Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Alice_and_Lolly    05/02/2015    3 recensioni
Dentro quelle silenti mura, in quella città di pietra di nome East City, tutto era immobile, tranne qualcosa. Figure ammantate scivolavano veloci per le strade ormai deserte e buie. Riuscivano ad orientarsi alla perfezione, svelti e furtive. Se qualcuno le avesse viste le avrebbe scambiate per scure sagome del Diavolo. Quello che stavano per fare era di certo un’accusa in più nei loro confronti. Erano due giovani uomini, che si nascondevano nella notte, cercando di evitare di fare il benché minimo rumore. Se qualcuno li avesse visti sarebbe stato un problema, un problema davvero enorme per loro. Sapevano che stavano correndo dei rischi, in gioco c’era la loro vita, tuttavia non potevano fermarsi. La causa a cui si erano votati era essenziale, forse più importante della loro stessa vita.
Edward Elric, il maggiore dei due fratelli, ne era fermamente convinto. La scienza non poteva essere fermata.
Genere: Angst, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Riza Hawkeye, Roy Mustang, Winry Rockbell | Coppie: Edward/Winry, Roy/Riza
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 1

 

Winry quella mattina si era svegliata prima dei fratelli Elric, come tutte le volte. Quando i galli iniziavano a cantare, lei apriva gli occhi e non c’era più modo che si addormentasse. Del resto, lei si metteva a letto molto prima di loro, e il suo sonno era leggero. Al minimo rumore, la ragazza apriva gli occhi, e sentiva le arterie del collo pulsare di ansia. Negli ultimi tempi oltretutto, si erano moltiplicate le notti in cui non riusciva a dormire affatto. Stava diventando troppo ansiosa…

La stanza in cui dormivano, era in realtà quella in cui svolgevano anche tutte le attività domestiche. I loro giacigli erano posti a lato dell’unico camino della piccola dimora, quello di Winry a sinistra e quelli di Edward e Alphonse a destra, in modo che quando il fuoco si spegneva potessero ancora godere del calore delle braci mentre dormivano. Al centro si trovava il tavolo dove mangiavano, sulle altre pareti c’erano delle mensole, per terra delle cassepanche con tutto il necessario per vivere. Dal soffitto pendevano alcuni generi alimentari attaccati a delle piattaforme in legno grezzo, in modo che i topi non potessero raggiungerli: soprattutto pane, piante, verdure provenienti dal loro piccolo orto e quando capitava qualche fetta di carne salata che potevano permettersi molto raramente.

Dopo che lei si era alzata, era comunque difficile che i due ragazzi riuscissero a riposare ancora a lungo. Iniziava a preparare la colazione e faceva rumore con le ciotole e gli altri utensili da cucina. Quella mattina non fu quindi così diversa dal solito.

Dopo Winry, Alphonse fu il secondo ad alzarsi dal suo non proprio comodo letto, e si mise ancora assonnato a tavola. Aveva dormito pochissime ore per colpa del lavoro segreto che stava portando avanti con suo fratello, ma non si lamentava. Era raro in effetti che il più giovane dei due fratelli protestasse, era troppo affabile, soprattutto nei confronti di Edward.

«Ciao, Winry…» disse, sorridendole mentre si grattava pigramente gli occhi.

«Buongiorno, Al… Ti ho preparato una ciotola di latte, dato che finalmente ieri sono riuscita a scambiarne un po’ con uno dei cavoli che ci era rimasti nella dispensa. Spero che duri almeno fino a domani mattina, così abbiamo qualcosa in più della solita tisana di erbe in cui inzuppare le gallette…»

«Lo sapete che a me il latte non piace…»

Edward si era alzato e si era seduto a tavola, i capelli dorati tutti scarmigliati dopo le poche ore di sonno.

«Oggi andrò in città di nuovo, per vedere se riesco a comprare qualcos’altro… Guarda che non è così facile vendere senza dare troppo nell’occhio! Oltretutto non mi ricordo cosa dobbiamo preparare, ho finito un sacco di infusi! Mi sembrava fosse rimasto qualcosa a base di digitale, di lupino e anche della borragine… Dovrei controllare quando torno.»

