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Autore: Ashura_exarch    09/02/2015    2 recensioni
Darwin aveva ragione, solo il più forte sopravvive. E, diciamoci la verità, i pokemon sono molto più forti degli umani, è naturale che alla fine li abbiano soverchiati. Non li hanno assoggettati o cose del genere, ma li hanno proprio portati all'estinzione. O quasi. L'ultimo esponente di questa antica razza sa di avere i giorni contati, ma non ha intenzione di finire dimenticato come milioni di altri individui prima di lui.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
Capitoli:
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Chapter 14: Last stand

- Forza, sbrigatevi con quei legacci!
La voce di Irving si era fatta roca dal troppo tempo che aveva passato inerte, e ancora ciò alle orecchie di Lloyd suonava strano. Gli sembrava di non sentire di nuovo le voci dei suoi compagni da mesi, forse anche anni. Eppure sapeva che al massimo poteva essere trascorso qualche giorno, altrimenti sarebbero morti per la mancanza di cibo.
Alla fine tutti si erano svegliati. Perfino Gregory, addormentato da tempo immemore, aveva riacquistato i sensi e aveva preso a farsi slegare, pur bestemmiando sonoramente ogni volta che gli venivano toccati il braccio o la gamba rotti. Per quanto riguarda gli altri Nellie, una volta liberatasi, aveva prima sciolto le corde che bloccavano il Deino per poi passare a quelle di chi si svegliava. In sequenza erano stati Finley, Gregory ed infine Irving, il quale adesso era alle prese con Nellie nel tentativo di farsi slegare.
Non senza difficoltà Nellie riuscì a tranciare le ultime costrizioni del Sableye, e furono tutti liberi. Spinsero i legacci tagliati al centro della stanza e, per fare un po' di luce, Nellie provò a soffiarvi sopra un po' di fuoco. La fiamma attecchì, e una volta costatato che le corde erano fatte di un materiale infiammabile per quanto a loro sconosciuto riuscirono a fare un piccolo fuocherello.
Nonostante fosse un tipo Buio Lloyd provò una sensazione più che piacevole quando l'ambiente fu rischiarato, anche se di poco, dalla fiamma del piccolo falò. Non si ritrasse quando la luce gli lambì gli occhi causandogli un pizzico di dolore a causa della troppa assenza in precedenza, e non lo fece nemmeno quando il calore gli scaldò la pelliccia. Poi se si aggiunge il fatto che non riusciva a vedere così chiaramente da molto, troppo tempo allora era intenzionato a restare lì sempre più a lungo.
Ma, si sa, oziare non era certo il modo migliore di agire in quel momento. Lloyd si stava crogiolando in quelle piacevoli sensazioni di dolce far niente quando la voce di Irving lo fece riscuotere. Quando aprì gli occhi vide che anche gli altri avevano sobbalzato, segno che probabilmente stavano facendo come lui.
- Forza, non possiamo restare qui. - disse il Sableye con voce ferma - Ce ne dobbiamo andare.
Pur sapendo che Irving aveva ragione, inizialmente Lloyd non fu molto incline a lasciare quel posticino confortevole. Ma ci pensò il Sableye a convincerlo a farlo muovere.
- Se l'umano scopre che ci siamo liberati saranno cazzi amari. Dobbiamo filarcela subito, immediatamente.
A quelle parole la compagnia si scosse nuovamente, e immediatamente tutti si mobilitarono. Finley si precipitò a sostenere Gregory il quale stava cercando di alzarsi. Irving lo aiutò di malavoglia, mentre Nellie spegneva il fuocherello pestandolo con la zampa.
Lloyd invece andò ad esaminare la porta. La tastò col palmo di una zampa tanto per scoprire di che materiale era fatta. "Legno" pensò "E anche parecchio vecchio. Forse con una carica forte la potrei buttare giù". Nonostante tutte le ferite e gli acciacchi vari si sentiva in grado di farlo.
