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Autore: Alice_and_Lolly    02/02/2015    4 recensioni
Dentro quelle silenti mura, in quella città di pietra di nome East City, tutto era immobile, tranne qualcosa. Figure ammantate scivolavano veloci per le strade ormai deserte e buie. Riuscivano ad orientarsi alla perfezione, svelti e furtive. Se qualcuno le avesse viste le avrebbe scambiate per scure sagome del Diavolo. Quello che stavano per fare era di certo un’accusa in più nei loro confronti. Erano due giovani uomini, che si nascondevano nella notte, cercando di evitare di fare il benché minimo rumore. Se qualcuno li avesse visti sarebbe stato un problema, un problema davvero enorme per loro. Sapevano che stavano correndo dei rischi, in gioco c’era la loro vita, tuttavia non potevano fermarsi. La causa a cui si erano votati era essenziale, forse più importante della loro stessa vita.
Edward Elric, il maggiore dei due fratelli, ne era fermamente convinto. La scienza non poteva essere fermata.
Genere: Angst, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Riza Hawkeye, Roy Mustang, Winry Rockbell | Coppie: Edward/Winry, Roy/Riza
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Salve a tutti! ^^

Grazie per essere passati a leggere questa storia, spero non ne rimaniate delusi.

Siamo Alice J Raynor e RedLolly, e abbiamo deciso qualche giorno fa di tentare un piccolo esperimento, ovvero una collaborazione per una fan fiction AU in cui tratteremo un argomento alquanto delicato e su cui tutte due abbiamo fatto qualche ricerca e che in un certo senso ci affascinano: la Caccia alle Streghe e L'inquisizione. Cercheremo di descrivere situazioni storicamente accurate per quanto possibile, legandole ad un anime/manga che ci piace particolarmente, ovvero FMA, cercando di mantenere i personaggi più IC che possiamo.

Speriamo che apprezziate, il nostro lavoro, lasciateci tante recensioni, ci fareste felici!^^

 

Alice e Lolly

 

PS1: Questa long fiction tratterà di argomenti delicati tra cui la religione. Le due autrici dichiarano di non voler in alcun modo né offendere il credo di nessun lettore, né di offendere la religione in generale.

 

PS2: I personaggi di Fullmetal Alchemist non appartengono alle scrittrici, ma a Hiromu Arakawa.

 

 

 

 

Verità e Dannazione

 

 

Prologo

 

Appena la notte giunse a oscurare il mondo, appena ogni soffio di luce si perse nella grandezza del firmamento, qualcosa si mosse.

Tutta la gente, in un unico istante, al suono della campana del coprifuoco, era sparita nelle proprie case. Chi ce l’aveva almeno. Appena apparve la notte nella mente delle persone iniziarono a sorgere i dubbi e la paura. L’oscurità era il dominio del male, dell’ignoto, di tutto ciò che era meglio seppellire. Le tenebre erano il regno della tentazione in tutte le sue forme. Dagli angoli potevano emergere ladri, assassini e ogni sorta di pericolo. Nella coltre delle ombre poteva emergere una figura di pura seduzione, una sagoma di infinita violenza, un fantasma di pura avidità. Barricandosi nelle case, in quelle che doveva essere il caldo e sicuro focolare domestico si pensava di poter evitare tutto. La casa rappresentava il nucleo, il bagliore di una luce che rifulgeva nel buio. Anche se la corruzione e l’invidia di certo non mancava, soprattutto nelle famiglie più altolocate, si pensava che il simbolo stesso della croce potesse prevenire qualsiasi male.

E se il male fosse stato in questo?

E se il male risiedesse altrove?

L’ignoranza forgiava quelle credenze così radicate nell’uomo che sembrava innaturale e insano il solo pensiero che tutto quello potesse essere sbagliato.

La vita non aveva né passato, né presente. Tutto era proiettato in un futuro. Un avvenire di eterna dannazione o di infinita gloria.

Tutto era scandito dal suono delle campane, le loro metalliche litanie stabilivano il tempo e i doveri di ognuno.

