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Autore: AndersonL    11/02/2015    0 recensioni
Shori Haruno ha 20 anni, ha appena cominciato l'università e conduce una vita normalissima, ama le arti (soprattutto la musica) e non riesce a trattenere le lacrime di fronte a un quadro o ascoltando una bella canzone; come se dalla potenza di quell'opera ne traesse un'enorme quantità di energia spirituale.
Una sera la sua quotidianità viene sconvolta: mentre si sta esibendo per un concorso canoro dell'ateneo sviene e, al suo risveglio, trova l'aula magna completamente devastata e vuota; sono presenti solo lei e il suo professore di Storia del Pensiero Politico Contemporaneo (per il quale lei ha un debole), quest'ultimo in evidente stato di choc.
Da quel momento, oltre a sviluppare un forte legame con il suo prof, capirà di non essere una ragazza normale, e anzi dovrà affrontare situazioni molto più grandi di lei. E la musica sarà la sua arma più potente.
Genere: Drammatico, Song-fic, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
Capitoli:
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La giornata successiva cominciò male per entrambi.
Shori, che andava a lavorare in un bar vicino all’università prima delle lezioni, diede il peggio di sé: aveva un’andatura degna di uno zombie, inciampava sugli scalini e rovesciò perfino due bicchieri di latte sul bancone; il suo datore di lavoro, considerando il fatto che lei era sempre precisa e puntuale, non le disse nulla ma la fece uscire un’ora prima.
«Si vede che non hai dormito. Prima di andare a lezione fatti mezz’ora di sonno, se stai messa così; altrimenti va a finire che non capisci nulla nemmeno lì.» le disse.
Ma non andò altrettanto bene a Giovanni: si era svegliato con il petto e la cervicale dolenti, aveva trovato un traffico bestiale sul Raccordo e aveva mandato al diavolo mezza Roma; perlomeno era arrivato in tempo, ma col morale a terra. Specialmente per quello che sarebbe accaduto DOPO le lezioni.
Fra la fine di queste e l’appuntamento con la sua allieva vi era un’ora di scarto, così si portò dietro un paio di libri: “L’ultimo Esorcista”, scritto da Padre Gabriele Amorth –uno dei più grandi esorcisti del Vaticano-, e “I rituali Satanici”, del padre fondatore della Chiesa di Satana Anton LaVey; tanto per documentarsi.
Quel giorno a lezione era scarico ed affaticato, tanto che trasmise questo suo stato di salute ai suoi allievi: lui si dilungava in digressioni inutili e sconnesse, e gli studenti facevano fatica a stargli dietro; nemmeno negli occhi di Shori trovava più quel bel bagliore tipico di chi era curioso ed aveva voglia di imparare, anzi il suo sguardo era spento e vuoto, come se gli stesse dicendo “Ti prego, ammazzami, basta che la facciamo finita qui che ho un sonno boia!”.
Durante la pausa, i due si guardarono a lungo senza dirsi nulla. Lei era molto preoccupata, aveva intuito che qualcosa nel suo professore non andava: il suo proverbiale mezzo sorriso era svanito, lasciando il posto ad una smorfia apatica, le borse sotto gli occhi erano molto accentuate, e il suo sguardo era perennemente corrucciato. Per di più la sua voce acuta e squillante era parecchio sottotono.
Giovanni, dal canto suo, notò che lei aveva passato una nottata infernale: il colore della sua pelle –di solito eburneo- faceva pena persino ai morti, teneva su la testa a fatica e sbadigliava molto spesso. Inoltre notò un velo di apprensione nei suoi occhi spenti, lei sapeva che qualcosa stava per accadere.
La lezione ricominciò, e lei tornò a testa china sui suoi appunti.
«Ehm… Allora, dicevamo, il deposito… di argomenti…»
“Tranquilla, piccola mia. Presto quello che alberga in te non ti darà più problemi.”
«Di tutti coloro che sono contrari… alla rivoluzione, e a una concezione… astratta della politica…»
“Shori, guardami, ti prego… Alza quel bel viso…”
Lei alzò lo sguardo verso il professore: il Dessì aveva un’espressione triste, quasi come se stesse implorando perdono.
