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Autore: Root    06/02/2015    8 recensioni
Avevo una cotta per te. Sei carino, ma non sei il mio tipo.
Quelle parole, Nico se ne rendeva conto perfettamente, non riuscivano neanche ad avvicinarsi a quel che erano i sentimenti che aveva provato per Percy. In quelle poche, insulse parole non era presente tutto il dolore che il figlio di Ade aveva provato, tutto quel che aveva fatto per Percy, tutto quel che aveva desiderato e non aveva mai potuto avere.
Eppure, fu proprio quel che disse.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono riuscita ad aggiornare presto, siete fieri di me? Mi è piaciuto tanto scrivere questo capitolo, perché io amo psicoanalizzare Percy, sul serio. Ho trovato difficle scrivere l'ultima parte, invece, perché il mio progetto iniziale era di finire col prossimo capitolo e quindi di sistemare le cose in questo, ma alla fine ho cambiato idea, per motivi che spero si capiscano leggendo questo capitolo qui. Quindi, insomma, sono un po' incerta sull'ultima parte.
Spero vi piaccia :D



Percy avrebbe dovuto seguirlo, avrebbe dovuto, senza pensarci due volte, affrettarsi a raggiungerlo e fermarlo, impedirgli di fare un altro passo lontano da lui. Invece rimase fermo, incapace di muovere un solo muscolo, a guardare Nico che si allontanava, mentre le sue ultime parole continuavano a ripetersi nella sua testa. Se si fosse trattato di chiunque altro, se fosse stato uno qualunque dei suoi amici, Percy non avrebbe esitato neanche un solo istante, sarebbe andato da lui e avrebbero parlato; anche se fosse stato lo stesso Nico, il Nico di prima, quello che non riusciva a stargli vicino senza voler fuggire il più lontano possibile, anche in quel caso Percy sarebbe corso subito da lui. Ma si mosse solo quando Nico fu sparito dalla sua visuale; si lasciò cadere a terra, sulla sabbia dell'arena e chiuse gli occhi. La signora O'Leary gli si avvicinò e si accucciò accanto a lui.
Le parole di Nico avevano avuto su di lui uno strano effetto, come se sentisse in sé una nuova consapevolezza che però non faceva altro che confonderlo maggiormente.
“Non farmi innamorare di nuovo di te”, Nico aveva detto così. Aveva detto "innamorare" e Percy non riusciva a smettere di pensarci. Quando il figlio di Ade gli si era confessato, aveva trattato l'intera faccenda come se non avesse importanza, come se, in effetti, i sentimenti che aveva provato per lui non fossero stati altro che una stupida cotta infantile. Ma adesso Percy non riusciva a togliersi dalla mente l'espressione con cui Nico lo aveva guardato prima, quasi lo stesse supplicando di non farlo innamorare di nuovo di lui perché non avrebbe potuto supportarlo, non un'altra volta.
Come aveva fatto a non accorgersene? Come aveva potuto essere così maledettamente cieco per tutto quel tempo?
Percy strinse forte i pugni, sempre più forte fino a farsi male, perché magari il dolore avrebbe potuto riportarlo alla realtà, avrebbe potuto aiutarlo a ritrovare la calma e ragionare come si deve. Lui non era bravo a ragionare; sarebbe stato capace -e, per la verità, lo aveva fatto più di una volta- di guidare una guerra contro entità mitologiche, ma quando si trattava di questo genere di cose si ritrovava completamente allo scoperto, un figlio di Poseidone in balia di una tempesta.
Tutto ciò cui riusciva a pensare era che le cose erano cambiate in un istante e che, forse, se lui si fosse stato zitto, non sarebbe accaduto affatto. Eppure, non era certo se sarebbe davvero stato meglio, o meno.
