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Autore: Colpa delle stelle    09/02/2015    2 recensioni
Hanno vinto i giochi. Sono entrate nei cuori dei capitolini. Sono diventate famose. E sono sopravvissute. Ma quella era solo una delle tante battaglie.
La vita le ha messe di fronte a nuove prove e l'edizione della memoria le reclama, trascinandole in un nuovo vortice di pericolo e di sangue.
Chi dice che l'amore regali solo gioie? E che gli insegnamenti ricevuti da bambini siano davvero giusti?
Per quanto ferma nei suoi ideali, Lucinda arriverà a mettere in dubbio tutto quello in cui credeva e sarà difficile recuperare la certezza nelle sue scelte.
Incredibilmente alle sue aspettative invece, Camille è sopravvissuta ed è tornata nel Distretto 11, ma l'ultima cosa che le riserva il destino è proprio la pace che lei tanto desidera.
E Felicity, che aveva promesso di essere forte, sempre, capirà che davanti a certi tipi di dolore sarà complicato ritrovare il coraggio di alzarsi in piedi senza spezzarsi.
Gli Hunger Games ricominciano. Per cosa vale la pena combattere davvero?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The power of the elements'
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The power of the elements - Il sacrificio del fuoco

 

 

• Buon viso a cattivo gioco •

 

 

Ci vuole solo coraggio, o forse buon senso,
per capire che le lezioni migliori sono di solito le più dure;
e che spesso fra queste ultime c'è la sconfitta.
Anthony Clifford Grayling; Il significato delle cose, 2006

 

 

 

 

Il putiferio che si sarebbe scatenato con il Distretto 11 non avrebbe potuto immaginarselo nessuno, perché non ci fu nessun tipo di avvisaglia, nessun segno che potesse permettere a qualcuno di predire quello che sarebbe successo di lì a poco.
Felicity non aveva preso bene la sua apparizione sul palco del Distretto 12. Si sentiva quasi spodestata da casa sua, da un luogo che doveva rappresentare di diritto, e non aveva mancato di farlo notare a Faith ogni due minuti. Lucinda era uscita dalla sua camera ben presto e si era ritrovata coinvolta in una discussione dai toni accesi con Camille e Felicity, ma a differenza di quello che si aspettava, le loro impressioni coincidevano. Persino Nick arrivò a credere che quello organizzato sul palco del Distretto 12 fosse stato un copione troppo evidente da ignorare. Come poteva Capitol City permettere ad una strega del Fuoco, di cui ignoravano l'esistenza fino a qualche mese prima, di rimanere per quindici anni, impunita, al distretto 12 mentre tutti i suoi compagni erano nei campi di forza, al servizio del presidente? La stessa ragazza che aveva poi vinto gli Hunger Games. Era una beffa davvero troppo grande, consumata davanti a tutto il paese, e il presidente Snow sembrava non volerla accettare.
- In rappresentanza del Distretto 11, andranno Camille e Lucinda. Ecco a voi i foglietti. - aveva annunciato Faith di primo mattino, quando solo le due e Joey erano a fare colazione nel vagone del pranzo. Camille aveva appoggiato il cartoncino sul tavolo, nascondendo così le parole, e aveva continuato tranquillamente la sua colazione. Lucinda invece aveva letto, incapace di trattenersi, e aveva inarcato un sopracciglio.
- Sbaglio o sono le stesse identiche parole che ha letto Nick l'altro giorno? - aveva esclamato, incredula. - Cambia solo il numero del Distretto! -
- Ed è tutto al femminile, cara. - le aveva fatto notare Faith, sorseggiando il suo thé.
- Ci mancherebbe altro! -
Dopo aver fissato il cartoncino in silenzio per qualche altro attimo, Lucinda aveva sbuffato, ma se lo era infilato in tasca.
- Vorrei che vi esercitaste a leggerlo, per evitare errori nella diretta di oggi pomeriggio. -
Camille era rimasta ferma e di nuovo non aveva parlato, così Lucinda aveva annuito per tutte e due.
- Ovviamente. -
Ma non appena Faith si era alzata dal tavolo, Camille aveva strappato il cartoncino in tanti pezzi e li aveva buttati fuori dal finestrino aperto. Joey aveva strabuzzato gli occhi.
-Cos'hai intenzione di fare? -
- Voglio scegliere io cosa dire al mio Distretto. -
L'inflessione della voce alla parola “mio” aveva dato di che pensare a Lucinda, sorprendo se stessa. In quegli ultimi periodi era costantemente all'erta, stava attenta ad ogni dettaglio, non si lasciava sfuggire niente. Sbagliava o Camille era seriamente arrabbiata?
- E come farai a dirlo a Faith? -
- Non glielo dirà, ovviamente. – lo aveva ripreso Lucinda, roteando gli occhi al cielo. Si era così abituata ad essergli amica che si era quasi dimenticata di come a volte potesse avere la testa nelle nuvole. E solo perché erano amici evitava di considerarlo stupido come aveva fatto prima dei giochi.
- Esatto – aveva confermato Camille, abbassando la voce. - Oggi dovrò parlare io e nessun altro. Ti prego Lucinda, è importante per noi. -
Le aveva preso le mani, ma solo per pochi secondi. Lucinda le aveva spostate dal tavolo, all'istante, e se l'era lasciate cadere in grembo.
- Prima voglio dire il discorso di Faith, poi potrai dire tutto quello che ti pare. -
Camille aveva inarcato un sopracciglio.
- Vuoi o devi dirlo? -
Joey aveva seguito quello scambio di battute senza commentare e scelse proprio il momento migliore per intromettersi.
Lucinda aveva sospirato quando li aveva visti immersi in una stretta conversazione e aveva spostato lo sguardo fuori dal finestrino. Desolazione, dolore e ingiustizia. Il panorama era uguale a quello del Distretto 12.