Si portò leggermente indietro al fine di prendere la rincorsa. La zampa posteriore gli dolette un po' nel punto in cui era stato ferito quando si mise in posizione, ma strinse i denti e si concentrò. Partì di gran carriera e sferrò una sonora testata contro il legno secco. Si sentì un gran scricchiolio, ma la porta rimase ben fissata ai cardini.
Lloyd si portò di nuovo indietro e caricò una seconda volta. Le viti che tenevano fissato il cardine superiori saltarono e quello perse di aderenza, mentre varie crepe cominciarono a farsi strada attraverso la superficie. Ma la porta resistette ancora. "Non vuoi romperti, eh?".
Questa volta, quando indietreggiò, chiamò a raccolta tutte le forze che gli rimanevano, sia fisiche che mentali. Era ancora troppo debole per usare una mossa, ma si sentiva in grado di compiere quel lavoro solo con l'ausilio delle proprie capacità fisiche.
Inspirò ed espirò profondamente, chiudendo gli occhi. Lasciò che tutti i pensieri, sia negativi che positivi, scivolassero fuori dalla sua mente; doveva essere concentrato se voleva riuscire. Quando fu certo che la sua mente si fosse svuotata riaprì gli occhi tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, diretto contro la porta.
Ripartì di nuovo all'improvviso, e questa volta il lavoro diede i suoi frutti. La porta si spaccò a metà, e una marea di schegge riempì sia lui che gli altri. Irving si parò il viso con l'unica mano libera e Gregory bestemmiò di nuovo, mentre gli altri si limitarono a voltare la testa. In ogni caso non ci furono incidenti e quanto restava della porta si aprì cigolando, da sola.

Il Deino si passò una zampa sulla fronte, scrollandosi di dosso il sudore che gli si era formato nel frattempo. Finley, leggermente preoccupato per le condizioni dell'amico, affidò temporaneamente Gregory ad Irving e gli si avvicinò con l'intenzione di accertarsi della sua incolumità. Una volta ripresosi il Rufflet aveva capito subito la gravità della sua situazione solamente guardandolo: era pieno di lividi e con addosso qualche macchia di sangue ancora fresco, che sicuramente era il suo. In fondo per Finley era stato più che lecito preoccuparsi per l'amico.
- Uff, che fatica - sentì che sbuffava.
- Tutto bene? - gli chiese.
- Sì, benissimo - fece l'altro sorridendo, anche se a Finley parve piuttosto forzato. Probabilmente stava cercando di nascondere la sua sofferenza.
- Sicuro?
- Certamente Fin. Senti, so che ti posso sembrare conciato male, ma ti assicuro che non è così grave come sembra. Credimi. - lo rassicurò, mettendogli pure una zampa sulla spalla e guardandolo negli occhi - Io non ti mentirei mai.
Finley fu un po' più sereno dopo queste parole, anche se gli occhi dell'amico lo inquietarono inspiegabilmente. Era già da un po' che non lo guardava bene, e nonostante i suoi occhi l'avessero messo in allarme ancora non aveva notato un cambiamento. Un cambiamento che in seguito sarebbe stato determinante.
- Certo che ti credo, come potrei non fidarmi di te?
- Grazie Fin.
- Di nulla, figurati.
Il Deino si allontanò un attimo ed andò a parlare con Nellie. Conversò con lei per alcuni attimi e questa rise di gusto alla fine dell'ultima frase di Lloyd. Forse anche con troppo gusto. Non seppe bene perché ma Finley provò una punta d'invidia. A lui non era mai riuscito di far ridere così Nellie, mentre a Lloyd era bastata una parola. Ma scacciò immediatamente quei pensieri maligni quando Irving lo richiamò.
- Allora Finley, vuoi lasciarmi a sorreggere questo coso da solo?!
- Coso a chi!?! - chiese stizzito Gregory, il quale sembrava voler sfogare la sua aggressività rimasta sopita per troppo tempo.
