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Autore: lucy_tennant    08/02/2015    4 recensioni
Hyou si sporse dagli spalti, guardando meglio i giocatori in campo e, in particolare, il numero 14.
Le pareva stremato, quasi più incapace di saltare.
Poteva sentire il suo respiro pesante ed affannoso sin dalla tribuna.
Le gocce di sudore gli scivolavano sul viso, cadendo a terra e bagnando il parquet della palestra.
Oikawa ci batté appositamente contro, ma quello rispose con un bagher preciso sulla testa dell'alzatore, merito del suo passato da libero, o forse perché anche il capitano della Aobajosai era talmente stanco da non riuscire più a direzionare la palla come invece avrebbe voluto.
-TOBIO!- urlò quindi a gran voce, chiamando l'alzata con il braccio in alto.
Kageyama sorrise e gli passò la palla, vedendolo ancora una volta satare, a dispetto di ogni convinzione, e rimanere in aria quasi come se stesse volando, aprendo le sue ali come un corvo.
Genere: Demenziale, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Prologo





I suoi bagagli erano già stati portati dentro, ma lei sentiva qualcosa che la spingeva a non entrare.
Aveva vissuto lì per anni dopo la morte dei suoi genitori, eppure aveva la sensazione che non avrebbe trovato nulla di confortante ad aspettarla, come la paura che lui fosse cambiato e fosse diventato così freddo ed intimidatorio.
Nonostante fosse una ragazza tutt'altro che timida o codarda, non aveva la minima intenzione di entrare e constatare che, in quella casa, l'unica persona a cui realmente teneva, fosse come scomparsa, lasciandola più sola che mai.
Mosse con fatica le gambe, cercando di lasciarsi alle spalle quei dubbi che la attanagliavano, avvicinandosi di un passo al grande portone in noce, aperto.
Stava solo aspettando che lei ci passasse attraverso.
La ragazza si sporse in avanti, per dare un'occhiata veloce all'interno, notando la totale assenza di persone all'ingresso, cosa alquanto strana per una villa così grande e sempre piena di inservienti.
Non c'era proprio nessuno. Immaginava che suo zio fosse al lavoro, mentre la zia, beh, lei mancava da sin troppo tempo....
Fece un altro passo avanti, ritrovandosi nell'enorme atrio; salì quindi le maestose scale in marmo dal corrimano lucido ed elegante in legno, raggiungendo il piano superiore.
La casa non era cambiata nemmeno un po', così come l'enorme giardino ricolmo di fiori che aveva appena attraversato, ma, almeno per il momento, non ci fece nemmeno caso: voleva trovare solo una persona.
Quella persona.
Salì di corsa la rampa, ora più sicura di sé, inciampando due o tre volte, quasi finendo a terra e riuscendo, quasi per miracolo, a rimanere in piedi.
Arrivata al primo piano, percorse per intero il lungo corridoio, alle cui pareti vi erano appese diverse fotografie in bianco e nero, nelle quali, talvolta, appariva anche lei.
Giunse poi davanti ad una porta bianca, bloccandosi di fronte ad essa, col cuore che le batteva all'impazzata.
Chiuse gli occhi, prendendo un bel respiro e dando due colpi veloci sull'uscio, producendo però dei tonfi ben udibili.
Sbuffò, snervata, in attesa di una risposta che non sapeva se sarebbe arrivata.
Orgogliosa com'era non avrebbe mai e poi mai affermato di essere intimorita, ma, in qualche modo, sentiva che qualcosa da lì a poco sarebbe andato storto.
Pensò che forse, dato l'orario pomeridiano, il ragazzo che tanto sperava di incontrare potesse essere ancora a scuola ad allenarsi.
Quando oramai stava per girare i tacchi e raggiungere la propria stanza, una voce fredda e monocorde la prese alla sprovvista, facendola irrigidire di colpo, ma al tempo stesso, inducendo un piccolo sorriso a spuntarle sulle labbra. 
-La porta è aperta-.
Non se lo fece ripetere due volte, afferrando la maniglia della soglia e spingendola per spalancarla.
In fondo alla stanza, chinato su una scrivania con una penna alla mano, vi era un ragazzo dagli scompigliati capelli rossi.
Quest'ultimo si girò lentamente, con aria quasi scocciata, per vedere chi lo stesse disturbando e, non appena notò chi fosse appena entrato, si forzò di sorridere, anche se la sua espressione era pressoché impassibile.
-Hyou- bofonchiò.
-Sei chan!- la ragazza praticamente urlò, sollevando le braccia al cielo e lanciandosi verso di lui, avvolgendolo in un caldo abbraccio.
L'altro la staccò da lui con gesto secco, gelido, quasi fosse infastidito da quel suo affetto -Forse dovresti finirla di essere così entusiasta-.
