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Autore: Elly Priest    07/02/2015    1 recensioni
Alya si impose di camminare, ma, ad ogni passo, le forze la abbandonavano. Le gambe si erano fatte pesanti come piombo, il freddo si era insinuato fino alle viscere.
Vide le luci confuse di una casa e capí di essere a Fiume Basso, ma la stanchezza ebbe la meglio: si lasció cadere.
Sentí il gusto dell' asfalto in bocca, misto a sangue e neve sciolta.
Morire in quel modo, pensó, era davvero ironico: era sopravvissuta a risse peggiori, in condizioni pietose. Stava per andare al cospetto di Dio per mano di un teppista alcolizzato con smanie di potere.
Che schifo di morte.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pazzi, malati, emarginati. Cosí venivano denominate le persone diverse.
I Siberiani li chiamavano "Voluti da Dio": creature che parlavano la lingua degli angeli, puri di cuore e che sapevano amare incondizionatamente.
A Fiume Basso i Voluti da Dio erano liberi di essere loro stessi, le porte erano sempre aperte per accoglierli e potevano andare dove volevano. Venivano trattati con rispetto e riguardo, erano considerate persone speciali e preziose.
Fare del male, o uccidere, uno di loro era il peggior crimine che si poteva compiere, un atto ignobile e imperdonabile.
La pena era la morte.
"Vanno amati, rispettati, perché loro sono un dono. E i doni vanno apprezzati e protetti."
Chiunque osasse mancare loro di rispetto, non finiva molto lontano con una picca piantata nel cuore.
Sin da bambini, ai Siberiani veniva insegnato a considerarli membri effettivi della comunità e, soprattutto i giovani, avevano un compito in particolare: difenderli, anche a costo di morire.
Non sempre, però, era così: c'erano volte in cui la persona più inaspettata poteva fare una piccola cosa meravigliosa e salvare una vita.

Sentiva rumori distanti, voci. Era tutto ovattato e lontano come in un sogno, non capiva dove si trovasse.
Tra le dita sentiva qualcosa di liscio e morbido che profumava di pulito: una coperta. Alya riconobbe un leggero odore di disinfettante e fiori.
-Dottore, ci sono novità?
Una voce che le era familiare, sembrava preoccupata.
-Dobbiamo aspettare che si svegli. Ha perso molto sangue, ma si riprenderà, Gagarin.. vedrai.
Alya sentiva il fianco intorpidito e un leggero gusto di asfalto in bocca.
-Va bene, Dottore... Mi faccia sapere appena succede qualcosa.
Provó ad aprire gli occhi, ma riuscí a percepire solo i contorni di una sagoma sorridente che non conosceva, poi cadde di nuovo nell' incoscienza.
Oscurità totale.
Dal buio, la luce. Dalla luce, l' immagine.
Alya socchiuse gli occhi, tutto sfocato. I secondi passavano e gli oggetti prendevano lentamente forma.
Riconobbe una finestra aperta, un comodino, degli scaffali, un vaso di fiori: una comune camera da letto.
Provó a mettersi seduta, ma un dolore al fianco la fermò mozzandole il respiro. Si rese conto di essere fasciata, quindi era ferita. Sfioró la benda percependo il calore che emanava.
Tiró un profondo sospiro e si accasciò sul cuscino.
I pensieri erano confusi, ricordava a tratti ciò che era successo: delle voci, il freddo, il gusto del sangue in bocca. C'era la neve, ricordava anche questo.
Mentre cercava di fare mente locale, sentí dei passi. Dalla porta entrò una ragazza con un vassoio in mano. Aveva i capelli rossi, era magra e sorrideva.
Alya la identificò come la sagoma che aveva visto. Aveva più o meno la sua stessa età.
L' aveva già vista, era una ragazza arrivata da poco a Fiume Basso, ma non l' aveva ancora conosciuta di persona. Alya sapeva solo che era figlia di un medico, ma soprattutto una Voluta da Dio.
I due si erano trasferiti nella Transnistria perché durante il regime Comunista i disabili e i malati mentali venivano scartati dalla società, quindi a queste persone indifese spettava il carcere o l' esilio. Il padre di questa ragazza aveva deciso la cosa migliore per la sua amata figlia.
Tra i Siberiani, Xenia era stata accolta sin da subito come una persona speciale e questo rendeva entrambi molto felici.
In cambio dell' accoglienza, il medico e sua figlia si erano offerti di dare cure ed ospitalità a chiunque servisse.
-Alya é sveglia! Xenia ha portato il té, così può bere. Papá dice che la fará sentire meglio!
La rossa posò il vassoio sul comodino e porse una tazza ad Alya, che la prese riconoscente.
-Alya é fortunata ad essersi svegliata..
-Come sai il mio nome?
Alya riuscì a tirarsi su con qualche smorfia di dolore. L' altra si sedette sul bordo del letto stringendosi tra le spalle.
-Gagarin lo ha detto a Xenia!
-Gagarin...
Alya notó che sul comodino accanto al letto c'era un vaso di fiori: erano tulipani rossi e arancioni. Alzó piano la mano e carezzó i morbidi petali dei fiori.
I miei preferiti...
Alya rimase davvero stupita, perché non erano facili da trovare in Siberia, soprattutto nella loro zona.
Solo lui lo sapeva, Alya lo ringrazió in mente.
-Gagarin ha portato i fiori e Xenia li ha messi nel vaso!
Alya le sorrise.
-Brava, Xenia. Sei stata gentilissima..
La rossa volse lo sguardo altrove, pensierosa. Intrecció le mani.
-Gagarin è molto preoccupato per Alya! Viene sempre a trovarla..
Alya bevve un sorso dalla tazza.
-Davvero? Quanto sono stata incosciente?
Xenia ci pensó un attimo.
-Quattro giorni... Papá ha detto che Alya ha rischiato di morire, povera Alya!
Alya non rispose, frammenti di ricordi si stavano ricongiungendo ed iniziò a ricordare ciò che era successo.