Quel potere incombeva su tutto il paese, trattenendolo nelle sue grinfie d’acciaio, e se non aveva il rispetto di qualcuno, lo prendeva con la violenza screditando, scomunicando e uccidendo.

Dentro quelle silenti mura, in quella città di pietra di nome East City, tutto era immobile, tranne qualcosa.

Figure ammantate scivolavano veloci per le strade ormai deserte e buie. Riuscivano ad orientarsi alla perfezione, svelti e furtive. Se qualcuno le avesse viste le avrebbe scambiate per scure sagome del Diavolo.

Quello che stavano per fare era di certo un’accusa in più nei loro confronti.

Erano due giovani uomini, che si nascondevano nella notte, cercando di evitare di fare il benché minimo rumore. Se qualcuno li avesse visti sarebbe stato un problema, un problema davvero enorme per loro. Sapevano che stavano correndo dei rischi, in gioco c’era la loro vita, tuttavia non potevano fermarsi. La causa a cui si erano votati era essenziale, forse più importante della loro stessa vita.

Edward Elric, il maggiore dei due fratelli, ne era fermamente convinto. La scienza non poteva essere fermata.

I due continuarono silenziosi per i vicoli meno in vista della città, camminando in punta di piedi. Il posto in cui dovevano recarsi non era molto lontano da dove si trovavano in quel momento, e se i loro calcoli non erano errati ciò che cercavano doveva essere ancora lì.

Durante la giornata, spesso dovevano interrompere il loro spinoso lavoro per recarsi a stupidi eventi in città, avvenimenti a cui né Edward, né suo fratello Alphonse, né la loro preziosa amica Winry Rockbell avevano voglia di partecipare. La società, tuttavia, imponeva l’adesione a messe, processioni e condanne a morte, che in quel periodo oscuro, straziato dal morbo della peste, si susseguivano senza sosta anche più volte al giorno. Non potevano permettersi di ignorare questo genere di celebrazioni, dato che la loro posizione era già piuttosto delicata. Se al contrario del resto dei cittadini, non si fossero fatti vedere in quei momenti, la gente avrebbe avuto un buon pretesto per denunciarli alle autorità come eretici, e ciò significava solo una cosa: tortura e morte.

Fu così che proprio quel pomeriggio, videro qualcosa di interessante, mentre si incamminavano dietro ad una processione di flagellanti, fingendo di pregare ferventemente per la fine della pestilenza che stava affliggendo East City, quando ormai tutte le loro speranze di mettere fine a quella scia di morte risiedesse nella scienza e non nella fede.

Avevano studiato assieme il percorso durante la cena, per arrivare senza farsi vedere alle due nuove fosse comuni che erano state appena scavate vicino al consueto cimitero.

La peste non stava nemmeno accennando a mietere meno vittime nonostante le continue preghiere collettive, anzi, ogni giorno che passava sembrava che morissero sempre più persone. Il flagello di quel paese non si arrendeva, non impallidiva davanti a quelle morti. Continuava a mietere e mietere, senza alcun ritegno per l’età o il sesso. Tutti erano uguali davanti a quella furia funerea, tutti venivano sfigurati e uccisi senza che niente cambiasse da individuo a individuo. Colpiva uomini e donne, credenti ed eretici, ricchi e poveri… La punizione divina colpiva indistintamente, facendo fuoriuscire dalle menti deboli di ogni individuo la parte peggiore e animalesca del suo essere. Per quanto i superstiti mostrassero il loro volto in piena luce, con punizioni e flagelli di ogni sorta, nelle tenebre rubavano le proprietà altrui, temevano gli altri e uccidevano senza sosta i propri nemici. La situazione era nel più completo Caos, nel disordine più accecante. Sembrava non esserci più nessuna uscita da quella bolgia di sofferenza e gli uomini invece di aiutarsi a vicenda, non facevano altro che distruggersi indirettamente tra di loro. L’egoismo regnava nei cuori colmi di paura.

