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Autore: Erule    07/02/2015    2 recensioni
Seguito di "Anchor".
Lydia si guardò intorno circospetta. Quel pomeriggio, Stiles era uscito con Scott ed Allison, mentre lei era rimasta a casa perché si era presa un bel raffreddore di stagione e con il naso che gocciolava, le ombre sotto gli occhi, le gambe tremolanti, non se l’era sentita proprio di uscire. Lydia Martin doveva essere sempre impeccabile, quindi tanto valeva non mettere nemmeno il naso fuori di casa. Ma poi, circa cinque minuti dopo che Stiles era uscito, nella sua camera l’aveva visto: un enorme ragno nero e peloso con otto zampe. Voi direte: che schifo! Invece, tutto quello che pensò Lydia fu: CHE ORRORE! La natura non aveva avuto il minimo gusto con quegli orribili animaletti. Così, aveva preso la mazza da baseball di Stiles e si era diretta a passo deciso nella stanza, convinta che sarebbe bastato un solo colpo per metterlo K.O.
Genere: Azione, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allison Argent, Derek Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Consiglio di ascoltare "Feels like coming home" di Jetta, mentre leggete :D

Capitolo 5
Hurting memories
 
Melissa, seduta sul divano, si passò una mano fra i capelli stancamente. Ormai erano le quattro del mattino. Se Stiles avesse voluto farsi trovare, l’avrebbe già fatto. Si ricordava ancora di quando lei e Rafe uscivano di nascosto, perché sua madre aveva paura che lei corresse qualche pericolo a stargli vicino, dato che lui era un agente di polizia. Era sempre tutto così magico, avvincente, nuovo. Il mondo era capace di sparire per ore, quando stava con lui. Si arrampicavano in cima alla collina più alta della città e lui le mostrava tutte le stelle, inventandosi nomi assurdi per tentare di colpirla, facendola ridere. Non credeva che avrebbe mai potuto ritrovare una sensazione del genere, di pace e di allegria, eppure era successo. A distanza di molti anni, adesso aveva John. Quella sera era stata davvero divertente. John era brillante, simpatico, gentile e lei ne aveva avuto davvero bisogno.
A proposito di John, lui non stava affatto bene. Stava camminando per la stanza da almeno mezz’ora, chiedendosi dove fosse andato a cacciarsi suo figlio. Lei aveva già pensato a sgridare Scott e gli altri per non averne parlato loro, ma la paura di perdere Stiles (di nuovo) era troppo forte per poter lasciarsi andare alla rabbia.
La porta di casa si aprì senza neanche cigolare. John si voltò subito, preoccupato ma speranzoso, il cuore scalpitante nel petto. Lydia entrò fermandosi di fronte alla porta, Allison e Scott dietro di lei. John lesse il risultato delle ricerche sui loro visi affranti. Allison sembrava dispiaciuta, Scott era quasi arrabbiato con se stesso, più che altro perché si sentiva in colpa, ma Lydia… Lydia era tutta un’altra storia. Lydia non si reggeva più sulle gambe, aveva gli occhi grandi e rossi, ma non per il pianto, bensì per la stanchezza. Sembrava che stesse per crollare da un momento all’altro.
<< L’avete trovato? >> chiese John, tanto per smorzare la tensione, per dire qualcosa, perché quell silenzio maledetto lo stava facendo impazzire.
Lydia strinse le labbra, gli occhi lucidi che brillavano sotto la luce che filtrava dalla finestra di tanto in tanto, dato che la stanza era buia. Scosse la testa.
<< No. >>
E poi non parlo più, perché non ne aveva la forza. Allison le cinse le spalle con un braccio. Avrebbe volute dire qualcosa di rassicurante, davvero, ma intuì che ogni parola che avrebbe potuto pronunciare non avrebbe potuto fare altro che scivolare addosso come acqua corrente.
<< Faremo qualcosa. Lo troveremo. >> disse Scott, stringendo i pugni. << Fosse anche l’ultima cosa che faccio, giuro che lo troveremo. >>
<< Il problema è solo sapere come. >> replicò Ades, arrivando dal corridoio. Lydia alzò lo sguardo su di lui, sperando che non dicesse quello a cui stava pensando. << Se vivo o morto. >>
 