Mentre riprendeva il proprio posto a sostenere il Dewott Finley spostò un attimo lo sguardo sulla porta sfondata della stanza, e per un attimo vide Lloyd e Nellie che si apprestavano ad uscire. Stavano ancora parlando, e alla fine della frase lei rise di nuovo. Il Rufflet notò anche che stava leggermente arrossendo. Era diventato bravo a riconoscere le tonalità dei colori, per cui si accorse immediatamente del cambiamento nel manto dell'amica.
"Possibile che...? No, non lo farebbe mai." pensò, almeno prima di sentire l'ultima frase di Nellie.
- Lloyd, tu sei una delle persone più fantastiche che abbia mai conosciuto.
Quando uscì dalla stanza Finley fu sicuro di una cosa: Lloyd stava cercando di soffiargli Nellie, e questo non gliel'avrebbe mai perdonato se fossero usciti vivi di lì.

***

Arrivò dopo non molto in vista della casa e si diresse immediatamente verso il capanno. Aprì la malandata porta e si fece luce con un accendino. "Merda, questo buco non me lo ricordavo così buio" pensò Neville "Era da un po' che non ci ritornavo qui. Chissà se gli attrezzi sono ancora utilizzabili.".
Si chinò a terra, e mentre con una mano reggeva la piccola fiammella per farsi luce con l'altra rovistava in mezzo agli attrezzi vari abbandonati a terra. "Eppure mi ricordavo di averla messa qui" pensò tra sé e sé innervosito.
Poi la sua mano toccò il solido manico, al cui contatto Neville fu sicuro del suo successo. La tirò fuori subito dal mucchio di attrezzi alla rinfusa e la eresse per dritto in tutta la sua altezza. Era una vanga abbastanza vecchia anche se portava bene i suoi anni, se si tralasciavano le venature di ruggine che attraversavano la sua parte in ferro. Il manico si era un po' ritorto a causa dei lunghi anni a languire in una posizione in cui non era previsto che fosse riposta (il capanno di Neville era veramente piccolo, tanto che a malapena ci sarebbe stato lungo disteso), ma sembrava reggere.
"Proprio quello che fa al caso mio".
Si avviò verso la casa.

***

Le parole di Mike non fecero che dare conferma al racconto che Sanford aveva fatto qualche ora prima. Allora Sanford non aveva mentito, forse in preda al delirio e al dolore per aver perso una figlia, ma se allora l'intera storia era vera allora...
"Se Sanford e Olston avessero detto allora che c'erano umani sopravvissuti oggi non saremmo a questo punto.". Fu questo il primo pensiero formulato da Avery, ma si guardò bene dal palesarlo, anche solo con un'espressione facciale. Olston infatti in quel momento non dava l'idea di uno tranquillo e di Sanford, nonostante non fosse presente in quella stanza, si sentiva ancora la sua opprimente presenza.
Molti, nonostante si potessero aspettare quelle parole, rimasero impietriti dall'ultima affermazione dell'Heliolisk. Qualcuno sbarrò gli occhi, qualcun'altro aprì la bocca, qualcun'altro ancora si lasciò sfuggire dei gemiti di preoccupazione. Dopo di ciò scese il silenzio e l'atmosfera si fece sin troppo pesante. Insomma, l'aria non era delle più allegre.
Olston però, nonostante fosse visibilmente nervoso, essendo stato informato in precedenza di tutta quella storia non cambiò più di tanto stato d'animo a risentirla. Anzi, parve farsi ancora più risoluto di quanto non fosse già stato.
- La situazione mi sembra chiara - esordì alla fine - Fin troppo.
Sulla fronte del Gabite era fin troppo visibile una vena che pulsava, mentre la Pietrastante che portava al collo tintinnava al contatto col petto del pokemon, il quale dondolava leggermente avanti e indietro. Tutti sintomi dello stress, nessuno aveva dubbi.