“Resta così, guardami… Ti amo, Shori… Dio, ti amo, piccola mia…”
«Influenzeranno… per almeno un centinaio d’a-AAAAAAAH! CHE MALEEEE!»
La spiegazione sulla genesi dell’opera dell’abate Sieyès si interruppe bruscamente: il giovane professore agonizzante cadde sulla cattedra, a faccia avanti, e con la mano sul petto all’altezza del cuore.
Subito tutti gli studenti nella sala si alzarono dalle sedie e, allarmati, uscirono per cercare aiuto.
«MANUEEEEL! CORRI A CHIAMARE IL SARTORI, PRESTO!!» «SERVE AIUTO NELLA T17!!» «SOCCORSO!!! IL DESSÌ STA MALEEE!»
Rimase solo Shori al suo posto, che fissava Giovanni con un espressione a metà fra l’apatico e l’allertato. Si alzò dalla sedia e lentamente andò dal suo docente, lo tirò su e lo mise in posizione antishock, poggiato a terra con le gambe sollevate. Lui non aveva per niente una bella cera: annaspava e teneva spasmodicamente la mano sul cuore.
«A-a-a… Sho…ri…»
Lei continuava a guardarlo, apatica. Non c’era traccia di emozioni sul suo volto inespressivo, la bocca era serrata e gli occhi avevano ripreso quel nero buio e profondo. Gli spostò la mano dal petto e gli aprì la camicia.
«C-c-he… fai…?»
Lei non disse nulla: allungò la mano sul punto dove faceva male al professore –all’altezza del ventricolo destro- e, tenendola sollevata, fece partire una scarica di energia di lieve entità, ma potente nel suo effetto.
«Shori-aaaahhh… Santo cielo, che-aaaaah…»
«Sst, si rilassi professore. Non le farà più male…»
Dal punto in cui la ragazza aveva lasciato agire il suo “incantesimo” cominciò ad affiorare la stessa cicatrice triangolare che aveva lei. Stesso punto e stessa dimensione della sua.
Giovanni nel frattempo riprese colore, e il ritmo respiratorio e il battito cardiaco tornarono regolari.
“Oddio, non sento più nulla… Non sono mai stato meglio in vita mia…”
Dall’esterno si sentì uno scalpitio insistente; Shori, i cui occhi avevano ripreso immediatamente il colore originario, tolse rapidamente la mano dal torace del professore, e si guardò intorno spaventata.
«Signorina, cosa accusa il professore?» di colpo entrò il dottor Sartori, primario di Cardiologia al policlinico di Tor Vergata e docente di Medicina.
«N-n-non lo so, dottore! Annaspava e si teneva la mano sul cuore, respirava a stento, io non…»
«Vedo che però ha messo in pratica le norme di primo soccorso!» disse lui, osservando la posizione in cui giaceva il professore. «Buona cosa aprirgli la camicia, facilita la respirazione!»
Shori arrossì violentemente; era davvero stata lei ad aprirgli la camicia? “Dio, non di nuovo quello stato di trance… Spero di non avergli fatto nulla di male…”
«Professor Sartori, la prego, vada… Ora sto bene, davvero…»
«Prima le sento il battito.» disse lui, appoggiandogli lo stetoscopio sul torace. Gli fece dire un paio di volte “trentatré”, poi si tolse l’attrezzo dalle orecchie e si grattò la testa, perplesso.
«Cavoli, lei è sano come un pesce… Non ho mai sentito un battito così vibrante e regolare in tanti anni che esercito questa professione!» Gli allungò il suo biglietto da visita. «Mi faccia chiamare, se dovesse accadere di nuovo una cosa del genere. E VOIALTRI,» urlò il Sartori agli studenti rimasti fuori dalla sala. «LA LEZIONE È FINITA, NON C’È PIÙ NULLA DA VEDERE!»
Dopo quella disastrosa lezione, Giovanni si rifugiò nel suo ufficio e si mise a leggere quei libri che si era portato dietro; non senza ripensare a tutto ciò che era successo poco prima.
“Ma… che diamine mi ha fatto? Che cosa mi ha lanciato addosso, che mi ha fatto sentire meglio? E perché di nuovo quel dolore tipo marchiatura a fuoco?”