E allora no, in quel momento Lydia non ci vide più.
<< Chi sei tu per dirmi queste parole? Chi ti credi di essere? Sei solo una stupida imitazione di divinità greca che crede di essere il re del Regno dei Morti, ma andiamo, un idiota del genere non potrebbe mai esserlo! E stai inseguendo una chimera, solo perché è stata l’unica donna che ti abbia mai rivolto la parola. >> sbraitò Lydia, avanzando verso di lui.
<< Lydia, fermati. >> disse Scott. Per quanto gli facesse quasi piacere che finalmente qualcuno ne dicesse quattro ad Ades, capì che parlare male di Persefone era spingersi troppo oltre.
<< Ma da che parte stai, Scott? >> chiese Lydia, lo sguardo di fuoco tenuto puntato su Ades. << Non ha fatto altro che portarci guai da quando è arrivato! È venuto fino a casa mia per chiedermi aiuto e poi non fa altro che parlare male del mio fidanzato! Magari l’hai rapito tu, forse adesso sai persino dov’è e non vuoi dirmelo! >> urlò, spintonandolo.
Ades sospirò piano, cercando di mantenere la calma.
<< Lydia, so di non essermi comportato molto bene nei tuoi confronti, ma per favore, lascia fuori Persefone da questa storia. Tu non sai niente di lei e di certo non potresti mai, quindi lasciala stare. >>
<< Tu sei un pazzo, Ades! Porterai quella ragazza alla rovina! Il tuo amore per lei è tossico! Non la ritroverai mai. Perché non ti decidi a lasciarla in pace, una volta tanto? >> gridò Lydia, con gli occhi lucidi e rossi come il sole al tramonto. La tensione nella stanza si tagliava col coltello. Eppure, Ades non si scompose e la sua calma riflessa in una voce quasi spezzata, la fece rinsavire. E Lydia sprofondò ancora di più nel senso di colpa.
<< Perché sono innamorato di lei. >>
 
<< Per amore si fanno cose terribili. >> disse Persefone, le mani sulla pancia ed i lunghi capelli scuri sparsi sull’erba.
Ades continuò ad osservare il cielo trapunto di stelle. Aveva sempre amato guardarlo in silenzio, era come immaginare di avere tante amiche intorno a lui che erano sempre pronte ad aiutarlo. Avrebbe voluto guardare lei, ma ogni volta che lo faceva si perdeva nei suoi occhi e finiva per balbettare parole a caso.  
<< Come fai a dirlo? >> chiese solo, mettendo un braccio dietro la testa.
Persefone chiuse gli occhi, le labbra tremanti. Per fortuna che Ades non poteva vederla o si sarebbe vergognata a morte. Non voleva confessargli tutto, non adesso che l’atmosfera era così perfetta. Non voleva rovinare quello che c’era fra di loro. Aveva solo omesso qualche particolare della storia, non gli aveva mica mentito. Ma sapeva che Ades, una volta averlo scoperto, non sarebbe stato poi così clemente con lei. Le persone più dolci e calme sono anche quelle che quando si arrabbiano, sono capaci di perdere il controllo e di farti paura. E Ades faceva parte di quella categoria, per quanto non volesse darlo a vedere.
<< Okay, facciamo un gioco. >> disse Persefone, sedendosi. Ades lo notò e la imitò, incuriosito. << Descrivimi con le parole più belle che conosci. >>
Ades alzò un sopracciglio, confuso. Era impazzita totalmente? Da dove era uscito fuori quel gioco?
<< Sei… bellissima? >> tentò, insicuro. Persefone rise.
<< No, intendevo dire: descrivimi con le tue parole più belle. Trova un modo per parlare di me come se dovessi descrivermi ad uno sconosciuto. Cosa gli diresti? >>
Ades si grattò un braccio, indeciso. Avrebbe potuto usare davvero tutte le parole del mondo per descrivere Persefone, ma non sarebbero bastate. Sarebbero state insulse, banali, già sentite. Come avrebbe potuto farle capire cosa provava quando stava con lei, come il suo cuore si bloccava in un punto imprecisato fra petto e stomaco quando la baciava o quanto si sentisse fortunato ad averla incontrata?
<< Non lo so, Persefone. Io potrei usare mille parole per descriverti e credo che non sarebbero mai abbastanza belle quanto te. Le sprecherei inutilmente. >> replicò Ades. Persefone lo guardò intensamente, mentre il vento faceva arricciare la sua gonna lunga. << Io amo le stelle. Mi tengono compagnia quando sono da solo e brillano anche quando noi non possiamo vederle. Tu sei bella come una stella, sei splendente come una stella e lo sei anche quando io non ti guardo e lo so, perché gli altri ragazzi ti guardano come ti guardo io e non è un modo molto casto di guardarti, te lo assicuro. >> spiegò. Persefone sorrise, le guance lievemente rosse per l’imbarazzo. << Ma la cosa che amo di te, la cosa più bella di te è che tu ne sei consapevole, ma non ti interessa. Tu cammini per i corridoi e tutti si voltano per guardarti, ma tu non ci fai caso. Quando ti vidi per la prima volta, pensai che fossi una dea e lo sei, ma pensai che fossi l’incarnazione di Afrodite, la dea dell’amore. Tu mi fai innamorare ogni giorno della mia vita e credo che persone del genere siano davvero rare da incontrare. Quindi, se ti dovessi descrivere a qualcuno che non ti conosce, io non potrei farlo, onestamente. Gli direi solo di guardarti, perché con me ha funzionato. Ti ho vista e mi sono innamorato di te. Non so se quello che dico ha un senso, forse ha senso solo per me, ma davvero Faith, tu sei la stella più fulgida e sei mia. Non potrei chiedere di più. >>
Persefone deglutì, ma il groppo in gola non la faceva respirare comunque. L’aveva anche chiamata Faith, il suo nome da “umana”, il suo nome prima di sapere da sua madre Demetra (che non era la dea dei Greci, ma solo una sua lontana parente) che lei era la discendente di Persefone. Si guardò le mani, senza parlare. Non ne era più in grado ormai dopo tutto quello che le aveva detto Ades, parole stupende, ma anche perché aveva bisogno di raccogliere le idee per fargli capire che anche per lei era lo stesso, ma non voleva sembrargli ripetitiva.
<< Per amore si fanno cose terribili, Ades. >> fece Persefone. << Innamorarmi di te è stata la cosa più terribile che potessi fare. >>
 
