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Autore: lala_g    01/12/2008    5 recensioni
"L’obon è la festa che si festeggia dal 14 fino al 16 di Agosto. In vista delle visite degli spiriti dei parenti morti, le case vengono ripulite e addobbate con ornamenti costituiti dagli alberi sacri, vengono preparate delle offerte di cibo da concedere agli altari in onore dei morti, e, al tramonto del terzo giorno, il sedici dunque, vengono lasciate sul letto del fiume le lanterne che accompagneranno i morti nel loro viaggio di ritorno"
Storia di un'amicizia nata da una tradizionale festività.
[SasuNaru]
N.B. I Classificata alla III Minidisfida [Criticoni].
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sad memories of lost past

Questa storia è arrivata prima alla III Minidisfida indetta dal sito Criticoni.it
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Sad memories of lost past


Naruto odiava l’Accademia.
Qualcuno avrebbe potuto dire che esagerava, che “odio” era una parola grossa, soprattutto detta da un bambino di dodici anni, eppure lui ne era certo. L’odio, con tutto il rancore e il disprezzo che conteneva in sé e con quell’alone tetro che l’avvolgeva quando qualcuno ne parlava, era la parola più adatta ad esprimere le sue sensazioni nelle ore che trascorreva rinchiuso nell’aula del professor Iruka.
Non aveva particolari problemi con il professore in sé: anche se lo richiamava sempre e gli affibbiava ogni giorno una punizione, la dolcezza che traspariva dai suoi occhi non gli passava inosservata. Inoltre, Naruto sapeva che Iruka, nonostante lo riempisse di punizioni come pulire l’aula dopo le lezioni o scrivere la stessa frase per un numero imprecisato di volte, era sempre rimasto con lui. E non si riferiva ad una vicinanza morale, sentimentale o astratta, ma ad una vicinanza fisica, materiale, concreta.
Ogni pomeriggio, mentre lui di malavoglia adempiva ai suoi compiti punitivi, Iruka restava seduto sulla sedia posta dietro la cattedra e attendeva, silente, osservando i suoi gesti senza quell’aria di giudice che, invece, assumevano le altre persone quando lo guardavano. Lo scrutava come stesse cercando un qualcosa di particolare in lui, non con aria di disgusto o di disprezzo, ma di curiosità e meraviglia.
Sapeva benissimo che il turno del suo insegnante terminava alla fine delle lezioni, in seguito alle quali avrebbe dovuto fare rapporto all’Hokage stesso; eppure, questi non lo lasciava, restava, prolungando il suo turno a volte per diverse ore, gli teneva compagnia il pomeriggio intero, sorbendosi, Naruto sapeva, diverse ramanzine da parte dell’Hokage che non sopportava particolarmente i ritardi di consegna del rapporto del professore.
Il suo problema, in definitiva, non era affatto Iruka sensei.
Il suo odio era per lo più legato alle altre persone che, durante le lezioni, erano presenti nell’aula: i suoi compagni di classe.
Erano una ventina, alla fin fine, ma non aveva mai parlato con nessuno di loro in particolar modo.
Certo, a differenza della maggior parte delle persone del villaggio questi si avvicinavano a lui, ma generalmente la motivazione non era affatto gradita. Se infatti gli si avvicinavano era per lo più per deriderlo o picchiarlo.
Era escluso, Naruto, era escluso dalla classe, escluso dal villaggio, escluso dal mondo, ed era perfettamente a conoscenza del perché di questo isolamento forzato, ma il saperlo, purtroppo, non affievoliva la tristezza che lo avvolgeva. Quel giorno di Agosto, il quattordici, se vogliamo essere precisi, Naruto non faceva altro che osservare il cortile deserto, posto davanti l’entrata dell’Accademia, proprio sotto la finestra vicino alla quale si era seduto, e sospirava.
Sospirava, sconfortato di non poter essere libero di alzarsi e scendere in quel cortile a farsi riscaldare dall’abbraccio dei raggi solari. Sospirava, totalmente immerso nei suoi pensieri, dimentico della spiegazione che il professor Iruka stava portando avanti e del ruolo di studente che lì svolgeva.
Continuava ad ammirare estasiato le foglie degli alberi ondeggiare sui forti rami come in una danza perpetua guidata dalla musica portata dalla lieve brezza estiva; tuttavia, il suo incanto finì non appena un pugno gentile si posò sul suo capo facendogli provare una punta di dolore per l’impatto.