Proprio come aveva annunciato, Winry prese a frugare fra gli intrugli e la merce che era solita vendere. Per quanto si fosse destata da poco era sempre molto energica, sempre pronta a fare il massimo per aiutare la sua famiglia. Loro gestivano un lavoro duro e lei non voleva essere da meno. Usava tutto il suo tempo dedicandosi a qualche piccola attività che avrebbe potuto fruttargli un po’ di soldi per vivere. Per un po’ si era seriamente impegnata a imparare a tessere come qualsiasi altra ragazza, ma aveva trovato un’affinità maggiore tra le erbe e l’agricoltura. In un periodo tanto piagato da malattie e carestie, medicine, infusi e cibo erano essenziali per la vita. Aveva presto scoperto che quel lavoro, per quanto la esponesse a pericoli, era sicuramente più retribuito rispetto al lavoro massacrante che le Corporazioni richiedevano senza nemmeno una giusta ed equa retribuzione.

Nessun ulteriore borbottio di Edward riuscì a trattenerla, nessuna domanda gentile d’attesa di Alphonse bastarono per non farla uscire. Come loro avevano i loro doveri notturni e diurni, lei aveva la sua corsa da fare. Si destreggiava per le vie, conosceva ormai una certa clientela, conosceva piccole piazze e cunicoli dove posizionare la sua povera merce. Ma spesso la bella ragazza non si rendeva conto di attirare occhiate e commenti indiscreti.

Quando gli uomini posavano gli occhi sui suoi capelli biondi, sui suoi occhi pieni di energia e di dolcezza venivano subito ragguagliati. Lei aveva l’aspetto di un angelo, ma per molti pettegoli non era altro che un cupo segnale di morte.

 Le voci iniziavano a vorticare sempre più veloci. La sua attività non erano di certo sfuggite alle accorte e tutta quella pratica con veleni, intrugli ed erbe rivelavano le sue oscure tendenze. Si era indagato sempre di più sul suo conto, fino a sapere che vivesse con due uomini che non condividevano nessun legame di sangue con lei. Lì i sospetti erano scoppiati, dilagati nel ceto basso della popolazione. Qualunque cosa facesse, qualsiasi azione compiesse era guardata di soppiatto, i bambini si nascondevano al suo passaggio e lei, povera stolta, ancora non si era accorta di quanto la cosa avrebbe potuto rivelarsi pericolosa. Riteneva di agire con la più grande discrezione possibile. Avrebbe dovuto comprendere che la gente iniziava a provare risentimento nocivo nei suoi confronti da quando era iniziato a diventare più difficile vendere la sua mercanzia. Tutto a un tratto, molti dei suoi acquirenti erano scomparsi nel nulla, troppo spaventati persino per incontrarla. I suoi modi gentili, a volte forse un po’ virili per una donna, ma sempre molto positivi erano stati mal interpretati. In un periodo così grottesco e poco amichevole non tutti erano disposti a giudicare quell’allegria positiva. Quei sorrisi, quei gesti, quei modi… Qualsiasi cosa compiesse era diventato un puro sospetto e probabilmente tutto sarebbe degenerato.

Non era una donna stupida,  aveva recepito quello che stava accadendo. Se ancora non aveva espresso ad alta voce il pensiero di essere scrutata e guardata con diffidenza, lei sentiva tutto su di sé. Tutto quello iniziava a pesarle, sebbene non desse a vedere niente. Continuava a illudersi che tutto fosse ancora normale per tranquillizzarsi e darsi forza. Cercava di convincersi che tutto fosse solo frutto della pressione e dell’ansia – soprattutto notturna – che l’affliggeva. Forse incubi e stanchezza erano la causa dei suoi guai e nient’altro.

Anche quel giorno quindi, arrivò nel centro di East City, cercando come al solito di essere allegra e rassicurante. Aveva nascosto le preziose fiale dentro un cestino coperto da un piccolo straccio, in modo che la sua merce fosse nascosta.