L’unica soluzione risiedeva nella scienza e nella ricerca, che veniva ostacolata da tutti e condannata.

Con grandissima perizia, i due fratelli iniziarono a scavare, provocando soltanto un sussurro nella notte. Edward si impegnava con più solerzia, deciso a portare presto a termine il suo lavoro, pronto a mettere fine presto a quel tormento; suo fratello agiva con più solennità. Mentre compieva quel gesto meditava sulla morte di quelle povere persone, si scusava del disturbo che avrebbe provocato al loro riposo. Tuttavia era determinato nel suo lavoro perché era sicuro di aiutare migliaia di persone in quel modo. Se avessero trovato una cura, il merito non sarebbe andato soltanto a loro ma anche a quelle povere persone che si sarebbero sacrificate per quell’ideale.

Edward con il suo modo di fare impetuoso cercò di non commuoversi davanti al corpo senza vita che era pronto a infilare in un sacco, senza nemmeno soffermarsi a studiare il volto, Alphonse, al contrario, prese tra le sue braccia il corpo piccolo e prematuro di una giovane bambina. Guardò il suo volto cereo, l’espressione felice mentre il viso era deturpato e consumato dalla malattia, sporco di terra. La tenne un lungo istante tra le sue braccia, inerte, fissando con straziante dolore e infinita sofferenza quel corpo piccolo e gracile, schiacciato dalla bruttezza di quell’epidemia.

Era completamente immerso in quel dolore, e per un attimo pensò di non poter far niente, credette di essere completamente inutile per quella causa. E proprio per quello avrebbe dovuto impegnarsi di più in quel momento. Ogni volta che vedeva un corpo, siglava questa promessa, ma mai fu come quel giorno, mai fu così forte. Forse perché il corpo apparteneva a una bambina, forse perché mai si era accorto realmente dello scempio che lo circondava.

Edward cercava di non guardare, cercava di non vedere quella sofferenza. Si era fin troppo impressa nella sua mente e avrebbe voluto evitare di mostrare i suoi sentimentalismi. Lui sapeva di dover andare avanti, sapeva che con la sua impulsività ed energia avrebbe dovuto trascinare anche il fratello.

«Dai, Al…» sussurrò con la voce più bassa possibile cercando di spronarlo «Facciamo in fretta, non abbiamo molto tempo.»

«Sì, scusami.»

Per Edward, Alphonse era un libro aperto, ormai lo conosceva, sapeva che era dotato di una grande sensibilità e si emozionava facilmente, arrivando a diventare addirittura maldestro in certe situazioni. Questa volta però non potevano permettersi nemmeno un errore e il fratello era evidentemente molto teso. Ne avevano viste a decine di condanne a morte, molte persone sfortunate erano state torturate e uccise nei modi più crudeli, bruciate vive o annegate, con accuse di eresia o stregoneria. Trafugare dei cadaveri faceva parte delle cose che la Chiesa considerava dei sacrilegi punibili con la morte, dato che i corpi dei defunti erano sacri e inviolabili. Se li avessero scoperti li avrebbero costretti a fare delle confessioni assurde, le stesse che avevano sentito pronunciare prima dell’esecuzioni delle pene capitali. Edward non credeva mai ad una parola quando sentiva i condannati chiedere perdono al Signore per azioni che era impossibile compiere. C’era gente che aveva ammesso di aver sparso la peste grazie a delle sostanze fornite da Satana in persona, chi aveva ucciso dei neonati per creare un veleno da mettere nelle ostie consacrate, chi aveva reso sterili animali e giovani donne, chi volava sulle scope per raggiungere i Sabba per poi fornicare con i demoni… Assurdità senza nessun senso. Alphonse quand’era più giovane sembrava avere avuto qualche dubbio, e spesso aveva chiesto al fratello rassicurazioni sul fatto che nessuno avrebbe potuto rubargli l’anima facendolo riflettere in uno specchio maledetto, oppure renderlo sterile con un incantesimo. L’altro gli aveva sempre risposto ridendo che erano sciocchezze, e che sotto tortura si potevano confessare le cose più terribili senza in realtà averle mai commesse. Per fortuna si era poi pian piano convinto anche lui e seguiva ciecamente Edward nel compiere le sue ricerche da molti anni, mentre per la Chiesa aveva sviluppato un timore viscerale.

