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Autore: xingchan    08/02/2015    8 recensioni
“Più ami qualcuno, pensava, e più dirglielo è difficile.”
(J. S. Foer)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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 When Autumn Fades



“Ranma, guarda!”

Dopo due ore di duro lavoro trascorso a pulire la propria aula da cima a fondo, qualsiasi distrazione è ben accolta. Ma Ranma non avrebbe mai pensato che fosse proprio Akane, la studentessa diligente e spesso severa, ad interrompere le faccende per prima.

Akane si era fermata, con lo strofinaccio leggermente premuto fra un banco e la sua mano, gridando il suo nome come un febbricitante campanello d’un allarme felice, ed aveva preso ad osservare al di fuori della finestra, con gli occhi scintillanti, colmi di meraviglia.

“Ma che...?”

La sua fidanzata stava evidentemente osservando la finestra, e molto probabilmente qualcosa al di là di essa, e con un gesto meccanico il ragazzo con il codino seguì la direzione del suo sguardo.

Fremette piano, galleggiando in quella frazione di secondo in cui si rimane immobili, e ci si perde negli anfratti della dolcezza della lenta oscillazione di foglie variopinte che sospinte da vento si depositano a terra, accompagnate da una melodia silenziosa, fragile, remota, antica, eppure immutata.

Vide Akane correre verso la finestra eccitata come una bambina, tentando di forzarla per aprirla.

Infine, ci riuscì. E come poteva essere altrimenti, se di forza erculea ne aveva più che a sufficienza per essere una ragazza? Il giovane ridacchiò del suo stesso pensiero, ma si guardò bene dal non farsi notare, se non voleva trascorrere dal dottor Tofu quel che rimaneva di quel già noioso pomeriggio.

Ma Akane non gli aveva dedicato la benché minima occhiata dopo aver voluto renderlo partecipe dello spettacolo che la natura stava manifestando. Era così intenta a godersi le foglie cadere, appoggiata dolcemente sul davanzale della finestra che Ranma quasi non si rese conto che erano passati due interi minuti senza che lei lo chiamasse nuovamente.

Ma non si fece attendere. Neanche lui riusciva ad esserne indifferente. Si affiancò alla fidanzata, certo che in quel frangente avrebbe trovato quella serenità fra loro a cui tanto agognava. Anche se le si fosse avvicinato sfiorandola, lei non avrebbe esposto la benché minima protesta. Ranma conosceva quei momenti in cui Akane gli permetteva di starle vicino, senza combattimenti od insulti, come una normalissima coppia di fidanzati.

Erano brevissimi, certo, ma avrebbero potuto durare quel che pareva un’eternità se solo entrambi avessero tenuto la bocca chiusa.

Amava farla arrabbiare, ma amava anche vederla così felice e calma e assorta nel suo frammento di sogno ad occhi aperti, e disegnare nella sua memoria la linea perfetta del suo profilo come se non volesse dimenticarla neanche nei brevi tempi di separazione: il naso piccolo, con quella curvatura quasi inesistente verso l’alto, la frangetta che nascondeva le sopracciglia fini e che sfioravano le ciglia con le punte carezzevoli. Gli occhi brillanti d’instancabile euforia, quella che spesso lui aveva spento; le labbra rosate e forse più morbide di quelle che ricordava.

Una folata di vento investì entrambi da Ovest, mentre le foglie andavano a posarsi dovunque trovassero un posticino per stendersi e finire definitivamente la loro corsa della vita.

Una, due, tre, cinque, sette, dieci. Sembrava che Akane avesse trovato interessante contarle, anche se innumerevoli.

Qualcuna cercò di entrare, e la piccola Tendo si affrettò per agguantarne qualcuna, osservarne le venature ormai prive di linfa, per poi lasciarle andare libere soffiandole via. Lo fece più volte, sorridendo mesta e raggiante al tempo stesso.

In quei gesti, Ranma riconobbe i suoi. Quelli del bambino sottratto alla madre per un assurdo quanto motivato viaggio, che cercava qualcosa di divertente che lo distogliesse dall’infelice pensiero della sua infanzia rubata, in parte smozzicata qua e là attraverso svaghi semplici ed amicizie effimere.