La piazza centrale in cui si stava avviando brulicava di gente. C’erano tantissime bancarelle cariche di ogni genere di mercanzia: c’era chi vendeva ortaggi, chi verdura, chi frutta esotica e costosissima, chi galline e conigli vivi stretti in piccole gabbie, chi tessuti meravigliosi provenienti dalla lontana Xing (E Winry avrebbe tanto voluto un vestito fatto che quelle sete, sarebbe sembrata una principessa!). Ad un certo punto, vide anche un predicatore coperto di stracci che preannunciava l’apocalisse urlando a squarcia gola, attirando attorno a sé un capannello di persone incuriosite o estremamente devote.

La ragazza cambiò subito strada infastidita e preferì avvicinarsi ad uomo robusto e con una gran pancia sferica e pochi capelli sul cranio, il quale stava appoggiato al muro di un’abitazione e teneva con un guinzaglio di corda un pasciuto porcellino. L’uomo non sembrava in gran forma, continuava a tossire in modo convulso in un fazzoletto fino ad avere le lacrime, spaventando l’animaletto che tentava di indietreggiare e liberarsi.

«Salve, scusi se la disturbo… Non si sente tanto bene?» chiese con voce gentile dopo essersi guardata attorno. Sembrava che nessuno avesse fatto caso a loro.

Non ottenne nessuna risposta, ma solo altri colpi di tosse. Winry per un po’ temette che l’uomo avrebbe iniziato a sputare anche i polmoni.

«Ho qualcosa che fa al caso suo… Un unguento di rapa bianca e miele, lo deve sciogliere in un po’ d’acqua e berlo… Dovrebbe calmare un po’ la tosse, glielo vendo per tre monete d’argento…»

L’uomo ci mise un po’ a rispondere.

«Due… Coff, coff… Due monete…»

Winry annuì, anche se non era molto felice. Avrebbe potuto comprarsi qualche ortaggio per una zuppa, era meglio di niente per iniziare, e doveva accontentarsi. Sorrise, mentre di soppiatto passava un piccolo contenitore dalla cesta alle mani dell’uomo, che a sua volta le lasciò le due agognate monete. Per fortuna la giornata non era iniziata male.

Intascò velocemente l’argento, toccandolo freneticamente con le dita, per verificare le incisioni, per essere sicura che non fosse stata ingannata. Le era spesso capitato e aveva imparato a conoscere quei pezzi di metallo al solo tatto, doveva avere discrezione e prudenza. L’uomo di certo non condivideva la sua teoria. Svelto, guardò il liquido che aveva ottenuto e poi lo bevve, avido, continuando a tossire. Continuava a tenere d’occhio la giovane, persino mentre continuava a ingurgitare la fiala, di certo non gliel’avrebbe fatta passare liscia se soltanto avesse scoperto che quella fosse stata una truffa. Forse non era acculturato e intelligente, forse non era ricco e benestante quanto la sua pancia avrebbe dovuto testimoniare ma non era stupido. Era attaccato ai soldi quanto alla vita, eppure nessuno in quel periodo avrebbe potuto biasimarlo. Si uccideva per avere qualche misero spicciolo per sopravvivere, si sciacallavano le case dei malati e dei moribondi – spesso i ricchi – per ottenere qualcosa. Presto la tosse si placò pian piano, fino a mettere a tacere il bruciore lacerante dei polmoni.

Agli attenti osservatori dell’affollata piazza tuttavia, non era sfuggito né la provocatoria preoccupazione di lei né il gesto avido di lui. Per loro quello era il chiaro segno di una fascinazione, un gesto dettato dalle oscuri arti del male. Quale uomo avrebbe obbedito con tanta velocità a un comando di una semplice meretrice? No, c’era di più e loro l’avrebbero smentito pubblicamente.

Mentre lei iniziava ad allontanarsi, ormai libera dallo sguardo di quell’uomo, ormai pronta per cercare un nuovo cliente, era tanto intenta nel suo progetto da non dare più tanto peso alle persone che la circondavano. Si avvicinò ad un secondo uomo, notandolo in palese difficoltà, dato che si teneva la parte bassa della schiena, dove evidentemente sentiva dolore. Non ebbe tempo di notare il suo volto, propose il suo aiuto, con una medicina a base di farina d’avena e aceto, che avrebbe potuto ridurre la lombalgia… Ma non aveva fatto caso a quella figura incappucciata, da cui persino il sole sembrava sfuggire, tanto da lasciare intorno alla sua sagoma un’intera zona di penombra.