-Siamo in classe, vorrei ricordartelo, Naruto –

La voce di Iruka parve svegliare totalmente il biondo dal suo incantevole sogno, catapultandolo con poca delicatezza nella prigione razionale che costituiva l’Accademia.
Sbuffò con aria annoiata, mentre le labbra si piegavano in un broncio infantile e le mani andavano a coprire malamente il punto del capo colpito, massaggiandolo lievemente. Stranamente non fiatò, non protestò per il colpo e per la noia che lo stava assalendo. Tacque, con grande sorpresa di tutti, e si sistemò con le braccia incrociate sul banco e il volto poggiato su  di esse. Sentì i bisbigli alle sue spalle e finse di ignorarli, mascherando il risentimento che lo coglieva come un’ondata di infervorata stizza.
Si ripeté che presto sarebbe stato tutto finito e aspettò trepidante il suono della campana che avrebbe decretato la fine della sua prigionia.
Se avesse resistito senza compiere gesti avventati avrebbe potuto godere della libertà.
Martoriò il labbro inferiore con i denti in un gesto di nervosa impazienza ed esultò internamente quando il trillo acuto della campana che segnava la fine delle lezioni echeggiò nell’edificio.
Si alzò stiracchiandosi rozzamente e, sorridendo allegramente, si diresse spedito verso la porta dell’aula.

-E dai Sasuke-kun, sei crudele, esci con me oggi, ti prego –

I suoi passi si arrestarono poco prima di varcare l’ingresso della stanza, si voltò ad osservare la scena, consueta a suo parere.
Sakura Haruno, una delle ragazze più carine che avesse mai visto, stava nuovamente cercando di convincere Sasuke Uchiha, il ragazzo più bello e intelligente dell’Accademia, ovviamente a detta di tutti fuorché lui, ad uscire con lei. Ricordò il rifiuto che la ragazza gli aveva gettato in faccia con parole meschine e gongolò quando vide Uchiha fulminarla con gli occhi e sorpassarla, ferendola con parole fredde che arrivarono alle orecchie di Naruto come un “ho cose più importanti da fare, sparisci”.
Incrociò involontariamente lo sguardo dell’altro ragazzo e sussultò nell’incontrare quelle iridi scure e fredde. Improvvisamente un senso di inadeguatezza lo colse e, memore della sua tanto agognata libertà, valutò che fosse meglio allontanarsi.
Interruppe l’insolito incontro di sguardi e, velocemente, uscì.
Non aveva mai sopportato Sasuke Uchiha.
Lo invidiava, lo invidiava con tutto se stesso e si sentiva geloso di quelle attenzioni che tutti gli rivolgevano, era geloso dell’aria di riverenza che persino gli adulti assumevano nei suoi riguardi, ma più di tutte queste cose, era tremendamente irritato dal fatto che ad Uchiha tutto ciò non importasse.
Detestava il suo atteggiamento superbo e presuntuoso da padrone del mondo che disprezza ogni cosa all’infuori di sé; detestava la sua noncuranza ai gesti accorti delle persone che gli si rivolgevano; detestava la sua indifferenza alla fortuna che il mondo gli aveva riservato.
Avrebbe voluto far vivere una sola delle sue giornate ad Uchiha, solo per fargli apprezzare maggiormente ciò che solo lui possedeva, desiderava mostrargli la crudeltà delle persone e del mondo solo per cancellare dal suo volto quell’aria di sfrontata strafottenza.
Era così immerso nei suoi pensieri che non si era neppure accorto di aver allungato tremendamente la strada di casa; aveva camminato senza osservare dove stesse andando, finendo col fare l’inutile giro di Konoha e ritrovandosi dinnanzi l’entrata del quartiere che, originariamente, era destinato al clan Uchiha. Si chiese se per caso qualcuno ce l’avesse con lui.
Più il suo disprezzo per il moro aumentava, più involontariamente si avvicinava a quest’ultimo.
Sospirò mesto, pronto a fare marcia indietro e tornare alla sua umile squallida casa, quando una voce fredda lo gelò sul posto.