L’autunno non era la stagione che più comunemente faceva parte dei suoi ricordi, perché passava tutto l’arco dell’anno all’aperto, ma senza alcun dubbio era quella che paradossalmente preferiva di più, quella che più gli si addiceva: la primavera emanava profumi troppo dolci per il suo naso, anche se non disdegnava dei campi fioriti che di tanto in tanto incontrava nel suo cammino di vagabondo; l’estate e l’inverno erano i due estremi che spesso mal si conciliavano con la dura vita di due viaggiatori.

L’inflessione triste, però, puntualmente si presentava. Il piccolo Ranma capiva che la ciclicità dell’esistenza di quegli alberi che si spogliavano del loro verde carico era quasi giunta al punto della fine per poi ricominciare.

Ci aveva pensato lui, da solo, proprio un giorno d’autunno simile a quello, senza che qualcuno glielo spiegasse; ma più che chissà quale difficile speculazione mentale, quel che provava era soltanto una forte sensazione di tristezza. Niente di più, niente di meno.

“Io amo l’autunno!” esclamò Akane ancora palesemente estasiata da quella visione. “È bellissimo quando le foglie cadono dagli alberi. Ma al contempo è malinconico, non trovi?”

Terminò con altrettanta sovreccitazione quella domanda, la piccola Akane, seppure con una cadenza più accorata.

Non poteva aver udito lo scorrere dei suoi pensieri, e tanto meno poteva aver sentito il suo respiro fermarsi nell’istante in cui il vento trasportò il suo odore personale direttamente alle sue narici. Ma era evidente che pensavano alla medesima cosa, scaturita dalla pioggia color ruggine che precipitava al suolo, crepitando impercettibilmente; ed era altrettanto palese che entrambi volevano godere di quel momento, non solo il giovane con il codino.

Voleva entrare in meandri in cui mai si erano avventurati nei loro dialoghi. Mai avevano affrontato quel tema, della malinconia, delle caducità di quel che li circondava. O meglio, non lo avevano mai approfondito. Lo accennarono insieme quella volta, quel giorno in cui Ranma si recò con la famiglia Tendo a visitare la tomba della mamma di Akane e delle sue sorelle. Ma l’argomento era caduto così come era sorto, e solo molto più avanti lo avevano affrontato ma separatamente, quel maledetto giorno al monte Hooh che poi si rivelò quello più felice della vita di Ranma Saotome.

Al pensiero le guance di Ranma si colorarono di un’intensa tonalità di rosso; qualcosa che però traspariva il ricordo di quella felicità, e non il normale e semplice imbarazzo che vi lesse Akane.

La ragazza aveva sentito le mani ricoprirsi di un sudore freddo e le gote di un calore bruciante. Chissà come, aveva avuto il vago sentore che Ranma la stesse fissando; o perlomeno osservandola di sottecchi distogliendo lo sguardo di tanto in tanto per avere possibilità di non farsi beccare.

Nel momento in cui si era voltata verso di lui, però, interpretò quel rossore come indice di pensieri inequivocabili.

“Maniaco!”

Dapprima stranito, Ranma si rese perfettamente conto che Akane non sapeva cosa la sua mente avesse formulato. Di certo, non era ciò che lei aveva pensato superficialmente.

“Sempre a fraintendere, tu!” obiettò con una nota di stizza, allontanandosi dalla finestra ed uscendo dall’aula.

Osservò però che la fidanzata aveva assunto un’espressione dispiaciuta, ed aveva fatto in modo che il suo volto non desse a vedere troppo il suo risentimento. Pensò che avrebbe dovuto proprio cancellarselo dalla mente, ma non ce la faceva. Come diavolo avrebbe potuto conservare pacatezza se lei non gli dava l’occasione di stare un po’ in santa pace insieme?

“Ranma...”

Akane aveva dato le spalle alla finestra, in un impacciato tentativo di sistemarsi i capelli, mentre lo vide allontanarsi da lei. Non appena vide che il ragazzo non si voltava continuando imperterrito a camminare verso l’uscita, Akane sentì che le forze che avrebbe voluto impiegare per parlagli la stavano letteralmente abbandonando.

Affranta, sistemò quel poco che restava e lasciò l’edificio, certa che Ranma l’avesse lasciata sola.

“Sono stata una stupida” mormorò fra sé, abbottonandosi il cappotto “ma lui, chissà a cosa stava pensando...”

Ma sebbene avesse cominciato a rimuginare su cosa aveva detto e cosa avrebbe potuto fare per rimediare senza perdere la propria dignità, ancora non sapeva che, al di là del cancello, qualcuno era là ad aspettarla.