John si avvicinò ad Ades con le mani sui fianchi, riuscendo a stento a mantenere la calma.
<< Ascoltami bene, ragazzo: mi hanno parlato di te, so chi sei, ma questo non ti dà il diritto di parlare in questo modo di mio figlio o di rivolgerti così a Lydia. Qui tutti stiamo cercando di aiutarti e di fare qualcosa per trovare Stiles contemporaneamente, quindi per favore, non farmi perdere le staffe, perché non ne ho la forza. >>
Ades abbassò il capo, annuendo.
<< Ha ragione, signore. Mi perdoni. >> replicò. << Vorrei dire solo un’ultima cosa, in ogni caso. Mi scuso in anticipo, signore, ma mi creda: lo faccio per il vostro bene. Probabilmente è già morto, Lydia. Arrenditi. Non c’è cosa peggiore della speranza: prima ti illude, poi ti uccide. È come un amante che non ti lascia in pace. >>
Lydia aprì la bocca per rispondere, ma Scott la portò via prima che potesse farlo. Era troppo stanca per cantargliene quattro, ma niente le vietava di mandarlo poco gentilmente a quel paese.
Allison prese Ades in disparte, trascinandolo in un angolo lontano dagli altri. Fu solo il pensiero di Lydia a non farla cedere. L’avrebbe fatto a pezzettini, se solo l’avesse potuto, ma non voleva procurare a Lydia altre preoccupazioni. Era pur sempre il discendente di un dio greco. Chi le diceva che l’ra del vero Ades non si sarebbe scaraventata contro di lei come un’auto in corsa?
Lo mise con le spalle al muro, ponendosi di fronte a lui con gli occhi che brillavano sotto la luce, sfavillanti d’ira.
<< Si può sapere cosa diavolo ti prende? Le hai chiesto di aiutarti a ritrovare Persefone, lei ha accettato, il minimo che potresti fare è trattarla bene, no? >> disse. Ades dischiuse le labbra, ma Allison non gli diede il tempo di continuare. << Non ho ancora finito. Lydia ne ha passate tante, in parte anche a causa mia, è la mia migliore amica ed una brava persona, non puoi trattarla in questo modo. Di certo, io non te lo permetto. >>
<< Allison, il suo ragazzo sta correndo un grosso pericolo. Potrebbe trasformarsi in qualcosa che non è. Se Lydia lo lascia perdere adesso, forse non soffrirà così tanto e lo dimenticherà presto. >> ribatté Ades, poi fece un passo in avanti, ma Allison lo rigettò contro il muro con un braccio.
<< Non hai sentito? Ho detto che non ho ancora finito. >> ringhiò.
Ades le strinse un polso e la spinse via, più frustrate che arrabbiato.
<< Se il Nogitsune è tornato dal Mondo dei Morti, può saperlo solo Persefone, perché lei ha accettato il dono, mentre io no. Quando tu sei uscita, Persefone ti ha vista. >> spiegò. Allison lo guardò bene, lo guardò negli occhi e lo vide veramente per la prima volta. È buffo quando accade, perché ti rendi conto che solo in quel momento hai capito più cose della persona che ti sta davanti, che mai. << Se lo lascia andare adesso, sarà meglio per lei. Credimi. >
Allison si accarezzò il polso. Ades fece per andarsene, ma qualcosa nella voce della ragazza lo fermò.
<< Sei tu che hai perso la speranza, non è vero Ades? >> chiese Allison. << Non l’hai trovata e adesso credi di averla persa per sempre. Se la ami, non dovresti perdere la speranza. >>
<< Non è questo il problema, Allison. >> replicò Ades, quasi come punto nel vivo. << Io sono inamorato di lei, sono perso senza di lei, sarei morto senza la sua protezione, non potrei vivere se non avessi Persefone al mio fianco! >>
<< Il tuo amore per lei è… >>
<< Non è malato, Allison. >> disse Ades, prima che lei potesse finire, ricordando le parole di Lydia. << Lei è mia moglie, Allison. Non posso smettere di amarla. Anche se mi fa troppo male, non potrei nemmeno se volessi. >>
Poi uscì dalla stanza silenziosamente, ma le ossa sembrarono sgretolarsi ad ogni passo che faceva. Pregò di diventare presto cenere, di unirsi alla polvere, pur di non vedere il cadavere della sua adorata amata.
 