 

 

Nel primo pomeriggio, Felicity e Alexander si erano ritrovati da soli in uno scompartimento, ma non avevano fatto niente per cambiare la situazione. Era il vagone finale del treno, quello provvisto di un'ampia vetrata che permetteva al passeggero di guardare oltre la coda del treno, verso quello che stavano sorpassando alla velocità della luce e che si lasciavano inesorabilmente alle spalle. Non parlavano, perché obiettivamente non avevano nulla da dire, ma il loro silenzio era carico di sottintesi. Sembrava quasi una sfida a chi lo spezzasse per primo, a chi ne avesse più bisogno. E a perdere fu Felicity.
- Hai parlato con quel vecchio del tuo Distretto? - domandò, tormentandosi le mani.
Alexander sospirò.
- Non è un vecchio, avrà sì e no cinquant'anni. -
- Ci hai parlato o no? -
- Non ancora. -
Felicity aveva contratto la mascella, ma piuttosto che manifestare la sua indignazione, aveva preferito fare qualche respiro profondo per calmarsi, prima di parlare.
- Questa cosa non ti sta a cuore come lo sta a noi, l'ho capito benissimo. -
- Tu non puoi capire niente. -
Lo sguardo di Alexander era freddo e lontano e per quanto Felicity cercasse di intercettarlo, nonostante ci fosse seduta davanti, non ci riusciva.
- Lo avverto. -
- Non mi conosci. - obiettò pacatamente Alexander.
- Perché tu non mi permetti di conoscerti! - osservò Felicity, stringendo saldamente la presa sul sedile.
- Non c'è niente che devi conoscere di me. -
L'esasperazione di Felicity si spense, così come la voglia di continuare a ribattere.
Si alzò in piedi e lo guardò, triste.
- L'Alexander che ho incontrato la prima volta, quello che mi aveva chiesto di studiare i miei incantesimi perché era affascinato da me, da me!, non c'è più. -
Lo sguardo di Alexander rimase fermo.
- E non riesco a capire perché. -
Solo quando Felicity uscì dal vagone, Alexander sbatté le palpebre e le chiuse, per impedire alle lacrime di scivolargli lungo le guance.