La giovane camminava a testa bassa, sempre più convinta di essere lei la guerrafondaia che minava continuamente il già delicato rapporto con quello che secondo suo padre era il suo fidanzato. Ma che poteva fare se gli ambigui episodi di Ranma, che fossero fra loro o fra lui e le sue innumerevoli spasimanti, erano all’ordine del giorno? Che colpa aveva lei se in fondo Ranma non aveva mai fatto la sua scelta una volta per tutte, almeno non apertamente, lasciandosi abbindolare da tutte: Shan Pu, Ukyo, perfino da Kodachi Kuno?

Non era femminile, e lo sapeva. E nonostante le numerose volte in cui ci aveva provato, aveva finalmente raggiunto la consapevolezza che mai lo sarebbe stata; tanto valeva che Ranma l’accettasse così com’era o rompesse il fidanzamento.

Il pensiero le fece rotolare una lacrima sulla guancia, ma non le permise di scivolare via fino al mento. Si sfregò con forza il viso, arrabbiata anche con se stessa. E con lui, e con la sua presenza che tanto le aveva stravolto la vita.

Oltrepassò il portone d’ingresso del liceo Furinkan, ormai dimentica delle foglie che continuavano a scivolarle addosso. Oramai la magia si era sciolta.

“Credevo di dover aspettare un altro secolo...” disse la voce sprezzante del ragazzo con il codino.

Akane alzò lo sguardo stordita, poi incredula. Le gote le si arrossarono, per molte emozioni: meraviglia, rabbia, imbarazzo. Si era addirittura fermata, non sapendo come interpretare il tono di Ranma. Ma una cosa era certa: l’aveva aspettata.

“E comunque, anche a me piace l’autunno.” disse il ragazzo, facendo cadere delle foglie sulla testa della ragazza. Akane si parò gli occhi, abbozzando un sorriso. Il fruscio le arrivò dritto alle orecchie rendendosi l’unico rumore distinguibile, ma poco dopo quello che sentì fu ancora la voce del fidanzato, sussurrata in modo tale da non cogliere ciò che diceva. Ma lei udì lo stesso.

“Sei bellissima, Akane.”

Scuotersi alla voce del ragazzo che amava sarebbe stato sempre il suo punto debole, e chissà come in quel momento aveva paura di farsi vedere vulnerabile. L’impertinenza di Ranma l’aveva posta in uno stato d’allerta che si sarebbe sciolto solo se lui avesse dimostrato di tenere a lei, in veste di compagna, e non a parole.

Ma quella frase era così nuova, per lei. Solo una volta Ranma si degnò di tirarla fuori: il giorno del loro quasi-matrimonio. Ma ora non aveva un vestito bianco e fiori sul capo. Non c’era l’atmosfera dell’evento più importante nella vita di due giovani amanti. Ma nonostante ciò, i suoi occhi manifestavano sincerità, e in una tenerezza acerba, quasi sconosciuta, ma palpabile.

Un tremore a prima acchito ingiustificato le solleticò la colonna vertebrale; un velocissimo istante di cui non sapeva dire se fosse caldo o freddo.

“Cosa hai detto?” chiese lei, in un sussurro, smarrita.

Ranma si voltò, forse per scappare dalla sua affermazione fin troppo compromettente, ma Akane lo trattenne prima che potesse sfuggirle. Non aveva motivo di fuggire via, se voleva dirle quel che pensava.

Fra fidanzati non pensava ci dovessero essere segreti, o qualcosa di non detto celato fra le pieghe della quotidianità. Ma loro non erano due semplici persone che avevano deciso da sé, quindi era normale che ciascuno avesse cose proprie da nascondere e che non dovessero tener conto dell’altro.

O no?

Il momento di distrazione della ragazza valse a Ranma l’opportunità di liberarsi dalla stretta, scappando poi lontano di qualche metro, abbastanza da essere fuori dalla sua portata.

“Non te lo ripeto!”

Il giovane con il codino cacciò fuori la lingua in tono canzonatorio, sperando di farla andare su tutte le furie e di conseguenza archiviare almeno per il momento le spiegazioni per il complimento appena fattole.

Ma non aveva calcolato di come Akane in quegli ultimi tempi fosse meno irascibile, e più propensa a farsi scivolare addosso le cose di poco conto. Si incrociò le braccia, osservandolo con impassibilità.