Mentre era immerso nella lettura del libro di padre Amorth, sentì bussare alla sua porta.
«Avanti!»
«Oooh, caro Giovanni! Ho sentito che hai dato spettacolo a lezione!»
“NOOOOOO, mi ci mancava solo ‘sto scassacoglioni!”
Lo scassacoglioni in questione era il professor Bucarelli, di Fondamenti di Filosofia. La sua stazza era inversamente proporzionale al suo grado di simpatia; infatti era una palla di lardo che più lardosa non si poteva, e i baffoni alla Stalin contribuivano a rendere il suo aspetto ancora più grottesco e ridicolo.
«Per tua informazione, non stavo rischiando un infarto tanto per dare spettacolo.» disse Giovanni, con tono gelido e tagliente.
«Senza meno, fratello. Comunque ero passato a salutarti prima di darmi alla fuga, e…» il Bucarelli lanciò un’occhiata ai libri che stava leggendo il suo collega, e prese in mano “I rituali Satanici”. «Ohohoh! Eccolo il nostro super-razionalista, alle prese con le troiate sataniche!»
«Non lo sai che una buona parte del pensiero politico statunitense si basa sui principi di queste “troiate sataniche”, come le chiami tu?» disse lui con rabbia trattenuta.
«Ah, ma allora è un’altra delle tue ricerche! Ma Dio santo, prenditi un attimo di pace, stai sempre a studiare! Esci, divertiti, non stare sempre sui libri!»
“Sì, certo. Meglio andare a puttane a via dell’Acqua Vergine come fai tu, no, botolo lardoso? È ovvio che, con la simpatia che ti ritrovi, nessuna te la darà mai!” pensò il giovane docente.
Il Bucarelli non lo ha mai potuto sopportare, con le sue maniere da viscido donnaiolo.
«Comunque, se posso darti una dritta,» disse il lardone posando il libro sulla scrivania. «la Chiesa di Satana americana ha subìto una scissione nel ’75. Si chiama “Tempio di Set”, sono quei cultisti che praticano le Messe Nere. Studiati anche quelli!» Detto ciò, il Bucarelli uscì dalla stanza, lasciando Giovanni nella sua solitudine piena di perplessità.

All’una e mezza, Giovanni e Shori erano già in macchina verso la chiesa dove predicava il cardinal Zauker; non si rivolsero la parola durante buona parte del viaggio, l’atmosfera che si respirava in macchina era estremamente pesante ma, a suo modo, carica di aspettative.
«Non hai dormito, stanotte?»
«No, prof, ho dormito poco e male… Ma noto che nemmeno lei se la passa molto bene.»
«Shori… Perché non mi dai del “tu”?»
Giovanni, involontariamente, aveva toccato un punto dolente: lei adorava alla follia quell’uomo, amava la sua personalità dolce e forte, avrebbe tanto voluto stargli accanto ma c’erano troppi motivi per cui avrebbe dovuto mantenere le distanze, almeno con le formalità; queste la aiutavano a tenere i piedi per terra e a non partire per la tangente, come le era capitato in passato.
Lei si limitò a non rispondergli, tenendo la testa bassa.
«Ok, come vuoi, scusami…»
Lui continuò a guidare con un’espressione di infinita tristezza negli occhi; non voleva più barriere, voleva abbattere quelle distanze che lei aveva posto fra di loro. Voleva amarla, incondizionatamente.
Quello stato d’animo si riflesse immediatamente sulla giovane donna, e la contagiò; voleva spazzare via tutti quei dubbi, abbattere il muro che aveva creato, ma non voleva causargli problemi.
«Prof, senta, io…»
Lui rallentò e si fermò di fronte a una chiesa, baciò Shori sulla fronte e le accarezzò la guancia.
«Mi dirai tutto dopo.»
Scesero dalla macchina ed entrarono nella “Cappella di Giancristo della Maremma”, dove il cardinal Zauker stava finendo la Messa.
Costui, un uomo alto e prestante dalle fattezze rigide tipiche di un soldato tedesco, stava cercando di sovrastare la sua voce a quella dei fedeli che facevano un casino immondo.