- Partiremo stanotte stessa. Le tenebre ci copriranno nel caso quel bastardo sia in giro, e forse avremo anche l'effetto sorpresa. Non intendo perdere altri di voi.
Durante l'ultima frase un tic si manifestò sul suo occhio destro, il quale non sapeva più se richiudersi o rimanere aperto. Olston se ne accorse, e per contrastarlo decise di continuare a parlare.
- Immagino che Sanford vi abbia detto tutto. Avremmo dovuto dirlo ben prima, lo sappiamo, siamo tutti della stessa famiglia. Ma vedete, certe cose sono talmente intime da non poter essere dette a nessuno, nemmeno sotto tortura. E quando si cede alla tortura... vuol dire che è venuto a mancare qualcosa. - .
Sospirò dopo aver finito di parlare. Alcuni della folla fecero per chiedere qualcosa, ma Olston li zittì alzando una delle zampe artigliate.
- Niente domande, per favore. Posso capire quanto sia dura per voi, ma provate a calarvi nella mia parte e immaginate quanto lo sia per me.
In effetti, realizzò Avery, era veramente provato da tutta quella situazione. Pareva essersi fatto un po' più magro, e gli erano comparse anche un bel paio di occhiaie. Il suo naturale colore viola poi non appariva più così lucido come prima.
Sospirò, non di frustrazione ma di stanchezza questa volta. - Da adesso fino al calare del sole riposatevi, perché questa forse sarà la notte più lunga della vostra vita.
Avery pensò che probabilmente aveva ragione.
- Metteremo la parola fine a questa storia, stanotte. Chiunque provi a torcere anche solo un pelo ai membri della famiglia la dovrà pagare, indifferentemente dalla sua razza. Umano o pokemon non mi importa, chiunque si opporrà a noi soccomberà.
Ma Avery intuì che dietro a questo c'era molto di più. Quella notte finiva un'epoca, finiva un'era, finiva un ciclo. Quella notte i pokemon sarebbero veramente diventati l'unica razza esistente sull'intero pianeta.

***

Esplorarono immediatamente il luogo su cui uscirono una volta fuori dalla loro stanza-prigione. La luce era molto intensa, almeno per loro rimasti al buio per chissà quanto tempo, e fu per questo inizialmente faticarono a mettere una zampa davanti all'altra. Ma alla fine riuscirono a farci l'abitudine, e cominciarono l'agognata fuga verso la libertà. Di nuovo.
Rimasero in silenzio per un po', timorosi di cosa potesse succedere se l'umano li avesse sentiti. Nessuno, sorprendentemente nemmeno Lloyd, sembrò dare peso al fatto che per abbattere la porta era stato provocato un gran baccano. A Lloyd quell'attesa sembrò durare secoli, e alla fine si decisero ad avanzare non sentendo nessun rumore.
Erano sbucati in un corridoio non lunghissimo, anche se dalle molte porte. Per sicurezza decisero di ispezionare ogni stanza al fine di accertarsi di dove fosse l'umano e magari anche per metterlo fuorigioco, ma non trovarono nessuno. La maggior parte dei locali si rivelò molto poco interessante. Uno era un bagno, altre erano delle camere da letto.
In una delle stanze si erano affacciati ad una finestra, ed avevano appurato di trovarsi in una casa a due livelli. Non era molto dissimile dalla loro, forse più piccola e con molte stanze in meno. Avevano poi guardato il panorama, e Finley aveva riconosciuto i luoghi che aveva visto nel suo "volo di ricognizione" di qualche tempo prima. "Per Arceus, chissà quanto tempo sarà passato..." pensò Lloyd tra sé e sé.