“Hai voglia di fare il buffone, per caso? Ricorda che il tuo repertorio è scaduto già da un bel pezzo!”

Quella replica non lo colse proprio alla sprovvista. Aveva notato che negli ultimi tempi Akane appariva più contenuta alle sue dirette provocazioni; e molto più pacata durante gli assalti delle sue numerose spasimanti che, nonostante avessero compreso quanto il loro legame fosse più forte di una loro qualsiasi incursione, continuavano a contendersi i suoi favori.

La piccola Tendo abbassava lo sguardo, borbottava qualcosa di incomprensibile, forse delle maledizioni, e se ne andava, incurante delle sue suppliche che le imploravano di salvarlo.

Ma contrariamente a quanto faceva prima, non lo malmenava non appena se lo ritrovava davanti, lanciandogli rimbrotti a profusione, tanto meno gli teneva il broncio per settimane; semplicemente lo ignorava, aspettando che lui le dicesse qualcosa di carino o perlomeno le facesse intendere che in fondo, era solo lei la ragazza che gli interessava davvero.

Si rese conto che gli alberi avevano dismesso completamente la loro chioma ed ora, nonostante il vento che continuava a sferzare qualsiasi cosa incontrasse sul suo cammino, non c’era più nessuna foglia che non si fosse già depositata a terra. Ranma avanzò verso Akane, scrutando attentamente il suo viso in cerca di un qualsivoglia dettaglio che potesse essergli contrario. Ma il suo passo era accorto quanto bastava per farla rimanere con il fiato sospeso.

Solo il respiro appesantito della ragazza, e gli occhi che le si inumidivano ad ogni passo che Ranma compieva, sempre più forte, sempre più vicino, manifestavano la sua coscienza. Perché quelli erano solo labili sintomi di quello che le stava avvenendo internamente: il cuore pareva un tamburo frenetico, che più suonava e più desisteva dal diminuire il ritmo; un calore improvviso che partì dalle guance diramandosi per tutto il viso; l’invisibile sudore freddo che solcava le sue mani.

Le dita d’impulso si toccarono l’un l’altra, come se dovessero sostenersi a vicenda non trovando altro appiglio salvo il manico della sua cartella.

Le nuvole si dispersero, ed i primi raggi di sole bagnarono la terra con inaspettata violenza. Ma nessuno dei due sembrò accorgersene; troppo presi, anzi, intrappolati dal quel momento che nessuno dei due sapeva come sarebbe andato a finire.

Ranma non aveva niente di preciso in mente, se non un ancora remoto principio di invito al loro bar preferito. E mentre ne valutava distrattamente la fattibilità, la giovane non gli chiese di ripetere quel che aveva detto, perché l’aveva capito benissimo. Piuttosto, ne chiese la conferma.

“Lo pensi sul serio?”

Ranma avrebbe voluto annuire vigorosamente, o sorridere, o fare qualsiasi altra cosa che la potesse far sentire bene, e unica. Ma se l’avesse fatto, si sarebbe cacciato in un mare di guai, prevalentemente di natura sentimentale. E non pensava fosse il momento adatto, quello.

In realtà, per lui nessun momento lo era. Preferiva rimanere sospeso, in quella bolla fatta di una patina carica di certezze sue personali, ferree ed inalienabili, e di orgoglio da mantenere saldo, anche di fronte a qualcosa di più grande.

Ma a cosa serviva mentire ancora? Fu questa la domanda che gli saettò nella mente. Quando glielo disse, non stava mentendo affatto, anzi. Gli sorse così spontaneo farle quel complimento che quasi non sentiva più vergogna o timore d’alcuna sorta.

Le arrivò finalmente di fronte, fissandola dritta nelle pupille degli occhi Ora si sentiva convinto, più fermo di quanto non si fosse sentito nel momento in cui la vide nel suo vaporoso abito da sposa. Che la situazione fosse di gran lunga meno compromettente, non gli passò neanche per la mente.

Abbozzò un abbraccio, percependo Akane farsi rigida come un pezzo di legno.

“Pensi che te lo dica così, per farti piacere?”

Forse era afflizione, o semplicemente delusione, ma Akane non riuscì ad ignorare quella cadenza di voce tirata. Se fino a qualche minuto prima si era ripromessa di non assecondare le sue capricciose indecisioni, ora quei fastidiosi giri di parole diventarono un diversivo per lasciarle intendere che dietro a quegli atteggiamenti infantili di bambino semplicemente infatuato, si nascondeva un agglomerato di sentimenti difficili da descrivere se non con quelle due fatidiche parole che per loro, erano impronunciabili.