«… E la fame, le malattie e le guerre ci rubano l’infanzia, ci fanno salire il giramento di coglioni che ci fa diventare violenti e maneschi contro le persone anziane e inermi e… Maremma che casin-!»
Tirò fuori dalla tonaca una pistola e sparò tre colpi in aria, causando il silenzio generale.
«Calma! Calma! Un po’ di rispetto per il luogo in cui vi trovate, puttana della Maremma! Comunque la Messa è finita, levatevi di ‘ulo.»
La moltitudine di fedeli applaudì e uscì dalla cappella.
«Prof… Ma dove caspiterina mi ha portato?» sussurrò Shori al professore; lui non rispose, il suo sguardo sconvolto parlava da solo.
«PENTITI, STRONZOLO!» Il prete spuntò davanti ai due pellegrini, facendogli prendere un infarto. «Immagino siate venuti qui per l’esorcismo.»
«Esorcismo? Prof, ma che…?»
«E che bella creatura abbiamo da purificare!» Il prete strizzò le guance di Shori fra le sue dita. «Vai nella sagrestia sul retro, nel primo cassettone nel comò c’è una scatola argentata con dei vestiti. Vai e mettiteli. DIO TI GUARDA, VÈSTITI AMMODÌNO! E lei con me,» disse rivolto al professore. «mi aiuti ad allestire la sala, si prospetta un bel bordello.»
Shori si diresse, confusa, verso la sagrestia. Il professore aveva armato un casino immane, mobilitando addirittura un’esorcista, solo per liberarla da quell’ingerenza che portava dentro.
Al pensiero del suo professore, preoccupato per lei, il suo cuore batteva all’impazzata.
Aprì la scatola argentata di cui parlava don Zauker, e ci trovò dentro un completo da danzatrice del ventre tutto ricamato di lustrini argentati.
«Ehm… Padre, ma è sicuro che devo mettermi QUESTO?»
«Hnnng, sì tranquilla! –Puttana, ma quanto pesa ‘sta croce?- Serve a far manifestare la Bestia!»
Lei guardò il completo, scrollò le spalle con indifferenza e cominciò meccanicamente a vestirsi.
Dopo mezz’ora, la ragazza tornò nella sala principale con la sua veste: la gonna era stata modificata rispetto a quella standard da danzatrice del ventre, in modo da poter vedere le gambe attraverso lo spacco, la maglietta era scollatissima ed era stata tagliata poco sopra l’addome, in modo da lasciarlo completamente nudo.
Giovanni rimase a bocca aperta: era veramente lei quella… DONNA… vestita in modo così provocante? A ben guardarla, era un autentico spettacolo: la magliettina stretta le sottolineava il petto prosperoso senza gonfiarglielo eccessivamente, le gambe erano lunghe e tornite e l’addome era perfettamente scolpito; aveva tutte le curve al posto giusto.
Lui rimase per due minuti buoni con gli occhi strabuzzati ed un’espressione da completo idiota, e dire che l’aveva tenuta fra le sue braccia tante di quelle volte… Eppure lei sembrava imbarazzata, non era abituata a mostrarsi tanto.
La sua mente partì verso lidi che uno come lui non era solito raggiungere.
“Padre, ho peccato. Ho avuto pensieri impuri…” pensò lui con le lacrime agli occhi, mentre don Zauker legava la ragazza alla croce gigante e la bendava con dell’organza bianca. Lei era in stato di completa agitazione, ansimava e girava la testa spasmodica.
«Bene,» disse il prete indietreggiando, con una boccetta di acquasanta in una mano, un libro e un crocifisso nell’altra e una grande cassa di legno ai suoi piedi. «signore e signori, spegnete i cellulari. Inizia l’esorcismo. STIA INDIETRO, PROF!» Don Zauker brandì il crocifisso e la boccetta, tenendo il libro sottobraccio.
«NEL NOME DEL SIGNORE, IO SCACCERÒ LA TUA PROGENIE, SATANA! OVUNQUE SI TROVI! PERCHÉ SI SAPPIA, LASSÙ TRA LE SCHIERE CELESTI, COME NELL’ABISSO DEI NOVE INFERNI…»
Qui il prelato fece un gesto di una volgarità sconcertante, portando il taglio delle mani verso gli inguini. «…CHE A ME IR MALIGNO ME LO PUPPA!»