-Cosa ci fai qui, Dobe? –

La voce gelida di Sasuke era inconfondibile, ma a Naruto non sfuggì la nota sorpresa che l’aveva adornata.
Si voltò solo per notare il ragazzo moro, poco più alto di lui, osservarlo con cipiglio truce e lievemente meravigliato.
Nuovamente la sensazione di disagio che l’aveva colto all’Accademia lo avvolse prepotentemente, mandandolo in agitazione e causando l’improvviso arrossamento delle sue gote.
Farfugliò qualcosa di incomprensibile prima che le parole del moro potessero essere del tutto comprese dalla sua mente.
L’attimo in cui la consapevolezza giunse, l’arrossamento del suo volto non fu più dovuto al disagio ma ad un miscuglio omogeneo di imbarazzo e rabbia.

-Non chiamarmi Dobe, Teme che non sei altro, ho solo sbagliato strada –

Ribatté fieramente, senza nascondere l’aria stizzita causata dalle parole inopportune del moro. Il ghigno che tuttavia si delineò sulle labbra dell’altro fece presagire a Naruto che la sua determinazione fosse servita a ben poco.
Sbuffò sonoramente prima di girare i tacchi e dirigersi a passo marziale verso casa, ignorò con fatica la frase di saluto del moro, stringendo i pugni e digrignando i denti quando un “Tipico di un Dobe” giunse alle sue orecchie, denigrandolo
Si sentì amareggiato e sconfitto, non poteva negare di aver fatto la figura dell’idiota, ma nessuno autorizzava Uchiha a rinfacciarglielo in quel modo. Tristezza lo colse improvvisamente.
Si stupì di quanto le parole di quel ragazzo lo influenzassero: non aveva mai badato agli insulti o alle occhiate che, gratuitamente, gli venivano regalati quotidianamente con tutto il disprezzo possibile immaginabile, ma le parole di Sasuke erano diverse, lo colpivano dolorosamente facendogli bruciare il petto e seccandogli la gola, rendendolo agitato e inadeguato. All’inaspettata rivelazione di quanto potesse colpirlo il ragazzo moro Naruto si arrestò. Bloccò i suoi passi e voltò nuovamente la sua direzione, pronto a recarsi, segretamente, a casa di Uchiha.
Quando fece il suo ingresso nell’enorme quartiere del clan si sentì come rimpicciolire: le case erano grandi, più di quelle che invece componevano la parte rimanente del villaggio, una, in particolar modo, attirò la sua attenzione. Era più distante dalle altre e sicuramente più grande, era dotata di un portone in legno e all’interno, era sicuro, si doveva trovare un cortile abbastanza grande.
Il capo biondo del ragazzino sbucò discretamente dal portone socchiuso e occhi dal colore marino iniziarono a vagare liberamente sull’immenso cortile che, se possibile, era ancora più vasto di quanto Naruto aveva immaginato.
La piccola bocca carnosa si spalancò, così come i suoi occhi, alla meravigliosa abitazione che si ergeva lì davanti.
La sua attenzione fu improvvisamente colta da Sasuke che, silenziosamente, spazzava il suddetto cortile con accuratezza.
Naruto si chiese come potesse Sasuke spazzare un’area così immensa e istintivamente mosse un passo come volesse andare ad aiutarlo; poi, però, l’espressione contemplativa e determinata dell’altro lo fece desistere, facendogli fare un passo indietro e facendolo così tornare alla sua posizione originaria. Spiò silenziosamente ogni movimento dell’altro, studiandone l’espressione concentrata.
Passò il pomeriggio ad osservarlo, dimentico della stanchezza che aveva preso le sue gambe, della fame incombente e di tutto ciò che lo circondava.
Osservò, bramando che quell’atmosfera non si interrompesse mai, in silenziosa ammirazione, mentre notava come, nel tempo passato, Sasuke fosse riuscito effettivamente a pulire l’intero cortile che, in quel momento, non presentava neppure una foglia sul suo suolo.
Vide il moro asciugarsi la fronte imperlata di sudore con la manica della maglia ed il suo volto gli parve più bambino del solito.
Sasuke aveva sempre avuto un espressione superiore eppure, in quel momento, i lineamenti del suo volto apparvero agli occhi del biondo più morbidi e delicati, infantili proprio come sarebbero dovuti essere normalmente.
Il brontolio del suo stomaco lo riportò alla cruda realtà e, nel momento in cui sbirciò ancora l’immenso cortile, la piccola figura dell’altro stava già scomparendo all’interno delle mura della villa.
Naruto si sentì cadere nuovamente nella realtà e, stanco e affamato, decise di dirigersi all’Ichiraku per mangiare del ramen.
Quando salutò cortesemente l’uomo egli lo guardò perplesso.

