Anime & Manga > Ranma
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Autore: ciccina_chan    08/02/2015    1 recensioni
AKANE: l'avevo giurato a me stessa, basta relazioni. Eppure con lui era stato impossibile fermarsi: come puoi opporti a un uragano d'estate?
RANMA: non conoscevo una ragazza decente. Lo giuro, non so perché, ho avevano problemi psicologici o idee strane. Ero una calamita per stranezze. Ma poi era arrivata lei, e mi aveva affascinato, conquistato, distrutto. Mi aveva ucciso, totalmente. La cosa più meravigliosa e disastrata della mia vita.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~AKANE
“Sii come i fulmini
che pur creando crepe nel cielo
qualcuno si volta sempre
per ammirare lo spettacolo luminoso.
Domina tu la tempesta”
- Maria Auriemma
Il giorno dopo, a scuola, avevo gli sguardi di tutti puntati addosso. Ma perché dico io? Insomma, avrei dovuto fare il culo ad una psicopatica quel pomeriggio, non mi sembrava qualcosa di così eccezionale.
Avevo passato quindi la giornata a evitare i corridoi affollati, con una Sayuri agitatissima al mio fianco.
Una volta a casa, avevo cercato con lo sguardo Ranma, non trovandolo. Non mi importava di lui, vero, ma, non so, vederlo mi avrebbe tranquillizzato: lui era un amico di Shampoo, a quanto pareva, quindi avrebbe potuto darmi qualche consiglio. Ma non c’era.
Uscendo mi ero imbattuta in Ryoga. Nonostante iniziasse a fare freddo, indossava una maglia senza maniche e non mostrava nessun fastidio per il leggero vento che invece mi faceva rabbrividire.
< Hei, Akane giusto? > mi aveva salutato, avvicinandosi
< Ciao Ryoga > avevo risposto, sorridendo. Lui non era quello sgarbato del suo amico.
< Allora, pronta per lo scontro? >
< Ah lo sai anche tu? Comunque si >
< Be’ da ieri Ranma è intrattabile, e a scuola non si parla d’altro che “della ragazza nuova che viene a scuola con Ranma Saotome, sfidata da Shampoo” > aveva detto, con un piccolo sorriso preoccupato
< Sei sicuro che Ranma non abbia il ciclo? Ah, e io che volevo mantenere un basso profilo > e avevo finto una espressione tragica, facendolo scoppiare in una grossa risata.
< Probabilmente Ranma ha il ciclo da quando l’ho conosciuto e, mi spiace, ma qua a Nerima è impossibile mantenere un basso profilo, soprattutto se si abita in casa Saotome > aveva detto, furbo
< Ryoga! > una ragazza ci era corsa in contro, appoggiandosi al braccio muscoloso del ragazzo. Era mora, abbastanza alta e snella, con due enormi occhi grigi e dei lunghi capelli castani. Possibile che in quella città le ragazze fossero tutte da copertina?
< Ciao, tu sei Akane giusto? Piacere, sono Ukyo > aveva detto porgendomi una mano che avevo stretto
< Piacere >
< Allora, vuoi due accompagnatori che ti portino al punto x? > aveva chiesto Ryoga, beccandosi un’occhiata dalla mora
< Be’ perché no, anche perché non saprei dove andare > avevo risposto, cercando di capire cosa ci fosse tra quei due.
E così percorremmo la strada chiacchierando del più e del meno.
Ogni tanto sentivo lo sguardo di Ukyo che mi squadrava e allora cercavo di ignorarlo, continuando a parlare. Quella ragazza aveva uno sguardo penetrante, sicuro e furbo. In un certo senso mi ricordava Nabiki, anche se non credo potesse arrivare a tali livelli.

< Eccoci qua, ecco “l’arena” > aveva esclamato Ryoga, aprendo le braccia e indicando uno spiazzo davanti a me: una piccola collina rialzata, dalla curiosa forma pianeggiante, si stagliava di fronte a me. Notai che c’erano ragazzi intorno, curiosi di osservare lo scontro.
Avevo fatto un respiro profondo, ringraziando i miei accompagnatori e salendo sulla collinetta. Era abbastanza grande, un po’ più di un normale ring, innalzata dal prato pianeggiante del parco di circa di un metro.
Mi ero seduta, chiudendo gli occhi, per trovare la concentrazione. La gente mi agitava, sempre. Ma la lotta era da sempre il mio modo di esprimermi. Non solo la lotta, in realtà, ma tutti gli sport. A eccezione del nuoto, odiavo l’acqua: quando ero piccola, Nabiki, per scherzo, mi aveva convinto che per stare a galla avrei dovuto ingoiare l’acqua mentre nuotavo. Da quel giorno l’unica acqua nella quale ero riuscita ad entrare era stata quella della vasca da bagno.
