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Autore: FrancescaPotter    08/02/2015    3 recensioni
Dal primo capitolo:"C'era una persona della quale la legge le impediva di innamorarsi. Una sola persona sulla faccia della terra e, ovviamente, Emma Carstairs si era innamorata proprio di quella persona. Si trattava del suo migliore amico, Julian Blackthorn. "
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Carstairs, James Carstairs, Julian Blackthorn, Theresa Gray, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DICIASSETTE


Jules.
Guarisci, guarisci, guarisci.
Emma emise un verso al limite della frustrazione quando l'ennesimo iratze non andò a buon fine. Tutto ciò che la teneva ancorata alla realtà, impedendole di perdere la lucidità necessaria per poter uscire da quella situazione, era la mano di Julian stretta flebilmente attorno al suo polso: finché ci fosse stata quella presa su di sé a ricordarle che lui era ancora vivo, sarebbe andato tutto bene.
Guarisci, pregò mentre disegnava un'altra runa mettendoci tutta la buona volontà di cui era capace.
Julian era sdraiato sui sedili posteriori dell'auto con la giacca della tenuta da combattimento aperta che rivelava il suo busto innaturalmente pallido. Aveva infatti perso quel colorito ambrato che tanto piaceva ad Emma, acquisendo le tonalità del bianco e del rosso, come un campo da battaglia devastato dal candore della neve e dal sangue versato dagli innocenti.
Innocente, questo era Julian. Era stata lei ad averlo trascinato in quella situazione; lei si era innamorata di lui mettendolo in pericolo; lei, lei, sempre e solo lei. Forse si sarebbe solo dovuta tagliare fuori dalla sua vita. Sarebbe stato meglio per tutti, dal momento che Emma si sentiva come se tutto ciò che toccava venisse destinato a distruzione certa, come vittima di una maledizione.
Fuori il combattimento infuriava più impetuoso che mai: i ringhi dei lupi mannari, che stavano smembrando impietosi i loro avversari, si mischiavano agli urli di battaglia di quest'ultimi in un gioco di suoni agghiacciante: era presagio di morte.
Frecce colpivano la carrozzeria della vettura, ma per Emma erano solo rumori lontani, echi nel profondo nel suo cervello. La sua concentrazione era tutta focalizzata su Julian e sulla ferita profonda che aveva sul fianco.
«Jules, non ti azzardare a morire.» Sibilò, giurando che se fosse morto non glielo avrebbe perdonato mai.
Lui non rispose. Aveva gli occhi socchiusi dai quali Emma riuscì a scorgere una sfumatura di verde mare. Improvvisamente la terribile consapevolezza che quella poteva essere l'ultima volta che li vedeva le attanagliò le viscere in una morsa di ferro impedendole di respirare.
Fece per urlare ma il suo grido le rimase impigliato in gola quando la portiera della macchina si spalancò. Una folata di vento freddo invase l'abitacolo rinfrescando il suo volto bagnato: si accorse solo in quel momento che stava piangendo.

«Oh, cielo! Giovani Nephilim, sempre in cerca di guai che poi io devo sistemare.» Magnus Bane, con il volto incorniciato dai capelli corvini striati di rosa shocking, la fissava con i suoi penetranti occhi felini.
«Biscottino, fatti da parte e lasciami vedere che cosa abbiamo qui.» Fece un gesto con la mano per dirle di levarsi dai piedi, ma Emma non si mosse. Al contrario, strinse ancora più forte la mano del suo Parabatai. «Emma.» Il tono di voce di Magnus si addolcì, stupendo la ragazza. «Devi fidarti di me. Posso aiutarlo, ma devi farti da parte.»
Riluttante, Emma lasciò la presa e si accomodò al posto del guidatore, raccogliendo le gambe sotto di sé. Osservò Magnus passare lentamente le mani sul corpo di Julian, borbottando parole in una lingua antica. Quando da esse iniziarono a fuoriuscire sprizzi di luce argentea non ce la fece più: spalancò la portiera e si precipitò fuori dalla vettura.
Una volta che si ritrovò sotto il cielo stellato riuscì a respirare di nuovo, confortata dall'aria fredda di Gennaio.
I combattimenti erano cessati e a terra giacevano le carcasse di quelli che un tempo erano stati membri del popolo fatato. Emma sapeva che di lì a poco queste sarebbero tornate nella loro dimensione, ma non poté far a meno di provare un senso acuto di nausea, circondata da morte e distruzione.
Sentì dei passi avvicinarsi dietro di lei. Erano passi pesanti, strascicati, di molti uomini. Non si voltò, era troppo stanca.
«Signorina...» Fece una voce calma e determinata.