A quel punto decisero di scendere le scale. Attenti a non fare il minimo rumore, nonostante avessero già scoperto che almeno al piano superiore non c'era nessuno, cominciarono la lenta discesa verso il locale inferiore. Sobbalzavano ad ogni scricchiolio prodotto dai vecchi gradini di legno, ma riuscirono a non perdere mai la calma. Gregory cercò di reggersi come poteva alla ringhiera di ferro al lato della scalinata che dava sul vuoto, ma venne sempre aiutato da Irving e Finley. Ciò li rallentava non poco, e fu per questo che si ritrovarono gli ultimi della combriccola. Nellie stava in mezzo al gruppo, mentre Lloyd lo apriva andando in avanscoperta.
Nonostante tutte le difficoltà arrivarono incolumi alla meta, e presero ad esplorare il resto della casa il più silenziosamente possibile. Videro un ripostiglio, un salotto e quella che sembrava essere una cucina, anche se alcuni strumenti ivi riposti erano ignoti al gruppo dei pokemon. Quello che attirò di più la loro attenzione fu una specie di vaso di vetro, sul fondo del quale erano posizionate due lame che sembravano anche piuttosto affilate.
Ma non persero ulteriore tempo. In nessuna delle stanze avevano trovato l'umano, e ciò poteva essere sia un bene che un male. Da un lato il nemico era assente, lasciandogli così la strada spianata per la loro fuga e il ritorno a casa. Dall'altro però la sua mancanza era qualcosa di davvero strano, e non avevano la minima idea di dove potesse essere. E se stesse proprio tendendo loro una trappola? Si erano di nuovo liberati per nulla?
Rimase così una sola stanza da verificare. La sua porta era chiusa, e per questo Irving per sicurezza accostò l'orecchio per sentire se dentro c'era qualcuno. Il Sableye aveva sempre avuto un udito piuttosto sensibile, e aveva ripetuto tale procedura ogni qualvolta dovevano entrare in una stanza. Quando si rimise in piedi scosse la testa, segno che dentro probabilmente non c'era nessuno. Ma per sicurezza vollero guardare lo stesso.
Fu sempre Irving ad aprire la porta, la quale si scostò con un cigolio inquietante poco adatto alla situazione che fece venire un brivido freddo a tutti. Il Sableye si azzardò ad entrare, e si guardò attorno con aria incredula. I diamanti sgranati tradivano le sue emozioni, e la sua bocca aperta lasciava supporre che fosse rimasto veramente colpito dall'ambiente in cui erano capitati.
Era davvero simile, se non quasi identico, alla biblioteca di Irving alla loro casa. Interi scaffali ricolmi di libri accolsero i pokemon, mentre Irving si era già precipitato ad esaminare quello più vicino. Lloyd capì al volo che quella cosa non sarebbe finita bene se avessero perso tempo, e per questo cercò di fermare Irving. Quello però lo scacciò con un gesto irato della mano.
- E' da troppo tempo che non vedo un libro. Datemi due minuti. - e prese quello più vicino, un piccolo libricino dalla copertina marrone.
"No, no, questo non doveva accadere".
Lloyd si ritirò immediatamente a parlare con gli altri del gruppo. Sapevano della passione smisurata per i libri di Irving, ma non pensavano che fosse grande al punto da impedire a loro la fuga. Forse i libri per lui erano come una droga, e senza poterli leggere era entrato in crisi d'astinenza. In effetti negli ultimi tempi, forse complice anche il nervosismo, il Sableye era stato molto più sboccato e volgare di quanto già non fosse. Forse questi sintomi si potevano ricondurre al fatto che non potesse leggere e che cercasse qualcosa con cui sfogarsi.
Ma crisi d'astinenza o no il gruppetto concordò che non si sarebbe fatto ricatturare per uno stupido libro, così si diressero tutti verso il loro compagno, che nel frattempo sembrava aver già finito il libricino. Non era molto grosso in effetti, superava di poco il diametro del palmo della mano di Irving, e non sembrava avere molte pagine.
- Senti, Irving... - esordì Nellie.