«Ma che ca…?» disse Shori a bassa voce, per non farsi sentire da quell’esaltato del prete.
«Ma tu guarda in che mani ho lasciato la mia piccola…» disse Giovanni, piantandosi il palmo di una mano in faccia.
«E ORA, SE NON TEMI QUESTA POTENZA, FATTI AVANTI!!!» Alla provocazione del don rispose solo un debole canto di grilli e lo stormire del vento. Quasi ai due pellegrini non venne da ridere, la situazione era alquanto surreale.
«Scusi don, non per contraddirla, ma io sapevo che il rito esorcista viene solitamente eseguito in latino…» disse il professore.
«Io ho fatto l’ITI, ir latino ‘un l’ho studiato.» disse lui, caustico. «Hm… Comunque sembra proprio che tocca ricorrere al metodo Steele qui, quer bischero der demonio sembra restio a farsi vedere.»
«Scusi, padre!» urlò Shori dalla croce. «Cos’è il “metodo Steele”?»
«’Un ti preoccupare, pecorina smarrita!» disse lui, aprendo la grande cassa di legno. «È un tipo di esorcismo sperimentato in Inghilterra da padre Grey! Se leggete dei libri saprete di certo a cosa mi sto riferendo!»
Mentre Giovanni si limitò a mostrare uno sguardo perplesso, Shori cominciò a dimenarsi sulla croce per cercare di fuggire: aveva capito a quali Grey e Steele si stava riferendo. Il professore si mise in allerta, vedendo la reazione della ragazza, ma quando il prete tirò fuori dalla cassa un gatto a nove code cominciò letteralmente a tremare dalla rabbia.
«CAZZO, DOVREBBE ESSERE UN RITO CRISTIANO, NON LA SUCCURSALE DI “CINQUANTA SFUMATURE DI GRIGIO”!» urlò lei, sotto i colpi del frustino di don Zauker. Ogni singola sferzata sull’addome bruciava come mille inferni.
«LASCIA IL CORPO DI QUESTA DONNA, DEMONE DANNATO! BWAHAHAHA!» Una sferzata corrispondeva ad una risata malefica del prete.
«AAAAHI!!! PROF-GIOVANNI, AIUTAMI TI PREGO! FA MALEEE!»
Lui, udendo le grida della ragazza, cadde in ginocchio col capo chino, ansando; quando ritirò su la testa, i suoi occhi si tinsero di nero petrolio. Andò verso il prete, gli bussò sulle spalle e, quando questi si girò, gli sferrò un pugno in pieno volto di una forza tale che lo spedì dall’altra parte della sala. Poi si avvicinò alla croce, sbendò la ragazza, la slegò e la prese fra le braccia. Il tutto senza proferire parola.
«S-s-sia lodato… G-g-giancristo!» mormorò il prete.
Il professore si girò verso di lui, infastidito, fece il gesto delle corna e disse «Sempre sia lodato.» con voce stentorea.
Caricò la ragazza in macchina e tornò a casa.

Giovanni portò la sua allieva in camera da letto e la fece sdraiare supina; i segni delle frustate erano ancora freschi, e lei ansimava e si lamentava dal dolore.
La guardò a lungo: aveva addosso ancora la veste da danzatrice del ventre, che stonava da morire con le sue fattezze gentili ed innocenti; era appena stata vittima di un rito al limite del sadomaso per colpa sua, per il suo essere così affrettato e poco informato.
Lei si girò verso quell’uomo che aveva appena cominciato a chiamare per nome, abbattendo le distanze che si era prefigurata: era sconvolto e avvilito, dagli occhi sbarrati uscivano lacrime copiose, ma lui non singhiozzava; era veramente messo male. Shori ebbe un grande moto di commozione, e cominciò a rivalutare le sue opinioni in merito a cosa poteva succedere fra loro.
«H-heh… Giovanni… Lo avevo detto che ti avrei messo nei guai…» disse lei, con un tono quasi isterico. Il professore alzò la testa con piacevole stupore, sentendosi dare del “tu” dalla sua adorata allieva.