Allison entrò nel salone e si avvicinò a Scott, notando l’ora tarda sull’orologio. Le sfuggì un lieve sorriso. Era mercoledì ed era l’alba. Scott le accarezzò la schiena, sospirando. John e Melissa stavano seduti sul divano, Lydia era in cucina, mentre Ades era scomparso chissà dove. La ragazza sorrise lievemente, sebbene il cuore le pesasse nel petto come un macigno.
 << Lydia, è già mattina. Buon compleanno. >> disse Allison.
Lydia la guardò sorpresa, poi fece un sorriso di scherno, prendendo in mano una bottiglia di vino rosso. Aveva appena trascorso la note più lunga della sua vita. Tirò su la bottiglia di vetro, come in un brindisi, poi buttò giù un lungo sorso.
<< Tanti auguri a me. >>
 
***
 
Erano le sei di pomeriggio. Gli invitati sarebbero arrivati per le sette, quindi lei aveva tutto il tempo per ultimare i preparativi. Era già andata dal parrucchiere, si era vestita con quell’abito azzurro che le aveva regalato Stiles, si era truccata. Si guardò allo specchio e non vide Lydia Martin. Quella ragazza che conosceva era scomparsa, smarrendosi, perché senza Stiles lei non era più Lydia Martin. Ed era questa la verità e non c’è vergogna in questo, perché senza le persone che ci amano o che ci hanno aiutato a crescere, noi adesso non saremmo chi siamo. Nel bene o nel male. E Stiles l’aveva resa migliore. Era persa. Era persa e basta. Avrebbe voluto annullare la festa, ma quando aveva visto casa sua addobbata, dopo tutto il lavoro che ci aveva messo Allison, le era mancato il coraggio. Si disse che era giusto così, che forse una festa l’avrebbe aiutata a distrarsi, che magari Stiles sarebbe tornato da solo a mezzanotte e le avrebbe confessato che era stato tutto uno scherzo. Oh, sarebbe stato divertente. Sarebbe stato liberatorio. Almeno avrebbe potuto piangere. Invece adesso no, lei non poteva piangere. E non solo perché ci aveva messo tre ore per truccarsi, ma anche perché doveva essere forte. Lydia Martin era forte, allora lei, che era una parte di Lydia, quella senza Stiles, doveva essere coraggiosa almeno la metà di quella ragazza.
<< Lydia. >> disse una voce dietro di lei. Lydia sobbalzò leggermente sulla sedia, poi si voltò.
<< Ehi, Scott. >>
<< Non volevo spaventarti, scusami. Stai… benissimo. >>
Lydia alzò le spalle.
<< Ho messo la prima cosa che ho trovato. Sembra che le parole ti escano dalla bocca come se fossero chiodi che ti fanno male. >>
Scott deglutì, abbassando lo sguardo.
<< Devo andare. Volevo solo farti gli auguri. >>
Lydia si alzò, confusa.
<< Che stai dicendo? C’è la festa. Per quanto non mi vada, non posso annullare gli inviti ora. È troppo tardi. >>
<< Ho da fare all’università. Paige ha chiesto di fare una ricerca e devo finirla in fretta. >>
<< Scott, Paige ci conosce. Credo che ti perdonerà se… >>
<< Non posso costringerla a fare favoritismi. >> la interruppe Scott. << Mi dispiace. Auguri. >> disse, poi si voltò per andarsene.
<< Sei un codardo. >> disse Lydia, stringendo lentamente i pugni. << Non c’è nessuna ricerca, Paige è anche la mia insegnante, lo saprei. Vuoi solo allontanarti, perché ti fa troppo male. Non posso crederci. Sai una cosa, Scott? Anche a me fa male, mi fa male da morire, ma non posso lasciare che il dolore abbia il sopravvento su di me o finirei per annientarmi. >> continuò la ragazza, con le guance rosse. Scott fece scivolare una mano sullo stipite della porta, ancora girato dall’altra parte. << Stiles avrebbe trovato una soluzione, se tu fossi stato al suo posto. Ti credevo migliore di così. Sei solo come tutti gli altri. >>
Lydia abbassò lenta lo sguardo verso terra, triste. Poi Scott lasciò la stanza, scese le scale ed infine lasciò sbattere la porta alle sue spalle.
 