-Come mai sei qui, Naruto?-

Naruto lo guardò sorpreso, chiedendosi mentalmente se dovesse rispondergli “per mangiare del ramen” o se quella fosse una domanda trabocchetto.
Immerso nelle sue puerili elucubrazioni mentali non si accorse che l’uomo stava continuando a parlare.
Quando se ne rese conto si scusò birichino, chiedendogli di ripetere ciò che aveva detto.
L’uomo sbuffò ma, gentilmente, ripeté.

-Dovresti essere a pulire casa in vista dell’Obon-

Naruto lo guardò perplesso ed incuriosito. La prima immagine che ebbe fu quella della sua casa, totalmente sotto sopra a causa del disordine. Cacciò velocemente l’immagine dalla sua testa, forzandosi a mantenere la concentrazione sulle parole dell’uomo.
Notando l’aria perplessa del ragazzino l’uomo gli chiese gentilmente se sapeva di cosa stesse parlando e, alla negazione del capo che quest’ultimo gli riservò, rise leggermente, facendolo imbronciare e incrociare le braccia in un gesto irritato.
L’uomo rise ancora, iniziando maestralmente a preparare il ramen che, anche se non era stato richiesto, sarebbe stata sicuramente l’ordinazione del suo giovane cliente.

-L’obon è la festa che si festeggia dal 14 fino al 16 di Agosto. In vista delle visite degli spiriti dei parenti morti, le case vengono ripulite e addobbate con ornamenti costituiti dagli alberi sacri, vengono preparate delle offerte di cibo da concedere agli altari in onore dei morti, e, al tramonto del terzo giorno, il sedici dunque, vengono lasciate sul letto del fiume le lanterne che accompagneranno i morti nel loro viaggio di ritorno…Non ne avevi mai sentito parlare?-