L’aveva osservata con i suoi spilli di ghiaccio, più di una volta. Aveva odiato il suo vagare per le piazze, aveva disprezzato il suo volto angelico e gli occhi limpidi, aveva disgustato i suoi futili rimedi che sapevano di magia e d’oscurità. Non riuscì a trattenersi.

Prese a parlare, la voce grave e solenne. Iniziò lentamente poi alzò sempre di più il tono, attirando l’attenzione su di sé e la figura che additava. La piazza tacque, tutte le teste si voltarono, le attività si interruppero.  Le due figure principali diventarono la donna angelica del Diavolo e l’uomo tenebroso della Chiesa.

«Voi tutti, ancora non vi siete accorti del male che infesta la nostra comunità. Insita nel seno della nostra Sacra Città avvelena il cuore e l’animo della gente. Non oso perciò discorrere dei danni che il corpo potrebbe ricevere. Pregate per la vostra salvezza perché lei potrà anche ingannarvi, ma se resisterete e sarete ligi ai doveri santi non dovrete temere. Rifuggite da codesta meretrice, serva di Mefistofele. Non accettate l’aiuto che gentilmente vi porge, fuggite e condannate la sua presenza. Se siamo puniti dall’Altissimo, sicuramente è perché siamo infestati da questi parassiti che ci impediscono di raggiungere la più alta spera.»

In pochi secondi un nutrito gruppo di persone si era avvicinato a loro, incuriosito e intimorito dalle parole di quell’uomo. La gente impaurita e soggiogata si aggrappava in continuazione alle parole degli uomini di Chiesa, e perfino Winry lo riconobbe dopo averlo sentito inveire contro di lei. Non sapeva come si chiamasse, poiché non era un prete della chiesa che frequentava insieme ai due fratelli per non dare troppo nell’occhio, eppure lo aveva visto spesso mentre si aggirava nel centro di East City predicando per le strade e raccogliendo i fedeli in preghiere improvvisate. Nelle processioni era sempre in prima fila, anche in quelle dei flagellanti.

Un campanellino d’allarme iniziò a suonare nella mente della giovane bionda: le cose non si stavano mettendo affatto bene, le parole di quell’uomo stavano attirando troppi sguardi sospettosi su di lei, che già non era ben vista da molte persone. Non aveva compreso perfettamente tutto quello che aveva detto, ma non essendo per nulla stupida, il senso l’aveva colto.

Una piccola goccia di sudore le solcò lentamente la fronte, mentre le sue mani iniziarono a tremare leggermente. Doveva sottrarsi a quella situazione in qualche modo…

«Io non sto ingannando nessuno… Dovete credermi…» provò a difendersi con voce inquieta, indietreggiando «Non sto facendo niente di male…»

«Guardatela, osservatela bene!»

Senza averla nemmeno ascoltata, con uno scatto le afferrò violentemente il polso, strattonandole il braccio. Winry non riuscì a opporre resistenza, la sua mente non era lucida, era spaventata. Poteva solo sperare che qualcuno la difendesse, eppure aveva paura di illudersi. Gli unici che avrebbero provato a proteggerla sarebbero stati i fratelli Elric, e lei non sapeva se si sarebbero recati al mercato, non gliel’aveva chiesto quella mattina…

«Questa donna è il Male! La sua bellezza è un empio dono del Diavolo! Vuole ingannarvi con le sue magie e i suoi filtri, rendendovi dei peccatori, rendendovi grette creature del Demonio! Guardate come tutti i peccati capitali si incarnano in lei! Addirittura si compiace di questi suoi capelli, recandosi qui senza coprirli, parla agli uomini senza permesso e cerca di corromperli in cambio di denaro! Non lasciatevi ingannare da un lupo travestito da agnello che si confonde tra di voi!»

Winry era frastornata, stava cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime, ma l’uomo la strattonava con forza rischiando di farla cadere per terra.  Di tanto intanto riusciva a sentire i commenti delle persone che stavano osservando la scena.