< Allora ti sei plesentata, Be’ almeno sei colaggiosa > una vocina piena di sé aveva interrotto i miei pensieri, portando la mia attenzione sulla ragazza con le mani sui fianchi davanti a me. Aveva un completino rosa, i capelli sciolti ed era ben truccata. Mi chiedevo come potesse combattere così.
< Si, ci sono, quindi? Regole? > avevo detto rialzandomi, un po’ scocciata. Ma chi si credeva?
< Chi viene buttato fuoli dal campo o chi non liesce a lialzalsi, pelde >
< Okay > semplice, veloce, forse un pochino brutale… ma non importava, era quello che mi serviva per scaricarmi.
< Al mio tre > Ranma si era materializzato a un lato del “ring”, alzando una mano in aria.
< Oh tesolo! > aveva esclamato Shampoo, mentre io alzavo gli occhi al cielo.
< Uno > la cinesina si era tirata su le maniche
< Due > iniziavo a sentire l’adrenalina
< Tre! > terzo dito alzato.
La ragazza mi si era scagliata contro, veloce. Probabilmente credeva fossi una lumaca, o che avessi scarsi riflessi. Be’, si sbagliava.
Avevo scartato di lato, colpendola alla schiena con un calcio, e facendola cadere a terra.
Uno sbuffo e si era rialzata, un’espressione sorpresa sul viso.
Non avevo potuto impedirmi di sorridere compiaciuta. Boom baby.
Ci aveva quindi riprovato, facendo un salto e attaccandomi da dietro. Ma ero riuscita a schivare anche questo, abbassandomi.
Mi ero rialzata velocemente, tirandole un calcio alla caviglia, facendola cadere a terra.
Si era alzata velocemente, una smorfia sulle labbra.
Avevamo iniziato a girare in tondo, squadrandoci. Lei si muoveva felina, sinuosa. Si vedeva che era portata per quello, per combattere.
Questa volta mi ero fiondata io verso di lei, saltando all’ultimo momento verso l’alto, colpendola sulla fronte.
Si era inginocchiata, stordita dalla botta, mentr mi avvicinavo a lei, pronta a finirla.
Ma lei non era della stessa idea: era rotolata su un fianco, rialzandosi e buttandosi contro di me, colpendomi con un pugno in pancia. Ero rimasta senza fiato, capace solo di indietreggiare. Era forte, più di quanto pensassi.
< Allola calina, già stanca? > aveva chiesto beffarda, ma vedevo bene come stringeva gli occhi, come se fosse un po’ confusa. Allora avevo deciso di puntare sulla velocità.
Avevo fatto un sorrisetto per poi correre e fare una scivolata all’ultimo secondo, prendendola ancora una volta di sorpresa, colpendo una seconda volta la caviglia. Probabilmente ero un po’ crudele, ma in questo modo avrebbe dovuto capire che avrebbe dovuto lasciarmi in pace. O almeno, così avevo pensato. Quanto mi ero sbagliata.
Lei si era voltata di scatto, zoppicando appena, e mi aveva colpito con una rapida sequenza di pugni. Avevo cercato di schivarli, ma uno mi aveva colpito allo zigomo, irradiando un’ondata di dolore a tutto il viso. Merda.
Mi ero adoperata in un calcio laterale, subito seguito da un pugno sinistro. Li aveva schivati entrambi, agile.
Ci avevo riprovato, questa volta caricando un destro, deviato all’ultimo istante. Lei si era spostata, evitandolo, ma ero riuscita comunque a toccarla su un fianco. Non il dolore previsto ma una botta assicurata.
L’avevo allora vista saltare in aria e comparire un secondo dopo al mio fianco, un pugno pronto.
Non ero sicura di poterlo schivare, ma mi ero abbassata comunque.
Avevo sentito un colpo secco.
Nessun dolore, impatto su di me.
Avevo aperto gli occhi, serrati, notando un ragazzo a terra. Aveva le mani strette intorno a una gamba della mia avversaria, che urlava innervosita.
< Mousse! Che diavolo vuoi? Levati! >
< Ma mio amore! > urlava l’altro di risposta, stringendo ancora di più la presa.
Io li fissavo stupita, senza saper cosa dire. Lui aveva una enorme casacca bianca e degli occhiali dalla montatura spessa. I lunghi capelli neri erano cosparsi di piccoli fiorellini azzurri, che, avevo notato, coprivano tutto il terreno.
< Torna a casa con me! > aveva urlato ancora, implorante.
< Lasciami in pace! > aveva risposto Shampoo, guardandolo infuriata.
Ranma era allora salito sulla collinetta, avvicinandosi
< Conoscendo la situazione, non finirà molto presto. Il combattimento è finito >
Avevo visto gli occhi di Shampoo ridursi a due fessure e fissarsi su di me, mentre scrollava la gamba per cercare di levarsi di dosso il ragazzo
< Non finisce qui Akane Tendo > mi aveva minacciato.