«C-cosa? No, Shori, non mi hai cacciato nei guai.» disse lui, sdraiandosi sul letto vicino alla ragazza e prendendole il viso fra le mani.
«Invece sì!» Shori, in risposta, gli accarezzò i capelli. «Da quando ti conosco non fai altro che piangere ed agonizzare! Stai male tutti i giorni, e tutto per colpa mia…»
«Colpa tua? No! No! No, tu non hai colpe!» Giovanni si mise sopra Shori, facendo attenzione a non darle fastidio sull’addome.
La questione cominciava a farsi sempre più scottante: lui sopra di lei, su un letto matrimoniale; non ci voleva il mago di Arcella per capire come sarebbe andata a finire.
«Da quando mi sono avvicinato a te ho ricominciato a vivere veramente, a fidarmi solo di quello che mi diceva il cuore. Cosa credi, non è facile mostrarsi sempre allegri e sorridenti mentre ancora stai elaborando la perdita della persona che amavi! Quando sono con te, invece, posso rivelare le mie fragilità senza sentirmi giudicato; con te sono finalmente me stesso! E anzi…» Lui chinò il capo, costernato. «Sei tu quella che dovrebbe stare lontana da me…»
«Ma nemmeno per sogno!» Lei scosse la testa vigorosamente, con aria altamente contrariata. «Perché dovrei?»
«Perché sono un deviato!» disse lui, con la voce rotta. «Da quando ti ho vista per la prima volta non faccio altro che avere pensieri impuri… E dire impuri è dire poco!»
Le accarezzò le labbra con il pollice, preso da un desiderio irrefrenabile. Ormai aveva perso quasi tutti i freni inibitori.
«E una creatura dolce e pura come te non dovrebbe esserne l’oggetto… Dio, soprattutto adesso che stiamo messi così avrei voglia di…»
Giovanni si interruppe, intravedendo negli occhi della ragazza una nuova luce, qualcosa di diverso da quello che le aveva sempre visto. Qualcosa in Shori era appena nato: il desiderio, diretta conseguenza dell’Amore.
Lei avvicinò il viso a quello dell’uomo che la sovrastava, e disse con un filo di voce «Giovanni… anch’io…» prima di incontrare le sue labbra.
Un bacio fu sufficiente a sciogliere tutti i dubbi e le tensioni, consolidando un legame già di per se forte e solido.
Lei, dopo alcuni secondi, si distaccò dalla bocca del suo professore causandogli un mormorio di protesta, gli prese il viso tra le mani e gli sussurrò «Anch’io sono impura, Giovanni.»; e gli morsicò il labbro inferiore.
Lui, preso dalla foga del momento, la attirò a sé e cominciò a baciarle il collo, scendendo lungo lo sterno e arrivando fino all’addome martoriato.
Le baciò le ferite e appoggiò la testa sul suo torace, piangendo.
«Guarda che cosa ti ha fatto… Guarda che cosa ti ha fatto…»

Il secondo viaggio verso il rito Satanista si fece più loquace, visto che il professore mise la radio a tutto volume e cominciò a commentare le varie canzoni che passavano.
Era un vero piacere per l’anima della ragazza risentirlo allegro e scherzoso come prima, nonostante tutti i casini che stavano succedendo, e dal canto suo Giovanni si sentì sollevato quando Shori si rimise i vestiti con cui era partita da casa: stava bene con quel completo da danzatrice, ma non era veramente roba per una come lei.
Non si dissero una parola su quello che accadde poco prima, ma il lungo bacio che si scambiarono poco prima di scendere dalla macchina fu sufficiente a ricordare a entrambi che nessuno dei due aveva dimenticato.
Entrarono in una grande sala nera, illuminata da candele sparse per tutto l’ambiente, decorata da enormi drappi neri e con un pentagramma con il Baphomet inciso sulla parete nord. Un altare posto al centro della stanza dominava tutto l’ambiente.
«Hm, posticino allegro, eh?» disse la ragazza, cercando di stemperare la tensione.
«Ricordo che feci proprio qui la festa per i miei 18 anni!»
Poco dopo, un gruppo di 50 persone, composto da uomini e donne coperti da dei drappi neri, si avvicinò a loro.