«Carstairs.» Rispose Emma stringendo i pugni.
«Sono Joseph Woolf, il capo dei Licantropi di Los Angeles. Lei e il suo amico state bene?»
«Parabatai.» Emma fissava nel vuoto davanti a sé in preda ad un momento di shock. Desiderava solo sdraiarsi per terra, al freddo, e dormire per sempre.
«Come?»
«E' il mio parabatai.» Questa volta si voltò e si ritrovò faccia a faccia con cinque uomini e due donne, tutti un po' scompigliati e graffiati ma sostanzialmente illesi.
«Passavamo da queste parti e abbiamo sentito rumori sospetti.» Spiegò un uomo alto e robusto con lunghi capelli biondi che Emma identificò come Joseph. «Vedendo due Nephilim in difficoltà siamo intervenuti.»
«Non dovete giustificarvi. Anzi, vi ringrazio immensamente, senza il vostro contributo saremmo stati spacciati.»
«I Blackthorn sono sempre stati molto disponibili verso il nostro branco. Era il minimo che potessimo fare per i loro figli.» Intervenne una ragazza molto alta con folti capelli neri.
«Marlene ha ragione.» Concordò Joseph. «Tieni, questo è il numero di telefono del nostro quartier generale. Non esitate a contattarci se avete qualche problema. Siamo lieti di aiutare i Blackthorn e i Carstairs.» Le porse un biglietto da visita che Emma accetto commossa. Lo mise nella tasca della giacca e si schiarì la voce cercando di apparire autoritaria e intrepida.. «Vi ringrazio a nome dell'Istituto di Los Angeles e del Conclave.»
Marlene rise, coinvolgendo in quella risata cristallina come l'acqua anche il resto dei lupi. «Ricorda una cosa, giovane Nephilim.» Disse con un leggero sorriso. «La nostra lealtà è a voi, non al Conclave.»
I licantropi si avvicinarono ad una perplessa Emma e le strinsero a turno la mano per poi dileguarsi nel buio della notte, rapidi e agili come solo dei nascosti potrebbero essere.
Emma li guardò sparire in lontananza, leggermente sorpresa da quell'inusuale giuramento di lealtà. Ripensandoci però il suo stupore non era giustificato. Infatti i rapporti tra le creature del mondo invisibile e gli Shadowhunters non erano rosei, ma i Blackthorn avevano sempre trattato con rispetto il clan di Vampiri e il branco di Licantropi di Los Angeles. A Idris, invece, non era diffusa la stessa apertura mentale che si aveva nelle più grandi città del mondo, pertanto parecchi membri del Conclave -bigotti e con le radici saldamente piantate ai tempi dei primi accordi- provavano ancora astio e un'antipatia immotivati nei loro confronti.
All'improvviso Emma fu scossa da brividi che la fecero cadere sulle ginocchia. Premette le mani sul suolo e infilò le unghie nel terreno scorticandosi le unghie, sperando che la sofferenza fisica avrebbe lenito quella che provava nel cuore. Era prossima a perdere completamente il senno.
Julian starà bene. Continuava a ripetere a se stessa come un mantra. Si riprenderà e tutto tornerà come prima.
Prese dei respiri profondi con la speranza di espellere tutte quelle immagini apocalittiche marchiate a fuoco nella sua mente. Immagini in cui lei era sola, senza la sua metà e abbandonata a se stessa, perché una vita senza Julian era come un inferno senza luce.
«Emma.» Fu riscossa dai propri pensieri dalla voce di Magnus: calma e rassicurante, era come un balsamo che leniva le ferite.
La mano dello stregone si posò dolcemente sulla sua spalla e improvvisamente Emma se lo trovò rannicchiato di fianco con il viso rischiarato dal chiaro di luna.
«Come sta Jules?» Sussurrò guardando fissa davanti a sè, terrorizzata dalla possibile risposta.
«Sì riprenderà. Ora sta dormendo, ma dobbiamo portarlo all'Istituto e chiamare un Fratello Silente che lo visiti.» Rispose Magnus.
Il sollievo fu così intenso che Emma si aggrappò a lui per non cadere stesa al suolo.
Si riprenderà. Starà bene. Grazie, grazie!
Iniziò a ridere istericamente per scaricare la tensione e l'ansia che le avevano premuto sul petto impedendole di respirare a pieni polmoni fino a qualche momento prima. In realtà, tutto ciò che desiderava era scoppiare a piangere, ma gli Shadowhunters non piangevano. Lei non piangeva.
La sola idea di abbracciare Julian di nuovo le riempiva il cuore di gioia. Adesso che Jules stava bene il mondo non era più un posto così terribile.