Lo sguardo affascinato di Naruto fece presumere all’uomo che anche questa volta la risposta sarebbe stata negativa; difatti, Naruto negò dolcemente. Osservò immerso nei propri pensieri la ciotola di ramen che l’uomo gli stava porgendo gentilmente e, mentre impugnava sapientemente le bacchette iniziando a mangiare, ricondusse la storia appena narrata dall’uomo all’atteggiamento del pomeriggio del compagno moro.
L’immagine di un Sasuke concentrato e determinato lo colpì con consapevolezza e ammirazione.
Mangiò e ringraziò l’uomo assicurandogli che, se avesse messo il piatto sul conto del maestro Iruka, egli l’avrebbe sicuramente pagato per lui.
Si diresse verso casa, ancora meditabondo.
Non si curò dell’aria disordinata del suo monolocale o del freddo che lo avvolse quando vi entrò. Non badò alla solitudine, unica coinquilina in quell’abitacolo e andò a dormire serenamente, con ancora il pensiero dell’Obon nella testa. Il giorno successivo, si ripromise, avrebbe nuovamente spiato Sasuke.

***
 
Il giorno seguente Naruto si recò all’Accademia con un aria più felice del solito. Pareva totalmente immemore dell’odio tanto decantato il giorno precedente o della prigionia alla quale sarebbe stato costretto. I suoi unici pensieri erano rivolti al ragazzo moro che, sapeva, sarebbe stato seduto due file dietro di lui. Quello stesso ragazzo che, dopo le lezioni, si sarebbe recato nella propria casa e avrebbe continuato i preparativi per quella festività.
La giornata sembrò più leggera, più piacevole e il suono della campanella parve a Naruto una liberazione maggiore di quanto non lo fosse stata il giorno precedente.
Si alzò e, sorridendo felicemente, si apprestò ad uscire dall’aula.
Si sistemò in un vicolo davanti al quale sapeva sarebbe passato Sasuke e, con una pazienza che non gli apparteneva, attese il suo arrivo. Quando la consueta figura del ragazzo sorpassò noncurante il vicolo, il cuore di Naruto prese a battere furiosamente e, in un subbuglio di emozioni, prese a seguire con discrezione l’altro, attento a non farsi scoprire.
Lo vide entrare come al solito nella grande villa e scomparire al suo interno.
Quando oramai le speranze di vederlo uscire allo scoperto stavano per abbandonare Naruto, le sue orecchie percepirono lo scorrere del pannello che fungeva da porta e i suoi occhi poterono ammirare nuovamente l’espressione concentrata del moro.
Naruto non si era reso conto di quello che l’altro stava facendo sino a che, un profumo invitante, non lo inebriò andando a stuzzicare il suo olfatto.
La fame che, proprio come nella precedente giornata, era stata dimenticata, tornò  prepotentemente a farsi sentire, aggrovigliandogli spiacevolmente lo stomaco.
Buttò un’occhiata affamata agli omochi che Sasuke stava diligentemente creando con le proprie mani e strinse le mani sulla pancia che, malevola, tornò a brontolare.
Sbuffò e decise di andarsene, convinto che, se fosse rimasto ad osservarlo, le probabilità che gli fosse saltato addosso per sfamarsi con quel riso sarebbe aumentata tremendamente.
Tuttavia, la voce fredda dell’altro lo colse totalmente impreparato.

-Perché non entri, Dobe-

Il sangue si gelò nelle sue vene e sussultò gemendo rumorosamente quando si rese conto che l’altro si era perfettamente accorto di lui.
Sorvolò anche sull’insulto e, con la coda tra le gambe, fece sbucare l’intero capo dal portone d’ingresso. Gli occhi mortificati del biondo incontrarono quelli divertiti del moro. Naruto sospirò e mestamente si avvicinò al ragazzo, scrutandolo attentamente come a voler notare qualche gesto azzardato.
Sasuke lo guardò con aria seccata, facendogli un breve cenno per dirgli di sedersi.

-Allora, Dobe, mi spieghi perché sono due giorni che mi spii?-

Naruto sussultò ancora nell’apprendere che l’altro aveva notato il suo spionaggio già dal giorno precedente. Si infervorò sentendosi come preso in giro dal fatto che lo avesse lasciato fare mettendolo in imbarazzo a quel modo.
Incrociò le braccia al petto e con aria imbronciata, tremendamente infantile, rispose.