«Ma non ha proprio nessun timore di Dio? In effetti se ne va in giro a capo scoperto come se niente fosse…»

«E’ una strega, vende filtri magici… La vedo sempre che si avvicina di soppiatto alle persone per bene per stregarle con i suoi incantesimi…»

«Io so come si chiama, è Winry Rockbell!»

«E’ davvero troppo bella, non ha neanche un difetto! E scommetto che non si ammala mai grazie ai suoi poteri!»

«E’ una prostituta! Convince gli uomini a giacere con lei, in modo che il Demonio possa prendere possesso dei loro corpi e farli ammalare!»

«Io so che vive con due uomini, due fratelli, non è un segreto! Li avrà resi suoi schiavi!»

«No, no, anche loro sono dei servi del Demonio! Mi hanno detto che commettono atti impuri tutte le notti, tutti e tre insieme! Sono persone orribili, e non si vergognano delle nefandezze che compiono!»

«Portiamola dalle guardie! Portiamola dagli Inquisitori!»

«Dovremmo uccidere questa puttana!»

«Deve bruciare! Le streghe come lei ci contagiano con la peste! La malattia non finirà fino a quando non avremo eliminato gli untori!»

La gente inveiva sempre più furiosa. Il cerchio di persone le si stava stringendo intorno, e Winry era completamente terrorizzata.

Il prete aveva aizzato gli animi contro di lei, consapevole che sarebbe stato un ottimo capro espiatorio. Soddisfatto della reazione che aveva ottenuto dai cittadini, l’uomo la spinse facendola cadere a terra. Nell’impatto Winry lasciò andare il cestino con dentro i medicinali, che si rovesciò, perdendo tutto il suo prezioso contenuto. Le fiale si ruppero quasi tutte, ma al momento aveva problemi ben peggiori a cui pensare. La folla inferocita aveva iniziato a stringerla per le braccia, trascinandola sul terreno tanto da escoriarle le ginocchia, e a tirarle i capelli con forza.

Il predicatore, gettata la zizzania, si dileguò. Si persero completamente le sue tracce ma alla folla ormai non interessava più, avevano ben altro da fare. Punire.

Quella massa di persona probabilmente non aveva capito neanche metà delle accuse che erano state rivolte a quella donna, molti magari seguivano il corteo tanto per seguire la moltitudine, parlavano per sentito dire. Di tutta quell’orazione degna del vero e proprio tribunale, avevano compreso soltanto che lei era qualcosa di malsano e sbagliato e che andava eliminato. Quel subbuglio non era che il risultato di repressione, di tutta la morte che li circondava, di tutta la desolazione che opprimeva il loro cuore. La loro mente era soggiogata dall’ignoranza e forse anche dalla paura, perché non potevano opporsi a quel regime che gli veniva imposto, in nessuno modo riuscivano a liberarsene.

Così, Winry, trascinata da questa folla inferocita, non era più conscia della situazione. Si sentiva completamente inerme, in balia da una forza più potente di lei. La sorpresa di essere stata presa era stata forte, inoltre non avrebbe mai potuto immaginare una tale pressione sul suo corpo. I più audaci del corteo, quelli che "non facevano numero”, vedendosi avvantaggiati dal suo stupore e la sua docilità, avevano assunto gli atteggiamenti più offensivi e la violenza più pura e genuina. Sentiva sprazzi di dolori allucinanti, non comprendeva dove e come, ma avvertiva una sofferenza tale da farla urlare tanto forte da troncarle il respiro in gola. Solo per un istante pensò di ribellarsi, ma ormai era stata completamente sopraffatta da quella marmaglia informe. Notando la sua debolezza e poca lucidità era diventata preda di un potere più grande e alla folla codarda non basta niente per credersi più grande e soggiogare il singolo. La sua vista era annebbiata, al suo orecchio giungevano soltanto pochi degli insulti che lanciavano nella sua direzione. Chi non poteva agire fisicamente, sia per lontananza sia per codardia, ormai si era lanciato in fescennini di pura volgarità.

Si levò una timida voce «Al rogo la strega!», e da quella frase l’idea dilagò nella mente di tutti. Gli insulti passarono di secondo piano, sostituiti dal nuovo corale bisogno del popolo.

«Al Rogo l’ingannatrice!»

«Al Rogo la serva del Diavolo! Che le fiamme la consumino e la purifichino.»