Ripensò a Nico che si sentiva tanto a suo agio con lui da lasciarsi andare, da ridere sonoramente e con l'animo leggero. Percy si era sentito come se fosse stato colpito da un secchiata d'acqua tanto fredda da sembrare calda, ed era stato sicuro che avrebbe potuto passare il resto del suo tempo così, a guardare Nico, le orecchie piene del suono della sua risata. E lo aveva pensato davvero, era stato sincero quando gli aveva detto che avrebbe cercato di dargli tutti i possibili motivi per ridere. Percy aveva visto il figlio di Ade preso dall'odio e dal rancore, e lo aveva visto preda del terrore del Tartaro; e quando -finalmente- gli era stato concesso di vederlo anche così leggero e felice, aveva in parte rivisto in lui il bambino petulante e spensierato che aveva conosciuto all'inizio e aveva pensato che nessuno che avesse visto il vero Nico avrebbe mai potuto temerlo, figlio di Ade o no.
Ottimo lavoro Percy, volevi fosse felice e invece ecco che hai combinato.
La signora O'Leary lo strappò ai suoi pensieri toccandogli il viso col muso umido. Percy aprì gli occhi e ricambiò le premure accarezzandola.
-Cosa dovrei fare secondo te?
Quella sera a cena, quando vide Nico, Percy sentì chiaramente il proprio cuore perdere qualche battito. Si sentì uno sciocco per aver pensato che il figlio di Ade non si sarebbe presentato, che sarebbe fuggito come avrebbe fatto una volta; invece, stavolta, quello che stava scappando era proprio lui.
Nico lo stava evitando, era chiaro; non guardò dalla sua parte neanche per un istante ed era teso mentre era seduto al suo tavolo con Jason. Percy sentì nascere dentro di sé, contemporaneamente, gli opposti desideri di alzarsi e rifugiarsi nella sua cabina per qualche tempo e correre da Nico per porre fine a quella situazione che lo stava letteralmente facendo uscire di testa, per potersi sedere con lui al tavolo di Ade come faceva ormai ogni giorno.
Dopo il coprifuoco, forse per abitudine o forse no, Percy fu davanti alla casa di Ade. Dovevano parlare, Percy lo sapeva, eppure non riusciva a convincersi a bussare. Se non lo avesse fatto, se non fosse andato da lui, Nico avrebbe potuto pensare che Percy non voleva più essergli amico, che oramai il loro rapporto era per sempre rovinato; e questa era l'ultima cosa che Percy avrebbe voluto accadesse. Ma cosa avrebbe dovuto dirgli? Non lo sapeva.
Se fosse andato da lui in quel momento avrebbe probabilmente finito per fare qualcosa di stupido, come abbracciarlo, stringerlo a sé ed impedirgli di allontanarsi di nuovo da lui e, sinceramente, non era certo di cosa sarebbe potuto succedere dopo.
Non poteva negare che ripensare a quel che Nico gli aveva detto gli scaldava il cuore e lo faceva sorridere come un idiota; perché la possibilità che Nico fosse innamorato di lui lo rendeva felice.
Se la sua vita fosse stata una di quelle sdolcinato storie d'amore che a sua madre piacevano tanto e che Annabeth odiava, a quel punto lui si sarebbe reso conto che era in realtà sempre stato innamorato di Nico, avrebbe bussato a quella dannata porta ed entrambi avrebbero avuto il loro meritato lieto fine.
Stava pensando a ciò mentre si allontanava dalla casa di Ade nel silenzio del campo addormentato. Camminava lentamente e, dopo qualche minuto, arrivò alla spiaggia. Non sperava che la risposta ai suoi problemi potesse arrivare dal dominio di suo padre, ma la presenza del mare lo aiutava sempre, in ogni situazione. Si stese sulla spiaggia, lasciando che la sabbia gli scorresse tra le dita e che l'odore della salsedine invadesse i suoi sensi. Si sentiva fortunato ad avere il mare così vicino al Campo, era un po' come se suo padre vegliasse sempre su di lui.
