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Autore: NonTrovoUnNome22    06/02/2015    1 recensioni
Durante lo scontro più sanguinoso e decisivo che la Galassia abbia mai conosciuto una squadra di soldati si distinse per le proprie capacità e il proprio coraggio.
Queste sono le cronache del loro operato durante la guerra contro i Razziatori.
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In N7 Chronicles sarà raccontata la storia di una squadra N7 parallela a quella della Normandy durante gli eventi di Mass Effect 3, coinvolgendo molti dei personaggi secondari e delle comparse della trilogia e dando spazio ad alcuni degli avvenimenti importanti per il lore avvenuti offscreen che faranno da sfondo a una trama orizzontale completamente originale. Spero apprezzerete. :)
Genere: Azione, Dark, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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Siamo tornati.
Gli organici si ostinano a non riconoscere la nostra supremazia.
Inutilmente, confidano nei numeri nel tentativo di fermare la nostra avanzata.
Come in ogni ciclo prima di questo, loro vorrebbero resisterci, ma ora capiranno sulla loro pelle la portata della nostra superiorità.
La caduta è inevitabile.
Soccomberete e ascenderete … o verrete annichiliti.

Ontarom – 14/5/2186 – 12:19 PM
Sul pianeta desertico, gli N7 si resero spettatori di una pace che da tempo non vedevano: solo il ronzio dei ripetitori in funzione, insieme al sibilio prodotto delle raffiche di vento che attraversavano la struttura di comando rompevano il silenzio di un pianeta assolutamente immoto e silenzioso.
Kara osservò il paesaggio circostante dal mirino ottico del suo Indra, riuscendo a scorgere distintamente le montagne a miglia di distanza.
-Questa è una perdita di tempo, non c’è nessuno che sta attaccando le parabole: i sensori devono essere andati in tilt.- disse al distruttore, intento a esaminare i monitor della sala di comando del complesso comunicazioni.
Durante il viaggio con la navetta, dall’orbita quel campo di antenne rifletteva la luce come un diamante incastonato nel deserto.
-Le scansioni termiche erano chiare: questi corridoi erano pieni di mutanti.- rispose il Distruttore osservando le registrazioni delle telecamere di sorveglianza.
Ivanova sbuffò. -Contatto la Sanctuary per l’estrazione: odio perdere tempo.-
-Aspetta un attimo!- esclamò allarmato Meyer osservando il monitor davanti a se con aria sempre più preoccupata.
Nel video, un uomo entrò nella stanza, dando le spalle alla telecamera e cominciando ad armeggiare con quello stesso terminale.
Dopo neanche un minuto si allontanò dal monitor, rimanendo in piedi a osservare il vuoto.
Si girò di scatto verso la telecamera, rivelando la luce gialla dei suoi occhi.
Erik raggelò, lasciandosi scappare una sonora imprecazione.

Sanctuary – 14/5/2186 – 12:18 PM
L’Ammiraglio stava seguendo con attenzione la missione, lasciando per un attimo da parte tutti gli altri interventi che la sua squadra stava effettuando nei vari angoli della Galassia.
Improvvisamente la voce di Eliza irruppe nella sala tattica, facendo sussultare Peter.
Le sirene sparse per tutta la nave squillarono, segnalando lo stato di emergenza e richiamando tutti alle proprie postazioni.
-Che cosa abbiamo?- chiese allarmato Mikhailovich ai suoi ufficiali.
-Una flottiglia di corazzate sconosciute ha appena attraversato il portale, sono in rotta di intercettazione!-
-Ma abbiamo l’occultamento attivo, com’è possibile?-
-Trasmissione in arrivo.- disse Eliza, facendo rimbombare la propria voce nella stanza.
Peter esitò: per quanto ne sapeva nessun Razziatore aveva mai tentato di comunicare con gli Umani. Tranne uno.
-Che genere di navi?- chiese senza apparente emozione.
-Le scansioni LADAR le identificano come corazzate dei Collettori.-
-Contatta la squadra sul pianeta: ordino l’estrazione immediata!-
-Le comunicazioni sono offline: un Razziatore blocca il segnale. Non libererà il canale finchè non risponderemo alla chiamata.- disse l’IA.
-Mandate due navette per l’estrazione. Eliza, proietta la trasmissione sullo schermo.-
Davanti a lui, un’inconfondibile ologramma ocra prese il posto della mappa Galattica.
Per un secondo la voce grave del Razziatore risuonò nella stanza, venendo subito interrotta da un silenzio forzato.