Tutto era stato soppiantato da questa assurda follia, da questo obiettivo barbarico. La gente ormai era nella più completa foga, richiamando vicino a sé persone dalle case e dalle vie, che si univano al corteo senza nemmeno sapere di cosa si trattasse, ma partecipavano con non meno entusiasmo.

Ormai Winry non tentava nemmeno più di reagire. Si lasciava trasportare dalla folla, piangendo in modo incontrollato. I suoi «Vi prego… Lasciatemi andare…» erano un sussurro tra i singhiozzi che nessuno udiva. Era talmente frastornata che quando le mani furiose che la spingevano ad un certo punto la lasciarono di colpo, facendola cadere per terra, non si rese conto di cosa stesse capitando.

Immaginò che fosse arrivata al luogo in cui l’avrebbero uccisa in quel modo atroce… Fu così che si raggomitolò istintivamente su se stessa in posizione fetale in un infantile tentativo di proteggersi. Avvertì dei calci, e delle urla incomprensibili, le orecchie le fischiavano. Quando di nuovo si sentì afferrare per un braccio e tirata da una parte gridò atterrita pensando che fosse arrivata la sua fine, ma non aveva idea di cosa le stesse succedendo intorno.

«No, adesso la lasciate, avete capito? La lasciate subito! Non vi avvicinate!»

Con la vista appannata dal pianto, Winry sentì una voce che le diede una nuova speranza.

Edward.

 Edward era arrivato appena in tempo e si era buttato nella mischia non appena aveva visto cosa stessero facendo alla sua preziosa amica. Era stato lui a prenderla per un braccio e l’aveva trascinata dietro di sé, in modo che nessuno potesse toccarla. No, nessuno le avrebbe fatto del male, lui l’avrebbe protetta fino alla morte.

«Edward…» gemette lei, felice per il suo arrivo ma ancora sconvolta dalla situazione.

«Stai tranquilla, Winry. Nessuno ti farà niente, te lo prometto…» la rassicurò lui prima di urlare nuovamente voltato contro la folla «Andatevene! Lasciatela stare!»

«Tu non ti devi immischiare, hai capito?» tuonò una voce maschile tra la massa indistinta.

«Sì, lasciala! Lasciala, o fai una brutta fine anche tu!» continuò un altro uomo, questa volta proprio davanti a lui.

«E’ uno dei fratelli Elric!» urlò invece una donna «E’ l’amante della strega!»

«Ah, e così sei tu il bastardo che si scopa questa puttana… Non preoccuparti, farai una br…»

Il pugno che Edward sferrò tolse completamente il fiato all’uomo che stava oltraggiando Winry. Non poteva sopportare quelle parole, non su di lei, che era una ragazza straordinaria ai suoi occhi, anche se un po’ eccentrica rispetto a tutte le altre donne. Loro non la conoscevano, giudicavano e basta, e volevano ucciderla per colpe che non aveva… Era decisamente troppo. Accecato dalla rabbia, continuò a colpire in faccia la persona che l’aveva insultata, tanto che le nocche gli facevano male. L’uomo, preso alla sprovvista, provò a difendersi, ma il ragazzo sembrava non patire le percosse che riceveva in pieno viso.

Winry gridava senza controllo, gli urlava di smetterla, di portarla via. Quando vide fiotti di sangue rosso acceso colare copiosamente dal naso dell’amico, si coprì il volto con le braccia e si raggomitolò, avviluppandosi su se stessa. A quel punto nemmeno la voce rassicurante di Alphonse, che fino a quel momento non aveva nemmeno notato, la consolò.  In effetti il fratello era rimasto in disparte, e non si era buttato nella folla come Edward, accecato dalla rabbia. Dei due era il più riflessivo, e se c’era una cosa che non era in grado di fare era alzare le mani su qualcuno… Era più forte di lui.

«Winry… Alzati… Prendiamo Ed e andiamo via, prima che arrivino le guardie…»

La gente ormai non prestava più attenzione a loro, ma era interessata allo scontro che si stava svolgendo poco lontano.