<< Ti consiglio di inventarti qualcosa al più presto o ti spedisco fuori da questa casa a calci. >> lo minacciò Derek, sbattendo le mani sul tavolo.
<< Ci sto provando! Mi piacerebbe solo evitare di sentire la tua voce petulante nelle mie orecchie per tutto il tempo! >> sbraitò Peter, seduto, con gli occhi puntati sul foglio bianco.
Paige aprì la porta del loft furiosa, poi uscì facendola sbattere dietro di lei. Derek sbuffò, mentre raggiungeva il divano dove avrebbe voluto sprofondare. Peter lo stava esasperando. Paige non sopportava più i loro litigi, così aveva deciso di lasciarli da soli e di andare alla festa di Lydia. Lui, al contrario, sarebbe dovuto rimanere a casa con Peter per elaborare un piano di attacco. Certo, sarebbe stato carino conoscere quello che avevano architettato il Mago e Deucalion contro di loro, ma stava cercando di non lamentarsi troppo. Alla festa avrebbero partecipato anche Malia, Kira, Jordan ed Isaac. Tanto per far vedere che andava tutto bene. Per lui suonava tanto come “Non vi preoccupate, Derek non ha bisogno di divertirsi, può benissimo fare da baby sitter a Peter per tutta la notte”, ma ehi, la sua ragazza era dalla sua parte, no? Sempre meglio di niente.
<< Allora? >>
<< Devi lasciarmi pensare. C’è qualcosa che hanno detto, mentre pensavano che non stessi ascoltando. C’è qualcosa. C’è sempre qualcosa. >> rispose Peter, la testa fra le mani.
Gli occhi saettarono per tutto il foglio, pensando, pensando, pensando. E poi eccola lì, la miccia che una volta accesa avrebbe fatto esplodere la bomba.
 
Non conosceva praticamente la buona metà degli invitati, ma non c’era alcun problema, lei avrebbe dovuto solo sorridere ad un altro paio di invitati e poi correre in camera sua a mettere Gossip Girl su Netflix. Accidenti, quanto le piaceva il personaggio di Blair! Così dannatamente alla moda ed autoritaria, ma anche dolce e spensierata quando ci voleva. Le ricordava qualcuno.
<< Non pensare di poter sgattaiolare via per vedere Gossip Girl, perché ho staccato tutte le spine dalle prese che hai di sopra. >> le bisbigliò Allison all’orecchio, porgendole un bicchiere di spumante. Lydia sbuffò. << Auguri, vecchietta. >>
Allison le schioccò un rumoroso bacio sulla guancia.
<< Cin cin! >>
Allison bevve un sorso, poi lo sguardo le cadde lontano, dove c’erano Malia ed Isaac che si stavano presentando. Le scappò una risatina. Se si fossero messi insieme, sarebbe stata la coppia del secolo: determinata, arrogante, vincente. Fra l’altro, lei non avrebbe più avuto Isaac a seguirla per tutti i corridoi dell’università fingendo di trovarsi lì per caso e Lydia non avrebbe più dovuto lamentarsi di Malia. Un piano perfetto.
<< Ehi, guarda quei due. >> disse, dando un colpetto a Lydia.
<< Oh cielo, non posso credere che ad Isaac piaccia quella gatta morta! >> esclamò Lydia, sorseggiando il suo spumante.
<< Dai Lydia, guarda che Malia non è così male. >>
<< Sì e allora io sono Blair Waldorf. >> replicò Lydia, poi si allontanò in direzione del tavolo con le vivande.
 