Mi ero allora voltata, seguita a ruota da Ranma. Avevo afferrato il borsone, sentendo ancora tutti gli sguardi su di me. Sayuri mi era corsa incontro, abbracciandomi
< Oddio Akane ma sei brava! Cioè davvero tanto brava! Gliele hai date di santa ragione a quella! Ma stai bene? Dolori? Qualcosa di slogato? Oddio è stato fantastico > aveva iniziato a blaterare mentre mi squadrava il viso, le mani che mi voltavano il mento per guardare meglio
< E questa botta? Okay, ho il necessario > aveva continuato annuendo, tirando fuori dalla borsa una crema
< Crema per ematomi… direi che va bene > e me l’aveva spalmata sul viso, mettendomela tra le mani con un sorriso
< Grazie > avevo solo detto riconoscente, sorridendo. Quella ragazza non aveva bisogno di tante parole, un semplice sorriso le bastava.
< Tu, portamela a casa senza altre ammaccature, okay? > aveva detto poi, puntando un indice verso Ranma
< Oh, certo > lui aveva risposto, alzando le mani come in segno di resa.
Poi si era voltato, avvicinandosi e toccandomi un braccio. Io mi ero scostata, come una perfetta acida asociale. Allora aveva alzato gli occhi al cielo, prendendo la mia borsa e tirandomi un’occhiataccia.
Ci eravamo incamminati verso casa, senza spiaccicare parola. Sentivo la guancia pulsare e un po’ di mal di stomaco.
< Senti, la borsa, posso anche portarla io > avevo provato, nonostante gliene fossi grata
< No > aveva solo detto, senza voltarsi verso di me
< Perché? >
< Si chiama gentilezza > aveva detto, scandendo l’ultima parola, come se non potessi capirla
< So cos’è sai? >
< Ne dubito > aveva ribattuto, entrando in casa.
Non ci avevo parlato per tutta la serata. Non ero una ragazza particolarmente loquace, anzi si, lo ero, ma solo con chi conoscevo bene. E in quel periodo non stavo dando a nessuno la possibilità di conoscermi, né a me di conoscere qualcuno.
Dopo cena mi ero chiusa in camera mia, la musica a tutto volume.
Avevo optato per Mostro, adatto all’occasione.
“Ascoltami bambina, spesso mi chiedo dove sei, con ci sei, ma soprattutto chi sei “
La voce combattuta del cantante mi aveva preso, come sempre.
Avevo sentito qualcuno bussare alla porta. L’avevo ignorato.
Una seconda volta. Avevo mugugnato.
Una terza. Avevo aperto svogliata la porta a un Ranma impacciato.
< Posso? >
Gli avevo fatto segno di entrare, fermando la canzone.
< Te l’eri dimenticata giù > aveva detto con un piccolo sorriso, porgendomi la crema di Sayuri
< Grazie > avevo risposto, sorridendo a mio volta. Un sorriso piccolo, ma comunque un sorriso.
< Allora come mai qui? > avevo chiesto, notando come si stesse torturando le mani
< Be’ ecco… > aveva iniziato, timido < Io… Tu… Noi… non abbiamo iniziato con il piede giusto. Quindi sono venuto a proporti un armistizio. Iniziamo una tregua. Se poi scopriremo di odiarci, potremmo continuare come ora. Se invece impariamo a convivere meglio… be’, ben venga >
Mi aveva guardato speranzoso, e non avrei potuto, neanche volendo, rifiutare la richiesta, totalmente ragionevole, davanti a quello sguardo.
< Okay, ci sto > avevo detto, sedendomi sul letto
< Ah comunque, sei brava. Nessuna ragazza aveva mai tenuto testa a Shampoo per così tanto tempo > mi aveva confidato
< Ah sì? Be’, io sono forte > avevo detto, alzando il braccio come per far vedere il muscolo
< Okay, in onore del nostro armistizio, non lo metterò in dubbio > una risata < Posso ascoltare un po’ con te? > mi aveva poi chiesto, indicando le cuffie.
All’inizio avrei voluto rispondergli negativamente, ma avevo impedito a me stessa di respingere quel ragazzo.
Purtroppo o per fortuna, ancora non lo so.
< Ti avverto, questa sera sono abbastanza uhm > avevo detto con un sorriso storto, porgendogli un auricolare
< Non c’è problema > aveva risposto, sdraiandosi sul letto. Mi ero sdraiata anche io, ponendo la mia testa esattamente alla fine della sua, in modo da sentir combaciare solo le radici dei capelli.
Avevo fatto ripartire Mostro, le note che scorrevano nelle orecchie.
“Non ti amavo da impazzire so’ impazzito per amarti”
Non sapevo quante volte avremmo rifatto quella cosa. Io, lui, la musica. Sarebbe stato un po’ come un appuntamento, il nostro appuntamento segreto, privato.
Ma, soprattutto, non sapevo come quella canzone sarebbe rimasta sospesa tra di noi, perennemente ricordata come il nostro primo vero incontro.
E lo era stato, davvero.
  
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