-Ero solo curioso –

Sasuke lo guardò perplesso qualche attimo prima di tornare al suo lavoro, continuando ad impastare il riso bollito e facendolo divenire di una forma rotonda, ammaccandolo qua e là.
Naruto lo osservò rapito mentre lavorava.
Il suo stomaco, tuttavia, per niente immemore della fame del biondo, ebbe la geniale idea di produrre uno di quei brontolii rumorosi, creati appositamente per far imbarazzare le persone nei momenti più inopportuni.
Naruto sussultò a disagio premendo fortemente le mani sulla propria pancia e chinando il capo per non far notare il diffuso rossore sulle sue guance.
Sasuke sogghignò e, con un gesto non propriamente riconducibile alla sua indifferente personalità, porse un omochi appena fatto al biondo.
Quest’ultimo, vedendosi porgere davanti al volto il cibo, osservò con gli occhi sgranati dalla sorpresa prima l’omochi in questione e, subito dopo, colui che glielo stava tendendo.
Sorrise in modo gioviale, illuminando per un attimo l’atmosfera, prima di prendere l’omochi e trangugiarlo poco elegantemente.
Sasuke scosse la testa in un gesto di esasperazione, ma sorvolò sull’inappropriato comportamento dell’altro.
Rimasero in silenzio tutto il pomeriggio: Naruto osservò senza fiatare i gesti dell’altro, proprio come aveva fatto il giorno prima, ricadendo in quello stato di estatica contemplazione.
Sasuke, terminati gli omochi, li sistemò nei pressi degli altari dedicati ai morti della sua famiglia e, senza battere ciglio, continuò ad addobbare come la tradizione richiedeva, l’intera villa.
Naruto restò a fissare l’altare al quale il compagno aveva offerto il cibo con sguardo malinconico. Sapeva che Sasuke aveva perso i genitori quando aveva ancora 8 anni ma, vederlo preparare le decorazioni per quella festa, sembrò appesantirgli il petto.
Strinse i pugni e, quando notò che Sasuke aveva finito le decorazioni, si accorse anche del sole calante che lasciava spazio ad un cielo brunito trapuntato di stelle. Il 15 era passato, constatò.
Quando l’ultima decorazione fu sistemata, Sasuke si voltò verso il biondo osservando la sua espressione assorta.
Un dubbio si insinuò nella sua mente e nulla fece per trattenere le sue parole.

-Perché non sei a casa a prepararti per l’Obon?-

Sasuke sapeva che Naruto, proprio come lui, era orfano e, infantilmente, si chiedeva perché il biondo non fosse stato impegnato a casa a preparare la festività, proprio come aveva fatto lui. Non aveva forse dei genitori da accogliere durante la successiva notte?
Ciò di cui Sasuke non era effettivamente a conoscenza era che, seppur Naruto fosse orfano, egli non aveva mai conosciuto i suoi genitori, di cui non serbava alcun ricordo o memoria, e di cui gli era stata negata la conoscenza dell’identità.
Sasuke osservò l’espressione del biondo rabbuiarsi improvvisamente e, in un secondo momento, poté ammirare il magnifico sorriso che questi gli rivolse.
Naruto scosse piano la testa, mantenendo il sorriso sincero sulle sue labbra e parlando con una malinconica dolcezza.

-Non ho nessuno a cui dedicare i miei preparativi, ma mi ha fatto molto piacere vedere te –

Nessuno dei due colse l’ambiguità della frase, troppo presi dalla gaia sensazione che li aveva avvolti.
Naruto, con aria lieta, salutò Sasuke augurandogli una buona serata, dimenticandosi persino di insultarlo e, velocemente, si recò a casa.
Naruto non aveva nessuno a cui dedicare quella festa, era vero; tuttavia, vedere Sasuke adoperarsi con tanta lena e tenacia per rispettare la tradizione, l’aveva incantato nel profondo, rendendolo cieco alla triste realtà della solitudine nella quale viveva.
Ebbe un’altra ragione per invidiare Sasuke: la sua memoria dei propri parenti. Tuttavia, non poté che pensare che, nonostante avesse innumerevoli motivi  per esserne geloso, l’ammirazione che aveva provato nel vederlo era stata di gran lunga superiore.

