Angolo autrice:
Buonasera a tutti!
Prima storia in questa sezione ma non è la prima che scrivo, o meglio, ho scritto un sacco di one shot (ma ne ho pubblicate pochissime!) perché poi alla fine c’è sempre qualcosa che non va.
Questa invece è la prima Long-Fic che mi ha sinceramente preso.
Una piccola introduzione sul perché ho deciso di scriverla: dopo aver letto Hunger Games ho sentito come un vuoto, proprio al centro del petto, come se invece di arricchirmi (ma in realtà è stato così) mi avesse portato via qualcosa..come se ci fosse stato uno scambio di emozioni in quelle pagine. Visto che io leggo libri come se fossi una macchinetta (alla velocità della luce, e non sto scherzando!) perché i miei genitori quando mi hanno generata hanno deciso di darmi il dono della lettura veloce (a discapito di cose ben più importanti come che ne so..una memoria decente e non quella di un pesce rosso!) sono ovviamente andata in crisi di astinenza. Sono entrata in libreria ed era appena uscito Alligent. “Toh!” mi sono detta “un’altra trilogia da divorare!” e così è stato. Dopo mi sono sentita ancora più vuota. Perché per chi lo ha letto, sa esattamente cosa succede in Alligent. Ho iniziato a cercare fan fiction a riguardo (non qui su efp, ma in giro, semplicemente) e quelle che trovavo erano tutte troppo, passatemi il termine, irrealistiche. Non brutte, semplicemente non erano quello che cercavo, quello di cui la mia mente aveva bisogno per sentirsi meno vuota. (Cavolo parlo davvero da tossica ahah).
Comunque lo dichiaro ora: QUESTA FAN FICTION SI DISCOSTERA’ QUASI INTERAMENTE, dai romanzi. Perché ho bisogno di un lieto fine. Ma non tutte rose e fiori.
Non vuole essere assolutamente pretenziosa o con standard elevati, anzi, probabilmente sarà un gran disastro, e per questo preferisco di gran lunga le critiche che mi faranno crescere.
Vi avverto che la storia potrebbe subire ritardi perché sono una studentessa di infermieristica e ciò implica numerosi tirocini, di cui uno fra meno di 3 settimane, durante questi periodi non avrò internet a disposizione, perché l’ospedale in cui lavoro è parecchio lontano da casa mia e per necessità logiche andrò a stare da alcuni amici che, per scelta di vita, non hanno alcun mezzo tecnologico. Avrò, credo, tempo di scrivere, ma purtroppo non di pubblicare!
Scusate per il papirozzo, buona lettura!
Capitolo I
-Sembra proprio una bambina- disse ridendo la persona che mi teneva sollevata per la gola sullo strapiombo. Non potevo dire con certezza che fosse Peter, ma in cuor mio sapevo che era lui. Gli altri soggetti si misero a ridere, ne distinsi due. I miei aggressori erano in 3.
Realizzai in quel momento che era inutile cercare di memorizzare ogni minima cosa, sarei morta di li a poco. A questa idea cercai di divincolarmi ancora con più decisione e ad urlare ma il risultato fu solo un’altra grassa risata dei miei aggressori ed un mio urlo roco, che sicuramente non avrebbe svegliato nessuno.
-Dai, facciamola finita. Buttala giù.- disse un’altra voce.
Chiesi scusa a mia madre e a mio padre per l’inutile dispiacere che gli avevo dato, quando sentii dei passi pesanti e un ruggito vicino a noi. Mi sentii cadere, pensavo di star precipitando ma il dolore dell’impatto con il pavimento di cemento mi sorprese. Mai dolore fu più dolce..
Quando mi svegliai ero in un letto grande confortevole. Avevo il respiro affannoso e dolori ovunque. Dovevo essere svenuta : Mi chiesi dove fossi, se quello che avevo vissuto era reale, o se questo lo fosse. Mi sentivo solo confusa, con un mal di testa fortissimo e dolori ad ogni articolazione possibile. Mi misi a sedere, ancora coperta dal caldo piumone, questo provocò una fitta tremenda al fianco sinistro e un conseguente lamento che non riuscii a trattenere.
Sulla porta comparse subito Quattro. “Oddio” pensai “quindi questa deve essere casa sua”.
-Stai bene, Tris? E’ tutto ok?- Quattro così apprensivo non lo avevo mai visto, e perché ero qui? Da dove era saltato fuori?.
-Ho..molto male- decisi di non mentire. Mi sentivo al sicuro, potevo farlo. –Tu..tu però sembri sconvolto.- Si era avvicinato al letto, aveva il terrore dipinto sul volto.
-E lo sono. Vederti lì, sospesa. Non ci ho più visto.- Si portò una mano sul viso e solo allora notai che erano coperte di graffi e lividi.