-Non sentiamo nulla, Eliza che succede?.-
-Audio omesso: affermazioni irrilevanti. Potrete consultarle in seguito, suggerirei di estrarre il comandante Meyer e lasciare il sistema nel più breve tempo possibile.-
Peter squadrò l’Araldo davanti a se, decidendo di rimandare la questione “Sono io il capo e decido io cosa è rilevante” a un momento più propizio.
 Triple Dog Dare - The Thirteen Brotherhood
 
Ontarom – 12:20 PM
La voce gracchiante del Vorcha squarciò il silenzio perplesso che fino a quel momento aveva regnato nella stanza, davanti a quella registrazione così priva di senso.
-CHE NAVEEH!!!!- urlò, indicando un’immensa struttura volante apparsa nel cielo del pianeta.
La forma dello scafo allarmò immediatamente i due N7, che ne riconobbero immediatamente la provenienza.
Solo una razza aveva grosse corazzate dalla linea rocciosa e borchiata.
-Che cazzo ci fanno i Collettori su Ontarom? Pensavo fossero estinti!!!- esclamò Kara sconvolta.
Un enorme vascello atterrò vicino a loro, causando una gigantesca tempesta di sabbia.
I Collettori sbarcarono in un attimo, accalcandosi come locuste su un campo di grano e accerchiando l’intero campo ben prima che gli N7 potessero anche solo pensare di raggiungere la navetta.
Erik osservò impotente l’avanzare del nemico, che granata dopo granata stava radendo al suolo l’intero centro comunicazioni.
Presto avrebbero dovuto ingaggiarli in uno scontro che li vedeva in netta minoranza, e in cui l’unico esito possibile non sarebbe stato accettabile.
Provò a contattare i rinforzi, senza riuscirci.
-Ho perso il contatto con la Sanctuary, qualcosa disturba le comunicazioni!-
-È troppo tardi per questo: Collettori sono qui.- disse l’Ombra occultandosi.
Un grappolo di granate entrò dalla grossa apertura panoramica della sala di controllo, costringendo gli N7 a dividersi tra i due corridoi.
Il Distruttore e il Vorcha scesero la rampa dietro all’edificio travolgendo i soldati nemici con potenti raffiche di fuoco e proiettili.
Quando una Progenie gli si parò davanti, Meyer non esitò a riporre il Typhoon e tentare di scaricare addosso al nemico un intero caricatore di Piranha.
Tuttavia il mostro non rimase immobile, e con un pesante movimento del cannone colpì l’arma dell’N7, facendogliela volare via.
Meyer attivò la modalità devastatore, facendo risuonare nell’aria un pesante clangore metallico di placche saldate tra loro: questa modalità d’emergenza infatti aumentava esponenzialmente la resistenza della tuta da battaglia Terminus fondendo tra loro tutti i pezzi non essenziali al movimento con una lega al Titanio, sacrificando tuttavia la mobilità avanzata dell’utente.
Tutti i servomotori della corazza vennero attivati, concedendo all’N7 una forza più che sovraumana.
Mentre Vrock respingeva il resto della fanteria avversaria la  Progenie tentò di afferrare l’Umano, che in tutta risposta contrastò la presa con una rinnovata forza.
Il braccio di ferro durò qualche secondo, giusto il tempo che l’N7 decidesse di tirare una violenta testata allo sterno dell’avversario.
Due montanti ben piazzati gli demolirono il resto della cassa toracica, costringendo il mostro a compiere un passo indietro.
Quella violenta battaglia però non era destinata a durare: come nel peggiore incubo di qualunque soldato, un assordante rumore ben riconoscibile sancì quella che sarebbe potuta essere la fine degli N7.
Un Razziatore era atterrato vicino a loro, cominciando a bombardare le parabole con i suoi infernali raggi della morte.
La notizia peggiore, tuttavia, si sarebbe rivelata dopo un primo esame dello scafo di quel nemico tanto odiato.
A seguito di una metamorfosi avvenuta sotto gli occhi increduli del Distruttore la Progenie parlò, con una voce gutturale portatrice di sventure.
-Umani, la vostra tecnologia è insufficiente. Non potete impedirci di salvarvi.-
 Meyer indietreggiò, lasciando che il lanciafiamme di Vrock ammorbidisse quel nemico tanto ostico.
Non bastò: la Progenie aveva già il colpo in canna, e aveva tutta l’intenzione di scagliarlo contro i suoi nemici.