Lasciò che la sua mente vagasse per un po', ben consapevole di dove inevitabilmente sarebbe finita. Si chiese cosa stesse facendo Nico in quel momento; se lo immaginò seduto sul suo letto con le ginocchia sollevate e con il libro in mano, e sorrise. Come se improvvisamente avesse ritrovato in sé una nuova consapevolezza, sentì il desiderio di andare da lui in quel preciso istante; si trattenne, piantò bene i piedi nella sabbia e si costrinse a restare dov'era.
Negli ultimi tempi Percy si era ritrovato spesso a pensare al suo rapporto con Nico. Ricordava bene il senso di colpa che aveva provato nei suoi confronti per quel che era accaduto a Bianca -e che non era ancora riuscito a dimenticare del tutto- e sapeva che all'inizio era stato quello a spingerlo verso Nico, come se stargli vicino avrebbe potuto cancellare la morte di sua sorella. Poi c'erano stati i Titani e, dopo di loro, i Giganti e Percy non aveva avuto la possibilità -né la volontà, e si odiava per quello- di legare davvero con Nico. E poi c'era sempre stata Annabeth e Percy era così preso da lei, così convinto di amarla, che non si era mai davvero fermato a pensare se fosse vero. Era stato così facile amarla durante i tempi di crisi, quando era più il tempo che passavano a scappare e a uccidere mostri piuttosto che quello che trascorrevano nella tranquillità del campo a costruirsi una propria quotidianità. Quando la guerra era finita, né lui né Annabeth avevano saputo cosa fare di quella loro relazione costruita sul salvarsi la vita a vicenda.
Era cambiato tutto dopo che Nico gli aveva confessato quel che aveva provato per lui. Le parole che gli aveva detto quel giorno si sovrapposero, nella mente di Percy, a quelle di quel pomeriggio.
Era innamorato di Nico? La domanda sorse all'improvviso, spontanea come se si trattasse di un passaggio naturale del filo dei suoi pensieri. Percy non lo sapeva. Aveva pensato per tanto tempo di essere innamorato di Annabeth e per un po' aveva creduto di provare lo stesso per Rachel, ma si era sbagliato e quel sentimento che lui aveva pensato di sentire si era poi rivelato passeggero.
Percy strinse i denti. Non voleva che succedesse la stessa cosa di nuovo, non con Nico. Percy voleva poterlo amare nel pericolo e nella vita di tutti i giorni.
Percy non avrebbe saputo dire se quel che provava per il figlio di Ade era amore o no, ma sapeva con certezza che liquidarlo come semplice amicizia aveva per lui un sapore amaro.
Perché le cose devono essere sempre così difficili quando si tratta di amore? Forse Afrodite si stava anche divertendo a vederlo in quello stato.
-E' colpa tua, non è vero? Perché devi rendere sempre le cose tanto complicate? - sospirò, con gli occhi rivolti al cielo notturno.
Si addormentò disteso sulla sabbia fredda e la vicinanza del mare non fu sufficiente a tener lontani gli incubi.
Correva, come tutte la notti, non avrebbe saputo dire da cosa né verso dove e stavolta era solo, non stringeva alcuna mano nella propria. Sapeva di star sognando ma non riusciva a svegliarsi. Giunse ad una porta, una porta solida e nera e, per quanto bussasse non apriva nessuno; ma lui continuava perché sapeva che dietro di essa c'era la sua unica salvezza, l'unica cosa che avrebbe potuto riportarlo alla realtà. Poi il sognò cambiò e Percy vide Nico nel suo letto nella casa numero tredici, la fronte imperlata di sudore, le mani che stringevano convulsamente le coperte e i denti digrignati come se volesse imporsi ai suoi incubi.
Si svegliò di scatto, con l'urgenza di alzarsi e di andare da Nico. La luce del mattino lo colpì e costrinse a socchiudere gli occhi.
-Non è colpa mia, Percy, è l'amore ad essere così.
Percy trasalì quando la voce lo raggiunse, infrangendo il silenzio della sua mente. Conosceva bene quella voce, anche se gli pareva avesse qualcosa di diverso dall'ultima volta in cui l'aveva sentita.