- Voi - cominciò, senza curarsi delle parole della Torchic - non potete nemmeno immaginare cosa c'è qui dentro. - fece aprendo il libricino - Guardate la scrittura.
Nonostante avessero altro di meglio da fare la curiosità ebbe il sopravvento, e una sbirciata alle pagine se la permisero tutti. Era simile ad uno qualsiasi dei loro libri, soprattutto la scrittura, ma non era la stessa. Le lettere erano infatti più piccole e nessuna presentava il cerchio centrale con il pallino di ogni fonema dell'alfabeto Unown, come nessuna possedeva i ghirigori caratteristici della loro scrittura. Eppure alcune sembravano così simili, se non uguali.
- Vedete la struttura?
- Si Irving, la vediamo - rispose Nellie con fare leggermente stizzito - Però...
- Vedete com'è simile?
- Sì, in effetti è simile alla nostra...
- Sapete cosa vuol dire? Che la nostra scrittura è derivata da quella umana, perché si tratta senz'altro di scrittura umana. Penso di poterla tradurre.
Le ultime parole del Sableye lasciarono stupefatti gli altri. Non era mai accaduto che un libro umano fosse tradotto nella loro lingua, poiché la maggior parte erano stati distrutti assieme a chi li aveva scritti. Nessuno fece caso all'aprirsi di una porta non troppo lontano dalla stanza in cui erano.
- Credo che... - ma Irving non riuscì a finire la frase, sgranando i diamanti e guardando alla porta.
Lloyd e Nellie davano le spalle all'entrata, per cui non videro quello che accadde. Ci fu un rumore sordo, come di impatto, seguito da un tonfo come di qualcosa che cade a terra. I due si girarono e si sentirono morire.
In piedi sullo stipite stava l'umano sorridente, con un grosso aggeggio di ferro stretto tra le mani. Gregory giaceva a terra, gli occhi chiusi e gli arti abbandonati una strana posizione, del sangue gli colava da dietro la nuca.
- Vi siete liberati, eh? - disse l'uomo, e rivolse uno sguardo a Finley.
Quello tentò subito di scappare nonostante fosse rimasto piuttosto scosso dall'accaduto. L'uomo però fu più veloce, e con un violento colpo del suo attrezzo fece letteralmente volare il povero Finley contro la parete più vicina. Il Rufflet si schiantò contro il muro e ricadde a terra, giacendo poi immobile. Fatto questo l'umano entrò dentro la stanza, deciso a colpire anche gli altri.
Gli altri in qualche modo seppero ricacciare il raccapriccio e lo smarrimento iniziale, reagendo prontamente. Lloyd si scansò a destra e Nellie a sinistra, puntando tutti e due verso la porta. Irving invece rimase impietrito sul posto, lasciando cadere il libricino a terra e prendendo a tremare.
Il Deino e la Torchic mentre correvano non si voltarono, ma sentirono benissimo un altro colpo provenire da dietro di loro. Anche Irving era andato. Lloyd non se ne accorse subito, ma mentre correva aveva preso a piangere.
Non sapendo dove andare fecero il giro del pian terreno, col solo risultato di ritrovarsi di nuovo l'umano davanti poco dopo.
- Presto, scappa! . urlò Lloyd alla compagna - Io penso a distrarlo!
Nellie entrò così in una stanza vicina, mentre Lloyd si piantò davanti all'umano digrignando i denti e con uno sguardo crudele per intimidirlo. Ma non funzionò, in quanto l'umano si limitò a scavalcarlo ed entrò nella stanza. Un breve urlo di Nellie, un rumore sordo e poi di nuovo silenzio.
Lloyd prese a correre di nuovo in preda al terrore, e senza nemmeno rendersene conto imboccò le scale e si diresse verso il piano superiore. Nella velocità della sua corsa gli parve di udire una domanda provenire da dietro di lui.
- Lo sai... come siete nati voi?