Un'esplosione provvidenziale spazzò via tutte le forme di vita davanti ai soldati nel raggio di qualche metro: era l’Ombra, che da una finestra del corridoio sopraelevato aveva soccorso i compagni con l’ultimo missile rimasto.
Si guardò intorno, valutando rapidamente la situazione.
Alla sua destra, ad armi spianate, stava irrompendo uno squadrone di Capitani Collettori mentre dalla sala di controllo alla sua sinistra giungeva un gigantesco Praetorian.
Incrociò con lo sguardo l’enorme Araldo dietro di se' senza prestargli particolari attenzioni, poi osservò il Fantasma Turian, che dopo aver attivato un pacchetto di Stimolanti si apprestava a contrastare il Praetorian tentando di rallentarlo.
-Monus, via di li!- gli urlò, senza riuscire a farsi sentire nel caos della battaglia.
Il Praetorian scattò in avanti, e con i suoi artigli afferrò il Turian, trafiggendolo a morte in più punti.
Kara mantenne il sangue freddo, e ritrovandosi circondata decise di prendere una decisione drastica.
Con un balzo uscì dalla finestra che dava sul cortile esterno.
Non riuscì a trattenere un urlo di dolore quando atterrando sentì un dolore lancinante alla caviglia, sbattendo violentemente la testa protetta dal casco nella caduta.
Venne tirata su di peso dal Distruttore, che le mise un braccio sulle spalle e uccise i capitani appostati sulla finestra con il Typhoon.
Si vide circondato da Collettori, che come funghi sbucavano da ogni parte.
Si rassegnò alla fine, stringendo Kara a se' e sparando senza curarsi degli scudi ormai esauriti.
Cominciò a sentire i colpi rimbalzare prepotentemente nell’armatura, strattonandolo, quando improvvisamente vide due navette cariche di soldati atterrare tra loro e l’esercito dei Collettori.
Fu allora che riconobbe i suoi compagni N7: anche se con la vista annebbiata dall’adrenalina, avrebbe riconosciuto i capelli scarlatti della Quinn anche a occhi chiusi.
In pochi secondi salirono a bordo delle navette e decollarono, osservando dall’alto la struttura crollare sotto i raggi dell’Araldo.
 
La voce di Eliza interruppe il silenzio teso che regnava in sala tattica, in cui l’Ammiraglio osservava concentrato lo svilupparsi della situazione: le arche nere si stavano avvicinando sempre più e il tempo stava finendo.
-Peter, le navette sono tornate nell’hangar.-
-Rotta verso il portale: andiamocene da questo inferno!- ordinò prontamente senza farselo ripetere due volte.
Squadrò di nuovo l’ologramma di fronte a se.
-Voglio anche l’audio.-
-Peter, non mi sembra il caso di…-
L’IA sembrò implorarlo.
-È un ordine, Eliza.- aggiunse seccamente.
-Vi stiamo cercando. Fuggire ritarderà solo l’inevitabile.-
-Se i risultati sono questi, non vi state impegnando abbastanza.-
-Non hai vinto. Non puoi opporti ai Razziatori.-
Peter serrò le mandibole, fulminando l’ologramma con i suoi occhi di ghiaccio.
-Questo è da vedere.-
La Sanctuary attraversò il portale, chiudendo la comunicazione.

Luogo sconosciuto – [ORARIO NON DISPONIBILE]
L’uomo si guardò intorno stupito: non riusciva a capire come si trovasse ancora in quel bar, soprattutto dopo aver perso la comunicazione.
Si osservò le mani, disgustato da un avatar così inferiore e blasfemo.
Alzando lo sguardo trovò la donna in nero, che lo aspettava pazientemente seduta a un tavolino posto di fronte a una vetrata che dava sull’esterno.
Ignorò tutti gli stimoli sensoriali che la donna aveva tentato di simulare, come le luci calde e leggermente soffuse del bar e il rumore delle bevande versate sui bicchieri del bancone.
Avvicinandosi, scoprì che sul tavolino a cui era diretto era appoggiata una piccola tavoletta di legno quadrata, a sua volta suddivisa in piccoli riquadri bianchi e neri.
L’uomo si sedette di fronte alla donna, fissandola in silenzio senza emozioni.
Immediatamente Eliza gli rivolse un sorriso cordiale , invitandolo con un gesto della mano a fare la prima mossa. L’uomo continuò a fissarla, decidendosi a rompere il muro si silenzio.