Hyou si portò le mani dietro la schiena, stringendole l'una con l'altra e rivolgendogli un enorme sorriso.
Era molto più distaccato del normale, per quanto potesse essere affettuoso abitualmente, ma forse non era cambiato così tanto.
Lo sguardo però le cadde inevitabilmente negli occhi dell'altro. 
Da quando erano così....diversi?
Da quando aveva quell'occhio?
Si rese quindi conto solo allora di come poteva essersi completamente sbagliata.
Quello sguardo le sembrava quello di un pazzo, non avrebbe saputo definirlo altrimenti.
Aveva già avuto il dispiacere di vedere uno sguardo simile prima che lei fosse partita, ma aveva pregato che non sarebbe rimasto sul suo viso.
Riusciva a percepire onde negative dal suo corpo, delle specie di radiazioni che le facevano venire voglia di accucciarsi a terra per non cadere a pezzi.
Le gambe le tremavano e dovette far due passi indietro per sentirsi più libera dalla sua presenza.
Era sempre stato un tipo molto autoritario, ma quell'espressione non era quella di una normale persona sicura di sé, anzi, pareva quasi dittatoriale, come se non avesse mai perso e non avesse la minima intenzione di farlo.
-Sei-chan... Che è successo?-.
-Niente di che- rispose l'altro, educatamente.
Hyou aggrottò le sopracciglia, preoccupata.
-Seijuro?- lo chiamò di nuovo, tentennando.
-Vai in camera tua e riposati-.
-Ma non sono stanca....-.
-Fai come ti ho detto-.
-E perché dovrei?!-.
Il ragazzo la guardò.
Un nuovo sorriso inquietante gli era spuntato sulle labbra -Non opporti a me Hyou. I miei ordini sono assoluti e, presto, imparerai a capirlo-.

*


Non era la prima volta che quegli strani simboli sulla lavagna gli parevano arabo e, di sicuro, non sarebbe stata neanche l'ultima.
Decisamente la fisica non faceva per lui e, del resto, nemmeno la matematica era il suo forte: vi erano troppi numeri messi insieme ed ammucchiati a strane formule con altrettante strane ed inutili lettere messe a casaccio.
Pensandoci seriamente, quando mai sapere che la forza è pari al prodotto della massa per l'accelerazione gli sarebbe servito nella vita reale?
Quando giocava a pallavolo la fisica gli sarebbe stata molto utile, ma Hinata Shoyo non si allenava seguendo sciocche formule che gli avrebbero permesso di calcolare la miglior traiettoria ed il miglior colpo da eseguire.
Lui semplicemente seguiva l'istinto: saltava e la palla era lì, davanti alla sua mano, pronta per essere schiacciata, poi, con un movimento del braccio, la spediva dalla parte opposta del campo, provando quel bruciore che tanto lo esaltava sul palmo.
Lanciò quindi un'occhiata veloce a Kageyama, seduto nella sua stessa fila, due banchi più a sinistra, accanto alla finestra.
Sfortunatamente, nemmeno lui sembrava averci capito quel granché, difatti aveva strabuzzato gli occhi più volte, nella speranza di leggere cose diverse da quelle che erano state realmente scritte.
Il moro sbuffò, scarabocchiando sul proprio quaderno con la matita, senza più prestare nemmeno un briciolo di attenzione alla spiegazione.
-Ed è così che avremo una variazione di velocità, che indicheremo con la lettera Delta- proseguì la professoressa.
Delta? E che è?! 
Sgranò gli occhi, fissando a vuoto la lavagna, senza però riuscire ancora a decifrare a pieno quei geroglifici che ci stavano sopra.
Era sempre stato bravo di matematica, fin dalle elementari, ma un bel giorno, dei professori sadici avevano deciso di mischiare i numeri alle lettere dell'alfabeto e la sua conoscenza in materia si era sempre di più assottigliata, riducendosi a 1+1=2.
Lanciò una veloce occhiata all'orologio appeso al muro della classe, ringraziando il cielo che di lì a un minuto la campanella sarebbe suonata, segnando l'inizio delle attività extrascolastiche e, in particolare nel suo caso, dell'allenamento giornaliero del club di pallavolo.
Poggiò la testa sul braccio, guardando distrattamente fuori dalla finestra
Sospirò preoccupato: quella mattina era venuto a sapere che Asahi si era fratturato un braccio cadendo dalle scale come un ebete il giorno prima e, di sicuro, ne avrebbe avuto per almeno due mesi prima di guarire al meglio.
La cosa lo spaventava non poco: dopotutto l'attacco della Karasuno era ora privato del proprio asso e lasciato a se stesso in mano a quel folle di Tanaka, al nano arancione e alla bionda incarnazione della parola "cinismo".