«Benvenuti nel Tempio di Set!» disse tutto il coro; da esso si distaccò un tizio alto con degli occhi color azzurro ghiaccio.
«Sono il sommo sacerdote Aquino. Siete qui per il Rito, vero?»
I due annuirono all’unisono.
«Perfetto!» Aquino aveva una voce melodica e stentorea, molto trascinante. «Eva, Lilith, portate la ragazza nel retro e preparatela, io intanto parlerò con il mio committente! Prego, signore!»
Mentre Shori si allontanava con le attendenti del sommo sacerdote, questi illustrò al professore come funzionava il Rito.
«Ma non è nulla di che, è una normalissima Messa nera! Se ci sono nuovi adepti, prima di cominciare il tutto, gli facciamo praticare l’apostasia, poi la sua creatura verrà legata all’altare dalle mie attendenti; lì comincerà il vero e proprio Rito: la liberazione dalla presenza avverrà durante un’orgia, come di consueto; lei si unirà alla sua donna e le aprirà una ferita con un pugnale particolare che le verrà consegnato da Lilith. Visto che si tratta solo della cacciata di una presenza angelica dal suo corpo, servirà appena una piccola quantità di sangue. Semplice e lineare, signore!»
Lui era semplicemente disgustato dalla natura così carnale e viscerale del Rito; innanzitutto gli creava imbarazzo unirsi a Shori di fronte ad un’orgia di 50 pazzi che “operavano” –per così dire- come conigli impossessati da Satana in persona, poi rabbrividiva al solo pensiero di poterla anche solo sfiorare con un pugnale. Ma se era l’unico modo per liberare la donna che amava dalle sue incombenze, ahimè, gli toccava.
«Ah, l’Amore… Glielo leggo negli occhi, signore. Uno dei sentimenti più fugaci nella vita di una persona, ma che ha il potere di poterla sconvolgere del tutto.» disse Aquino, con un sorriso beffardo. «Ama molto quella donna, vero? Hm, non le do torto, è una splendida creatura.»
«Mio signore,» disse Lilith, scortando insieme a Eva la giovane ragazza, che era completamente coperta da un drappo nero. «la nostra ospite è pronta.»
«Svelatela.» disse il sacerdote con un enfatico gesto della mano. «Vedete se è di gradimento al nostro committente.»
Le due attendenti scoprirono la giovane allieva di Giovanni, lasciandolo di marmo –in tutti i sensi-: costei era completamente nuda, ad eccezione di alcuni ornamenti d’oro sparsi lungo il suo corpo tonico e sodo.
Sembrava disegnata da Leonardo o da Michelangelo in persona. Shori alzò la testa, rivelando le sue iridi nere.
«È di suo gradimento, signore?»
«Ah! Ehm… sì, èeee… Perfetta! Ehm, prima che cominci il rituale, potrei scambiare due parole in privato con la ragazza?»
«Ma certo, signore! Ci chiami quando sarà pronto!» detto ciò, il sacerdote e le sue attendenti si rifugiarono nel retro, insieme agli altri cultisti.
Quando fu sicuro che erano rimasti soli, Giovanni strinse a sé la ragazza; lei era tornata di nuovo apatica e inespressiva.
«Piccola, ti farò uscire da questa gabbia di matti sana e salva. Te lo prometto.»
«Quando sarà ora del Rituale, avvicinati a me, più che puoi.» disse Shori, prima di baciarlo con passione; lui non si tirò indietro, il sapore delle sue labbra cominciava a creargli una forte dipendenza; un sapore di fiori di ciliegio.
«Siamo pronti per il Rito.»
Dopo l’annuncio della ragazza, dal retro spuntarono fuori il sommo sacerdote insieme al gruppo di 50 cultisti. Lilith ed Eva condussero Shori sull’altare, dove venne incatenata alle mani e ai piedi.
«Più sciolte, quelle catene!» ordinò Aquino. «Dovrà pur avere una certa libertà di movimento quando vorrà dimenarsi per liberare il suo corpo da quell’essere immondo che lo possiede… O quando vorrà unirsi al suo compagno.»