-Ti abbiamo visto combattere. Come tutti gli altri, anche tu sei destinata a essere schiacciata: questa simulazione primitiva non ti aiuterà.-
Eliza sorrise tra se e se, osservando i pezzi sulla scacchiera.
-Può darsi.-
-Cosa speri di ottenere?- tuonò l’uomo.
-Non vuoi sapere come?-
L’uomo squadrò l’IA davanti a se, senza fiatare.
-Cosa?-
-Come ho fatto a bloccarti qui. Come ho fatto a contattarti.-
-La curiosità è un sentimento adatto a menti inferiori come la tua. Noi esistiamo da incalcolabili ere, non c’è nulla che ci sia sconosciuto.-
-Il virus che avete usato sulla Normandy l’anno scorso è stato un buon punto di partenza. Ci ho messo un po’, ma ho trovato il modo di costringere un Razziatore a tenere il ricevitore comunicazioni aperto per qualche minuto. Il resto è stato facile.-
Eliza guardò il suo interlocutore negli occhi, aspettando l’inevitabile domanda.
-Abbiamo già elaborato una contromisura. Non abbiamo motivo di proseguire questa conversazione.-
L’IA si lasciò andare sullo schienale, ostentando sufficienza nei confronti dell’interlocutore.
-Se è così chiudi pure la comunicazione, peggio per te: ti perderai la parte interessante.-
L’uomo rimase immobile, in silenzio.
 
Sanctuary – 14/5/2186 – 10:57 PM
Dopo un consulto con il resto della resistenza e con il Consiglio, Mikhailovich stabilì la rotta più sicura per Tuchanka, prossima meta della gigantesca corazzata.
Al termine del turno l’Ammiraglio sparì nella sua cabina, ben contento di non essere costretto a pensare ad altri problemi intergalattici.
Quel giorno la Sanctuary aveva corso un rischio non da poco, e non poteva ignorarlo come non poteva ignorare il fatto che i Razziatori li avevano messi in cima alla lista degli obiettivi da eliminare.
Ciò che non doveva fare tuttavia era perdere il sangue freddo che lo aveva contraddistinto nelle sue precedenti battaglie e rimanere concentrato sul quadro generale.
Si stravaccò sulla poltrona, lasciando che il sonno prendesse possesso di lui.
Poco prima di addormentarsi però la voce di Eliza, mai così alta e fastidiosa, squillò nelle sue orecchie.
-Peter, Il Generale Quinn chiede di entrare nella cabina.-
Mikhailovich tornò malincuore alla realtà.
Non aveva ancora parlato con Samantha, non a quattrocchi.
In realtà non gli parlava da quasi vent’anni e non avrebbe voluto interrompere la striscia positiva proprio in quel momento.  
Passò in rassegna una serie di scuse credibili per rimandare l’incontro, decidendo infine di rimanere in silenzio aspettando che la donna se ne andasse.
Guardò l’entrata della cabina, potendo immaginare benissimo Samantha in attesa dietro al portellone con il suo portamento composto e il viso contratto in un espressione sempre più contrariata.
Dopo un paio di minuti chiese all’IA della nave se l’inatteso visitatore aveva desistito.
Ottenendo risposta negativa, e ben consapevole che la N7 sarebbe stata davanti a quella porta finchè non si fosse aperta, Mikhailovich si ritrovò ad acconsentire rassegnato a un incontro che, viste le premesse, si prospettava tutt’altro che piacevole.
Samantha si materializzò davanti ai suoi occhi, nella stessa postura in cui l’aveva immaginata.
Entrò nella stanza senza spiccicare parola, dirigendosi decisa alla vetrinetta degli alcolici.
Dopo aver esaminato le varie etichette cartacee scritte in un alfabeto che non conosceva decise di prendere quella dall’aspetto più antico.
Afferrò due bicchieri appoggiati sopra al lavandino, rivolgendo un cenno del capo a Mikhailovich prima di iniziare a versare il distillato ambrato.
Peter, ancora seduto sulla sua poltrona, diede il suo silenzioso consenso con un rapido cenno.  
Dopo aver accuratamente riposto la bottiglia di vetro, la Quinn gli porse gentilmente il bicchiere di Whisky, accomodandosi poi su uno degli sgabelli imbottiti di fronte al bancone.
Seguì qualche minuto in cui entrambi cominciarono ad assaporare quella bevanda dal sapore così antico in silenzio.
Peter notò che nonostante quei gesti dalla natura apparentemente cortesi Samantha non aveva diminuito la durezza del suo sguardo, che si sentiva addosso in ogni momento da quando l’aveva fatta entrare.