«Andiamo, dobbiamo essere a casa prima i galli inizino a cantare.»

Edward si incamminò tenendo la parte anteriore del sacco pieno e pesante, mentre Alphonse teneva la parte posteriore. Ora si muovevano molto più lentamente di prima, erano impacciati, ed era più facile fare rumore. Se il sacco fosse caduto avrebbero rischiato di svegliare qualcuno o di attirare qualche malintenzionato, ladro o assassino che fosse. Di tanto in tanto si dovevano appoggiare ai muri dei vicoli puzzolenti che stavano percorrendo e trattenere il fiato con il cuore in gola. Più volte sentirono passi e schiamazzi, ad un certo punto anche il grido di una ragazza spaventata dietro un angolo. Edward dovette trattenere se stesso e il fratello per non correre in soccorso di quella sfortunata sconosciuta di cui non avrebbero mai conosciuto la sorte. Dovettero continuare a con il cuore spezzato deviando il percorso in uno stretto vicolo che puzzava spaventosamente di latrina.

Proseguirono ancora, la strada sembrava non finire mai. La loro casa non si trovava in città, ma in un posto più periferico, vicino al bosco, in modo da non venire disturbati, lontano da sguardi indiscreti e soprattutto dalle chiese e dai tribunali. Era vero che il fatto di vivere una vita ritirata non avrebbe giocato a loro favore se avessero dovuto essere accusati di qualcosa, eppure avevano deciso di correre comunque il rischio.

Quando distinsero a fatica nel buio la loro agognata dimora, entrambi tirarono un sospiro di sollievo. Ce l’avevano quasi fatta, mancava solo un piccolo sforzo…

Giunto a destinazione, Edward aprì la porta di legno lentamente per non farla scricchiolare, e poi si infilò all’interno delle mura domestiche, tirandosi dietro il fardello che avevano depredato. Alphonse respirava affannosamente per lo sforzo, ma ormai non c’era più bisogno di fare silenzio. Winry era sveglia, non dormiva mai quando loro andavano via di notte. 

Anche la presenza della ragazza poteva essere pericolosa. Loro cercavano di proteggerla come meglio potevano, ma la sua bellezza, il suo isolamento e il fatto che vivesse con loro era spesso interpretato male dalla società, che voleva le donne in età da marito fidanzate, o già sposate e votate a diventare angeli del focolare, mentre lei condivideva la casa con due giovani uomini che non erano nemmeno suoi parenti.

 Winry Rockbell era parte della famiglia per gli Elric. Era ormai quasi una donna, i capelli biondi e il volto sarebbero stati lodati dai poeti per la raffinatezza dei tratti, quasi angelici. Non Edward. Quando sentiva affermazioni del genere lui spesso sbuffava, scocciato di questi elogi. La ragazza mostrava spesso un carattere energico, che non si faceva problemi a mettere in riga i due fratelli con i modi più rudi. Era il suo comportamento abituale per dimostrare il suo affetto. Loro erano una famiglia. Lei assumeva atteggiamenti e modi di fare che mai si sarebbero sognati in un'altra casa. Mostrava quell’atteggiamento perché sapeva di non essere pregiudicata da loro, sapeva di poter essere se stessa senza che l’additassero come meretrice, o la considerassero inferiore.

Per quanto fosse ormai notte inoltrata, lei era lì, ad attenderli. I capelli sciolti, disordinati, il viso stravolto e assonnato, ma i suoi occhi erano ardenti e ansiosi. Lei aveva paura per loro, si preoccupava troppo.

Li accolse come suo solito, parlando in modo altero ma non abbastanza forte per farsi sentire all’esterno, anche se era evidentemente minacciosa.

«Dove siete stati? Volete farmi preoccupare?»