Sarebbe stato di certo il momento ideale per filare via e in quel modo sicuramente si sarebbero salvati. Purtroppo Alphonse conosceva bene il carattere focoso del fratello e non si sarebbe arrestato fino a quando non avrebbe ridotto a brandelli quella marmaglia che aveva osato fare del male a Winry. Con tutto quel baccano che si stava inevitabilmente alzando sicuramente le guardie non avrebbero tardato ad arrivare e fare piazza pulita con le maniere forti. Questo non potevano permetterselo.

La situazione gli era sfuggita pericolosamente di mano. Avrebbero dovuto riparare il danno e anche in fretta, o quasi sicuramente avrebbe visto suo fratello pendere da una forca per quello che stava combinando.

Mentre Alphonse si struggeva per trovare un modo abbastanza risoluto per portare suo fratello e Winry al sicuro, Edward non stava di certo in ozio. Dopo le prime manifestazioni di violenza e reattività che quel giovane aveva mostrato, tutti si erano zittiti e avevano placato il loro sangue caldo. Erano rimasti stupiti da una tale reazione. Fino a quando avevano avuto il controllo della situazione, picchiando quella donna indifesa, fino a quando avevano sentito di essere superiori avevano tenuto la presa sulle loro condizioni. Appena avevano ricevuto quell’assaggio di resistenza, quella strenua, disperata e accanita voglia di proteggere quella donna, avevano lasciato perdere. Se non fosse stata per la quantità di gente che poteva a mala pena essere contenuta in quella piazza e per il mormorio che i loro gesti e movimenti producevano, ci sarebbe stato di sicuro in quei pochi momenti un silenzio decisamente imbarazzante.

Edward rimaneva eretto nella sua misera altezza, ma osservava tutti con un vero proprio sguardo di fuoco, lanciando fulmini dagli occhi. Era teso ed era pronto a continuare la lotta in qualsiasi momento. Non gli importava quando gli sarebbe costato, lui avrebbe protetto Winry da quella assurda faccenda. Al contempo però, non poteva non maledirsi. Era stata colpa sua se l’aveva esposta così, avrebbe dovuto stare più attento! Ma ormai era troppo tardi per i rimproveri…

Una campana riecheggiò nell’aria e riscosse la gente dal torpore. Quel suono religioso chiamava ai propri doveri il credente, e fu un segno che fece avanzare in avanti i più temerari.

«E’ solo un nanerottolo! Lo schiacceremo via!» Da una sola frase se ne riprodussero altre nello stesso tono, decise e violente.

Di certo una delle prerogative di Edward non era l’altezza e proprio questo difetto lo rendeva irritabile. Avevano toccato il tasto dolente.

«Chi hai osato chiamare in quel modo? Maledetto! Ti farò rimangiare le tue parole a suon di pugni!» Se prima era mediamente infuriato adesso aveva proprio toccato il colmo della sua ira. Stava per avventarsi contro quella massa informe, quando fu prontamente afferrato da una spalla e trascinato brutalmente via.

«Maledetto! Lasciami! Adesso gliela faccio pagare a quei bastardi!»

Le guardie fortunatamente non li videro e lo schiamazzo e il polverone della folla furono questa volta a loro vantaggio, perché riuscirono a sfuggire senza farsi vedere e sentire dalle sentinelle. Alphonse, in un atto disperato e quanto mai risoluto, aveva trascinato suo fratello via da quella incombente situazione, portando con sé Winry semisvenuta.

Il suo era uno sforzo immane di sopravvivenza. Edward era ancora lontano dal rinsavimento – tra il “nanerottolo” e le angherie su Winry non si capiva proprio quale fosse stata la mossa peggiore – e la ragazza era evidentemente provata da quello che aveva dovuto subire.

Correva via da quel posto, prendendo vicoli e strade sempre più desolate. Piangeva ma non poteva fermarsi a urlare, la sua era una corsa per la vita.

Il sole si era alzato, la giornata era ormai entrata nel vivo, e le campane suonavano in ogni angolo per annunciare l’inizio delle messe. Per una volta non ci sarebbero andati, e ne avevano un buon motivo.