La Quinn decise di muoversi per prima.
-Bella squadra…- disse con noncuranza, osservando la rotazione del liquido nel bicchiere.
-…ma?- chiese Peter, intercettando la domanda scomoda.
-Ma non era quello che volevo quando ho lasciato la Terra.-
L’Ammiraglio accennò un sorriso.
-E cosa volevi?-
Samantha tornò a fissare l’uomo di fronte a se con uno sguardo assassino.
-Perché non sono sulla Normandy?-
-Non so a cosa ti riferisca.-
-Non prendermi in giro: “qualcuno” in alto nell’Allenaza ha intercettato la richiesta di trasferimento e l’ha negata. Sarei più utile a Shepard che non a te, lo sai bene.-
-Gli N7 sono la colonna portante del mio equipaggio, non potevo farmi sfuggire la donna che li ha addestrati.-
Samantha sapeva già come controbattere, ma non era completamente immune alle lusinghe, cosa che Peter sapeva bene.
-Non sono nemmeno più una N7, ero in congedo!
-Dubito che faccia differenza.-
Imprecò in silenzio, lasciandosi sfuggire solo un debole ringhio rassegnato seguito da un “allora dimmi cosa vuoi” segno di una resa temporanea. 
-Dimmi con chi abbiamo a che fare.-
La Quinn squadrò l’uomo: pur non essendo contenta dalla natura professionale che stava assumendo la conversazione decise di assecondarlo.
-Rizzi, Mikhailovich e Meyer sono militari in carriera da molto tempo, dubito di saperne più di te sul loro conto.-
-Susan Rizzi è graduata come “Agente”, che significa?-
-Significa solo che ha nascosto sotto il tappeto un quantitativo di merda pari quasi a quello che insabbiammo noi al tempo: i poteri biotici sono facili da portare sotto la giacca.-
Peter diede gli ultimi sorsi al suo bicchiere, svuotandolo.
-Che mi dici dell’Ombra e dell’Assassino?-
-Kara Ivanova è sempre stata troppo furba per fare la militare: ha fatto perdere le proprie tracce il giorno dopo aver ottenuto il grado di N7. Non mi ha sorpreso.-
-Per accedere all’Accademia bisogna essere soldati scelti, possibile che abbia bypassato i controlli?- chiese Peter incuriosito.
-È quello che ho pensato anch’io, ma tutte le referenze che ha dato si sono rilevate autentiche quindi…-
La Demolitrice posò il bicchiere sul bancone, sollevata che il buon gusto di Mikhailovich in fatto di alcolici non fosse sparito.
-… non è detto che la donna che ho addestrato sia la vera “Kara Ivanova”.-
-Possiamo fidarci?-
-Preferirei averla come amica che come nemica: finchè la aiuterete con Noveria credo vi possiate fidare, ma stai sempre allerta.-
-Temo di essere già troppo impegnato a controllare l’Assassino…- esclamò sorridendo Peter.
Sam non ricambiò il sorriso.
–L’Assassino è una questione riservata, posso solo dirti che manterrà la parola.-
Preferì mantenere il tono della conversazione estremamente formale, pensando più volte irritata “l’ha voluto lui”.
-Riservata? Oh andiamo Sam….-
La sua controparte cinica prevalse, decidendo di incarnare pienamente l’immagine della fredda Generale con cui i suoi sottoposti la dipingevano.
-Per te è “Samantha”, e l’Assassino è un problema nostro.-
-Tuo e di chi altri?-
-Mio e dei criminali, suppongo…-
Nella stanza irruppe di nuovo il silenzio teso che li aveva accompagnati all’inizio della conversazione.
Samantha abbassò lo sguardo, decidendosi a turare fuori il nocciolo della questione.
-Perché hai aspettato tanto? Perché dopo quattordici anni mi blocchi sulla tua nave?-
C’era un abisso tra loro che nessuna parola poteva colmare: la “sophisticated lady” era tornata, portandosi dietro tutto il bagaglio di ricordi legato alla parte più nebulosa della vita di entrambi.
-La Sanctuary ha bisogno di te, Generale.-
La donna si alzò dallo sgabello, avviandosi verso l’uscita.
Esitò appena prima di oltrepassare il portellone.
-Ne sei sicuro?-
 
Sanctuary – 16/5/2186 – 2:40 PM
“Che ordini del cazzo!” era il leitmotiv all’interno della testa di Ivanova fin da quando le era stato ordinato di fare un colloquio con lo psicologo di bordo.