Una rissa con dei Georgiani, "bastardi di prima categoria", come venivano chiamati tra i Siberiani. Questa volta, avevano avuto il coraggio di spingersi verso i limiti di Fiume Basso per cercare rogne.
Era sera e Alya stava tornando a casa dopo un' intensa giornata in città. Non vedeva l' ora di arrivare a casa, ma incontrò un gruppo di Georgiani che le sbarrarono la strada. Quella sera non aveva proprio voglia di scontrarsi, per quanto odiasse quella feccia.
-Ciao, bellezza... Per passare devi pagare un nuovo pedaggio. Sono duecento rubli!
Alya si stampò in mente quella brutta faccia con la cicatrice, il naso a punta e i denti sporgenti.
Duecento rubli. Non sanno proprio più cosa inventarsi per fare i duri! Che stronzi..
Alya era già abbastanza stanca e nervosa da essere capace di spellarlo vivo, ma si impose di mantenere la calma.
-Non ho soldi, sparisci.
Alya cercò di oltrepassarli, ma il capo del gruppetto la spinse indietro e la squadró per bene. Fece il grave errore di soffermarsi sui punti sbagliati.
-Bene, puttanella, allora non ci resta che trovare un altro tipo di pagamento..
Alya non rispose, strinse i pugni.
"L' onore prima della vendetta: ricordalo sempre, Alya."
ll Georgiano si leccó le labbra mentre i suoi seguaci ridevano, sicuramente ubriachi fradici.
Dannati sniffatori di colla!
La ragazza si preparó ad attaccare.
-Allora, Siberiana, facci vedere la tua..
Gli ruppe il naso.
Solo in futuro lei avrebbe saputo che quel teppista era un pezzo grosso che si faceva chiamare Ratto.
D' improvviso, tutti si mossero tirando fuori le armi, più stupiti che altro.
Alya fece scattare la sua lama. Lei era da sola con una picca, loro erano quattro con coltelli e mazze di legno.
Inutile dire che lei li stese tutti.
Uno dopo l' altro, i Georgiani erano a terra con nasi sanguinanti e legamenti tranciati. Ratto era l' ultimo rimasto in piedi e combatteva con un coltello. Pesante e letale, ma Alya era veloce, giocava d'astuzia e questo lo snervava.
Il Georgiano combatteva abbastanza bene per essere strafatto, ma non cosí tanto da metterla in difficoltá. Si parlava pur sempre di Alya ed era difficile, se non quasi impossibile, tenerle testa. Tuttavia, la ragazza preferiva mantenere nascosta questa sua qualità, di cui non andava pienamente fiera, solo in parte.
Tra gomitate e piedi pestati da parte della ragazza, Ratto si spazientì: le si avventó addosso affondando il coltello a casaccio. Alya non schivó, ma rispose tirandogli un calcio in faccia, e questo lo stese una volta per tutte.
La calma che seguì le sembrò irreale, il combattimento l' aveva stancata più del previsto e si rese conto di sudare anche se faceva veramente freddo. I Georgiani erano stesi a terra, svenuti e feriti.
Fece un lungo respiro per riprendere la calma, il vapore salí fino in alto unendosi al cielo scuro della sera. La neve scendeva lenta, si scioglieva sulla sua faccia accaldata dalla lotta.
L' adrenalina che le scorreva nelle vene cominciò a defluire e iniziò a percepire un pizzicore all' anca, ma non ci fece troppo caso.
Prese la via per tonare a casa, ma aveva una strana sensazione.
Fece un passo, sentí un viscido calore che scendeva per il fianco.
Fece due passi, arrivó il dolore.
Fece tre passi, vide sulla neve il coltello di Ratto, macchiato di rosso.
-Ma cosa..?
Alya si passó la mano sul fianco: sangue, una coltellata.
-Merda...
La ferita era profonda e perdeva troppo sangue per non essere grave. Alya iniziò a camminare a passo sostenuto, non mancava molto per arrivare, ma più andava veloce, più il sangue usciva.
Si diede della stupida per la sua imprudenza: riusciva sempre a cavarsela senza ferite rilevanti, così da non far sapere a nessuno dei suoi numerosi scontri.
Nessuno lo doveva sapere, non voleva che la notizia si spargesse. Alya non era il tipo che voleva diventare famosa per queste cose, ma questa volta doveva inventarsi una scusa veramente plausibile.
Soprattutto che fosse credibile agli occhi di Nonno Kuja, il che era praticamente impossibile. Scacció subito il pensiero, concentrandosi sulla strada. Presto, peró, la vista cominciò ad appannarsi e le ginocchia a tremare. Alya si impose di camminare, ma, ad ogni passo, le forze la abbandonavano.
Le gambe si erano fatte pesanti come piombo, il freddo si era insinuato fino alle viscere. Vide le luci confuse di una casa e capí di essere a Fiume Basso, ma la stanchezza ebbe la meglio: si lasció cadere.
Sentí il gusto dell' asfalto in bocca, misto a sangue e neve sciolta.
Morire in quel modo, pensó, era davvero ironico: era sopravvissuta a risse peggiori, in condizioni pietose. Stava per andare al cospetto di Dio per mano di un teppista alcolizzato con smanie di potere.
Che schifo di morte... 
Una sagoma si avvicinó, Alya non riuscí a capire chi fosse perché non vedeva più nulla. Sentí un grido, era un tono femminile e molto preoccupato.
-Papá, papá! Vieni presto!!
Percepí neve che scricchiolava e fruscii. Arrivò una seconda voce maschile, ma Alya era già svenuta: questa era l' ultima cosa che ricordava.