Perché più ami qualcuno, pensava, e più dirglielo è difficile.*

 

 

***

 

 

Più il tempo passava, più gli anni non erano mai troppi.

Come il Sole, che brucia e non per questo stanco di ardere, arriva perfino al punto di collassare.

Complice un mattino festivo, la coppia si era concessa qualche ora in più di ozio sotto le coperte. E benché avessero fatto l’amore fino a notte inoltrata, l’organismo di Ranma proprio non riusciva a riposare ancora, non quando accanto a lui c’era Akane, completamente nuda, raggomitolata su se stessa, coperta solo dalla vita in giù.

Oltre la finestra socchiusa, filtrò una piccola serie di foglie ingiallite.

Benché non fosse avvezza al ragionamento, il collegamento che fece la mente di Ranma fra quelle foglie e quel pomeriggio di trent’anni prima fu così subitaneo che nel frattempo non passò neanche una frazione di secondo.

Non fosse stato per quell’abbraccio, loro ora non sarebbero .

La donna si mosse, e Ranma chiuse gli occhi e trattenne il respiro, per timore di svegliarla e spezzare così quell’attimo che profumava di loro.

Pensò che presto quelle foglie sarebbero stata rimpiazzate con altre; e che queste, nascendo, avrebbero riempito l’estate finché non avrebbero fatto la stessa fine di quelle appena entrate nella loro stanza.

Presto, la vita si sarebbe rinnovata; i nuovi giorni sarebbero stati freschi eppure antichi, legati ad un cerchio immaginario che percorre la sua circonferenza ininterrottamente, senza sosta, senza dar modo di accorgersi di questo. Non subito, almeno; non nel periodo della vita di un uomo in cui nascono le prime vere consapevolezze dell’esistenza.

Per Ranma questa consapevolezza arrivò nel momento in cui nacque il suo primogenito; ed anche quando, accanto ad un’Akane affaccendata in cucina, non vide sulle sue mani i primi segni della vecchiaia.

A primo acchito, ne rimase turbato: a quanto pareva, anche per loro si era fatta avanti quella che veniva convenzionalmente denominata mezza età. Ma mentre la guardava si accorgeva che non importava, perché non aveva minimamente intaccato ciò che quella donna era per lui.

Akane era diventata la rappresentazione dell’amore, bello, forte, duraturo, suo, e i suoi occhi erano diventati specchi su cui riflettersi, su cui migliorarsi, su cui vivere.

Non c’era giorno in cui, a distanza di anni, non si imbambolasse appena quei tre secondi bastanti a scatenare la sua ira o il suo imbarazzo. O il suo desiderio. E non c’era ragione che tenesse quando si chiudevano in camera da letto, a chiave, facendo il meno rumore possibile, sperando che i loro figli non udissero nulla.

E ciò che avveniva poco dopo era un agglomerato di sensazioni mischiate fra loro, un treno fischiante che li portava al confine fra il mondo in cui vivevano ed un altro più chiaro, più forte, più sublime. C’era divertimento, gioia, ma soprattutto c’era quello sconosciuto che entrava benvenuto senza neanche aver il bisogno di bussare: l’amore.

Prima di arrivare a casa Tendo, Ranma non sapeva cosa significasse la parola amore; anzi, a dir la verità l’aveva sentita così raramente che spesso dimenticava persino che ci fosse sul dizionario.

Ma d’altronde, come si può saperlo alla soglia dell’adolescenza, tanto più quando un padre, snaturato come pochi, sembra interessato più ad altro, accantonando un discorso simile come poco virile, e di conseguenza indegno per un ragazzo a cui è stata inculcata la convinzione di perseguire solo il fine di essere il più forte?

Aveva cominciato ad innamorarsi, pur non sapendo cosa fosse quel piacevole dolore all’altezza del cuore, ed aveva iniziato a custodire quel suo amore sempre più nel profondo, per tener fede alla credenza secondo cui un uomo che ama è debole.