Percy si voltò verso la dea; immaginò di non avere un'espressione molto cordiale dipinta in viso ma non era dell'umore adatto per fingere di rispettare gli dei e soprattutto non colei che lo stava facendo impazzire.
-Tu sei la dea dell'amore, se l'amore è così è colpa tua.- disse, ignorando il fatto che doveva suonare come un bambino capriccioso.
Afrodite scosse il capo e lo guardò gentilmente, come avrebbe guardato il suo cucciolo che aveva fatto qualcosa di male ma che non aveva il coraggio di punire.
-Io sono la dea dell'amore, sì, ma non sono l'amore stesso- disse. -L'amore ha le sue vie, che io conosco ma che gli appartengono.
Ma nelle quali puoi interferire come e quando ti pare e piace, pensò Percy, ma non disse nulla.
Continuò a osservare la dea, non ostile ma diffidente come lo era sempre quando aveva a che fare con le divinità. Non aveva dimenticato quel che Ares gli aveva detto anni prima: “lei non è comprensiva come me con la maleducazione”; saggiare l'ira della dea non era in cima alla sua lista di cose da fare.
Percy ricordava la prima volta che l'aveva incontrata, quando anche solo parlare gli era sembrata la cosa più complicata dell'intero universo. Ora che aveva quasi avuto a che fare più con divinità che con essere umani, era tutto più normale. Lei era sempre assurdamente bella e perfetta, ma Percy riusciva a sostenere il suo sguardo. Adesso sembrava diversa, anche se non aveva mai avuto un aspetto ben definito; Percy non ci badò più di tanto.
Afrodite sospirò e avanzò verso di lui lentamente, come se volesse farsi ammirare da un pubblico invisibile. Quando si fermò Percy fu sul punto di chiederle se volesse un applauso. La dea si sedette comodamente su una sedia da spiaggia comparsa dal nulla e gli sorrise amabilmente.
-Mi ero ripromessa di non intromettermi ma alla fine ho cambiato idea. Dopotutto è il mio lavoro- disse allegra. -E poi mio figlio continua a chiedermi di prendermi cura del figlio di Ade- accompagnò le parole con un gesto della mano cosicché anche Percy potesse comprendere quanto potesse essere fastidioso avere Cupido che ti gira intorno chiedendo aiuto. -Dopo quel che è accaduto in Croazia sembra gli sia molto affezionato- aggiunse poi a voce più bassa, parlando più a se stessa che al suo interlocutore.
L'attenzione di Percy era stata catturata nel momento in cui Afrodite aveva menzionato Nico.
-Cosa è successo in Croazia?- chiese, confuso.
-Oh, nulla di cui preoccuparsi!- rispose lei tornando a sorridere e agitando la bella mano per liquidare la faccenda.
-Dunque Percy, chiedimi pure quel che vuoi.
-Eh?- Percy la guardò ancor più confuso. Perché doveva essere sempre così difficile parlare con le divinità? Non potevano, una volta ogni tanto, degnarsi di essere più chiari? L'occhiata esasperata che la dea gli rivolse non contribuì esattamente a migliorare il suo umore.
-Hai dei problemi, no? E non cercare neanche di mentirmi perché non ne saresti in grado. E poi forse potrei sapere meglio di te quel che provi per Nico di Angelo.
Il fatto che non avesse smesso di sorridere mentre parlava faceva sembrare il tutto più minaccioso.
-Pensa a me come la tua consulente coniugale!- disse, e Percy evitò di fargli notare che da un consulente coniugale di norma si va in due e che, in ogni caso, non era lei la dea del matrimonio; tirare in ballo anche Era non avrebbe fatto altro che creare ulteriori problemi.
Il figlio di Poseidone non dubitava che Afrodite considerasse l'intera situazione come un gioco, un mero passatempo per divinità; se c'era una cosa che Percy aveva imparato nel corso della sua vita era che giocare con le vite dei semidei era la cosa che le divinità preferivano.