Si alzò di scatto, ma Magnus la bloccò.
«Aspetta, Emma.» Disse, sfilando qualcosa di lungo e metallico dalla giacca di pelle rosa -in tinta con i capelli- e porgendoglielo. «Julian mi ha detto di recuperarla e di portartela. Pensava che ti avrebbe aiutato a non perdere la testa.»
Emma prese quell'oggetto appuntito e notò con sorpresa che si trattava della sua spada Cortana. Nella foga del combattimento e a causa della preoccupazione di aver perso per sempre il suo parabatai, l'aveva abbandonata da qualche parte vicino alla grotta.
Non appena però fu di nuovo tra le sue mani un senso di calma e ordine si irradiò in lei. Cortana catturò alcuni raggi lunari risplendendo nel buio come una scintilla di carica elettrostatica, rendendo leggibile la scritta intagliata nel metallo della lama. Sono Cortana, dello stesso acciaio e collera di Joyeuse e Durindana.
Suo padre le aveva spiegato a dieci anni il significato di quelle parole, dicendole che i Carstairs avevano portato quella spada per generazioni e ricordandole che gli Shadowhunters erano le armi dell'Angelo.
Tempraci nel fuoco, e diventeremo più forti. Quando soffriamo, sopravviviamo.
Quelle erano state le sue esatte parole, e non mancavano mai di rimbombare come una ninna nanna nella mente di Emma, infondendole forza.
Strinse la sua amata spada al petto e chiuse gli occhi, beandosi della stabilità mentale che questa riusciva a conferirle: con in mano Cortana era di nuovo invincibile.
«Dov'è Jules ora?» Chiese con voce sorprendentemente ferma.
«E' in auto.» Rispose Magnus. «Dorme.» Aggiunse subito quando notò che Emma stava già correndo verso la vettura, i capelli biondi che le svolazzavano sulla nuca nel buio della notte.
Aprì la portiera con mani tremanti e quando vide Julian, esangue e sciupato, disteso sui sedili posteriori si portò una mano alla bocca per impedirsi di urlare.
Sollievo e disperazione pesavano sul suo cuore in una lotta all'ultimo sangue, vinta infine dal sollievo. Julian era vivo e tutto il resto non importava.
Gli scostò piano i capelli dalla fronte, guardando con occhi spalancati il suo petto che si alzava e abbassava regolarmente, come se fosse un piccolo grande miracolo. Non indossava più la maglietta della divisa e il suo torso nudo era solcato da miriadi di cicatrici e marchi. Emma gli poggiò una mano fredda sul cuore che lo fece rabbrividire nel sonno: in quel momento non esisteva suono più bello del suo cuore che batteva.
Sembrava un angelo sfregiato dalla ferocia dell'Inferno, ma Emma non riusciva a credere che potesse esistere un angelo più bello in tutto il Paradiso.
«Dobbiamo muoverci, biscottino.» Le disse Magnus. Il tuo Julian ha bisogno di cure che io purtroppo non ho potuto dargli.»
Emma annuì mesta, ma prima di andare c'era ancora una cosa che doveva fare.
In quel momento o mai più.
«Solo un secondo. C'è ancora una cosa che devo fare.»
Quella sera Julian era quasi morto, e lei non gli aveva mai detto che lo amava. Julian era quasi morto e lei non aveva mai assaggiato il sapere delle sue labbra. Julian era quasi morto.
Si avvicinò a lui fino a far poggiare la propria fronte contro la sua. Poi, senza pensarci un minuto di più, lo baciò. Tenne premute le labbra contro quelle fredde e immobili di lui cercando di non badare a come il suo cuore si stesse sgretolando in mille pezzi.
«Ti amo.» Sussurrò sulle sue labbra, così piano che a mala pena si sentì lei stessa. Aveva bisogno di dirglielo, anche se lui era ancora incosciente.
Fu un semplice sfiorarsi di labbra, niente di più, ma in qualche modo per Emma significava tutto.
«Nephilim, non li capirò mai.» Sbuffò Magnus, ma il suo viso era solcato da un dolce sorriso di comprensione. «Come amate voi Carstairs non ama nessuno, forse solo gli Herondale.»



NOTE DELL AUTRICE:
Ehm... salve!
So di essere in un ritardo madornale, e so che il capitolo è breve e striminzito, e per questo mi scuso tantissimo! Spero però che il contenuto di questo riesca a farmi perdonare.
Niente, scappo a mangiare perché altrimenti mia mamma mi lincia.
Non smetterò mai di ringraziarvi per recensire e anche solo leggere e seguire la mia storia. Davvero, GRAZIE INFINITE. <3
Baci, baci,
Francesca
  
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