<< Guarda qui. >> disse Peter, srotolando la mappa. Indicò Beacon Hills con un dito, poi cerchiò l’università con un pennarello rosso. << Se loro riuscissero ad attirarci tutti qui sotto, sarebbe molto semplice ucciderci tutti, non credi? Il loro piano non è quello di uccidere me o Scott, ma tutti noi perché in qualche modo ognuno di noi ha contribuito a rovinare le loro macchinazioni. Se ci attirassero in un luogo chiuso tutti insieme, potrebbero ucciderci molto facilmente. >>
<< D’accordo, ma come farebbero? Usando Stiles? >>
<< Ricordo perfettamente Deucalion che diceva Lo useremo per ucciderli tutti. Deve riferirsi per forza a Stiles! Lo hanno appena rapito o chissà cosa gli hanno fatto, quindi è arrivato il momento per colpirci! >>
<< E se invece si riferesse a qualcun altro o a qualcos’altro? È sicuro che succederà lì dentro? >>
<< Derek, ascoltami: ogni maledetta scuola qui a Beacon Hills nasconde un posto appartenente agli Hale da generazioni. Sotto l’università c’è una camera piena di nostri documenti molto importanti, ma che per loro sono solo scartoffie. Sono stato io a far costruire quell’edificio, so benissimo cosa nasconde. >>
<< Perché l’hai fatto? >>
<< Per nascondere quelle carte, ma non ci interessano in questo momento. Lo faranno, perché è ciò che farei io. Gli ho dato l’idea, perché è la migliore per uccidere il tuo amico colpendolo al cuore. Quel posto è tutto per la nostra famiglia. È ingiusto, ma se vuoi avere la tua vendetta, devi colpire il tuo nemico al cuore. >>    
Derek sospirò.
<< D’accordo, ma lo faremo a modo mio. Dobbiamo avere un piano B. Andremo lì sotto prima di loro. >>
<< Sono sicuro di quello che dico: Stiles è rinchiuso lì dentro. Ci uccideranno. >>
Derek arrotolò la mappa fra le mani, sorridendo.
<< Se ho capito come pensa la mente del Mago, io credo invece che Stiles tornerà presto. Lui ama le cose teatrali, giusto? E allora diamogli la teatralità. >>
 
Paige si avvicinò a Malia con un bicchiere di ponch fra le mani. Era, in qualche modo, l’unico legame che aveva davvero adesso, dato che Derek aveva la testa da un’altra parte per via di Peter. Non che lo biasimasse, solo che anche lei si sentiva abbastanza confusa e smarrita per tutta quella storia con Cecily ed i suoi genitori. Avrebbe voluto perlomeno sapere com’era andata a finire, cos’aveva fatto suo padre, se sarebbe morto comunque. Forse poteva non essere stato una brava persona, ma era pur sempre suo padre. Lei portava il suo cognome. Sarebbe stato fiero di lei? Aveva avuto i capelli biondi come lei? Aveva davvero amato sua madre? Era possibile che le mancasse una persona che non aveva mai conosciuto? O le mancava l’idea che si era fatta di lui fin da bambina: un brav’uomo, alto, gli occhi verdi ed i capelli biondi? E sua madre? Era stata davvero una bellezza da mozzare il fiato, come le aveva raccontato Peter o lo era stata solo agli occhi dell’unico uomo che l’aveva amata veramente? E dire che sarebbe potuta essere figlia di Peter e così non avrebbe mai potuto stare con Derek. Forse era quello il disegno del destino e degli dèi greci: far andare le cose in quel modo in passato, così che potessero andare diversamente in futuro. Dopotutto, una Hawthorne si era comunque innamorata di un Hale e fidanzata anche. Chissà cos’avrebbe detto sua madre…
<< Paige, ciao. >> esordì Malia, avvicinandosi a lei. << Ho saputo di mia madre. Mi ha lasciato una lettera. Derek è stato grandioso. Dice che le ha tenuto testa. >>
Paige alzò le spalle.
<< Credo che sia il gene degli Hale: se vuoi una cosa, te la prendi. E lui ha riconquistato la tua libertà. >>
Malia annuì.
<< Be’, grazie per averlo fatto. >>
<< Figurati. >> replicò Paige. << Andiamo, Lydia sta aprendo i regali. >>
 