 

 

- I ribelli hanno un piano e io stessa lo metterò in atto oggi. -
Camille e Lucinda erano sole, dietro alle porte chiuse del Palazzo di Giustizia, e aspettavano che il sindaco le annunciasse. Quell'affermazione riecheggiò per le pareti vuote e si spense alla svelta, come se sapesse che se qualcuno l'avesse intercettata, avrebbe portato solo guai.
Lucinda per poco non si era morsa la lingua, dalla foga di esclamare: - E non potevi dirlo prima? -
- Ti ho lanciato segnali piuttosto evidenti tutto il giorno. - le fece notare Camille. - Sei tu che non li hai colti. -
- Lanciare segnali è ben diverso dal dirlo chiaro e tondo, non credi? - ironizzò Lucinda, mettendosi le mani tra i capelli. Se ne pentì subito, quando delle ciocche si staccarono dalla sua treccia. Camille se ne accorse e le fece cenno di avvicinarsi. Mentre le sue mani lavoravano abili per rimettere i capelli al loro posto, le parole abbandonavano veloci le sue labbra e Lucinda dovette concentrarsi per riuscire a coglierle.
- Voglio aprire gli occhi alla mia gente. Siamo prossimi alla ribellione e dobbiamo sfruttare questo momento, non cercare di spegnerlo come vuole il presidente Snow. Per questo fa parlare solo voi, i Favoriti, e per questo, molto probabilmente, ci obbligherà a presenziare ai nostri Distretti e poi ci farà rimanere nell'ombra, lontano da chiunque possa credere alle nostre parole e iniziare a reagire. -
La treccia era tornata al suo posto, appoggiata alla spalla sinistra di Lucinda, e lei se la osservò, senza provare a dire qualcosa per farle cambiare idea. Non ci sarebbe riuscita comunque, lo sguardo di Camille era troppo fermo. Avrebbe seguito il piano, qualunque esso fosse. E a qualunque costo.
- Qual'è questo piano? - domandò allora Lucinda, improvvisamente curiosa.
Non era spaventata: aveva imparato che niente poteva essere peggio di quello che le era successo nell'arena e non si stupiva più di niente.
- Lo vedrai. - le assicurò Camille, raddrizzandosi la giacca.
Da dietro le porte, si sentì la voce del sindaco che chiamava i loro nomi e il portone che veniva rapidamente aperto dai Pacificatori. Lucinda e Camille uscirono, davanti alla piazza affollata del Distretto 11, per rendere omaggio al piccolo caduto in quei giochi. E per mettere in atto un piano potenzialmente suicida.
 

 