Per un istante gli balenò l'idea di chiedere direttamente alla dea se fosse o meno innamorato di Nico, ma la scartò immediatamente, sentendosi ridicolo solo per averci pensato. Non sarebbe stato giusto, sarebbe stato come barare; e lui voleva essere onesto con Nico e con se stesso.
Ci pensò per un po', poi chiese: -Perché quando ci incontrammo la prima volta mi dicesti che Annabeth era il mio vero amore?
-So che non è così.- aggiunse con sicurezza.
Afrodite lo guardò come se fosse il suo più grande orgoglio e, stavolta, per un attimo Percy abbassò lo sguardo.
-Perché sarebbe potuta esserlo- disse con naturalezza. -L'amore ha mille vie, Percy, e tu non puoi neanche scorgerne una. É per questo che è divertente osservare voi umani.
Il figlio di Poseidone ignorò l'ultima frase e, quando sembrò che Afrodite non avesse intenzione di riprendere a parlare, disse. -Non capisco.
-Ma è ovvio che tu non capisca, mio caro! Tu devi solo seguire il tuo cuore. Credo di avertelo detto anche quella volta.
-Sì, e io ho risposto che non sapevo dove stesse andando il mio cuore.
-E adesso lo sai?
Percy fu sul punto di risponderle “se lo sapessi non avrei bisogno di parlare con la dea dell'amore, no?”. Ma era un po' diverso da quella volta, come se dentro di sé ci fosse una parte che conosceva già la risposta alle sue domande ma che non voleva rivelarle prima del tempo.
-Non proprio.
-Ed è giusto che sia così- disse la dea, ancora con quel brillio di orgoglio e soddisfazione nei suoi occhi. - Tu limitati a seguirlo.
Ci fu qualche istante di silenzio in cui Percy cercò di riflettere sulle parole della dea e quest'ultima aspettava che giungesse ad una soluzione.
-Lascia che ti faccia una domanda, Percy. Tu vorresti che Nico fosse il tuo vero amore?
Percy la guardò per un attimo poi annuì, quasi senza accorgersene, e fu certo di star arrossendo.
-E allora non c'è problema, no?
Sembrava che quella sua confessione avesse reso Afrodite particolarmente felice e, a quanto pareva, la loro discussione era ormai terminata; la dea si alzò con un unico movimento elegante e la sedia sparì in obbedienza ad uno schiocco delle sue dita.
Percy sbatté le palpebre un paio di volte, sorpreso e confuso, e si sollevò anche lui.
Afrodite rise, una risata sonora e melodiosa che gli ricordò per un attimo quella di Nico.
-Sei ancora carino come una volta, Percy. E tu e Nico siete così carini che stavolta potrei davvero piangere!- disse, battendo leggermente le mani, eccitata.
-E, tutto sommato, sono contenta che nessuna delle mie figlie ti abbia spezzato il cuore, sai?
-Ehm, grazie.
Afrodite si guardò attorno con l'aria di chi ha terminato il proprio operato; cosa che, in effetti, aveva fatto.
-Bene, è giunto il momento di andare, mio caro. É stato un piacere parlare di nuovo con te.
Percy annuì e, finalmente, si rese conto di cosa c'era di diverso nell'aspetto della dea. Era sempre mutevole e perfetto in ogni sua forma ma Percy vedeva occhi e capelli neri e un viso pallido e bello; una volta aveva pensato che somigliasse ad Annabeth, e sorrise quando realizzò che in lei, adesso, vedeva Nico.
Prima di sparire, la dea gli disse allegramente:-Manda i miei saluti a mia figlia, mi raccomando!
Percy fisso per una manciata di secondi il punto in cui la dea era sparita e pensò che, per una volta, parlare con una divinità non era stato del tutto inutile. Non sapeva ancora con certezza se quel che provava per Nico era amore o meno, né sapeva se Nico era effettivamente innamorato di lui ma, se non altro, non sarebbe più scappato.