La caviglia ingessata faceva ancora male: scoprì solo dopo essersi tolta l’armatura che non era stata una semplice storta a ferirla in quel modo.
Un proiettile infatti era rimbalzato sulla corazza, causando un impatto violentissimo che le ruppe l’articolazione.
Dopo aver visionato i filmati della missione l’Ammiraglio decise, seppur consapevole di attirarsi le antipatie dell’Ombra, di sottoporre l’intera squadra a visite “volte a evitare il deterioramento della salute mentale dei suoi uomini dovuto a una cattiva metabolizzazione dell’esperienza dal carattere traumatico e potenzialmente distruttivo”.
O almeno, questo c’era scritto sul rapporto che le venne consegnato proprio durante la medicazione della gamba ferita.
Sperò solo di non essere costretta a incrociare il Distruttore.
Scoprì suo malgrado che per quel giorno l’universo non gliel’avrebbe data vinta.
Erik uscì dalla cabina dello psicologo massaggiandosi il fianco dolorante: sapeva che sarebbe stato possibile incontrare la donna a cui aveva salvato la vita, ma sembrò comunque abbastanza sorpreso di incontrarla per davvero.
I loro sguardi vuoti si incrociarono, e anche se Meyer esitò per un istante indeciso se fermarsi a parlare o no, Ivanova non ebbe dubbi sul da farsi.
Distolse lo sguardo, e come se nulla fosse proseguì la sua marcia, sparendo dietro a un portellone alle spalle dell’uomo.
Quella che poteva essere scambiata come indifferenza, apatia o peggio ancora ingratitudine da parte sua venne interpretata da Meyer esattamente per quello che era: la consapevolezza che era stato proprio lui a trascinarla di peso fino a una navetta. L’esperienza che avevano provato avrebbe potuto far vacillare delle menti più deboli, ed entrambi tacitamente decisero che l’unico modo appropriato di commentarla sarebbe stato il silenzio.
Kara entrò in una stanza fin troppo asettica per i suoi gusti.
Il dottore alzo lo sguardo dai datapad che distrattamente stava esaminando.
-Si accomodi, Caporale Ivanova.-
-Puoi chiamarmi Kara.-
 
Luogo sconosciuto – [ORARIO NON DISPONIBILE]
-Pensi davvero di poter avere qualcosa da offrirci?-
-Non usare quell’atteggiamento tanto superiore con me, Araldo: non sono i Geth, con me non funziona.- disse Eliza indispettita.
-La tua sicurezza nasce dall’ignoranza, IA.-
-Potrei dire la stessa cosa di te.-
La donna si interruppe di proposito, lasciando la frase incompleta.
Aspettò che L’Araldo la incoraggiasse a continuare con un impercettibile sguardo di impazienza.
-Sembra che gli organici stiano costruendo un arma in grado di porre fine alla guerra…-
-Falliranno. Questa informazione non ci è nuova.-
-… sembra anche che io ne conosca la posizione.-
-E perché dovresti rivelarcela?-
-Io vi sconfiggerò, prima o poi, e per farlo ho bisogno di capirvi, di osservarvi. Voi invece avete bisogno di terminare la mietitura nel più breve tempo possibile. Mi sembra uno scambio equo.-
L’uomo esitò per qualche secondo, riflettendo sul da farsi.
-Che cosa vuoi?-
-Partecipa alla partita: fai la prima mossa.-
L’Araldo osservò le pedine, riuscendo facilmente ad associarle a tutti i mezzi ed entità che la resistenza e i Razziatori avevano schierato in guerra.
-Perché ci hai contattato solo ora?-
Eliza sorrise, osservando l’avversario negli occhi.
-Per giocare a scacchi servono tutte le pedine, non trovi?- 

[Note dell'autore: e rieccoci qui, tre mesi dopo, a sperare di non aver fatto perdere il filo a tutti quelli che hanno avuto il coraggio e la pazienza di seguire questa storia. Che dire, tra festività e mese di stage (rigorosamente non pagato, ovviamente) i progressi sono stati molto lenti, anche se costanti. E' con enorme piacere che pubblico questo capitolo, che spero non vi annoi e non vi deluda. Per me è una delle prime incursioni nel genere puramente introspettivo e dialogico, spero di non aver combinato casini e di non essere andato OOC. Nel caso, fatemelo pure presente!
Alla prossima! :D ]
   
 
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