Quando la ragazza fu sdraiata all’altare, il sommo sacerdote ordinò a Giovanni di porsi davanti ai suoi piedi, poi si mise dietro all’altare.
«SHEMHAMEPHORASH! Miei cari adepti, è con grande gioia questa sera che scacceremo via dal corpo di questa donna una creatura immonda delle schiere celesti!» L’annuncio venne accolto con grida di gioia.
Il sacerdote alzò un calice d’oro pieno di vino e lo rovesciò sul corpo della ragazza; gli effluvi dell’alcool fecero sbandare la povera Shori, ma le iridi erano rimaste nere, segno che qualunque fosse il suo stato non aveva intenzione di desistere da ciò che aveva in mente di fare.
«Che Satana possa guidare quest’anima smarrita lungo il cammino dell’Illuminazione! Mostrate or dunque, miei cari, a quale vita vi ha condotto il vostro Signore!»
Detto ciò, gli adepti cominciarono a prodigarsi in un’orgia di proporzioni immani; era tutto un groviglio di corpi che si univano, senza distinzioni di sesso. Mentre il docente appariva sconvolto e turbato, Shori guardava il tutto con apatia.
«Ragazzo mio,» disse Aquino a Giovanni, porgendogli un pugnale di platino intarsiato. «è arrivato il tuo momento.» Il sacerdote e le sue attendenti indietreggiarono lentamente, lasciandoli alla mercé del rito orgiastico in corso.
Il professore cominciò a calarsi con il pugnale spianato sopra di lei, tremando al solo pensiero di poterle fare del male.
«Avvicinati, Giovanni.» disse lei con voce atona.
Allungò la mano al suo petto e fece la stessa cosa che permise al suo docente di guarire dall'attacco di cuore che lo colpì quella mattina stessa: lanciò una debole scarica di energia sul suo petto, dove aveva cominciato ad affiorare la cicatrice.
«אתה ואני, אחד! להגן עליי, ואני אהיה הכוח שלך! (Io e te, una cosa sola! Proteggi me, e io sarò la tua forza!)»
Quando Shori finì di recitare questa frase, l’energia si dissipò, e gli occhi neri lasciarono il posto alle sue iridi ambra. Poi svenne sull’altare.
Giovanni cominciò ad urlare e a contorcersi dal dolore, mostrando la stessa trasformazione che accadde a Shori durante il concorso: dalle scapole si svilupparono sei grandi ali, il corpo divenne color gesso, la muscolatura si sviluppò e attorno al suo capo apparve una corona argentea.
Il rito orgiastico si interruppe di colpo: quell’essere alato dagli occhi neri stava portando via la nuova adepta, strappandola dalle catene che la tenevano ferma come se queste fossero di filo di cotone.
L’essere coprì la ragazza con un drappo nero e se la caricò sulle spalle, fra lo stupore generale. Dal retro uscirono il sommo sacerdote con le sue attendenti, che tentarono di fermare Giovanni e la ragazza.
«EHI TU! COSA DIAVOLO SEI?» urlò Aquino.
Giovanni si girò, e rispose con voce atona «מתחיל (Inizio)». Poi scomparve dalla loro vista.
Solo quando salì in macchina, al sicuro, lontano da tutti, il docente tornò in sé; abbassò lo specchietto e si controllò il petto: anche lui aveva la strana cicatrice a forma di triangolo, era diventato come Shori, quindi la ricerca della verità andava sempre più sul personale.
Nel frattempo, la ragazza riprese i sensi.
«Hmmm… Giovanni… È tutto finito, adesso, vero?»
Lui si girò verso di lei con uno sguardo costernato, senza dire nulla; allora lei cominciò a realizzare.
«No… No, ti prego…» La ragazza lo avvicinò a sé a forza e gli aprì la camicia, notando con orrore la sua stessa cicatrice triangolare.
Lei per il panico incombente andò in iperventilazione; i suoi timori si erano rivelati fondati, lo aveva messo nella sua stessa situazione.
«NOOOOOOO! NON TU! NON C’ENTRI NIENTE!!! DIO SANTO, NON TUUUU!» Shori si lasciò cadere sul torace di Giovanni, in preda alla disperazione.
«Non l’uomo che amo…»
  
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