Le stelle non avevano più niente da dirgli, se non forse che Persefone non sarebbe più tornata. L’aveva cercata nella chiesa in cui si erano sposati, ma niente, lei non c’era. Aveva girato tutti i paesi vicini in auto, ma non c’era traccia di lei da nessuna parte. Avrebbe solo voluto tagliarsi il cuore e bruciarlo nel bosco, così da non soffrire più. Gli veniva da piangere. Il cuore gli era ormai sprofondato nello stomaco e non ne voleva sapre di risalire in superficie. Certo, se avesse accettato il dono, adesso avrebbe potuto controllare se lei era nel Mondo dei Morti. O forse non l’avrebbe fatto comunque, perché sapere che lei non era più viva, l’avrebbe fatto morire.
Ricordava ancora i tempi dell’università, quelli in cui lei era felice ed allegra, senza pensieri, quasi superficiale. Poi, una volta saputo chi era davvero, era diventata cupa, fredda, scostante. Quell’orribile donna di sua madre le aveva quasi imposto di accettare chi era davvero, l’aveva convinta e da quel momento in poi, Faith era diventata Persefone e lui l’aveva seguita all’Inferno. In tutti i sensi. Aveva visto l’Ade, dove avevano consolidato la loro unione. Solo in quell momento, la scintilla negli occhi della sua amata era stata quella di un tempo, ma solo per poco, poi i suoi occhi erano divenuti di nuovo scuri come l’oblio. Però erano sempre rimasti insieme, sempre e comunque, contro qualsiasi cosa. Anche dopo quel segreto. Persino dopo la litigata, quando aveva smesso di cercarla per un breve periodo. Si levò piano l’anello al dito, facendolo brillare sotto la luce della luna. Quando Persefone non c’era, lei brillava lo stesso. Il problema era che lui non era con lei.
E adesso gli mancava.     
 
<< Sono caduta in basso così tante volte, che contarle sarebbe un’impresa. C’è solo un punto fermo nella mia vita ed è il punto in cui ti trovi tu. Sempre. Sei la bussola che punta sempre verso nord, sei… io non so parlare, Ades. So solo buttarti addosso tutta la mia malinconia, trascinandoti nei miei casini. Credo che sopportarmi sia un’impresa, ma tu lo fai benissimo. Ed io ti amo, perché riesci a rendere bella qualsiasi cosa e mi coinvolgi come se appartenesse anche a me. >> disse, poi la voce crollò. << Io non mi sono mai sentita così felice. Mai. >>
Ades l’abbracciò, stringendola forte a sé. Erano due pazzi, completamente fuori di testa, dannatamente innamorati l’uno dell’altra per motivi diversi e quasi contrastanti, ma pur sempre veri.

<< Siamo davvero una bella coppia. Io sono la bussola e tu sei la stella. Ci completiamo a vicenda. >>
Ades avvertì la schiena di Persefone scuotersi, segno che stava ridendo. Non avresti mai potuto dire a cosa assomigliava la risata di Persefone, ma a lui era sempre sembrata simile al canto delle rondini, perché lei sorrideva solo in primavera, il tempo in cui Demetra poteva rivedere sua figlia.
<< C’è una cosa che ti devo dire, Ades. Ma non lo farò adesso. >>
Ades annuì.
<< Prenditi tutto il tempo che vuoi. >>
 
Lydia chiuse gli occhi, poggiando il mento fra le mani. La serata era finita e tutti erano andati a casa. Si era seduta di nuovo di fronte allo specchio, guardandosi. La festa era passata molto velocemente, quasi come se lei non fosse stata nemmeno lì. Isaac e Malia sembravano aver fatto amicizia, Jordan si era seduto in un angolo con una bottiglia di vino, Kira si era ritirata chissà dove (probabilmente davanti alla tv in cucina) per poi ricomparire a fine serata dal nulla, mentre Allison aveva cercato di tirarla su in tutti i modi. Apprezzava quello che stava facendo per lei, sul serio, ma stare lì dentro senza poter muovere un dito la stave facendo impazzire. Doveva tornare lì fuori, doveva trovarlo, anche morto, ma doveva trovarlo. Doveva perlomeno piangerlo. Doveva averne il diritto.
<< Ehi. >>
Si alzò di scatto, voltandosi. Guardò in direzione della porta. Scott se ne stava appoggiato con una spalla allo stipite, Allison di fianco a lui con una mano sulla sua schiena.
<< Ciao. >> disse Lydia, troppo stupita per dire alcunché. C’era qualcosa di strano in quel quadretto. Era come se fossero d’accordo su qualcosa.
<< Non sono andato all’università, stasera. Non sono nemmeno tornato a casa, a dire il vero. >> affermò Scott. Lydia rimase in silenzio. << Sono andato a cercare Stiles. Ho vagato per ore in auto, ore, ma non l’ho trovato. E non te l’ho detto, perché altrimenti saresti voluta venire con me e non potevo permettertelo. Ognuno ha i suoi problemi da risolvere, Lydia. E per quanto Stiles sia la persona che tu ami di più adesso, non potevo scaricarti addosso anche questo peso. Dovevi distrarti. È per questo che ho lasciato qui Allison, mandandole un messaggio ogni ora per tenerla aggiornata. >>
Lydia fece scivolare le dita lungo i fianchi, aggiustandosi il vestito.
<< Non avevi il diritto di scegliere per me. >>
<< Lo so, mi dispiace. >> fece Scott. << Però un buon leader è quello che sa qual è il meglio per i propri compagni e tu avevi bisogno di non pensarci. So che non l’hai fatto, ma credimi, se ti avessi portata con me sarebbe stato peggio. Volevo solo risparmiarti un’ulteriore sofferenza. >>
Lydia annuì.
<< Grazie, ma la prossima volta preferirei che mi interpellassi. >>
<< Certo. Lo faro. >> replicò Scott. << Lo sceriffo è ancora in giro a cercarlo, comunque. Spero che le sue ricerche siano meno inconcludenti delle mie. >>
Lydia si inumidì le labbra, gli occhi lucidi.
<< Anche io. >>
 