E a entrambi diede il suo benvenuto, lanciando a entrambi i primi oggetti che le capitarono sotto tiro, un mestolo e una tabacchiera vuota, che finirono rovinosamente contro la parete. Quella volta la sua preoccupazione aveva vinto la ragione. Aveva bisogno di sfogarsi. Quello era il suo modo per dimostrare il suo affetto, per non piangere, per non essere debole. Era perfettamente al corrente di ciò che poteva accadere e temeva per la sua famiglia.

Edward scrollò le spalle, cacciando in quel modo le domande insistenti della ragazza. Era il suo modo di fare, il suo modo per non cedere alle emozioni. Non era il tipo.

Alphonse cercò di essere più gentile, come spesso gli capitava.

«Winry, non ti devi preoccupare. Riusciremo a cavarcela, piuttosto tu, sei sicura di voler continuare a vivere con noi?»

Quelle proposte erano una routine, una cerimonia. Persino Edward rimaneva in silenzio appena veniva posta quella domanda. Al diavolo la scienza, al diavolo loro, ma non lei. Lei era più importante di qualsiasi cosa e il solo pensiero che potesse star male… Che gli potesse essere riservato uno di quei trattamenti che aveva visto troppo spesso nelle pubbliche piazze… Non voleva nemmeno pensarci!

Winry ribatteva, con forza.

«Al, perché mi fai questa domanda ogni volta? Per me siete l’unica cosa che conta e vi seguirò ovunque! Zitti, questo è il mio modo di aiutarvi!»

E a questo punto Edward interrompeva «Non abbiamo mai chiesto il tuo aiut-»

La donna per non urlare, sussurrò con tutta la minacciosità che poteva avere, con un espressione che esprimeva tutta la sua decisione «Secondo te ho bisogno del tuo consenso per decidere di aiutarvi?»

La discussione sarebbe stata lunga, sicuramente. Ne discutevano molto ogni volta.

«Ne parleremo dopo, abbiamo un lavoro da fare.»

Quella frase decretava che per un momento Winry avrebbe dovuto aspettare. Il suo volto rimase fisso per qualche secondo, per poi incupirsi. Annuì piano, poi si avvicinò ai fratelli per aiutarli a portare dentro il sacco. Sapeva già cosa contenevano, l’odore putrido che il loro prezioso tesoro emanava era inconfondibile. Le prime volte le era venuta voglia di vomitare tanto le saliva la nausea, eppure pian piano si era abituata, per non mostrarsi debole e aiutarli al meglio.

La loro casa, non era fortunatamente troppo piccola, aveva ben tre stanze, cosa che rispetto ai normali bugigattoli in cui le persone di rango sociale non troppo elevato si ammassavano. Una volta era appartenuta a Pinako Rockbell, la nonna di Winry, una vecchia signora eccentrica, che aveva cresciuto la nipote dopo che i suoi genitori erano mancati durante i primi casi di peste. Era una donna testarda e autonoma, che non si era mai fatta mettere i piedi in testa dalla Chiesa, si rifiutava di andare alle messe, non si confessava mai, ma era generosa e amava aiutare le persone in difficoltà. Non esitava a regalare agli indigenti quel poco che riusciva a tenere da parte del raccolto del suo piccolo orto, conosceva molti rimedi a base di erbe che produceva personalmente… Arrivò quindi a dividere la casa con Trisha Elric, la madre dei due fratelli, nel momento in una fredda notte d’autunno quest’ultima aveva bussato piangendo alla sua porta, cacciata e denigrata da tutti poiché senza marito e con due bambini piccoli da accudire.

Quando erano morte, prima Trisha, a causa della peste e poi nonna Pinako, finita nelle mani dell’Inquisizione per essere poi condannata a compiere un pellegrinaggio da cui non fece mai ritorno, una ferita nei cuori dei tre giovani aveva iniziato a sanguinare. Per questo erano così determinati. Già da ragazzini avevano visto in faccia che cos’erano la morte, la Chiesa, la malattia. Almeno quest’ultima poteva essere sconfitta, Edward ne era più che sicuro, doveva solo trovare il modo, lo doveva a sua madre…

«Winry, hai lasciato accese troppe candele, potrebbero vedere che siamo svegli.»