Per questo Ranma non aveva mai confessato a nessuno di amare Akane, né aveva mai detto dello strambo periodo in cui neanche sapeva di esserlo. Neanche quando, sul limitare dei trent’anni, decise di unirsi a lei in matrimonio. Da quel momento però, nonostante le previsioni di suo padre, si sentì molto più forte di quanto non sospettasse. Dentro e fuori, gli sembrava di non mancare di nulla.

Ma si rese conto che Akane su quel piano l’aveva battuto molto tempo prima.

Era sempre stata lei quella sempre e veramente forte di spirito fra i due, quella che riusciva a prendere la vita di petto senza vacillare, senza dare segni di cedimento e successiva sconfitta. Quando capitava si rialzava, senza però il timore di ricominciare la sua lotta, e lo faceva con coraggio, e con convinzione, e con quella fiamma negli occhi che mai si spegneva, per niente e per nessuno.

La sua piccola figura spesso dava un’impressione sbagliata, regalandola alla vista degli altri come una ragazza ancora nel fiore degli anni, fragile, inconsapevole degli orrori del mondo, bisognosa di protezione. Ranma però sapeva che Akane non era nulla di tutto questo. Per lui, non c’era nulla in lei che non trasudasse tenacia, forza, generosità, maturità, bellezza.

Forse era sempre stato l’amore a parlare, o forse c’era qualcos’altro che lui magari ancora non aveva compreso di lei. Ma standole sempre accanto, osservandola ogni giorno, litigando, soffrendo o gioendo insieme, il ragazzo con il codino aveva notato così tante differenze dal resto dei suoi conoscenti che spesso si chiedeva se Akane fosse davvero una ragazza.

Le altre non avevano neanche una briciola di quella fermezza. Dicevano spesso di amarlo con così tanta naturalezza, quasi calpestandosi, che Ranma dubitava dell’autenticità delle loro parole. Perché troppo facili, spuntate da bocche troppo leggere, troppo lascive.

Come si può sapere di amare una persona a sedici anni?

Mentre Akane continuamente lo negava, per quanto i suoi gesti e le sue parole spesso la tradissero.

Di questi cedimenti Ranma ne era lusingato quanto felice, e ne fu spronato. Se una ragazza testarda come lei, che aveva anteposto il suo essere alla femminilità, non curandosi dell’opinione altrui, mostrava senza volerlo quelle lacune sul suo scudo apparentemente inscalfibile, lui si diede la spinta per lasciarsi andare, e tutto cominciò quel lontano giorno autunnale. L’aveva abbracciata, e avendo lei ricambiato la stretta l’aveva baciata senza pensarci troppo. Non passarono molti giorni da quando se l’era portata a letto, e da allora non aveva più smesso. Solo molto tempo più tardi le disse di amarla, e fu come liberarsi di un macigno che gravava su tutta la sua persona.

I giorni passavano, e con essi gli anni, fino ad arrivare all’autunno della loro vita, rendendosi conto, giorno dopo giorno, di aver passato la propria esistenza al meglio, e di non averla vanificata.

Sentì che Akane si stava svegliando, così avvicinò il suo volto a quello di lei per morderle dolcemente le labbra.

“Buongiorno, scemo!”

Sbadigliò, sentendosi leggermente a pezzi. Quando suo marito si sfrenava non c’era verso di fermarlo. E chi voleva farlo, d’altronde?

“Sai di buono, lo sai?”

“Smettila idiota!” rise lei divertita. “Sicuramente è il bagnoschiuma di ieri quello che senti.”

“Secondo te dopo stanotte è rimasto ancora quel cattivissimo odore di vaniglia o quello che era? Che fai?” proseguì lui, vedendo che le guance della moglie s’imporporavano “Arrossisci ancora dopo tutto questo tempo?”

Cinquant’anni, ed Akane in fondo era sempre la stessa bambina appena ventenne che s’imbarazzava facilmente, che per nascondersi si tirava fin sopra gli occhi le lenzuola.

In quel frangente, Ranma era sicuro che la risposta fosse affermativa.

 

 

 

 

NDA

Oddiochehocombinato...

*si ricompone*

Salve!

Anche se ramingo altrove, mi piace sempre tornare in questo fandom di tanto in tanto! xD

Qualcuno di voi già sapeva che mi sarei fatta viva con una OS, e ringrazio di cuore del supporto ricevuto! Spero non abbia deluso le aspettative. :P

Un grazie enorme alle mie carissime Ladies, e a chiunque passi da queste parti per leggermi! ^o^

Passo e chiudo.

 

   
 
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