Percy aveva pensato di aspettare la sera per andare da Nico. Non avrebbe saputo darne una ragione precisa, ma era un po' come se quello fosse diventato il loro momento, il momento in cui il resto del mondo si spegneva e lasciava a loro disposizione tutto lo spazio e il tempo, e nient'altro esisteva se non loro due. Ma quando, qualche tempo dopo che Afrodite se ne era andata, si allontanò dalla spiaggia, i suoi piedi lo condussero direttamente davanti alla porta della casa di Ade.
Il Campo risuonava delle voci allegre dei semidei e Percy pensò che, per quanto potesse essere bello il silenzio della notte, era molto più bello vederlo così, sapeva molto più di casa.
Si fermò solo per un istante a guardare la porta nera, trasse un profondo respiro e sollevò il braccio per bussare. Nel momento stesso in cui lo fece la porta si aprì, e Percy ci mise qualche secondo prima di ricordarsi di respirare. Nico lo stava guardando negli occhi, e la sorpresa che Percy leggeva chiaramente in essi non fu sufficiente a celare del tutto la stanchezza.
Percy non sopportava quel tipo di silenzio, quello pieno di parole che nessuno ha il coraggio di dire.
-Ehi Nico.- disse. -Stavi andando da qualche parte?
Cercare di mantenere un tono tranquillo non gli stava esattamente riuscendo alla perfezione, ma Percy non se ne preoccupò più di tanto, perché Nico lo stava guardando con una punta di preoccupazione e Percy si maledì per non essergli corso subito dietro, per non avergli detto immediatamente che, qualunque cosa fosse successa, lui non lo avrebbe mai lasciato.
-In realtà stavo venendo da te.
-Oh.
Percy osservò Nico che si mordicchiava nervosamente il labbro e si sentì nervoso a sua volta. Non sapeva ancora cosa dirgli esattamente; il suo progetto era quello di fare fidarsi di Afrodite e dei suoi consigli e di seguire il suo cuore. Dopotutto era sempre la dea dell'amore, ne sapeva di certo più di lui.
-Ti va di venire con me?
Nico annuì lentamente. Percy gli sorrise, e il suo sorriso si ingrandì quando Nico lo ricambiò.
Camminarono fianco a fianco, in silenzio, entrarono nel bosco e giunsero fino al Pugno di Zeus. Durante tutto il tragitto non dissero una parola, e Percy continuò a lanciare occhiate a Nico, osservando il modo in cui camminava, con la schiena dritta e lo sguardo basso, il passo incerto come se non avesse ancora deciso se seguire o no Percy e dovesse costringersi a mettere un piede davanti all'altro.
Il bosco era un luogo tranquillo; forse per memoria dei tanti -troppi- mostri che l'avevano usata per penetrare nel campo, i semidei preferivano non andarci se non quando si trattava di giocare a caccia alla bandiera e per la corsa delle bighe. Quindi era uno dei posti migliori del Campo quando si voleva stare soli e godersi il silenzio e, in particolare, nei pressi del Pugno di Zeus, Percy sapeva che sarebbero stati tranquilli.
Il figlio di Poseidone si sedette sull'erba fresca e fece segno a Nico di sistemarsi accanto a lui.
-Cosa volevi dirmi? Hai detto che stavi venendo da me.
-Oh.- Nico fece una lunga pausa, come se si fosse dimenticato quel che voleva dire o avesse cambiato idea. -Volevo chiederti scusa.
-Per cosa?- chiese Percy scioccamente.
Nico arrossì e abbassò gli occhi sull'erba verde. Percy non era così stupido da non aver capito a cosa si stesse riferendo, ma attese che Nico parlasse.
-Pe-per aver detto... per aver reso le cose difficili tra di noi- disse, -Mi dispiace.
-Non hai bisogno di scusarti.- replicò Percy, e pensò che era buffo come i loro ruoli si fossero invertiti; Nico che gli porgeva le sue scuse e lui che le rifiutava. Percy pensava davvero che non avesse alcun motivo di scusarsi; anche se le sue parole improvvise ed inaspettate lo avevano fatto impazzire per un giorno e mezzo, il figlio di Poseidone era lieto che fossero giunti a quel punto.