Quando arrivarono nella loro casetta, ad Alphonse sembrò di aver corso per appena un paio di minuti, quando in realtà aveva attraversato mezza città con il cuore in gola. Buttò malamente dentro casa il fratello e Winry, sbarrando la porta con un pesante chiavistello. Come se volesse essere sicuro che nessuno avesse potuto entrare da lì, si mise con la schiena appoggiata all’uscio, e solo dopo qualche respiro affannoso si lascio scivolare sul pavimento, più rilassato.

L’esperienza che aveva appena fatto lo turbava comunque in maniera feroce. Lui non era una persona che digeriva facilmente la violenza. Ogni volta che era costretto ad assistere alle esecuzioni non riusciva a stare fermo, si sentiva vuoto e angosciato. Adesso che era stata la sua famiglia ad essere presa di mira, era andato letteralmente nel panico. Stava così male da sentirsi nauseato, e il suo intero corpo tremava.

«Ragazzi… Io… Non voglio che succeda mai più…» balbettò sull’orlo di una crisi di pianto.

Non ricevette risposta.

Winry si era accasciata sul pavimento, troppo scioccata per reagire, mentre Edward camminava furibondo avanti e indietro per la stanza, noncurante delle proprie ferite. Aveva le nocche sbucciate, e il sangue ormai secco gli sporcava le labbra e il mento. Sull’orbita sinistra si stava formando una grossa ecchimosi violacea e gonfia, e i capillari esplosi avevano colorato una parte della sclera dell’occhio di un inquietante rosso vivo.

«Me la pagheranno… Sono solo dei creduloni, dei bastardi… Come hanno potuto farle del male…»

«E’ colpa dell’epidemia, lo sai…» rispose Alphonse diplomatico «La gente non sa quello che fa… Siamo tutti nervosi, tutta la popolazione lo è…»

Edward preferì non obbiettare. Non voleva mettersi a discutere anche con suo fratello, che, pensandoci a mente lucida, lo aveva tirato fuori dai guai. Preferì concentrarsi sulla povera Winry, che sembrava paralizzata sul pavimento. Non aveva mai passato un’esperienza del genere, non si era mai sentita così vicina alla morte. Molte volte l’avevano insultata o derisa, ma quella volta le persone che la odiavano si erano spinte troppo oltre, e non scherzavano. Avrebbe potuto essere uccisa, aveva rischiato di morire malamente per non aver fatto troppa attenzione… E Edward ci era finito di mezzo…

«Ed…» lo chiamò, dopo che lui le si era fermato vicino e stava cercando di farla alzare a fatica «Ho avuto tanta paura… Se non foste arrivati voi, mi avrebbero… Hanno detto… Che sono una strega, e volevano bruciarmi…»

«Stai tranquilla, è tutto a posto. Adesso mettiti a riposare, ne hai bisogno.» le disse gentilmente per calmarla.

Quando finalmente alzò lo sguardo verso di lui in segno di riconoscenza, il sorriso le si spense subito sulle labbra. Il viso dell’amico era completamente pesto, e per questo avvertì un forte senso di colpa, doloroso come una pugnalata. Edward si era ferito al volto per colpa sua.

«Mi… Mi dispiace tanto…»

Winry gli accarezzò lentamente il viso con la punta delle dita tremanti, per non fargli male. Vedere tutto quel sangue sul suo viso e quell’occhio malridotto le provocava una gran sofferenza. Era troppo affezionata alla sua famiglia, cos’avrebbe fatto senza di loro, ora che era scomparsa anche nonna Pinako?

«Ti stai preoccupando troppo, non mi sono fatto niente, anzi, mi aspetto che da un momento all’altro mi arrivi un tuo schiaffo, non so perché…»

Il tentativo di Edward di sdrammatizzare la situazione andò a buon fine: la giovane bionda abbozzò un sorriso mentre si lasciava accompagnare a letto.

Nessuno dei tre poteva immaginare se la folla sarebbe venuta a cercarli o meno. La loro casa non era un posto sicuro, e non potevano fare altro che sperare, sperare che la gente li avesse già dimenticati, e che avesse sfogato la rabbia in altro modo. Non potevano presagire che il loro desiderio si sarebbe avverato, e che una seconda vittima innocente sarebbe caduta sotto i colpi rabbiosi della furia cieca di un popolo disperato e disposto a tutto.

 

 

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Alice_and_Lolly