***

Il giorno successivo, in vista della festa, l’Accademia fu tenuta chiusa e, i ragazzi, chi con le proprie famiglie, chi da solo, poterono terminare gli ultimi preparativi.
Quando passò l’ora di pranzo Naruto era ancora a casa.
Non era uscito, non era andato a casa di Sasuke per ammirarlo ancora.
Aveva preferito restare da solo, lasciando che le famiglie festeggiassero quella giornata tranquillamente.
Naruto sapeva, sapeva perché in quegli anni era stato vittima di guardi atroci e di linciaggi, e sapeva anche che, se fosse uscito durante quella festività, tutta la gioia legata a quest’ultima sarebbe scomparsa.
Perché lui stesso, visto come l’assassino della maggior parte dei defunti di cui in quel giorno si festeggiava la memoria e la visita temporanea, avrebbe macchiato di odio e rancore gli sguardi di adulti e bambini che, al contrario, sarebbero dovuti essere dipinti solo da letizia e onorevole rispetto per gli eroici caduti.
Sarebbe rimasto dunque da solo, rispettando il dolore altrui e festeggiando nella sua piccola abitazione, spoglia di addobbi sacri, di offerte o di ligio, pulito ordine, la morte di coloro che l’avevano messo al mondo, senza curarsi del fatto che lui stesso ignorasse chi fossero e crogiolandosi nell’alone di tristezza e riverenza che l’avvolgeva ancora, in vista del tramonto.
Quando la porta della sua abitazione venne colpita da un secco bussare, Naruto sussultò spaventato.
Si alzò con aria dubbiosa e, cautamente, aprì la porta, sorprendendosi di ritrovarsi davanti la figura di Sasuke Uchiha, perfettamente avvolta in un morbido yukata blu notte.
L’osservò con occhi luminosi prima che la cruda voce del moro lo risvegliasse duramente.

-Cosa ci fai qui?-

Naruto inarcò un sopraciglio perplesso, fino a prova contraria ci viveva, avrebbe voluto rispondere ma, nel momento in cui aprì la bocca per farlo Uchiha lo zittì con un gesto stizzito della mano. Gli ordinò di tacere e lo prese per un polso; senza preoccuparsi del parere del biondo lo trascinò per le strade della città sino alla sua abitazione, ignorando gli sguardi che, come predetto da Naruto, scrutavano con crudeltà la figura del piccolo ragazzo biondo.
Naruto, d’altro canto, non si accorse neppure dei suddetti sguardi, troppo intento ad insultare il moro e a cercare di strapparsi alla sua ferrea presa.
Si stupì quando Sasuke lo condusse sin dentro la propria dimora, portandolo in una camera e gettandogli una pezza bianca in faccia, prima di chiudere la porta della camera stessa, lasciandolo confuso con un'unica parola: Indossalo.
Il biondo restò qualche attimo a fissare la porta della stanza, chiusa davanti ai suoi occhi, con aria profondamente confusa.
Quando sembrò riprendersi posò lo sguardo su quella che aveva identificato come una pezza, rendendosi conto solo in quel momento che non lo era affatto ma che, al contrario, si trattava di uno splendido yukata bianco.
Sorrise commosso, indossando velocemente il kimono e notando come le rifiniture bluette sulle maniche e sulle caviglie risaltassero, affinando la sua figura. Si compiacque internamente e, con aria soddisfatta, uscì dalla camera, trovando il moro ad aspettarlo.
Sasuke lo scrutò per qualche istante prima di girare i tacchi e dirigersi verso l’uscita della casa, l’aria indifferente nuovamente predominante sul suo volto.