-Piuttosto, dovrei essere io a chiederti scusa, come al solito.
Un giorno avrebbe provato a contare tutte le volte in cui si era scusato con Nico -o avrebbe dovuto farlo; probabilmente avrebbe impiegato molto tempo.
Prima che Nico ricominciasse a parlare, Percy proseguì: -Mi dispiace di non essere venuto subito a parlare con te.
Con sua sorpresa, Nico non scosse la testa, non gli disse che non aveva bisogno di scusarsi, ma accettò le sue parole in silenzio. Percy cercò di immaginare come Nico aveva trascorso quel giorno e mezzo in cui non si erano parlati; pensò a come doveva essersi sentito e gli venne in mente il sogno che aveva fatto quella notte.
-Avevo bisogno di riflettere.
-E ci sei riuscito?
-Non proprio- ammise, -Non è il mio forte, ragionare.
Percy sentì di aver ottenuto una piccola vittoria quando Nico sorrise apertamente e disse: -Decisamente no.
-Ehi, guarda che potrei anche offendermi, sai?
Percy fu indicibilmente sollevato da quello scambio di battute, ed ebbe improvvisamente la certezza che, in ogni caso, tra lui e Nico le cose sarebbero andate bene. E forse Nico aveva pensato la stessa cosa perché aveva smesso di osservare con interesse la terra ai suoi piedi e aveva riportato gli occhi su Percy.
Il figlio di Poseidone sospirò, poi si fece coraggio.
-Afrodite mi ha detto di seguire il mio cuore, ma io sinceramente non ho idea di dove stia andando.- iniziò, incerto. -Tu sai dove sta andando il tuo?
-Non credo di averlo mai saputo.- rispose Nico sinceramente.
-Ho pensato per anni di essere innamorato di Annabeth, che lei fosse il mio vero amore, e adesso... non so neanche se posso fidarmi del mio cuore.
Fece un respiro profondo. -Quel che mi hai detto ieri, Nico, mi ha fatto rendere conto di non sapere quel che provo per te.
Il figlio di Ade sgranò gli occhi e Percy avrebbe solo voluto abbracciarlo. Percy non si era davvero reso conto del peso che quelle parole avevano per Nico, che aveva sempre pensato di non avere neanche una possibilità, che Percy era e sarebbe sempre rimasto lontano ed irraggiungibile; e adesso, invece, quelle parole gli dicevano che, in realtà, una possibilità c'era.
-T-tu...?- balbettò, con un'espressione persa e scioccata e il viso sempre più rosso. Percy non poté impedirsi di sorridere mentre lo guardava.
Si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore.
-Nico. ..- iniziò; non sapeva esattamente cosa volesse dire, ma Nico lo interruppe.
-Io pensavo di averlo superato- ammise a voce bassa, quasi avesse paura che qualcun altro potesse sentirlo. -Pensavo di essermi finalmente lasciato alle spalle quel che provavo per te. E invece...- fece una pausa, abbassò la testa e i capelli scuri andarono a coprirgli il viso. -Io non lo so, Percy.
Sollevò la testa ed incontrò i suoi occhi. Aveva le guance rosse e un'espressione spaesata. Percy lo abbracciò, senza pensarci due volte. Nico ci mise qualche secondo per rilassarsi tra le sue braccia ma, alla fine, poggiò la fronte sulla spalla di Percy.
-Credo ci sia concesso di essere confusi per un po'- gli disse all'orecchio. -Sappi solo che, qualunque cosa accada, non ti libererai di me.
Nico si allontanò da lui per poterlo guardare, e Percy fu immensamente felice di vedere che sorrideva.
-Sarà meglio per te che sia davvero così.
-Non ti fidi di me? Potrei offendermi sul serio.- disse, e Nico si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
Restarono nel bosco ancora per un po', tranquilli e rilassati ed entrambi si convinsero ancora di più che, qualunque cosa fosse successa, le cose tra di loro sarebbero andate bene.

  
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