***
 
Lydia si svegliò con i piedi gelati. Sì, è così, gelati. Si stropicciò gli occhi, poi accese la luce. Ah, ecco spiegato il motivo: quella dannata coperta si era rotolata sul pavimento. Alzò le spalle. Ormai era sveglia, tanto valeva guardarsi un po’ di Gossip Girl con il piatto della torta in mano per riaddormentarsi. Andò in cucina, prese la torta e si avviò di nuovo per le scale. Poi tornò al piano di sotto, perché uno strano presentimento le attanagliava lo stomaco. Non aveva davvero visto il suo tappeto, il suo meraviglioso tappeto, macchiato di qualcosa che sembrava vino, vero? Vero? No, Lydia doveva andare a dormire. Non poteva perdere tempo a piangere sul tappeto o lo avrebbe bagnato di lacrime e ci mancava pure quello. La tintoria le avrebbe chiesto il doppio dei soldi e non se lo poteva permettere. Così spense la luce ed avanzò verso le scale.
Bussarono alla finestra. Si fermò di colpo, nel bel mezzo del salotto con il sangue che le scorreva intimorito nelle vene. Il vento ululò fuori dal balcone, facendo tremare i vetri. Ma sì, era quello. Chi bussa alla tua porta alle quattro del mattino? Riprese a camminare.
Lydia!
No, no, no. Questa non poteva essere una coincidenza. Okay, possibilità numero uno: fuori di casa sua c’era un cadavere e le voci la stavano chiamando. Possibilità numero due: fuori non c’era un bel niente. Possibilità numero tre: era pazza da legare. Possibilità numero quattro: c’era effettivamente qualcuno che la stave effettivamente chiamando. Decise di andare a vedere. Tornò al piano di sopra velocemente, calzò le pantofole, mise la vestaglia, prese la sua amata mazza da baseball e tornò di sotto. Avanzò verso il balcone in punta di piedi, poi alzò la tapparella con il pulsante e… piano piano, la figura di un uomo si fece ben visibile ai suoi occhi, dai piedi, alle gambe, fino ad arrivare al tronco ed infine alla testa. La mazza le cadde dalle mani. Per poco non svenne. Non era un uomo, era molto più giovane. Era un ragazzo. Era il suo ragazzo.
Aprì il balcone e di colpo, tutta la tristezza provata fino a prima, tutta la rabbia, l’amarezza, la paura erano scomparse. C’era solo l’odore della pioggia e gli occhi caldi di Stiles. Gli gettò le braccia al collo, sorridendogli.
<< Dove sei stato? >>
Stiles le posò un bacio sulla fronte.
<< In posti che odiavo. >> rispose Stiles, sorridendo. << Ovunque tu non ci fossi. >>
Poi l’abbracciò, stringendola così tanto forte a sé da poter sentire il suo cuore battere all’unisono con il proprio.
     








Angolo autrice:
Ciaooo :)
Che ne pensate del capitolo? Stiles è tornatooo! Apparentemente non è successo niente, ma si scoprirà di più, non temete.
Però si viene a sapere qualcosa in più sul passato di Ades e Persefone. Vi piace questa coppia? A me piacciono molto insieme, li trovo carinissimi :3
Sul Mago e Deucalion si saprà tutto fra non molto, comunque. Qui si cominciano solo ad interpretare i segnali. Questo è un capitolo di passaggio, seppure lungo ed in cui accadono un po' di cose importanti, ma era importante soprattutto far capire come fosse il rapporto fra Perfesone ed Ades. E poi devo dire che il personaggio che risalta di più è Lydia: distrutta, fragile, sarcastica, felice. Ha un moltissime sfaccettature che si sono viste nella quarta stagione più che nelle altre, secondo me (oltre che nella tre, comunque), come quando si vede la sua tristezza per non essere riuscita a salvare Allison (più o meno velata) quando asoclta le voci, quando le cadono i bicchieri di vino fra le mani o quando dice che Scott non è un mostro.
Grazie a tutti quelli che recensiscono o inseriscono il capitolo fra le preferite/seguite/ricordate, i lettori silenziosi.
Alla prossima!
Erule
  
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