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Autore: __Sapphire_    05/02/2015    4 recensioni
Attenzione: SPOILER sul gioco ''Professor Layton e L'eredità degli Aslant.
La fanfic racconta il momento in cui Jean Descole (Hershel Bronev) e Hershel Layton (Theodore Bronev) da bambini hanno dovuto dirsi addio. La fanfic è narrata dal punto di vista di Descole che, ancora bambino, non desidera altro che rendere felice Theodore.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Hershel Layton, Jean Descole
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 1: UN TRISTE RISVEGLIO

Il mattino è ormai giunto, il sole splende e illumina la grande casa, ormai vuota, nella quale vivo. Qualche raggio di sole entra dalla finestra semichiusa della stanza in cui dormo. Io sto con gli occhi semichiusi nel mio lettino.  A stringermi il torace, con le sue piccole braccia c’è il mio fratello minore, Theodore. Dorme e respira profondamente, non turbato da tutto ciò che sta succedendo attorno a lui. I suoi piccoli occhi chiusi, quelle mani che delicatamente stringono il mio pigiama e quell’espressione calma e innocente mi rendono più difficile quel che sto per fare.
Oggi è il triste giorno dell’adozione. Dopo che degli uomini armati sono entrati in casa e ci hanno strappato via i genitori, tocca a noi due fratelli andare via. I signori Layton sono infatti stati chiari, per quanto siano stati rattristati nel darci la notizia: la possibilità di essere adottati è solo per uno di noi.
All’asilo ho sempre goduto di un ottima fama. “Hershel Bronev è un piccolo genio!” è questa la frase che mi ripetevano spesso le insegnanti. Forse è per questo che i signori Layton hanno fatto il mio nome all’orfanotrofio che si occupa di noi due. Il fatto che sia intelligente non so se è vero o no. So solo che sono dovuto maturare prima del tempo perché, a differenza degli altri bambini, non ho più i genitori.  Sto dedicando anima e corpo all’archeologia. Ascoltavo spesso i miei genitori parlare dell’antica popolazione Aslant e di quanto, una certa organizzazione di ricercatori chiamata Targent mirasse a conquistarne l’eredità. Sono convinto che sono gli uomini di quel gruppo di fanatici che hanno portato per sempre via papà e mamma.
Chiudo gli occhi e scuoto la testa nella speranza di levarmi via tutti i pensieri: non c’è tempo da perdere. Con delicatezza arruffo i capelli a Theodore, che ancora dorme beato, gli stacco le manine dal mio pigiama e, poggiandomi su un gomito mi alzo dal letto e mi guardo attorno.
La stanza che un tempo mi era familiare, nella quale papà giocava con me e mamma mi aiutava nello studio, era più fredda del solito. Tutti i miei libri preferiti, i miei vestiti e i miei giocattoli erano chiusi in una grande valigia. Fisso l’orologio nella speranza che il tempo si sia fermato, anche solo per darmi il tempo di prepararmi. Sono le sette e mezza. I signori Layton non arriveranno prima delle 12:00, il che mi da più tempo a disposizione per attuare il mio piano.
Facendo leva sulle mani, salto giù dal letto e, dopo essermi infilato le mie morbide pantofole copro Theodore affinché continui a dormire. Immediatamente corro in cucina. Nel frigo c’è una bottiglia di latte e nella dispensa qualche biscotto secco. Quando c’erano i miei genitori mangiavo di più, ma ora mi accontento di quel che l’orfanotrofio passa. Metto il latte in un pentolino e lo lascio sopra i fornelli (non che non li sappia usare, ma preferisco riscaldarlo poco prima che il mio fratellino si svegli). Dopo aver posizionato la tovaglietta e due tazze, lascio il pacco di biscotti sul tavolo e vado subito in bagno. Mi sciacquo la faccia.
Scorgo di fronte allo specchio il mio viso: capelli ricci e castani, occhi color marrone che un tempo erano vispi e attenti. Non faccio a meno di pensare a mamma e a tutte le volte in cui gridava il mio nome ordinando di far veloce a vestirmi. Chiudo di nuovo gli occhi e scuoto la testa. Dopo averli riaperti fisso la mia immagine nello specchio e bisbiglio: “Hershel non sei più tu.” . Noto che i miei occhi iniziano a diventare lucidi, così mi asciugo immediatamente la faccia e mi avvio nella camera dove il mio fratellino dormiva prima che i nostri genitori fossero rapiti.
Ci sono ancora i suoi abiti, le lenzuola stropicciate e, sopra di esse poggiato il suo libro preferito: “Il richiamo dello Spettro”. Mi passano per la mente i ricordi delle serate in cui, muniti di una torcia, nel piccolo salotto buio di casa, lo leggevo ad alta voce. Theodore non sapeva leggere, così ero io a narrare. Mi guardava stupefatto, si spaventava quando una nuova minaccia incombeva sulla città e si entusiasmava quando lo spettro compariva e, con l’aiuto della ragazza salvava la situazione. L’abbiamo riletto non so quante volte.
Stringo il libro a me e decido di nasconderlo sotto delle lenzuola: quel libro rimarrà con me e in un futuro, spero mi riunirà al mio fratellino.
Dopo essermi accertato che Theodore sta ancora dormendo inizio a lavorare per donare un futuro felice, almeno a lui. Apro la valigia nella sua stanza, vuota, ancora per poco e, inizio a riempirla delle sue delle sue magliette (mi si inizia a sfocare la vista), dei suoi maglioncini (sento gli occhi bagnarsi), dei suoi pantaloni (chiudo gli occhi) dei suoi scarponcini (le lacrime lentamente iniziano a scendere lungo il volto). Piango.
Rannicchiato su di me e su quella valigia verso tante lacrime. Evito di gridare, non voglio svegliare Theodore. Separarmi da lui. Dirgli addio per sempre. Non poterlo più rivedere. E’ davvero così dura la vita?
Cosa abbiamo fatto di male per guadagnarci questo ingrato destino? Maledico la Targent. Maledico gli Aslant. Se non fossero mai esistiti forse, ora, non mi ritroverei a esser solo, a dover dire addio all’unica persona con la quale abbia mai legato.
Inizio a battere i pugni sulla valigia con forza. Chiudo gli occhi e inizio a piangere. Urlo. Non riesco più a trattenermi. Sono completamente disperato quando, all’improvviso sento dei lievi passi avvicinarsi a me.
“Hershel, perché shei qui e shtai piangendo?”
Quella voce tenera e familiare. Alzo la testa e vedo, di fronte all’uscio della porta, con la sua copertina stretta tra le mani, Theodore che mi guarda con aria preoccupata.
 

L’angolino dell’autrice:
E’ la prima fanfic che pubblico. L’ho scritta ascoltando l’OST Kind Feelings dell’Eredità degli Aslant. Se c’è qualcosa che non va nella grammatica o nello stile da me adottato spero di ricevere consigli su come migliorare nella scrittura. Ringrazio chiunque è arrivato a leggere il capitolo fino alla fine. °>° Vedrò al più presto di scrivere la seconda parte.
  
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