-Alya stava molto male quando Xenia l' ha trovata..
Alya si riscosse improvvisamente dal suo filo di pensieri.
-Cosa é successo esattamente?
Xenia ci pensò su un attimo, intanto Alya scorse la coda di un gatto fulvo ai piedi del letto.
-Xenia è uscita di casa per il micino che è scappato.. Xenia adora Misha!
Alya colse il nome della palla di pelo che era saltata sul letto con un miagolio.
-Misha è salito sull' albero, Xenia ha provato a farlo scendere.. Papá era in casa e non sapeva che Xenia è uscita. Papá dice sempre che Xenia non deve uscire da sola, cattiva Xenia!
La rossa si torse le mani e prese in braccio il gatto. Era enorme e come collare portava una piccola bandana rossa.
-Per terra ho visto Alya che dormiva.. Xenia era spaventata e ha chiamato papá! Ora Alya sta bene e Xenia é felice!
Alya sorrise sotto i baffi, sedici anni passati a sentirsi dire di difendere i Voluti da Dio, poi una di loro arrivava addirittura a salvarle la vita. Il fato era veramente ironico alle volte.
-Sono viva grazie a te, Xenia.. Sei stata bravissima, ti ringrazio.
La rossa sorrise sincera.
Misha si era divincolato dalle grinfie della ragazza e si avvicinó circospetto ad Alya, guardandola con i suoi occhioni verdi. Le miagoló contro.
-Che vuoi, palla di pelo?
Alya si mosse a malapena e sentí subito la ferita che tirava. Era anche grazie a quel gatto se era ancora viva, tuttavia non aveva mai nutrito molta simpatia per i felini.
Misha si strusció contro Alya spiaccicandole per bene la coda sotto il naso. La ragazza lo spinse via, ma il gatto tornó all' attacco, miagolante più che mai.
-Sparisci. Va' via!
Xenia rise di gusto mettendosi la mano davanti alla bocca, la sua risata era genuina e sincera.
-A Misha piace Alya ma ad Alya non piacciono i micini!
Alya dimenticò per un attimo la ferita e si lascio contagiare da quella risata, sorridendo a sua volta. Si sentiva già meglio ed era veramente felice di aver conosciuto questa ragazza che esprimeva innocenza e, allo stesso tempo, tenerezza.
"Quando sorridi, Alya, tutto si fa più chiaro e colorato. Lasciati andare per una volta e stai serena, perché questi attimi non tornano più indietro."
Alya diede subito ascolto alle parole di Nonno Kuja, una fonte di saggezza e consiglio.
Lo ringraziò mentalmente.
Alya si appoggiò al cuscino, lasciandosi cullare da quel momento di pace che Xenia le stava donando.
Per una volta, si sentí veramente felice.



Altri racconti del Ciclo Siberiano, disponibili sul mio profilo.
Della stessa raccolta: Educazione Siberiana, Solo la Morte ci Avrebbe Divisi, Perchè Nulla Vada Perduto, Il Volo della Colomba, Neve e Sangue, Sunkasha.
   
 
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