Il problema non stava nel discorso di Lucinda in sé, quanto nel fatto che avrebbe dovuto essere di chiusura, dopo le parole di Camille. Anche volendo, non avrebbe potuto fare niente per fermarla. E comunque non lo voleva. Non era coinvolta in quel piano e non avrebbe avuto conseguenze. Perché non rimanere semplicemente a guardare?
- Lascio la parola a Camille VanHorn, la nostra vincitrice. -
Solo il sorriso che il sindaco rivolse a Camille la convinse definitivamente. In quel Distretto, Pacificatori esclusi, dovevano essere tutti d'accordo, dovevano avere tutti un obiettivo comune, e provare ad impedire che il piano si compisse avrebbe potuto dimostrarsi persino pericoloso. E Lucinda non se la sentiva di rischiare, di nuovo.
Camille sorrise mentre si avvicinava al microfono. L'aria era praticamente immobile e Lucinda sentiva le goccioline di sudore che le scivolavano lungo la schiena. I capelli erano appiccicati alla nuca. Tutti erano in una fremente attesa.
- Innanzitutto, non posso che esprimere la mia piena gioia nel trovarmi qui, ancora viva, insieme a tutti voi. L'esperienza dell'arena... -
Due Pacificatori si erano mossi. Erano ai margini della folla e nessuno che la stesse scrutando così a fondo come stava facendo Lucinda avrebbe potuto accorgersene. Ma si sbagliava. Camille doveva averli notati, perché prima che i due potessero intervenire, scomparvero nel sottosuolo, senza avere tempo nemmeno di urlare. Lucinda sussultò impercettibilmente e nonostante Camille provò a riprendere il discorso, la situazione era già precipitata, in pochi secondi. Decine di Pacificatori confluirono dalle vie laterali nella piazza, con i fucili spianati e puntati verso il palco. Lucinda corse verso Camille, con la chiara intenzione di tirarla indietro, ma un altro movimento le impedì di fare qualsiasi cosa. Fuori dalla portata delle telecamere, un Pacificatore aveva il casco sollevato e guardava fisso Camille. Il suo fucile era puntato alla testa di un ragazzo, con il volto bagnato dalle lacrime, e la gente non reagiva. Erano sotto tiro, tutti loro, e una sola mossa falsa sarebbe bastata per far saltare in aria tutta la piazza. Lucinda trattenne il fiato e guardò Camille.
Per il pubblico di Capitol City davanti al televisore, il silenzio prolungato della vincitrice non aveva motivo. Vedevano solo la sua faccia, la sua espressione impenetrabile e gli occhi lucidi.
Sentirla ripetere a memoria il contenuto del foglietto di Faith fu come ricevere tante pugnalate dritte nel cuore. Al termine delle sue parole, Lucinda recitò a sua volta quello che aveva imparato a memoria, senza concentrarsi una sola volta sulla piazza davanti a lei. Nessuno la guardava, ma fece comunque il massimo per mettere trasporto in quello che diceva. Il presidente stava attento anche a quello, lo sapeva, e voleva rimediare al tono vacuo di Camille. Voleva evitare che quel ragazzo venisse ucciso, perché vedeva chiaramente che era importante per la ragazza. Lo capiva da come lo stava guardando, da come le sue labbra tremavano, da come si imponeva, comunque, di non piangere o di non urlare. Di rimanere ferma e zitta. E di vedere tutte le sue speranze, tutti i suoi desideri, andare inevitabilmente in frantumi.

 

 

- Ti sei comportata bene Lucinda, questo è l'importante. -
Faith la osservava dalla poltrona sulla quale era seduta, mentre la ragazza si muoveva per la stanza, andando avanti e indietro, senza accennare a voler fermarsi.
- Hanno tenuto sotto tiro, per tutto il tempo, le persone. Tutta quella gente là fuori ha rischiato la vita! Perché? - sbraitò.
- Ti sei comportata bene – ripeté Faith, ignorando le sue parole. - Non sembravi turbata, non sembravi accorgertene. -
- Fingevo. - protestò Lucinda, ma nel dirlo distolse lo sguardo.
- Stavi male per quelle persone, è naturale, ma sei andata avanti a parlare perché sapevi cos'era giusto e sbagliato. - la consolò Faith, con un sorriso. - Tu sai da che parte stare. -
- E quale sarebbe la parte sbagliata? -
- Quella dei ribelli, naturalmente. -
Non aveva perso la determinazione, ma non aveva più punti fermi. Non sapeva più a chi credere.
 


Angolo d'autrice:
Camille ha combinato un bel pasticcio! O meglio, stava per combinarne uno, che però si è risolto in un altro non previsto e... Spero abbiate capito.
Felicity e Alexander faticano a comprendersi e il ragazzo sembra cambiato. Ma sarà vero o è solamente un'impressione?
Tante domande e poche risposte, me ne rendo conto, ma è qui che sta il bello. Nell'attesa; nel crogiolarsi fino all'ultimo istante nel desiderio di voler scoprire la verità. So benissimo che Felicity e Camille, quelle vere, mi odieranno in questo momento, ma che ci posso fare?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio per le recensioni! Vi invito anche a passare sulle nostre pagine, la mia personale e quella dedicata alla storia, che si trovano sulla mia pagina profilo! Lo meritano davvero ;)
Al prossimo capitolo,
Colpa delle stelle

   
 
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