Era la voce dell'umano. Lloyd non vi diede più di tanto peso ed entrò nella prima stanza che gli capitò. Si accucciò in un angolo e prese a piangere. Decisamente troppe emozioni per lui tutte assieme, e non ce l'aveva fatta a trattenersi. Mandò letteralmente affanculo tutte le precauzioni del caso e si lasciò andare alla disperazione più sfrenata.
- Voi pokemon intendo?
La voce dell'umano si era fatta più vicina. Stava salendo le scale.
- Bé - cominciò l'umano, mentre Lloyd sentì il rumore di una porta che si apriva - All'inizio eravate solo un gioco. Divertivate i bambini e loro si divertivano con voi, che stronzata.
Un rumore di chiusura. Evidentemente aveva guardato in un'altra stanza.
- Ma non eravate reali, no. Solo dati, animazioni, fattori casuali dentro ad un insulso schermo. E finché restaste lì fu tutto tranquillo.
Un'altra porta, solo più vicina della precedente, venne aperta.
- Poi a qualche idiota venne in mente di tirarvi fuori. Era diventato ossessionato da voi e diventò pazzo a forza di trovare un modo, ma alla fine ce la fece. Un idiota davvero.
La porta si richiuse.
- Per un po' andò tutto bene.
L'ultima porta si aprì, e stavolta Lloyd sentì una folata d'aria investirgli la faccia.
- E poi il resto credo che lo sappiate.
Se Lloyd avesse aperto gli occhi lacrimosi avrebbe visto che l'umano sorrideva. A sentirsi la voce in faccia socchiuse leggermente le palpebre, quel tanto che gli permise di vedere qualcosa sfrecciare velocissimo contro di lui. Un violento colpo in faccia, un'esplosione di dolore e poi si fece tutto buio.

***

Neville si sedette su una sedia accanto al tavolo di cucina. Si dovette aiutare con la mano appoggiandola sul tavolo, aveva faticato davvero tanto a riacciuffare i mostri prima e a rinchiuderli di nuovo poi. Si sentiva spossato, aveva bisogno di bere qualcosa.
Quando aprì il frigorifero con la mano sinistra non fece caso al dolore che provava a quel braccio, né al fastidio nel respirare mentre si sedeva di nuovo con qualcosa di fresco in mano.
Mentre sorseggiava il suo premio sentì una fitta al cuore. Posò la lattina e fece per prendere un'altra pillola, ma un'altra fitta molto più forte lo fece desistere. Si portò una mano al petto e cercò di respirare profondamente. Era solo una crisi passeggera, ne aveva già avute in passato.
"Devo sciacquarmi la faccia" pensò, e si diresse verso il lavabo. Si aiutò con le mani reggendosi ai mobili.
Solo che il peggio accadde proprio allora. Stava per arrivare al lavandino, quando gli sembrò di non saper più respirare. Boccheggiò e si strinse la mano al petto, sentendo che qualcosa non andava. Sentiva che qualcosa che avrebbe dovuto funzionare aveva smesso improvvisamente. Tutte le sue paure si concretizzarono quando perse l'equilibrio, e cercò qualcosa con cui tenersi in piedi.
Non funzionò. Tutto il mondo sembrò vorticargli attorno, e Neville si ritrovò a guardare il soffitto. Il rumore del barattolino con le pillole che gli rotolava vicino lo fece riprendere un po', e provò ad afferrarlo con la mano. Solo che nessuna mano si mosse per questo.
"Non..." pensò terrorizzato "Non riesco a muovermi...".

Note dell'autore
Da oggi è un anno esatto che sono su EFP, tanti auguri a me. Avrei voluto fare una os per commemorare l'evento, ma visti gli impegni ho messo tutta la mia fuga in questo capitolo. Faccio già un annuncio: il capitolo 15, quindi il prossimo, sarà anche l'ultimo. Ci vediamo prima della fine del mese.
  
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