-Hey, aspetta Teme, mi spieghi perché mi hai dato questo?-

Disse riferendosi chiaramente all’abito.
Vide Sasuke scrollare le spalle indifferente e prendere due lanterne che, non si era accorto prima, erano posizionate all’ingresso dell’abitazione.
Lo vide afferrarle e dirigersi fuori dal quartiere Uchiha, senza degnarlo più di attenzione.
Naruto lo seguì, imbronciandosi al fatto che l’altro avesse ignorato palesemente la sua domanda.
Camminarono in religioso silenzio sino a che non scorsero il fiume che scorreva poco lontano da Konoha.
Naruto parve accorgersi solo in quel momento di come il sole stesse lentamente calando tingendo il cielo di un tenue aranciato che, in un gioco di colori, si mischiava al caldo lilla, presagio della sera incombente.
Nel momento in cui giunsero sulle rive del fiume, Naruto vide come esso accogliesse già diverse lanterne che, silenziosamente, scivolavano lungo la corrente, come lucciole danzanti. Persone abbracciate e serene osservavano il letto del fiume che accompagnava il viaggio dei defunti verso terre lontane. Quando Sasuke gli porse una delle due lanterne che aveva afferrato precedentemente, le parole del signore dell’Ichiraku sembrarono tornargli in mente: “al tramonto del terzo giorno, il sedici dunque, vengono lasciate sul letto del fiume le lanterne che accompagneranno i morti nel loro viaggio di ritorno”.
Afferrò titubante la lanterna accesa e osservò timoroso l’altro ragazzo. Questi, semplicemente si voltò verso il fiume, accucciandosi e attendendo che l’altro facesse lo stesso. Naruto lo imitò.

-Tutti abbiamo qualcuno per cui festeggiare –

Naruto sussultò alle parole dell’altro. Si voltò per fissarlo, osservò come con aria concentrata lasciasse andare dolcemente la lanterna sull’acqua placida.
Appena la mano candida la lasciò essa iniziò a scivolare lentamente.
Portò lo sguardo sulla propria mano e, sorridendo dolcemente, annui alle precedenti parole, lasciando andare la propria lanterna.
Vide con la coda dell’occhio Sasuke alzarsi, tuttavia rimase ad osservare ancora l’acqua, sino a che le lanterne furono così tante e di così tanti colori che non poterono più essere distinte.
Osservò ancora accucciato il moro tendergli la mano e, senza esitazione, l’afferrò saldamente per tirarsi in piedi.
Naruto non seppe mai per chi avesse donato quella lanterna o chi avesse effettivamente salutato quella notte, ma non gli importò, confortato dalle calde parole del moro.

***

E anche adesso, nella solitudine della propria casa, affranto e ferito dal tradimento della persona che proprio quel giorno gli si era presentata come amica, ripensa alle parole che egli gli aveva rinfacciato durante l’ultimo dei loro incontri e con il cuore oppresso dalla tristezza non può che sussurrare nel vuoto della stanza quelle stesse, identiche parole che anni addietro quella persona gli aveva donato in conforto:

“cosa ne vuoi sapere tu che non hai né genitori né parenti, tu che non hai mai avuto legami?”

-    Tutti abbiamo qualcuno per cui festeggiare, Sasuke –

Ma queste parole non sono più un conforto.
Sono solo un triste ricordo del perduto passato.


N/A

Voglio ringraziare ancora lo staff di Criticoni per lo splendido giudizio dato alla mia storia, sono felicissima della posizione ottenuta e sopratutto sono felicissima che la mia storia sia piaciuta. Grazie infinite ^^
Ringrazio Trinh89 che ha gentilmente betato la fanfiction.
Spero che la storia sia di vostro gradimento.



Grazie a tutti coloro che leggeranno e spero recensiranno!



Lala_g




  
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