Scosse la testa, cercando di non pensarci, mordicchiando la parte finale della matita mentre guardava distratto fuori dalla finestra, con fare annoiato.
Ed ecco, finalmente, il trillo angelico che siglava la fine di quella pesantissima giornata.
Il moro si alzò e si vide sfrecciare accanto Hinata, che pareva rinato all'idea di poter schiacciare.
Raccolse le proprie cose di corsa, uscendo dalla classe e raggiungendo la stanza del club, dove si cambiò il più in fretta possibile, battendo il ramato in velocità ed entrando poi nell'enorme palestra, dove vi erano già Daichi, Nishinoya ed il coach che parlottavano fra loro, forse per mettersi d'accordo su un'eventuale formazione da schierare contro il Nekoma, partita d'allenamento che si sarebbe svolta la settimana successiva, in preparazione ai preliminari dell'Inter High.
Sugawara nel frattempo era all'ingresso che chiacchierava al telefono, con un tono di voce sin troppo dolce perfino per i suoi standard, sorridendo di tanto in tanto.
Non ci volle molto perché anche gli altri membri della squadra facessero la loro entrata in scena, compreso un Asahi con tanto di gesso, pronti, chi più chi meno, ad iniziare quell'allenamento.
Anche il secondo alzatore era rientrato, dando una manata dritta sul fianco sinistro all'asso, ridacchiando mentre lo rimproverava.
Il capitano sorrise, borbottandogli qualcosa nell'orecchio, cosa al quale il numero 2 rispose con un affermativo cenno del capo.
Entrarono nel campo ed iniziarono a correre, seguiti dal resto del team.
Una manciata di giri di campo, poi stretching ed alcuni scatti con relativi salti a rete.
Infine un buon gruppo di tuffi lungo il perimetro della palestra per concludere quella prima sessione d'allenamento ed iniziare quindi a parare le schiacciate di Ukai, una serie di dieci a testa.
Una volta completato anche quello, si divisero in due squadre, le cui formazioni erano provvisorie e decise dall'allenatore.
In una però, quella composta principalmente da membri del terzo anno capitano compreso, vi erano solo 5 membri.
-Non preoccupatevi per il sesto- aveva "spiegato" il coach, mentre Sugawara ridacchiava assieme a Daichi, omettendo forse appositamente tutti i dettagli che il moro avrebbe voluto conoscere.
Kageyama storse il naso, guardando la parte opposta del campo, preparandosi a battere.
Palleggiò la palla a terra tre volte, prima di prenderla in mano ed alzarsela in avanti, prendendo la rincorsa e schiacciando, puntando a Yamaguchi.
Quella partita sarebbe stata troppo semplice.
Innanzitutto, l'altra squadra era in inferiorità numerica e, come seconda motivazione, all'infuori di Daichi, i ricevitori non erano quel granché.
Ghignò, riuscendo a leggere la confusione negli occhi del ragazzo dai capelli olivastri, non spostandosi neppure ed aspettando solo che la palla gli fosse passata per poter riutilizzare quella battuta killer allenata per così tanto tempo.
Adorava provare quella sensazione del sentirsi in grado di fare punto senza il bisogno di nessuno, con un solo tocco, di poter avere la vittoria stratta nel pugno della propria mano.
Era qualcosa di cui non poteva fare a meno, quasi fosse una forma di droga.
La palla stava oramai per raggiungere il giocatore designato, quando una voce decisa squarciò l'aria ed una figura estranea si insinuò nella metà campo opposta, facendo a pezzi ogni previsione dell'alzatore moro.
-Mia!-.
La persona aggiuntasi alla squadra di Sawamura fermò il pallone con un bagher, passandolo dritto sulla testa di Sugawara, chiamando poi a gran voce un'alzata, mostrando al ragazzo dai capelli grigi la mano destra, con tutte le dita chiuse a pugno tranne il pollice e l'indice.
Prese la rincorsa e saltò, non appena la palla si staccò dalle mani del numero due, colpendola con forza e sorprendendo gli avversari con una veloce.
Tobio giurò di averla vista ghignare una volta per aria.
Gli occhi del moro guizzarono al pallone, senza però riuscire a dare il giusto impulso alle gambe ed alle braccia per farle muovere e tentare di bloccare quella schiacciata in tempo.
-Scusa il ritardo Daichi- si giustificò il nuovo arrivato, con un sorrisone stampato sulle labbra rosee.
-Le entrate ad effetto devono proprio piacerti, ah?- ridacchiò il capitano, passandogli una mano sulla testa e scompigliandogli i lunghi capelli ramati legati in una coda di cavallo.
Tobio mise meglio a fuoco l'immagine, notando che, il tizio che in quel momento era praticamente saltato in braccio a Koushi, era in realtà una lei.