-Oddio Quattro! Ma cosa hai fatto alle mani? Ti fanno male?-
-Tu sei appena stata aggredita, e ti preoccupi delle mie mani?- Questa sua risposta mi deluse un po’, sembrava che volesse accusarmi di..cosa? Non lo so. Però mi fece sentire in colpa.
-Scusami- aggiunse – Ricordi qualcosa?- si allungò leggermente sul letto, creando in me non poco disagio. Mi sentii arrossire violentemente. Forse Christina non aveva tutti i torti a dire che avevo una cotta per lui..anche se non sono sicura di sapere esattamente cosa sia.
-Solo che erano in 3..e che..- No, non poteva essere successo. Non potevano avermi alzato la maglietta e aver fatto commenti sul mio corpo, sul mio seno, dicendomi che ero una bambina. Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi e sento Quattro tendersi come una corda di violino.
-Cosa ti hanno fatto, Tris?- il suo sguardo iniziò a diventare furente, il suo volto scuro e contratto.
Mi alzai dal letto alla velocità della luce, ignorando ogni dolore, anche se per un attimo ho pensato fosse troppo dolore. Mi scusai a bassa voce e lo ringraziai del suo aiuto appena prima di sbattere la porta e uscire correndo, non so dove sono e nemmeno dove sto andando.
Dopo un tempo indefinito mi ritrovai in palestra e decisi che era un posto abbastanza confortevole per passare quel che restava della notte, proprio accanto ai coltelli.
Realizzai in quel momento che era inutile cercare di memorizzare ogni minima cosa, sarei morta di li a poco. A questa idea cercai di divincolarmi ancora con più decisione e ad urlare ma il risultato fu solo un’altra grassa risata dei miei aggressori ed un mio urlo roco, che sicuramente non avrebbe svegliato nessuno.
-Dai, facciamola finita. Buttala giù.- disse un’altra voce.
Chiesi scusa a mia madre e a mio padre per l’inutile dispiacere che gli avevo dato, quando sentii dei passi pesanti e un ruggito vicino a noi. Mi sentii cadere, pensavo di star precipitando ma il dolore dell’impatto con il pavimento di cemento mi sorprese. Mai dolore fu più dolce..
Quando mi svegliai ero in un letto grande confortevole. Avevo il respiro affannoso e dolori ovunque. Dovevo essere svenuta : Mi chiesi dove fossi, se quello che avevo vissuto era reale, o se questo lo fosse. Mi sentivo solo confusa, con un mal di testa fortissimo e dolori ad ogni articolazione possibile. Mi misi a sedere, ancora coperta dal caldo piumone, questo provocò una fitta tremenda al fianco sinistro e un conseguente lamento che non riuscii a trattenere.
Sulla porta comparse subito Quattro. “Oddio” pensai “quindi questa deve essere casa sua”.
-Stai bene, Tris? E’ tutto ok?- Quattro così apprensivo non lo avevo mai visto, e perché ero qui? Da dove era saltato fuori?.
-Ho..molto male- decisi di non mentire. Mi sentivo al sicuro, potevo farlo. –Tu..tu però sembri sconvolto.- Si era avvicinato al letto, aveva il terrore dipinto sul volto.
-E lo sono. Vederti lì, sospesa. Non ci ho più visto.- Si portò una mano sul viso e solo allora notai che erano coperte di graffi e lividi.
-Oddio Quattro! Ma cosa hai fatto alle mani? Ti fanno male?-
-Tu sei appena stata aggredita, e ti preoccupi delle mie mani?- Questa sua risposta mi deluse un po’, sembrava che volesse accusarmi di..cosa? Non lo so. Però mi fece sentire in colpa.
-Scusami- aggiunse – Ricordi qualcosa?- si allungò leggermente sul letto, creando in me non poco disagio. Mi sentii arrossire violentemente. Forse Christina non aveva tutti i torti a dire che avevo una cotta per lui..anche se non sono sicura di sapere esattamente cosa sia.
-Solo che erano in 3..e che..- No, non poteva essere successo. Non potevano avermi alzato la maglietta e aver fatto commenti sul mio corpo, sul mio seno, dicendomi che ero una bambina. Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi e sento Quattro tendersi come una corda di violino.
-Cosa ti hanno fatto, Tris?- il suo sguardo iniziò a diventare furente, il suo volto scuro e contratto.
Mi alzai dal letto alla velocità della luce, ignorando ogni dolore, anche se per un attimo ho pensato fosse troppo dolore. Mi scusai a bassa voce e lo ringraziai del suo aiuto appena prima di sbattere la porta e uscire correndo, non so dove sono e nemmeno dove sto andando.
Dopo un tempo indefinito mi ritrovai in palestra e decisi che era un posto abbastanza confortevole per passare quel che restava della notte, proprio accanto ai coltelli.