IL
VIAGGIO DELL’AMORE
(Amore
per amare, soffrire per amore)
L’aveva trovato steso
a terra, riverso in una pozza di sangue. Da allora, dispensando cure
amorevoli,
pazienti e minuziose attenzioni, aveva ricostruito un uomo. Il
bell’aspetto giovanile
faceva ricordare quei divi di Hollywood che nella prima metà
del ‘900 avevano
radicalmente cambiato l’ideale di uomo. Non aveva certo i
capelli
impiastricciati di brillantina, né tanto meno le movenze di
una star sul set,
ma era un vero gentiluomo, sissignore, un uomo come non se ne vedeva da
tempo.
In seguito all’incidente, ma soprattutto alle cure, la sua
vita era
irrimediabilmente cambiata. Non ricordava più niente del
passato, nemmeno il
proprio nome, e da quel giorno fatidico non aveva più
incontrato nessun essere
umano, eccetto lei. Lei lo aveva salvato, lo aveva fatto rinascere:
solo un dio
amorevole avrebbe potuto tanto. Quei due non avevano messo
più piede fuori
casa: lei si occupava a tempo pieno di lui, e nessun altro individuo
sarebbe mai
potuto entrare a far parte del loro nido. Per lui lei rappresentava una
madre,
ed un dio. Per lei lui era qualcos’altro, molto di
più. Si potrebbe dire un
figlio, ma in questo modo sarebbe alquanto ridotta la sfera del loro
autentico
rapporto. Qualcun altro, più malizioso, penserebbe ad un
amante. Come dargli
torto? Eppure anche qui si trascura un qualcosa di rilevante, qualcosa
di…essenziale. Il Contesto. Il Contesto è una
cosa difficile da spiegare a
parole… come un bosco nel quale ti perdi appena nato e dal
quale non riuscirai
mai ad uscire. Non riuscirai mai a vedere il mare. Ecco, praticamente
questa
brutta metafora ha colpito appieno quello che si voleva dire. Non si
può
parlare di Amore se non lo si conosce. La nuova vita di lui partiva da
zero, e
da quello zero non s’era spostata poi molto, rimanendo
imprigionata sempre fra
quelle quattro mura, stretta sempre da quelle due braccia.
Sì: quello che
sentiva lei era Amore. Quello che provava lui forse gratitudine. Ma una
gratitudine che lei gli aveva insegnato a pronunciare amore.
“L’ignoranza è
potere” diceva qualcuno.
Una mattina di marzo,
con il primo sole della primavera che ti ricolora il sangue nelle vene,
lui
sentì dentro di sé un nuovo impulso, sconosciuto
sino ad allora. Come un
magnete che attrae la puntina di ferro, lui fu scaraventato contro le
pareti
della stanza. Poggiando l’orecchio contro il muro,
sentì dall’altra parte nuovi
suoni, una vita diversa che correva parallelamente alla sua. Bisognava
cercare
un punto d’approdo, un incontro fra le due vite. Ma si sa:
due rette parallele
non si incontreranno mai. Almeno finché ci sarà
un muro a dividerle. Così, un
pomeriggio assolato, mentre lei si era addormentata dopo pranzo innanzi
alla
tv, lui aprì la finestra del salotto. La testa gli
girò vorticosamente e
avrebbe voluto vomitare: quell’aria così frizzante
era molto più potente di un
normale elisir. E giù, lungo la strada, fra ragazzi che
ritornavano da scuola,
le saracinesche che si abbassavano per poche ore, vide Lei: non fu come
un
lampo a ciel sereno, piuttosto come un albero reciso. Le due rette si
erano
incontrate, ma non si potevano toccare. Un altro muro, stavolta non di
mattoni,
lo divideva dall’Amore. Si sentì silenzio. Davanti
alla televisione il sonno si
era portato via per sempre lei: 67 anni vissuti da sola, fra tormenti e
depressioni. Ma se n’era andata con il sorriso. Lei, quello
che aveva cercato
invano per tutta la vita l’aveva alfine trovato. E senza
più alcuna inibizione,
ma con una lacrima fredda che gli rigava il volto, lui saltò
giù, volò da Lei.
Ma senza ali.