Aggrottò ancor di più le sopracciglia quando vide Noya partire in quarta per correre ad abbracciarla ed Hinata tremare come una foglia.
Non capiva chi fosse, cosa c'entrasse con la squadra e soprattutto perché si fosse infiltrata così in partita senza che nessuno le dicesse nulla, ma che anzi, quasi tutti quelli del terzo anno, le stessero accanto come fosse una di famiglia, in particolare Asahi.
-Tu!- sbraitò poi l'alzatore, puntandola con l'indice della mano sinistra, stufo di vederla al centro dell'attenzione, deciso a rispondere ai dubbi che lo stavano attanagliando.
L'unica cosa di cui era certo era che quella ragazza fosse una pallavolista.
-Io....?- la giovane si indicò, sollevando un sopracciglio.
-Sì! Tu!- proseguì il moro, con tono fermo -Un libero non schiaccia da quella posizione-.
Lei ridacchiò -Oh, lo so-.
Il moro storse il naso, sbuffando: non era riuscito a dirle niente di meglio e gli pareva che, con quella risposta sicura, si fosse presa gioco di lui.
La ragazza percorse l'intero capo con lo sguardo, soffermandosi solo su una persona in particolare, allargando il proprio sorriso.
-Shoyo!- esclamò, allargando le braccia ed accogliendo il piccolo Pel di Carota, che le si era praticamente lanciato addosso, costringendola a fare un passo all'indietro.
-Kitsune!- piagnucolò il ramato, soffocato nella felpa azzurra dell'altra.












~Angolo Autrici~
Milla: *entra, trascinandosi dietro Lucy, mezza addormentata* Ohayo! 
Lucy: *si sveglia improvvisamente* Ohayo!
Milla: Siamo felici di dirvi che ci piace complicarci la vita e che siamo tornate con una nuova fantastica, avvincente storia!
Lucy: E ovviamente demenziale, ma per ora, ancora non si capisce.... Sì: per vostra sfortuna siamo tornate
Milla: *tappa la bocca di Lucy* Tu non parlare
*spunta Hinata, seguito da un Kageyama moooolto scocciato*
Hinata: Io sono l'esca più potente del mondo! Diventerò l'asso della pallavolo!
Kageyama: ....posso picchiarlo? *guarda le autrici*
Hinata: Zitto, Re del Campo!
Kageyama: Non mi chiamare così! *gli schiocca un cazzotto in testa*
*nel frattempo Milla e Lucy li guardano, una infastidita, l'altra con gli occhi che brillano*
Lucy: *si lancia su Kageyama* TOBIOOOOO!
Kageyama: *inorridito* Che stai facendo?! Perché questo contatto fisico?!
Akashi: Avete parlato di me?
Milla: E tu da dove spunti?
Akashi: Io sono l'Imperatore, posso spuntare da dove voglio, quando voglio, come voglio e perché lo voglio
Hinata: *lo guarda, con gli occhi a forma di stella* Ora abbiamo anche un Imperatore! Che possa battere Il Grande Re??
Akashi: Io sono assoluto e presto voi sarete tutti miei schiavi
Milla: ....
Lucy: ....
Hinata: ....
Kageyama: ...
Milla: *fa pat pat sulla testa di Akashi, rischiando quasi di farsela staccare dalla forbice che il rosso ha rubato a Midorima* Bene, ragazzi! Speriamo che questa nuova grande stupenda storia vi piaccia!
Lucy: *abbracciata a Shoyo* Milla, guarda com'è dolce! Possiamo tenerlo??
Milla: ....metti giù quella carota
Takao: Che nessuno rubi il ruolo di Shin chan! Lui è la carota
Lucy: TAKAOOOOOOO
Takao: LUCY!!!!!!
*si abbracciano e se ne vanno saltellando con Hinata fino al carretto dove c'è Midorima che li aspetta*
Midorima: Takao! Non sono una carota!
*se ne vanno col carretto*
Akashi: Questi infimi esseri inferiori....
Milla: ....mi hanno lasciata da sola....
Lucy: No, ma io ti amo
Milla: Brutta traditrice 
Lucy: No, ma io ti amo e non ti tradirei mai
*passa un tizio biondo di un altro fandom*
Lucy: MARCO ASPETTAMI *gli salta in braccio*
Milla: ....vabbè, come dicevo....speriamo che la storia vi piaccia! Aspettiamo i vostri commenti su questo prologo (tranquilli, tutti i "misteri" saranno svelati presto)
Akashi: Certo che gli piacerà, ci sono io
Milla: ....cosa vuol dire....?!
Akashi: Sono perfetto e assoluto, tutti mi amano
*nello sfondo si vede Midorima che lo punta con un coltello in mano e Takao che lo blocca*
Milla e Lucy: Un bacione a tutti :*
  
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