«Adesso ne spengo qualcuna… Tanto penso che andrò a dormire, se come al solito il mio aiuto non vi serve.»

«Vai, tranquilla… Qui ci pensiamo noi.»

I tre posarono il sacco su un tavolo di legno che si trovava nella piccola stanza che faceva loro da laboratorio. Li aspettava un lungo lavoro che sarebbe durato fino al mattino, quando poi avrebbero dovuto disfarsi dei corpi nella foresta non troppo lontano. Nonostante l’apparenza, quell’operazione era più sicura rispetto al recupero, poiché tutti avevano paura di andare nei boschi. Si raccontavano un sacco di leggende su lupi mannari, orchi e altre creature malvagie che uccidevano chi vi si addentrava, e questo timore della popolazione giocava tutto a favore dei fratelli Elric. Oltretutto le tombe che scavavano erano sicuramente più dignitose per i defunti rispetto alle fosse comuni della città.

Appena le luci si attenuarono, appena i passi di Winry si bloccarono, sicuri che fosse andata ormai a dormire, i fratelli iniziarono il loro lavoro. Nella semioscurità della stanza, circondati dall’odore dei corpi morti i fratelli iniziarono il loro lavoro. Sulle pareti del laboratorio, anche se oscurate dalle tenebre, si potevano scorgere dei lembi di carta. Avevano tracciato con la precisione di un astronomo, la mappa sui corpi. Avevano studiato a lungo l’anatomia umana ed erano giunti a conoscere ciò che la Chiesa si rifiutava di accettare e di credere. Quella prova per loro era stata quella definitiva, quella che li aveva fatti smuovere dal dubbio e fatti cadere nel baratro della consapevolezza.

Ormai conoscevano a memoria i dedali del corpo dell'uomo e proprio per questo avrebbero dovuto comprendere la natura del male che sterminava le persone. Esaminavano gli effetti, cercavano una soluzione. Sperimentavano e ricercavano, senza alcuna sosta. Avevano deciso ormai di dedicare tutta la loro vita in quella lotta. Erano sicuri di poter elaborare una cura e una soluzione a quelle morti.

A loro non interessava se le persone li guardavano con sospetto e cautela, loro facevano il necessario per non essere condannati e per quanto comprendessero l’ignoranza della gente prima o poi, con la loro cura, erano sicuro di riuscire ad aprirgli gli occhi, e con la cura avrebbero scacciato quella diffidenza.

Le tenebre gli impedivano di vedere ancora il volto di quelle persone, li aiutava a estraniarsi dai sentimenti e l’etica comune che avrebbero ripugnato uno studio del genere.

Ma non si sarebbero fermati.

Studiavano ancora per vedere il sorriso della gente.

Studiavano per rendere l’indipendenza e la conoscenza alle persone.

Studiavano per ostacolare quel regno opprimente e tirannico.

Avrebbero assicurato a Winry la pace. Avevano sempre impedito che li aiutasse, non volevano farla soffrire. Aveva già fatto molti sacrifici per loro e per un lavoro del genere ci voleva una determinazione ferrea.

I fratelli avrebbero continuato in quell’intento. Anche se Alphonse spesso si tormentava, anche se Edward spesso si irritava per nascondere i suoi sentimenti, avrebbero continuato.

Lavorarono sino al mattino, ininterrottamente. Da quando ormai portavano avanti quel progetto dormivano sempre più raramente e male. Erano inseguiti dai fantasmi della coscienza e dal terrore di essere scoperti.

Edward spesso scacciava tutti quei pensieri, asserendo che fosse solamente soggezione. Lui non credeva nei fantasmi come non credeva nella Chiesa.

Tutto quello per lui erano scuse per non procedere con il suo lavoro.

E questo non poteva permetterselo.

   
 
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