaci. Vladimir, lentamente, si accinse ad andare via, ma prima di varcare la porta Red gli diede un ultimo avvertimento:
- Dragon. La prossima volta che sputerai sentenze contro Harry Potter con quella tua boccaccia, non sarò così tranquillo, ricordatelo. –
 Una volta sentito ciò, il vile se ne andò.
Infine l’Auror si rivolse ai tre maghi che aveva salvato
- Rimanete qua. Chi difende così Harry Potter merita da bere e io voglio partecipare al vostro brindisi. -
 
                                                                                             *
 
Vladimir tornava a casa. Non aveva bevuto. Camminava normalmente, non andava da una parte all’altra senza sapere dove né, tanto meno, inciampava sui suoi passi. Era tutto chiarissimo: la strada, le parole dette o sentite, la figuraccia che quell’Auror e quei tre maghi  gli avevano fatto fare davanti a tutti. E di chi era la colpa?! C’era solo un nome e se lo ripeteva continuamente: Harry Potter. Continuò a camminare a passo svelto e con la testa bassa.
Arrivò nel giro di pochi minuti a casa, entrò con passo strascicato, lucidissimo.
Trovò la moglie ancora sveglia, seduta su una sedia a dondolo vicino al fuoco. Era molto magra, le dita quasi scheletriche, i capelli di un biondo poco acceso legati in una treccia, gli occhi grigi totalmente assenti.                                                     – Penelope –
fece Vladimir. Non ottenne risposta.
 - Dov’è Kevin? –
 il nome del figlio parve ridestarla da un sogno molto lungo:
 - Cosa vuoi da lui? –
chiese con un misto di paura e diffidenza.
Lo conosceva.
- Voglio vederlo e basta –
disse Vladimir senza giri di parole e fece per andare verso la porta, dopo la quale solo una lunga scala l’avrebbe separato dalla stanza del figlio.
Penelope fu rapidissima: in un balzo gli si lanciò alle gambe e lo supplicò piangendo e singhiozzando:
- Ti prego!! E’ solo un bambino!! Non fargli del male. –
Ogni notte Penelope veniva puntualmente picchiata, come dimostravano i segni e i lividi rossi sulla sua carnagione chiarissima; ma il bambino non doveva essere toccato. Lo amava troppo.
Non si rese conto, per amore, che stava facendo solo il suo gioco.
Era caduta nella sua trappola. A lui poco interessava del figlio, a suo parere quasi non esisteva.
Ma da vile com’era, era felice nel prendersela con i più deboli. Ci fu uno schiaffo. Altre percosse. Momenti di agitazione dove lei tentò di difendersi.
Poi l’uomo prese la bacchetta: fece quello che stanotte non gli era riuscito. Lo fece contro una donna che forse, in tempi remoti, aveva amato, come forse lei aveva fatto con lui. Lo fece contro una donna disarmata.
Urlò:
- Stupeficium! –
La donna venne sbalzata all’indietro, colpì il muro e, nell’impatto, batté la testa molto forte.                                                                                                                                                                         
Il suo corpo cadde rumorosamente sul pavimento, tra l’indifferenza del marito. Per Penelope non c’era alcuna speranza, finiva così la sua vita. Nessuno si era però accorto che il piccolo Kevin, svegliato dal frastuono, aveva disceso le scale e aveva visto tutto, sbirciando dalla porta della cucina, nella quale era avvenuto tutto ciò.
Il giorno dopo alcuni Auror si recarono sulla scena del crimine. Vladimir Dragon evitò Azkaban: era riuscito a coprire tutto. Secondo la ricostruzione emersa, qualcuno era entrato in casa credendo che non ci fosse nessuno, ma aveva trovato la donna che era stata uccisa per non lasciare testimoni. Le prove di ciò erano lacunose e la storia era una chiara invenzione ma, come detto, il signor Dragon conosceva le persone giuste e questo bastava.
                                                                                                                                                                                        Vladimir Dragon era un mago vile e fissato con le antiche leggende sulla purezza del sangue. Era un codardo e avrebbe fatto di tutto per sfuggire da qualunque pericolo, fosse un Auror, un Ministro della Magia o i Dissenatori di Azkaban. Quel giorno l’aveva fatta franca e se n’era giovato. Ma la ruota gira e, a quello che gli sarebbe accaduto da lì a undici anni, avrebbe preferito, sicuramente, finire i suoi giorni nella Prigione dei Maghi.
                                                                                                                                                                                          Sulla sua scomparsa non si indagò molto.
 Red aveva ragione: aveva troppi nemici e nessuno troppo misericordioso per fare chiarezza sull’avvenuto.  Nella vita ciò che si semina si raccoglie.
   
 
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